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Tutti i patti sono siglati. Il ruolo del Coro nell'Edipo a Colono di Sofocle.

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Academic year: 2021

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Indice

INTRODUZIONE 3

1. INTEGRAZIONE ED IDENTITÀ DEL CORO NELL'AZIONE DRAMMATICA 10

1.1 Una panoramica degli studi critici antichi e moderni 10

1.2 Funzione rituale ed esperienza quotidiana 20

1.3 Il ruolo del Coro in sofocle: proposte di analisi 23

1.4 Caratterizzazione del Coro dell'Edipo a Colono: la parodo (vv. 117-253) 26

2. EDIPO A COLONO 29

2.1.1 Datazione dell'Edipo a Colono 29

2.1.2 La tradizione manoscritta del testo 32

2.1.3 Descrizione del manoscritti 33

2.1.4 Conspectus siglorum 37 2.2 Primo stasimo (vv. 668-719) 38 2.2.1 Testo e traduzione 38 2.2.2 Analisi metrica 40 2.2.3 Commento filologico 43 2.2.4 Commento testuale 48 2.3 Secondo stasimo (vv. 1044-1095) 57 2.3.1 Testo e traduzione 57 2.3.2 Analisi metrica 59 2.3.3 Commento filologico 62 2.3.4 Commento testuale 67

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2.4 Terzo stasimo (vv. 1211-1248) 74 2.4.1 Testo e traduzione 74 2.4.2 Analisi metrica 75 2.4.3 Commento filologico 78 2.4.4 Commento testuale 81 2.5 Quarto stasimo (vv. 1556-1578) 86 2.5.1 Testo e traduzione 86 2.5.2 Analisi metrica 87 2.5.3 Commento filologico 89 2.5.4 Commento testuale 92

2.6 L'esodo e la morte non morte di Edipo 95

3. LA PARTECIPAZIONE DEL CORO NELLO SVILUPPO DELL'AZIONE DRAMMATICA 100

4. L'EDIPO A COLONO E LA PRODUZIONE DRAMMATICA DI SOFOCLE 105

4.1 Le opere precedenti all'Edipo a Colono 105

4.2 Il Coro del Filottete e dell'Edipo a Colono a confronto 110

5. IL TEATRO ALLA FINE DEL V SECOLO a.C. E L'EVOLUZIONE DEL CORO TRAGICO 114

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE 119

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INTRODUZIONE

Il seguente elaborato propone un'analisi degli interventi corali dell'Edipo a Colono di Sofocle, l'ultimo dramma composto dal tragediografo e rappresentato dopo la sua morte1. La tragedia

mette in scena gli ultimi istanti della vita di Edipo, vecchio e sofferente, presso Colono, dove è necessario che l'uomo muoia per poi trasformarsi in eroe benigno per Atene. Edipo viene accolto nel demo della città dal Coro, che partecipa attivamente allo sviluppo dell'azione. L'interesse suscitato dal Coro in questo dramma è motivato dalla sua funzione drammaturgica: a partire dalla sua comparsa sulla scena, andando alla ricerca dello straniero sacrilego, il Coro di vecchi coloniati si presenta come uno dei principali interlocutori con cui Edipo si rapporta. La partecipazione del Coro dell'Edipo a Colono alla vicenda rappresentata si inserisce all'interno di una delle questioni più discusse di ordine generale riguardanti la produzione teatrale: il grado di integrazione del gruppo corale nell'azione drammatica, che viene trattato nel primo capitolo dell'elaborato. Il coinvolgimento del Coro negli eventi scenici è dimostrato dalle molteplici funzioni espressive che esso svolge: in primo luogo, la voce corale permette di slargare le coordinate spaziali e temporali in più dimensioni; in secondo luogo essa è espressione delle risonanze emotive suscitate dagli eventi; inoltre, attraverso i coreuti il tragediografo opera una segmentazione della materia mitica, necessaria ad inserire gli eventi scenici in una cornice narrativa; infine, i canti corali permettono di affrontare approfondimenti concettuali riguardo a temi di ordine etico, religioso, didattico, presentando il Coro in veste di depositario di saggezza. Questa problematica relativa al ruolo e all'integrazione del Coro nell'azione ha interessato gli studi critici fin dai tempi più antichi: la prima testimonianza sopravvissuta al riguardo risale ad Aristotele. La critica moderna ha poi sviluppato diverse interpretazioni in merito alla questione. Infatti, alcuni studiosi ritengono che il Coro sia rappresentante della collettività, come è stato avanzato in un primo momento da parte di Schlegel2, per il quale il gruppo corale è lo spirito della nazione. La stessa opinione in seguito

viene condivisa (almeno in parte) da Kranz3 e rielaborata in particolare nel contributo

fondamentale di Vernant e Vidal-Naquet4, in cui il Coro viene considerato una manifestazione

della dimensione del pubblico. Tuttavia, una tale interpretazione corre il rischio di divenire fuorviante quando viene considerato compito principale del Coro quello di essere simbolo

1 Cfr. paragrafo 4.1. 2 Schlegel 1977. 3 Kranz 1933.

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della collettività: a questo proposito bisogna ricordare che il ruolo drammatico svolto da parte dei coreuti li rende personaggi fittizi interni al dramma e dunque legati al contesto scenico, come osservano Calame5 e Murnaghan6.

Alla problematica dell'integrazione del Coro nella vicenda rappresentata è connessa di conseguenza la problematica riguardo all'identità e all'autorità degli interventi corali. In merito alla questione dell'identificazione del Coro con il pubblico che assiste al dramma nasce il dibattito accademico tra Gould7, che nega una tale possibilità a causa della “marginalità

sociale” che contraddistinguerebbe il Coro, e Goldhill8, che invece rivendica la centralità e

l'autorità del gruppo corale. La stessa identificazione viene sostenuta anche da Murnaghan, Foley9 e Di Benedetto-Medda10, i quali si soffermano in particolare sugli atti rituali del Coro,

che realizzano la corrispondenza con il collettivo. D'altra parte Di Benedetto-Medda fanno osservare come il collettivo si distingua dal gruppo corale per la pluralità di articolazioni contrappositive. Infatti, la corrispondenza tra Coro e pubblico può essere considerata solo parziale, come sostiene Paduano11: il Coro è uno strumento di espansione della vicenda tragica

ad un contesto più ampio, che consiste in un'astrazione della collettività, ma l'identificazione della collettività con il Coro non sempre è esclusiva, dal momento che sulla scena spesso è presente anche un altro gruppo di persone rappresentante la massa popolare, non la totalità della comunità. Inoltre, il Coro resta un personaggio fittizio con il proprio ruolo drammaturgico: in questo modo si crea una continua tensione tra allontanamento e identificazione tra la condizione del Coro e del pubblico.

Le osservazioni che sono state avanzate in relazione all'integrazione e all'identità coinvolgono il Coro tragico in generale, ma, allo scopo di studiare il ruolo corale nell'Edipo a Colono, in questa analisi l'attenzione è stata focalizzata sul Coro dei drammi sofoclei, a proposito del quale vengono discusse alcune proposte di interpretazione. A questo riguardo Esposito12

sostiene che in Sofocle si possa osservare un'evoluzione graduale del livello di integrazione del Coro nei fatti scenici, da un'iniziale partecipazione attraverso canti riflessivi a un coinvolgimento nell'azione più interattivo. Ancora nell'ottica di un'evoluzione, Murnaghan13

5 Calame 1999. 6 Murnaghan 2011. 7 Gould 1996. 8 Goldhill 1996. 9 Foley 2003. 10 Di Benedetto-Medda 1997. 11 Paduano 2012. 12 Esposito 1996. 13 Murnaghan 2012.

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osserva che nel corso del dramma i sentimenti del Coro subiscono un mutamento, passando da ammirazione a pessimismo nei confronti della vita umana. L'aderenza dell'evoluzione del pensiero del Coro con lo sviluppo della vicenda drammatica è una delle modalità con cui i coreuti dimostrano il loro coinvolgimento nell'azione, dal momento che tale movimento si realizza in corrispondenza degli eventi drammatici, in cui la situazione di iniziale tranquillità viene sovvertita da eventi funesti.

Presentate le questioni più generali intorno al Coro sofocleo, l'ultima parte del primo capitolo introduce il Coro dell'Edipo a Colono a partire dalla sua comparsa sulla scena. Nella sezione della parodo viene presentato da subito il ruolo drammatico dei coreuti: essi hanno l'incarico di guardiani del boschetto di Colono sacro alle Eumenidi e svolgono una carica prestigiosa, quella di consiglieri del re, sostituendo così l'autorità di Teseo in sua assenza. La loro ricerca dello straniero sacrilego che ha violato il suolo sacro da loro protetto presenta il Coro già inserito all'interno della vicenda drammatica e il suo coinvolgimento è indicato anche dalla struttura commatica dell'intervento. Inizialmente i vecchi coloniati provano timore nei confronti di Edipo per paura di essere contaminati dalle sue colpe e rifiutano di accoglierlo. Tuttavia, commosso dalle parole dello straniero e della figlia, il Coro subisce un'evoluzione psicologica, iniziando a provare empatia nei confronti del protagonista. Pertanto l'entrata del Coro è determinante per lo sviluppo dell'azione, in primo luogo perchè essa permette ad Edipo di raccontare la sua storia, inserendo così la vicenda rappresentata nel proprio contesto mitologico; in secondo luogo, a causa della temporanea assenza del re Teseo i vecchi abitanti hanno la responsabilità di decidere riguardo all'ospitalità da concedere allo straniero, la sorte del quale dipende dalla loro scelta. Per questo motivo la comparsa sulla scena da parte dei coreuti viene caricata di aspettativa attraverso alcuni espedienti, quali l'imposizione del silenzio da parte di Antigone, che rivolge l'attenzione verso il nuovo evento, e l'annuncio dell'arrivo del Coro da parte di un attore in scena, secondo un modulo inusuale che tanto più prova la centralità del gruppo corale14. In questo modo viene anche fornita una prima

descrizione dei coreuti, da cui emerge la loro età avanzata che li rende affini al protagonista e appropriati per instaurare un rapporto con lui. D'altra parte la loro età non relega i coloniati a un ruolo marginale o inattivo: il Coro resta coinvolto nello sviluppo della vicenda ed i suoi interventi lirici si mostrano aderenti ai fatti scenici, accompagnando Edipo verso il suo destino.

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Pertanto, il secondo capitolo di questo lavoro analizza nel dettaglio gli interventi lirici del Coro, tentando di comprendere il loro legame in rapporto alla situazione scenica. Nel primo stasimo il Coro celebra Colono, che si è dimostrato rispettoso delle leggi divine con l'accoglienza del sacrilego. La descrizione del territorio come luogo sacro a molte divinità inserisce la vicenda drammatica in uno sfondo di sacralità che dà significato agli eventi successivi. Inoltre, il riferimento a elementi del paesaggio appartenenti alla sfera ctonia (come le stesse dee Eumenidi, Dioniso, Demetra e la figlia, il narciso e l'usignolo)15 introduce

indirettamente la sorte di Edipo, che è destinato a morire per poi diventare un eroe benefico a vantaggio del luogo in cui giace il suo corpo. Il secondo stasimo riprende il motivo della celebrazione di Colono e Atene elogiando la forza equestre della città, allo scopo di esaltare indirettamente il protagonista: la grandezza del luogo dove Edipo è destinato a morire è un ulteriore riconoscimento dell'importanza dell'eroe stesso. Anche in questo caso il riferimento ai misteri eleusini16 (vv. 1050-54) evoca la sfera della morte, ma con questo canto la tematica,

già introdotta nel canto precedente, viene ulteriormente sviluppata secondo la visione dei culti misterici. Infatti, la rinascita sotto nuova forma e la condizione di beatitudine promesse agli iniziati17 inseriscono l'evento della morte di Edipo in un contesto religioso e ideologico

appropriato in relazione agli eventi scenici. Nel terzo stasimo la riflessione del Coro si concentra interamente sulla morte, presentandola come liberazione dai mali dell'esistenza umana. Questo canto è integrato nell'azione drammatica perchè prepara l'evento della morte di Edipo non come un evento funesto ma come un evento atteso e liberatorio per la situazione in cui si trova il protagonista, consumato dai dolori patiti. Infine, l'ultimo canto del Coro consiste in una preghiera per assicurare a Edipo una discesa nel regno dei morti senza dolore. In questo modo i vecchi coloniati danno il loro ultimo sostegno al protagonista accompagnandolo verso il suo destino. Dall'analisi degli interventi lirici corali, dunque, risulta che nel loro complesso i canti dimostrano il coinvolgimento attivo ed emotivo del Coro nella vicenda drammatica. D'altro canto, la partecipazione del Coro non si limita ai canti corali: il terzo capitolo esamina il contributo del gruppo corale anche nelle altre sezioni della tragedia, dimostrando così il ruolo dinamico che i coreuti svolgono in questo dramma. Nel primo episodio il coinvolgimento dei vecchi coloniati nell'azione è maggiore a causa della temporanea assenza del re Teseo, che permette loro di assumere il potere decisionale in merito all'accoglienza di

15 Segal 1981, pp. 373 ss. 16 Markantonatos 2002, p. 198. 17 Foley 1994, pp. 84-6.

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Edipo, tanto da divenire garanti del diritto di supplica a tutela dello straniero. Mossi a compassione dalle sventure patite da Edipo, i vecchi abitanti di Colono lo esortano a compiere un rito purificatorio in onore delle Eumenidi per aver violato il suolo sacro alle dee, e gli forniscono le istruzioni necessarie alla purificazione, perchè è loro compito occuparsi delle norme sacre alle divinità. Nel momento in cui compare in scena Teseo, i vecchi si mostrano subordinati all'autorità del re, ma continuano a intervenire nell'azione a sostegno del protagonista. In particolare, la loro partecipazione agli eventi si realizza in modo ancor più concreto negli episodi di scontro contro Polinice e Creonte, tanto che i vecchi sembrano intervenire fisicamente a difesa del protagonista (v. 856). Inoltre, nella parte finale del dramma, sono i coreuti a dialogare prima con il messaggero che racconta la fine misteriosa di Edipo, e poi con le figlie dell'eroe che piangono la morte del padre. Insieme a Teseo, infatti, i coloniati esortano Ismene ed Antigone a cessare il lamento per Edipo: “tutti i patti sono siglati” (v. 1779) osserva il Coro, perchè la sorte di Edipo è voluta dagli dei ed occorre sottomettersi al volere divino. In questo modo il Coro rivendica un'ultima volta il ruolo di garante dell'ordine sacro e, pronunciando gli ultimi versi, conferma la sua centralità nell'azione.

In seguito all'analisi dettagliata del ruolo corale nell'Edipo a Colono, il quarto capitolo di questo lavoro esamina il ruolo del Coro nelle rimanenti opere di Sofocle per comprendere se l'integrazione del gruppo corale nella vicenda drammatica possa essere considerata una caratteristica propria della produzione (sopravvissuta) del tragediografo. Da questo confronto risulta che a partire dalle prime opere di Sofocle, come l'Aiace, il Coro prende parte attivamente agli eventi scenici, sebbene il suo coinvolgimento si realizzi sul piano emotivo, assicurando il proprio sostegno al protagonista del dramma, ma senza un intervento effettivo nell'azione tragica. Solo nell'opera più cronologicamente vicina all'Edipo a Colono, il

Filottete, il Coro di soldati marinai greci subordinati a Neottolemo partecipa direttamente alla

vicenda rappresentata del Coro tanto da collaborare concretamente con gli attori, aderendo all'inganno ordito dal giovane comandante. L'incursione del gruppo corale negli eventi è segnalata anche dagli interventi lirici strutturati in canti infraepisodici e dialoghi commatici, come la parodo, al pari dell'Edipo a Colono. Un altro elemento in comune tra le due tragedie è il sentimento di pietà che il Coro prova nei confronti di Filottete. Tuttavia, in questo caso i coreuti non subiscono alcuna evoluzione psicologica e il pensiero del Coro non viene influenzato dall'empatia per il protagonista, come invece avviene nell'Edipo a Colono, dove i

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vecchi coloniati dopo l'iniziale rifiuto di Edipo gli concedono ospitalità. Al contrario, nel

Filottete, i marinai restano fedeli alla loro posizione iniziale a sostegno del piano ingannevole

agendo contro Filottete, tanto che nel momento in cui il sotterfugio viene abbandonato il ruolo del Coro si esaurisce. Dall'analisi del ruolo corale nella produzione sofoclea si può osservare che la partecipazione del Coro si dimostra attiva anche nelle opere meno recenti del drammaturgo e che il suo coinvolgimento nell'azione risulta ancora maggiore negli ultimi due drammi, costituendo in questo modo una seconda tendenza a quella verso il distaccamento della voce corale dagli eventi scenici nella produzione teatrale coeva, che viene esaminata nell'ultima parte di questo lavoro.

Dunque, nell'ultimo capitolo dell'elaborato il ruolo del Coro dell'Edipo a Colono viene messo in rapporto con la funzione corale nella produzione teatrale coeva alla tragedia in questione. Per gli ultimi anni del V secolo, infatti, è attestata la tendenza verso una graduale estraniazione del gruppo corale dalla vicenda rappresentata. I drammi euripidei appartenenti allo stesso periodo storico delle ultime opere sofoclee si distinguono per la commistione di elementi che rendono più debole il legame tra l'intervento del Coro ed il dramma18: l'attacco

degli stasimi con una connessione indiretta rispetto agli eventi scenici, per cui il canto corale appare più distante dalla vicenda rappresentata; il ritorno all'azione in svolgimento almeno dopo la metà del canto corale, alcune volte solo negli ultimi versi, se non addirittura mai reso esplicito; gli elementi mitici del canto sono più estesi; l'apostrofe viene rivolta a soggetti più lontani, rivelando la distanza tra il Coro ed i protagonisti. Di conseguenza il Coro risulta meno coinvolto nell'azione drammatica ed il senso di distacco viene ulteriormente incrementato dalla diminuzione del numero di stasimi e la prevalenza di amebei e canti a solo sulla lirica corale che si registra alla fine del V secolo. A questi cambiamenti deve essere aggiunta l'introduzione da parte di Agatone di intermezzi corali dissociati dall'azione, chiamati embolima19. La diminuzione del coinvolgimento del Coro nella vicenda deve essere messa in

relazione con gli avvenimento storici e sociali di quel periodo storico, segnati dalla crisi dei valori tradizionali della polis in seguito al crollo dell'egemonia di Atene, a cui consegue la perdita dell'equilibrio sociale, politico ed economico della città. Pertanto, per capire gli sviluppi della produzione drammatica contemporanea a questi eventi storici essa deve essere considerata all'interno del contesto in cui viene prodotta20, anche se non significa

18 Mastronarde 1998, p. 70. 19 Scattolin 2011, p. 179. 20 Mastronarde 1998, p. 72.

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necessariamente leggere dietro la vicenda rappresentata un messaggio politico. Infatti, in Sofocle non si riscontra una sintonizzazione diretta con gli avvenimenti contemporanei21, ma

questa mancanza non deve essere interpretata come disattenzione nei confronti della realtà del tempo: piuttosto, negli stessi termini di attenzione alla situazione storica può essere considerato anche il distacco del gruppo corale dagli eventi tragici, dal momento che la dissociazione dalla dimensione del politico può essere messa in corrispondenza con il graduale distaccamento del Coro dagli eventi scenici. L'estraniazione del Coro dalla vicenda drammatica non è però l'unica linea di sviluppo possibile per l'intera produzione tragica: per quanto nei papiri di Menandro e in alcuni manoscritti di Aristofane si trovi solo l'indicazione della sezione corale al posto dell'intervento del Coro22, questi dati non indicano

necessariamente una marginalizzazione del Coro. A questo proposito restano titoli di tragedie successive al V secolo di gruppi di persone, solitamente utilizzati per gruppi corali23. Pertanto,

i dati esterni non obbligano a ritenere che lo sviluppo del Coro tragico abbia seguito una sola direzione: lo studio di Dunn24 dimostra che le innovazioni introdotte nel teatro alla fine del V

secolo non seguono una rigida linea evolutiva, ma al contrario esse provocano la coesistenza di tendenze diverse nell'evoluzione del fenomeno tragico.

21 Di Benedetto-Medda 1997, pp. 325-34. 22 Duncan, Liapis 2018, pp. 200-1. 23 Duncan, Liapis 2018, p. 201. 24 Dunn 2018.

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1. INTEGRAZIONE ED IDENTITÀ DEL CORO NELL'AZIONE

DRAMMATICA

1.1 Una panoramica degli studi critici antichi e moderni

La questione sulla natura e il ruolo del Coro tragico non ha interessato solo la critica moderna, ma era già stata considerata nel mondo antico, come dimostra la Poetica di Aristotele, che offre la più antica testimonianza sopravvissuta al riguardo. Discutendo sulla tragedia e sulle parti in cui è divisa, a proposito del Coro Aristotele afferma (1452 a 25-30):

καὶ τὸν χορὸν δὲ ἕνα δεῖ ὑπολαμβάνειν τῶν ὑποκριτῶν, καὶ μόριον εἶναι τοῦ ὅλου καὶ συναγωνίζεσθαι μὴ ὥσπερ Εὐριπίδῃ ἀλλ᾽ ὥσπερ Σοφοκλεῖ. τοῖς δὲ λοιποῖς τὰ ᾀδόμενα οὐδὲν μᾶλλον τοῦ μύθου ἢ ἄλλης τραγῳδίας ἐστίν: διὸ ἐμβόλιμα ᾁδουσιν πρώτου ἄρξαντος Ἀγάθωνος τοῦ τοιούτου. καίτοι τί διαφέρει ἢ ἐμβόλιμα ᾁδειν ἢ εἰ ῥῆσιν ἐξ ἄλλου εἰς ἄλλο ἁρμόττοι ἢ ἐπεισόδιον ὅλον;25

“Si deve poi pensare anche il coro come uno degli attori e che sia parte del tutto e concorra all’azione non come per Euripide, ma come per Sofocle. In tutti gli altri poeti quel che si canta non appartiene al racconto più che a qualsiasi altra tragedia; perciò cantano degli intermezzi e Agatone fu il primo a inaugurare tale uso. Eppure, che differenza c’è tra cantare degli intermezzi e se si adatti una tirata, o un episodio intero, da un dramma a un altro?”

Aristotele definisce il Coro come “uno degli attori”: senza negarne l'alterità rispetto ai personaggi, l'autore intende che esso debba essere integrato nell'azione in modo che il suo contributo non comporti un tipo di discorso o di esperienza completamente diversa26. Il Coro

infatti, per essere “parte del tutto”, deve assumere un'identità tale che gli permetta di essere integrato nella composizione dei fatti del dramma, al fine di svolgere la propria funzione all'interno della vicenda rappresentata, quella di συναγωνίζεσθαι. Secondo la lettura più condivisa dalla critica, il valore semantico di tale termine, molto discusso, sarebbe quello di “partecipare all'azione drammatica”, cooperare con un intervento diretto nell'azione27. In

25 Il testo critico della Poetica è di Kassel 1966, la traduzione di Donini 2008. 26 Mastronarde 1998, p. 67-9.

27 Cfr. Di Benedetto-Medda 1997 (p. 250, 396-7). Secondo Gentili 1984-5 (pp. 33-5) il verbo συναγωνίζεσθαι ha il significato di “dare il proprio contributo, collaborare, ma senza intervenire direttamente nell'azione”. Lo studioso dunque ritiene che Aristotele nel passo stia affermando che il Coro non partecipa all'azione,

cogliendo così, sempre a suo giudizio, quello che fu il ruolo del Coro fino al primo Euripide: partecipare all'azione scenica senza intervenire su di essa e determinarne lo sviluppo. Gentili cerca conferma della sua interpretazione del termine nel passo riportato dei Problemata physica, considerandolo una parafrasi del testo aristotelico.

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questo modo il passo dello scritto aristotelico richiama la problematica legata al grado di coinvolgimento del Coro nell'azione tragica. A questo riguardo, un'opera appartenente alla scuola peripatetica28, Problemata physica (922b 26-7), afferma che:

ἔστι γὰρ ὁ χορὸς κηδευτὴς ἄπρακτος· εὔνοιαν γὰρ μόνον παρέχεται οἶς πάρεστιν.

“Infatti il coro è un custode che non agisce, perchè si limita a mostrare benevolenza ai personaggi che assiste”29.

È significativo che il Coro venga definito κηδευτὴς, quindi non semplice osservatore ma “colui che si prende cura” e quindi “guardiano, custode”; esso è però un custode ἄπρακτος, “che non agisce”. Il passo dunque sembra limitare la presenza attiva del Coro nei fatti e sembra piuttosto affermare la sua passività di fronte agli eventi, sottolineando la distanza incolmabile tra Coro e personaggi quanto a capacità di indirizzare l'azione drammatica30.

La prospettiva che considera il Coro ἄπρακτος godette di una certa diffusione tra gli scoliasti alle tragedie di Sofocle ed Euripide. In particolare, lo scolio sulla parodo dell'Aiace (schol.

vet. 134a) riporta:

Τελαμώνιε παῖ· πιθανῶς αὐτῷ ὁ χορὸς ἐσκεύασται ἀπὸ Σαλαμινίων ἀνδρῶν τοῦτο μὲν παρρησιαζομένων ὡς ἐλευθέρων τοῦτο δὲ συμπαθῶς ἐχόντων ὡς πολιτῶν καὶ διὰ τὸ μὴ ὄντως συνάχθεσθαι καὶ διὰ τὸ μὴ προσκρούειν τῷ βασιλεῖ. τὸ δὲ τῶν αἰχμαλώτων κηδεμονικὸν μέν, ὡς Αἰσχύλος ἐν Θρῄσσαις, οὐ μὴν εὐπρόσωπον· ὅρα γὰρ ὁ Ὀδυσσεὺς παρὰ τῆς Ἀθηνᾶς. δείξω δὲ καὶ σοὶ τήνδε περιφανῆ νόσον ὡς πᾶσιν Ἀργειοισιν εἰσιδὼν θροῇς· καὶ μαθὼν τὸ σαφὲς δεδήλωκε τοῖς Ἀχαιοῖς. ταύτης οὖν τῆς φήμης ἀκούσαντες οἱ Σαλαμίνιοι παραγεγόνασι μηδέπω ὑπὸ τῆς εὐνοίας πεπεισμένοι ὡς αὐτὸς εἴη ὁ πράξας, ἀλλ'ἀπιστοῦντες ὡς ὑπὸ ἐχθροῦ πεπλάσθαι οἰόμενοι.

“Figlio di Telamone: persuasivamente il poeta ha predisposto un coro di uomini di Salamina, i

indica il contributo attivo del Coro nel vincere gli agoni, dunque a livello drammaturgico. Sulla stessa scia si pone lo studio di Murnaghan 2012, p. 220, che sostiene che da una parte con il riferimento interno ad agon, inteso come competizione tragica, il termine suggerisce che attori e Coro dovevano dare lo stesso contributo alla performance; dall'altra, il Coro doveva assumere un ruolo attivo nell'azione ed affrontare insieme agli attori le circostanze della finzione drammatica.

28 Una parte della critica la considera pseudo-aristotelica: di questo avviso è Gentili 1984-5, cfr. p. 22. 29 Traduzione a cura di Scattolin 2011.

30 È evidente che il passo dell'opera aristotelica e quello dei Problemata almeno in apparenza si contraddicano. Tuttavia, Scattolin 2011 (p. 188-9) avanza un'ipotesi di interpretazione che risolverebbe la contraddizione: i due passi risponderebbero a due esigenze diverse, dal momento che nella Poetica si parla di un auspicabile guadagno di terreno del Coro attraverso la ripresa delle “vecchie” prerogative, mentre nei

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quali, essendo liberi, possono esprimersi senza vincoli e sono anche emotivamente coinvolti in quanto concittadini <di Aiace> e parlano con modestia in quanto sottoposti: infatti non sarebbe persuasivo introdurre un coro di achei, sia perchè non condividerebbero davvero il dolore < di Aiace>, sia perchè non si irriterebbero col re; un coro alternativo composto di prigionieri mostrerebbe sollecitudine, pensiamo alle Donne di Tracia di Eschilo, tuttavia non sarebbe adatto al ruolo: immagina cosa succederebbe se dei prigionieri rimproverassero Menelao! Persuasivo è anche l'ingresso <del coro>: infatti Odisseo, udite le parole di Atena: e anche ti mostrerò con evidenza questa follia

perchè tu chiaramente la veda e racconti a tutti i greci,

e accertato l'evidente misfatto, lo ha rivelato agli achei, e dunque i marinai di Salamina, sentita questa voce, compaiono in scena non ancora persuasi, in virtù del loro affetto <per Aiace>, che il colpevole sia lui, ma al contrario non fidandosi perchè pensano che si tratti dell'inganno di un nemico”.

Lo scoliasta individua le caratteristiche del Coro: la libertà di parola (παρρησιαζομένων) moderata dal rispetto verso il proprio re (διὰ τὸ μὴ προσκρούειν τῷ βασιλεῖ), l'empatia (συμπαθῶς ἐχόντων) e il coinvolgimento emotivo (ὑπὸ τῆς εὐνοίας) nei confronti del personaggio principale31. In questo modo lo scolio si mostra in linea con il passo dei

Problemata: il rispetto per il re e il legame emotivo circoscrivono la sfera d'azione del Coro,

che cerca di appoggiare un personaggio, in questo caso Aiace, ma essendogli sottoposto non può forzarlo o agire direttamente né opporsi ai suoi rivali32. Il gruppo corale svolgerebbe così

solo una funzione di commento alla vicenda e sostegno dei personaggi, restando spettatore non coinvolto nell'azione in modo effettivo. Tuttavia si tratta di solo uno dei possibili modi di porsi e gradi di integrazione del Coro nella vicenda tragica rappresentata. A questo proposito, un esempio particolarmente esplicativo è dato dall'Antigone33: nel quarto episodio di questo

dramma il Coro è l'interlocutore diretto della protagonista, e alla fine del quinto episodio, è sempre il Coro che esorta Creonte a riconsiderare il suo atteggiamento, contribuendo allo svolgimento dell'azione già determinato da Tiresia; nell'esodo esso appare addirittura in grado di dare ordini e disposizioni, anche in contrasto con la volontà del re. Analoghe considerazioni possono essere ritenute valide per l'Edipo Re, dove nel secondo episodio il Coro convince Edipo a non intervenire contro Creonte, e nell'esodo, quando Edipo riconosce in esso un amico in grado di prendersi cura di lui. Inoltre, il Filottete si distingue per la partecipazione attiva nel corso dell'azione drammatica da parte del Coro, formato da una schiera di soldati

31 Meijering 1985 (pp. 95-8) discute nel dettaglio tali caratteristiche riportate dallo scoliasta.

32 Per portare un altro esempio, nella Medea il Coro, pur schierandosi dalla parte della protagonista, non condivide il proposito omicida della fanciulla e nel terzo stasimo supplica con il canto di non uccidere i figli: anche in questo caso il Coro non può forzare Medea né agire direttamente nell'azione.

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dell'esercito greco agli ordini di Neottolemo, che aderiscono e collaborano al piano ingannevole ordito da Odisseo. È dunque evidente come in questi ultimi casi il Coro sia più presente nella vicenda, al punto da risultare persino determinante per gli eventi scenici. Rispetto al ruolo del Coro, dunque, può essere considerata appropriata la definizione data da Basta Donzelli, secondo la quale “si può definire funzione del Coro quella di articolare e accompagnare l’azione scenica, talora preparandola o anticipandola, talora discutendone le conseguenze, talaltra sostituendosi ad essa (nella descrizione di eventi extrascenici), spesso svelandone i nessi occulti, gli eventi del passato mitico che la motivano, in alcuni casi contribuendo, in diretto coinvolgimento, a determinarne il corso”34. Come riconosce la

studiosa, i modi con cui il Coro prende parte all'azione sono vari. In modo conseguente, è ampio lo spettro dei gradi della sua partecipazione agli eventi.

Le funzioni espressive del Coro sono in effetti molteplici e permettono nel loro complesso di assolvere al compito primario, quello di estendere idealmente la scena tragica, slargando le coordinate spaziali e temporali in più dimensioni35. Nel rapportarsi alla vicenda, la prima

dimensione entro cui il Coro si muove è quella dell'emotivo. Esso infatti dà voce alle risonanze emotive che gli eventi suscitano, attraverso il lamento per le situazioni di lutto, attraverso la preghiera in risposta all'esigenza di uscire dalla morsa della sciagura, attraverso manifestazioni di ansia e paura di fronte agli eventi. Una seconda esigenza espressiva a cui il Coro risponde è legata alla segmentazione della materia mitica operata dai tragediografi. Il Coro può rendere chiaro al pubblico in che modo la vicenda rappresentata si inserisca nella tradizione mitologica evocando il mito nella sua interezza o aggiungendo precedenti non portati sulla scena. In terzo luogo, non deve essere trascurata la necessità di coinvolgere nel dramma temi etici, religiosi, didattici per mezzo degli approfondimenti concettuali del Coro: la presenza di interventi corali ispirati a principi etici fondamentali dà l'idea della rilevanza della problematica di ordine etico per l'uditorio e per il poeta tragico che ad esso si rivolgeva. La voce corale esprime così la capacità di riflettere e si presenta depositaria di saggezza. A questo proposito, Foley36, nell'individuare alcune caratteristiche comuni che tendono ad

uniformare il ruolo del Coro, riconosce tra queste l'essere espressione della saggezza gnomica tradizionale. In quanto tale, il Coro, secondo una parte della critica, realizza la dimensione del pubblico e del collettivo. Questa prospettiva è quella in cui si inserisce la definizione data da

34 Basta Donzelli 1993, p. 62.

35 Di Benedetto-Medda 1997, p.266-8. 36 Foley 2003, p. 5.

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Schlegel, nel suo Corso di letteratura drammatica, di Coro come “spettatore ideale”, con il compito di rappresentare lo spirito della nazione ed essere così il difensore degli interessi dell'umanità37. Secondo tale concezione, influenzata dalla cultura romantica, la voce corale

diviene la voce del poeta, “l'organo dei sentimenti del poeta che parla egli stesso in nome di tutta l'umanità intera”38. L'interpretazione schlegeliana ha costituito un punto di partenza per

la riflessione della critica successiva sul ruolo del Coro. Essa infatti viene riformulata in termini simili da Kranz39 nella sua teoria della triplice natura, o “Dreinatur”, della voce corale,

che sarebbe allo stesso tempo è personaggio drammatico, strumento di articolazione della vicenda ed organo dell'”Io poetico”. La concezione schlegeliana è stata in parte anche riconsiderata dalla critica, che obietta all'autore tedesco l'eccessiva sottovalutazione del ruolo del canto e del ruolo drammatico effettivo dei coreuti. Lo studioso Calame40 individua tre

dimensioni della voce corale: quella che si può definire “rituale”, nella quale l'espressione corale può avere un'influenza pratica; la dimensione “ermeneutica”, per le parti narrative in cui vengono commentati i fatti con sentenze gnomiche; quella “emotiva”, quando il Coro esprime le emozioni suscitate dagli eventi in svolgimento. In quest'ottica Battezzato41 ritiene

che l'approccio idealista tedesco possa essere condiviso nella misura in cui si sostituisca il concetto di “lettore implicito” a quello di “spettatore”. In questo modo il Coro continua ad avere il compito di orientare la reazione del pubblico e fornire una possibile risposta agli eventi scenici senza che questa sia necessariamente una lettura veritiera. La prospettiva di Schlegel viene ripresa, almeno in parte, anche da Longo42. Lo studioso, considerando l'origine

della tragedia a partire da un'azione comunitaria, dove il pubblico è anche attore, definisce il ruolo del Coro come “rappresentante della collettività, (…) metafora scenica della comunità coinvolta nel rituale drammatico”. Una simile interpretazione del gruppo corale è stata sviluppata da parte di Vernant e Vidal-Naquet43 nel loro studio fondamentale sul fenomeno

tragico. I due studiosi ritengono che la tragedia nasca nel momento in cui il mito inizia ad essere esaminato secondo i metodi di pensiero e le esperienze politiche e giuridiche della

polis. Il confronto tra valori comunitari della città e la mitologia tradizionale, che è ritenuta

simbolo della precedente e diversa organizzazione sociale ed ideologica, avviene in tragedia

37 Schlegel nella traduzione di Gherardini 1977, p. 60. 38 Schlegel nella traduzione di Gherardini 1977, p. 60. 39 Kranz 1933, p. 171.

40 Calame 1999, pp. 128-9. 41 Battezzato 2005, p. 154. 42 Longo 1978, p. 10.

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tramite il Coro, considerato così un “essere collettivo ed anonimo, il cui ruolo consiste nell’esprimere, nei suoi lamenti, nelle sue speranze e nei suoi giudizi, i sentimenti degli spettatori che compongono la comunità civica”, diventando espressione della “verità collettiva, la verità media, la verità della città”. Il gruppo corale, in quanto manifestazione della dimensione del pubblico, assume allora il compito di opporsi agli eccessi della figura eroica protagonista del dramma, che appartiene all'epoca passata.

Tuttavia, tale lettura del ruolo corale è stata discussa e ritenuta in qualche modo fuorviante da una parte della critica successiva. In particolare Murnaghan44 osserva che “it elides the

fifth-century identity that lay beneath the masks and costumes of tragic chorus members […] with their dramatic role, glossing over the way that choruses enter into the same mythical world as the characters”. La studiosa infatti, pur ritenendo il Coro voce della saggezza comune e narratore del mito tradizionale, considera il gruppo corale nella sua varietà di ruoli espressivi, tra cui anche quello drammatico, che rende il Coro personaggio interno al dramma e dunque lo tiene legato al contesto scenico45. I modelli di approccio sopra riportati corrono il rischio di

risultare eccessivi nell'interpretazione del ruolo del Coro, nella misura in cui l'essere simbolo della collettività viene considerato il principale, se non l'unico, compito del gruppo corale, mentre non deve essere dimenticato anche il ruolo drammatico svolto all'interno del dramma e la molteplicità delle funzioni espressive a cui il Coro risponde. D'altra parte, queste letture dalle risonanze schlegeliane mostrano come la problematica dell'integrazione del Coro sia strettamente intrecciata alla questione della sua identità ed autorità. Come riconosce Kitzinger46, è rischioso generalizzare riguardo al ruolo del Coro limitatamente al materiale che

è sopravvissuto; si possono però individuare delle questioni e tendenze che permettano di orientarsi nel comprendere la funzione corale.

Per quanto riguarda il problema dell'identità, occorre chiarire fino a che punto si possa parlare di un'identificazione da parte del pubblico ateniese nella parte rappresentata dai coreuti. In modo conseguente deve essere discusso in quale grado si possa attribuire un'autorità agli interventi corali47. Rispetto ai fattori che permettono l'identificazione tra Coro e pubblico, in

primo luogo deve essere considerata la sua natura di intermediario tra attori e spettatori. Esso, in quanto pubblico interno al dramma, è un intermediario spaziale, dal momento che si trova

44 Murnaghan 2011, pp. 246-7. 45 Murnaghan 2012, p. 221. 46 Kitzinger 2012, p. 385.

47 Per la trattazione del concetto di autorità, cfr. Foley 2003, p. 2 e l'analisi riassuntiva di Visvaldi 2015, p. 21, che afferma che il Coro in quanto partecipante alla festa di Dioniso continua una lunga e autoritativa tradizione, da cui attinge e in parte riconfigura come interprete di un personaggio interno al dramma.

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in un luogo separato dagli attori, l'orchestra; temporale, vicino al pubblico per la continuità della presenza in scena, in quanto testimone dell'azione drammatica; comunicativo, poiché interagisce con gli attori48. In secondo luogo, in modo simile al pubblico, che partecipa alle

feste delle Grandi Dionisie come entità corporativa, il Coro forma un corpo unitario, che si esprime in modo unanime49. I suoi membri (nel senso dei personaggi da questo interpretati)

sono spesso stranieri (come nelle Supplici di Eschilo o di Euripide, o nelle sue Baccanti), oppure persone che rappresentano la cittadinanza del luogo in cui è ambientata la tragedia (nell'Antigone o nell'Edipo Re). In altri drammi il Coro è composto da donne50 (Elettra,

Trachinie, Medea, ad esempio) o da persone in condizione servile (Coefore, Ecuba, Ifigenia Taurica)51. In merito a una tale composizione del gruppo corale, alcuni studiosi, tra cui

Kitzingen, ritengono che, in ognuno di questi casi, in virtù dell'identità sociale o politica il gruppo corale costituisca un gruppo collettivo di persone e sembri essere più vicino al mondo del pubblico piuttosto che ai personaggi del dramma52. Tuttavia, devono essere presi in

considerazione altri fattori che sembrano ostacolare l'identificazione del Coro con il pubblico. In particolare, la personificazione del Coro, che rappresenta un gruppo di personaggi situati in un tempo e luogo preciso, diverso da quello degli spettatori53. In secondo luogo, il pubblico ha

una conoscenza degli eventi drammatici presenti e futuri maggiore rispetto a quella del gruppo corale. Infine, il linguaggio del discorso corale e la condizione debole o marginale creano distanza tra il Coro e gli spettatori54. Su queste ultime considerazioni Gould fonda la

propria posizione, affermando che il Coro esprime la reazione agli eventi non dei rappresentanti del corpo cittadino ma di quelli che erano visti come emarginati o esclusi dalla voce del popolo, perchè il gruppo corale è tipicamente formato da vecchi, donne, schiavi o stranieri55. Pertanto, nell'opinione dello studioso, a causa della propria “marginalità sociale”, il

48 Mastronarde 1998, p. 57.

49 Di Benedetto-Medda 1997, p. 233: come viene dimostrato nelle battute dall'alternanza dell'uso del pronome di prima persona plurale, che evidenzia la collettività, con quello di prima persona singolare, che mette in risalto l'unitarietà del gruppo; allo stesso scopo è verosimile che i coreuti indossassero tutti lo stesso costume (ma su questa questione non possediamo documentazione sufficiente). Kaimio 1970 offre un'analisi

dettagliata rispetto all'alternanza di singolare e plurale nei pronomi e nei verbi che si riferiscono al Coro, traendone conclusioni in merito alla funzione del gruppo corale nell'ambito della vicenda tragica. 50 A questo proposito Di Benedetto-Medda 1997, p. 241, affermano che i poeti tragici non rispecchiavano

necessariamente gli istituti politici dell'Atene del loro tempo, ma davano espressione anche a una parte della società esclusa a livello istituzionale.

51 Di Benedetto-Medda 1997, pp. 240-2.

52 Kitzinger 2012, p. 386. Mastronarde 1998, p. 58, aggiunge che il pubblico si senta più vicino al Coro a maggior ragione per il fatto che gli eroi della tragedia, distinguendosi per origine nobile, pretendono il riconoscimento di uno status estraneo all'ideologia democratica.

53 Gardiner 1987 ha enfatizzato soprattutto il ruolo del Coro come personaggio nel dramma. 54 Mastronarde 1998, pp. 58-9.

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Coro, trovandosi in una condizione inferiore rispetto a quella di cittadini del pubblico, esprime “the experience of the excluded, the oppressed, and the vulnerable”56. Dunque Gould

sostiene l'alterità del Coro rispetto al pubblico del dramma e all'eroe tragico57, che verrebbe

realizzata anche sul piano linguistico, tramite l'adozione di una coloritura dialettale non attica, che egli definisce “alien and strangely “distant”, which could indeed be called the speech of the “other”58. Lo studioso però, pur affermando la perdita di autorità del discorso corale, non

vuole privare il Coro della sua importanza e ne riconosce il fondamentale contributo nel concepire il senso della condizione umana e il ruolo di depositario di saggezza, perchè, proprio in virtù della sua condizione “marginale”, è espressione della “ballast of memory”59.

Quest'ultima considerazione è stata uno dei punti di partenza che hanno suscitato la replica di Goldhill all'interpretazione data da Gould. Goldhill60 sottolinea la componente della saggezza

gnomica espressa nelle parti corali, che investe il Coro di autorità, assieme alla centralità dell'istituzione della coregia e l'importanza del canto e della danza nella tradizione educativa. Recentemente anche Murnaghan61, analizzando l'identità corale, interpreta la voce del Coro

come voce della saggezza comune. L'identificazione del Coro con il pubblico è condivisa anche dalla Foley62, mettendo però in luce l'importanza degli atti pubblici e rituali in tragedia

nel permettere la corrispondenza delle due parti. La studiosa infatti riconosce che gli atti pubblici, come preghiere e suppliche, ed insieme la partecipazione stessa ad atti corali sono esperienze comuni e condivise dal pubblico ateniese, tali da avvicinare e identificare il corpo collettivo corale e cittadino. Infatti, come riconoscono anche Di Benedetto-Medda63,

nell'Atene del VI e V secolo a.C. il collettivo viveva nei riti, nelle feste e nelle manifestazioni della comunità in quanto tale. Allo stesso tempo però i due studiosi notano che se nella società era inevitabile una scissione del collettivo in corrispondenza della pluralità di interessi e

56 Gould 1996, p. 220. Secondo lo studioso, le uniche apparenti eccezioni alla condizione corale estranea al contesto sociale ateniese, sono l’Aiace e il Filottete di Sofocle, in cui, però, i coreuti sono dei marinai al servizio dell’eroe tragico e suoi sottoposti. Riguardo l’Edipo Re e l’Antigone, per quanto i membri del Coro siano apostrofati come πολῖται, d’altra parte la loro anzianità non tinge di “democratic ideology” e non rende un “civic discourse” le loro affermazioni.

57 Gould riprende in questo modo la teorizzazione di Vernant riguardo l'esperienza alternativa rispetto a quella dell'eroe tragico di cui il Coro si fa portatore e la sua essenza collettiva; dissente invece sulla identificazione del Coro con la comunità civica.

58 Gould 1996, p. 219. Mastronarde 1998, p. 59, concorda con Gould ma afferma che l'alterità è dimostrata non tanto attraverso l'uso del dorico quanto dalla lontananza del canto corale e del metro dal “discorso civico”. Goldhill 1996, p. 251, replica all'affermazione di Gould sostenendo che il linguaggio, il metro e lo stile del canto corale dovevano essere familiari per il pubblico ateniese di V secolo.

59 Gould 1996, p. 225. 60 Goldhill 1996, p. 250-1. 61 Murnaghan 2012, p. 220. 62 Foley 2003, p. 5.

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atteggiamenti politici, il Coro si pone invece come una totalità priva di articolazioni contrappositive.

Dunque, sulla base dei problemi discussi delle molteplici osservazioni avanzate dalla critica circa l'identità del Coro, si può affermare che, da una parte, alcune caratteristiche del gruppo corale, quali il ruolo di intermediario e quello di corpo unitario, la condizione sociale (per alcuni drammi) ed infine l'interpretazione di atti pubblici, permettono al pubblico di riconoscersi in esso rispetto a tutti gli altri personaggi del dramma e spingono verso l'identificazione tra i due gruppi, come se il Coro fosse il corrispettivo interno degli spettatori. D'altra parte, a causa delle sostanziali differenze individuate tra gruppo corale e pubblico, la corrispondenza tra le due componenti è solo parziale. Per questo motivo bisogna tenere in considerazione in particolare l'opinione di Paduano64. Lo studioso riconosce come funzione

istituzionale del Coro quella di costituire uno strumento di espansione della vicenda tragica ad un contesto simpatetico più ampio di quello che concerne il protagonista e le sue immediate relazioni affettive. Tale contesto consiste in un'astrazione della collettività, in grado di rappresentare la comunità titolare dell'istituzione teatrale, quindi la democrazia ateniese che nell'atto di allestire la rappresentazione celebra un'essenziale attività politica. D'altro canto, Paduano sostiene che l'identificazione della collettività con il Coro non ha sempre carattere esclusivo, dal momento che è possibile trovare in tragedia l'immagine di una comunità distinta da quella del Coro e formata da un altro gruppo di persone, che prendono una posizione diversa da quella corale. Infatti, nel caso dell'Antigone e dell'Edipo Re la comunità non si esaurisce nel Coro, perchè si trova presente in scena un secondo gruppo, quello della massa popolare. Questi richiami a una comunità più vasta si dispongono in forma polare, perchè il popolo dell'Edipo Re assicura al protagonista consenso pieno, a confronto di quello ondivago del Coro; il popolo dell'Antigone esprime dissenso sull'operato di Creonte, mentre il giudizio del Coro resta implicito. In questo modo, lo studioso dimostra che non sempre il Coro può essere considerato come l'immagine della totalità della comunità.

In conclusione, si può osservare che c'è una continua tensione tra identificazione e allontanamento dalla condizione del Coro con quella del pubblico. Il Coro resta infatti un personaggio fittizio interno al dramma e in quanto tale ha un proprio ruolo drammaturgico da svolgere, esprimendo su più registri le funzioni espressive che sono state esaminate. Per questo motivo non si può parlare di identificazione in termini assoluti. Non bisogna

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considerare l'identità del Coro come una forma fissa: esso è una forma drammatica complessa, flessibile e variante, in grado di offrire prospettive e gradi di coinvolgimento diversi nell'azione65.

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1.2

Funzione rituale ed esperienza quotidiana

66

Alla questione dell'identità ed integrazione corale è legata strettamente quella relativa al grado di autorità che può essere attribuito agli interventi del Coro, in virtù del loro legame con atti rituali. Nell'Edipo a Colono, infatti, il Coro svolge una funzione rituale: in primo luogo esso ha l'incarico di assicurare il corretto svolgimento dei riti dedicati alle divinità. Per questo motivo dà informazioni dettagliate riguardo al rito di purificazione che Edipo deve compiere per aver calpestato il suolo del boschetto delle Eumenidi da contaminato: il Coro è dunque connesso alla performance del rito. In secondo luogo, il Coro rispetta il rituale di supplica accogliendo Edipo e la figlia come supplici di Atene. A proposito della funzione rituale del Coro si è espresso Henrichs67, il quale sostiene che la danza del Coro sia sempre una forma di

performance rituale, quando inserita in un contesto di culto o di feste con rappresentazioni drammatiche. Una tale interpretazione implica che tutti i canti del Coro ed ogni riferimento al movimento corale nel dramma avrebbero avuto sempre una funzione rituale per il pubblico, indipendentemente dal ruolo drammatico svolto dal Coro nella vicenda rappresentata. In altre parole, secondo Henrichs gli spettatori consideravano un coro tragico, che recitava in occasione delle feste Dionisie, come esecutore di un rito, qualsiasi fosse la sua parte sulla scena. Nel suo contributo Rehm68, riconsiderando l'opinione dello studioso, osserva che, per

quanto i Cori tragici vadano oltre la propria identità drammatica, essa tuttavia continua ad essere mantenuta nel corso dell'azione e non viene mai persa del tutto. In conclusione, Rehm ritiene che non si possa sempre vedere autoreferenzialità nelle parti corali, perchè altrimenti si perderebbe il senso del racconto e il dramma nella sua rappresentazione. Dunque, se da una parte elementi rituali sono presenti nelle rappresentazioni drammatiche69, dall'altra non

bisogna necessariamente leggere ogni intervento corale con una funzione rituale. Nelle stessa direzione di Rehm si inserisce anche l'analisi di Mastronarde, che però riserva maggiore

66 Rehm 2012 (p. 411) precisa che per “rituale” si intende un “culturally derived system of symbolic

communication, involving practices repeated at regular (usually prescribed) intervals or on specific occasions (e.g. Weddings and funerals) in essentially the same form, and whose presentation focuses on the success of the ritual rather than on someother (aesthetic, political, economic, or idiosyncratic) end”.

67 Henrichs 1994/1995, p. 59. 68 Rehm 2012, pp. 426-7.

69 Lo studioso nota infatti la presenza di diversi rituali nei drammi: quelli richiesti in ambito religioso per assicurarsi l'aiuto degli dei, quelli per comprendere il passato, presente e futuro, per marcare riti di

passaggio, per la supplica, oppure ancora per un giuramento o per celebrare una vittoria. Dal momento che sono coinvolti in molti ambiti della vita, dunque, non sorprende la presenza dei rituali in tragedia, in particolare di quelli legati alla morte e alla sepoltura. Cfr. Rehm 2012 p. 412-3.

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attenzione al rapporto tra funzione rituale ed autorità del gruppo corale. Mastronarde70 infatti

riconosce il ruolo delle espressioni performative, realizzate in forme rituali quali preghiere o invocazioni, nel conferire autorità al Coro, assieme alle affermazioni gnomiche, che caratterizzano i suoi interventi, e ai riferimenti mitici, con cui il Coro dimostra di avere il dominio sul patrimonio del mito. Oltre alla commistione di tali componenti, lo studioso ritiene che il gruppo corale erediti parte della sua autorità dalla tradizione della presenza corale sia nel culto pubblico sia nelle festività private delle città. Inoltre, per gli atti rituali religiosi compiuti che mostrano il suo legame con il divino, il Coro acquista potere in veste di intermediario tra uomini e dei. Quest'ultimo aspetto viene ripreso dalla Kitzinger71, la quale

afferma che i moduli dell'espressione corale, il canto e la danza, affondano le loro radici nella tradizione della lirica corale, genere presente nel contesto del rituale religioso. Il Coro da esecutore di canto e danza evoca il contesto rituale tradizionale, colmando la distanza tra il mondo fittizio del dramma e il contesto in cui si svolge il dramma, le feste in onore di Dioniso72. In questo modo l'esecuzione corale crea una connessione anche con l'esperienza

quotidiana del pubblico, dal momento che il rituale eseguito sulla scena è mimetico di riti celebrati e condivisi realmente dai cittadini, quali quelli funebri, sacrificali, di matrimonio. Per questo motivo la studiosa sostiene che la performance corale rappresenti un modo di agire attraverso un sistema culturalmente costruito di comunicazione simbolica, della quale lo scopo principale è inserire le vite dei mortali in un ordine più ampio, sia esso divino, morale o sociale73. Dunque, le stesse esecuzioni rituali del Coro lo presentano in rapporto con il divino

e come mediatore tra i due mondi, attribuendogli un'autorità tale da distinguerlo dagli altri personaggi. Occorre tuttavia precisare che la tragedia in quanto forma di espressione non ha lo scopo di restituire un'immagine realistica e fedele del rito, perchè le rappresentazioni del rituale nel dramma sono modellate secondo le esigenze della performance tragica74. A questo

proposito risultano rilevanti alcuni studi che riguardano il rituale della supplica nel particolare. Prendendo in esame la supplica come forma drammatica nei tre tragici, Koppershmidt75 considera il rito come strumento dei drammaturghi per permettere l'evolversi

70 Mastronarde 1998, p. 56-7. 71 Kitzinger 2012, p. 386.

72 Cfr. Henrichs 1994/1995 e Calame 1999 per discussioni sull'autoreferenzialità del Coro tragico e le funzioni civiche e rituali fuori dal contesto drammatico.

73 Kitzinger 2012, pp. 399-400. Limportanza dell'esecuzione rituale corale verrà approfondita nel capitolo successivo, dal momento che essa svolge un ruolo di primo piano nell'OC.

74 Di Donato 2010 riflette sulla resa delle preghiere e delle maledizioni nei Persiani di Eschilo. 75 Kopperschmidt 1971.

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della trama. Più di recente, Mikalson76, riflettendo sulle forzature che si compiono in tragedia

nel rituale di supplica, dal momento che nei drammi accade spesso che il rito non venga rispettato: secondo lo studioso, il rischio della violazione della norma religiosa è un tratto tipico della tragedia. Lo studio della Legangneux77 è invece rivolto alle caratteristiche formali

del rituale, in un confronto tra supplica rituale e teatrale che affronta il problema dell'efficacia del rito rappresentato in tragedia. La studiosa infatti osserva che nella produzione teatrale la resa del rituale risponde ad esigenze drammatiche, in particolare a quella di suscitare coinvolgimento ed emozioni negli spettatori. Per questo motivo nella mimesis tragica la supplica si dimostra una trasposizione distante di un rito codificato78.

Questi studi hanno il merito di mettere in evidenza come i rapporti tra rituale e rappresentazione teatrale siano problematici, perchè il rito deve essere adattato nell'aspetto visivo ed enunciativo e può assolvere altre funzioni oltre a quelle strettamente rituali. Da una parte, dunque, è necessario ricostruire l'immagine teatrale della supplica con le sue caratteristiche drammatiche, dall'altra occorre tenere in considerazione i possibili riferimenti che il rito rappresentato poteva richiamare alla mente degli spettatori della rappresentazione tragica.

76 Mikalson 1991. 77 Legangneux 1999.

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1.3 Il ruolo del Coro in Sofocle: proposte di analisi

Nel passo della Poetica già esaminato, Aristotele riconosce il primato del Coro sofocleo nel συναγωνίζεσθαι: attribuendo al termine il significato indicato dalla lettura più diffusa negli studi critici, la voce corale del drammaturgo in questione si distinguerebbe nel prendere parte all'azione drammatica attraverso una diminuzione delle liriche indipendenti a favore dei dialoghi lirici e una maggiore compartecipazione nelle vicende tragiche. In linea con questa interpretazione, secondo alcuni studiosi, in particolare Esposito79, è possibile pensare a una

evoluzione interna per la produzione sofoclea, in base alla quale nei drammi più antichi il contributo corale si realizzava soprattutto in canti riflessivi, mentre successivamente la sua partecipazione diviene più presente e interattiva, accompagnata da un cambiamento nella funzione corale, per quanto lo stile lirico sembri restare immutato, come osserva Kranz80.

Pertanto, lo scritto aristotelico ha orientato i principali studi sul ruolo drammatico del Coro sofocleo. Kirkwood81 realizza un'analisi degli interventi lirici in relazione al giudizio

aristotelico, ritenendo che il passo della Poetica verta su quelle parti corali. Al contrario, i versi in metro giambico pronunciati all'interno degli episodi vengono considerati di scarso rilievo o apprezzabili solo relativamente dallo studioso, mentre egli attribuisce un'importanza variabile ai kommoi, dei quali le funzioni diversificate sono messe in rapporto con un utilizzo flessibile del Coro da parte del drammaturgo. Nell'analisi degli stasimi Kirkwood sottolinea una relazione più stretta con l'azione per i canti sofoclei, individuando una loro caratteristica ricorrente82, che consiste nel fatto che di frequente alcuni canti, in cui si celebra gioia, si

trovano in punti cruciali del dramma, prima di eventi catastrofici, con la conseguenza di sovvertire il contenuto dei canti stessi. Per questo motivo lo studioso le definisce “odes of suspance”. Nell'opinione di Kirkwood, esse rendono la partecipazione corale “essentially dramatic”83, perchè, anche se non influiscono in modo concreto sugli eventi che si svolgono in

scena, sono espressione di sentimenti che derivano dall'interesse verso l'azione drammatica e

79 Esposito 2006, p. 108: «As the chorus moved into the arena of the actors, on occasion even seeming to become an actor, the distinction between tragedy’s two constituent elements (iambic and lyric, speech and song) began to become blurred, to the detriment of the chorus and probably to the detriment of genre itself. The uniqueness of the chorus’s contribution was fading away and before long, as we know from

fourthcentury drama (and Poetics 1456a 27-32 on Agathon's embolima or “inserted lyrics”) their voice would be heard no longer».

80 Kranz 1933, p. 174. 81 Kirkwood 1958.

82 Kirkwood 1958, p. 10: “the odes of Sophocles almost always have a much sharper impact on the action”. 83 Kirkwood 1958, p. 9.

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legano così lo stasimo alla vicenda. Già Kitto84 aveva osservato che Sofocle rese il Coro

“always dramatic”, dal momento che esso non era più di contorno all'azione ma coinvolto nei fatti. Sempre riguardo all'analisi del ruolo del Coro in Sofocle, tra i contributi più recenti si distingue lo studio di Murnaghan85, la quale afferma che il tragediografo si sia servito della

voce corale con versatilità, dal momento che si possono osservare molteplici forme di relazione tra Coro e personaggi principali (il Coro si presenta talvolta come semplice osservatore dei fatti, talvolta come dipendente dal protagonista, come amico fidato oppure ancora in veste di alleato: solitamente ha un rapporto stretto con i protagonisti) e insieme diverse modalità della partecipazione corale (tramite conversazioni in metri giambici, canti e dialoghi lirici). Secondo la studiosa il Coro sarebbe stato uno strumento nelle mani di Sofocle per rappresentare gli effetti delle azioni eroiche sulle persone ordinarie, sia in contesto militare sia civile (come nelle tragedie che vedono protagonista Edipo): il Coro sarebbe dunque mediatore tra protagonisti e spettatori86. Parlando dei canti corali, Murnaghan osserva

che le odi celebrano sentimenti che possono essere considerati asserzioni universali, perchè offrono delle considerazioni generiche riguardo la condizione umana. Tuttavia i sentimenti espressi non sono sempre concordi tra un canto e l'altro dello stesso dramma, ma appaiono di frequente contradditori tra loro. Sviluppando questa osservazione, la studiosa individua come caratteristica comune nella produzione sofoclea un'evoluzione del pensiero del Coro, da sentimenti di ammirazione e considerazione positiva nei confronti del potere umano verso sentimenti pessimisti o ripugnanti per la natura umana87. Si tratta di un movimento che

partendo da situazioni di certezza porta all'incertezza, dalla conoscenza ai misteri oscuri della sorte umana legati all'intervento degli dei. Murnaghan interpreta questa continua oscillazione tra prosperità e distruzione nei canti corali come emblema del ritmo dell'esperienza umana. Questo ripiegamento individuato dalla studiosa nelle riflessioni del Coro in effetti si ripropone di opera in opera88 e può essere giustificato considerando che l'evoluzione verso sentimenti

pessimisti corrisponde all'evoluzione dell'azione drammatica. Infatti, la trama della tragedia in generale è caratterizzata da una situazione iniziale di felicità o di normalità, che in seguito viene sovvertita da sventure o avvenimenti dolorosi. Anche nel caso dell'Edipo a Colono è possibile riconoscere lo stesso movimento negli interventi riflessivi del Coro: all'ode

84 Kitto 1954, p. 165. 85 Murnaghan 2012. 86 Murnaghan 2012, p. 225. 87 Murnaghan 2012, p. 234. 88 Ad es. OT, Ant., Trach.

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celebrativa di Colono segue il canto dedicato alla morte come liberatrice e la preghiera rivolta agli dei inferi per la discesa di Edipo nel regno dei morti, in corrispondenza con lo sviluppo della vicenda drammatica, che prende avvio con l'arrivo del protagonista ad Atene e si conclude con la sua morte.

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1.4 Caratterizzazione del Coro dell'Edipo a Colono: la parodo (vv. 117-253)

Il Coro dell'Edipo a Colono è formato da cittadini di Colono che hanno l'incarico di consiglieri del re di Atene Teseo e di guardiani del boschetto delle Eumenidi (v. 145), con il compito di assicurarsi che le azioni svolte nello spazio sacro siano ritualmente corrette regolandole secondo le norme opportune89. La posizione politica e sociale attribuisce autorità

al Coro90, che ha anche il potere di concedere ospitalità e protezione agli stranieri o, al

contrario, di allontanarli91 (v. 79-80): Edipo infatti si rivolge agli abitanti chiamandoli ospiti

(v. 207) ed inoltre tutta la discussione riguardo alla sua accoglienza avviene di fronte ad essi, prima dell'arrivo del re, segno della loro importanza92. La loro autorità è accresciuta anche

dall'età avanzata, che li rende affini al protagonista e li predispone ad un rapporto empatico con il personaggio, con cui condivide anche il legame con il territorio di Colono. La caratterizzazione del Coro ed il suo coinvolgimento dinamico nell'azione emerge a partire dalla sua prima entrata in scena. Nella parodo infatti il Coro, entrando, si mostra già a conoscenza della presenza di un uomo straniero sacrilego: in questo modo viene continuata l'azione già avviata nel prologo ed i coreuti si rivelano già inseriti nella vicenda. In secondo luogo, indicativa del coinvolgimento del Coro è la struttura della parodo commatica (vv. 117-253), costituita da due coppie strofiche, inframmezzate dal canto degli attori, che con brevi sistemi anapestici intervengono a dividere la strofe dall'antistrofe. Nella parte conclusiva si estende la monodia cantata da Antigone a suggello del processo di accoglimento di Edipo nella benevolenza dei vecchi coloniati. Il movente dell'entrata del Coro è costituito dalla ricerca dello straniero che ha violato il suolo sacro. Si tratta dunque di una scena di ricerca, contraddistinta da alcune componenti condivise con altre scene di questo genere93: l'ingresso

non compatto dei coreuti, che si sparpagliano in varie direzioni, la probabile suddivisione delle battute tra essi, l'azione di ricerca nelle movenze del Coro ed infine la forma stilistica basata sul susseguirsi incalzante di interrogative, ripetizioni ed esortazioni94. La ricerca si

89 Kitzinger 2012, p. 394.

90 Wilson 1997, p. 106: "[The chorus's] importance to the play cannot be overstated, for this is no ordinary assemblage of slaves, nurses, or miscellaneous elders. It is one of the few choruses in surviving Greek tragedy that is composed specifically of men who claim for themselves a political standing in Athens”. 91 Esposito 1996, p. 104: "it is crucial (…) not only that the resident king accept the fugitive suppliant, but also

that the city do so as well (…) From the very outset he involves the chorus deeply in the process of Oedipus' reintegration”.

92 Dhuga 2005, pp. 337-8.

93 Cfr. Aesch. Eum., Soph. Ai. ed Ich., Aristoph. Ach. ed Eccl.

94 Cerri 2007, p. 160-2, analizza la natura pantomimica del Coro dell'OC e sostiene che rappresenti un genere di spettacolo inedito, in quanto un pantomimo non solo danzato, ma anche cantato e trasferito in sede tragica.

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esaurisce presto, nell'ambito della prima strofe, per l'improvvisa comparsa di Edipo ed Antigone. Il loro apparire subitaneo provoca una risposta emotiva di terrore da parte del Coro, accrescendo la tensione in scena. Dunque, in un primo momento i vecchi abitanti si mostrano impauriti di fronte alla vista di Edipo ed esprimono la volontà di cacciarlo, mentre in seguito ai discorsi di supplica pronunciati dal protagonista e dalla figlia essi mostrano un'evoluzione psicologica, passando da posizioni di sospettosa ostilità ad una pietà solidale.

La comparsa del gruppo corale sulla scena è contraddistinta dalla concatenazione di tre moduli che la anticipano, con la funzione di attirare l'attenzione del pubblico sul Coro. Il primo di tali moduli è l'invito a fare silenzio rivolto da Antigone al padre per mezzo del perentorio σίγα, “zitto” (v. 111), a cui Edipo risponde σιγήσομαι, “sto zitto” (v. 113). L'imposizione del silenzio attraverso il ricorso al verbo σιγάω assume una specifica funzione drammaturgica in concomitanza con eventi nuovi che si verificano sulla scena95; in questo

caso il suo uso è giustificato opportunamente dal contesto dell'azione, dal momento che gli abitanti di Colono avanzano alla ricerca di Edipo mentre il protagonista e la figlia non vogliono rivelare la loro presenza, decidendo di nascondersi nel boschetto. Cerbo96, nella sua

analisi della parodo della tragedia in questione, osserva che l'espediente dell'invito al silenzio, normalmente utilizzato per segnalare l'entrata di un personaggio, viene impiegato in modo singolare in questo caso per l'ingresso del Coro dalla eisodos, e propone di interpretarlo come un probabile primo indizio del ruolo “attoriale” del Coro in questo dramma, dunque un primo segnale della partecipazione attiva del gruppo corale agli eventi in scena. Il secondo modulo riguarda l'annuncio dell'arrivo del Coro da parte di Antigone: “πορεύονται γὰρ οἵδε δή τινες χρόνῳ παλαιοὶ”, “ecco che stanno venendo qui certi vecchi” (vv. 111-12). L'annuncio viene formulato tramite il ricorso ad elementi tipici: il verbo di movimento, il deittico rafforzato dalla particella δή, l'identificazione generica dei coreuti attraverso l'indefinito. Le parole di Antigone acquistano rilevanza per quanto riguarda la caratterizzazione del Coro, dal momento che ne costituiscono la prima descrizione: i coreuti vengono identificati come παλαιοὶ, “vecchi”. Il Coro dell'Edipo a Colono è infatti un Coro di anziani, ma non per questo motivo ha un ruolo marginale nella vicenda. In uno studio recente Dhuga97 affronta il ruolo dei Cori

di anziani nella tragedia greca e sostiene che essi svolgono una funzione centrale, sia come

95 Cerbo 2012, p. 25. Per questa funzione del verbo, cfr. Aesch. Ag. 1344; Soph. El. 1236 e 1399, fr. 314 Radt v. 103, fr. 815 Radt, Phil. 865; Eur. Hipp. 565, Hec. 1069, Her. 1042s., 1060, 1067, IT 458, 723, Or. 140, 183, 1311, 1367.

96 Cerbo 2012, p. 25. 97 Dhuga 2011.

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