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4. La questione femminile

4.2 Corpo e sessualità

Una potenzialità espressiva che è spesso stata repressa e silenziata nella donna è indubbiamente il suo corpo. Forgiare un ideale di femminilità fondato sui ruoli di moglie casta e di madre pia e virtuosa implica, infatti, l’adozione di un approccio censorio nei confronti della sessualità e del corpo della donna, con la limitazione dei suoi istinti emotivi e delle sue pulsioni erotiche. Allorché la sessualità femminile risulti finalizzata esclusivamente alla procreazione, qualunque tipo di trasgressione è punibile e ‘riparabile’ solo col matrimonio. Come sintetizza Anna: “You sleep with a man, you marry him. Otherwise it’s straight to hell” (p. 134).

17 U. KAUER, “The Need to Storify: Re-inventing the Past in André Brink’s Novels”, cit., p. 64. 18 S.DIXON, op. cit., p. 56.

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È soprattutto fra le mura domestiche che il corpo femminile ha subìto una forte censura da parte di ‘patriarchi’ che ne hanno considerato l’esposizione come una vergogna o una provocazione. Ouma Kristina, ad esempio, rivela che “I was even expected to keep my shift on when I had a bath. I can still remember the feel of that heavy wet thing clinging to my limbs. Some nights I had dreams about drowning in deep dark water, unable to move arms or legs in that long dress that kept dragging me down, down, down to the bottom” (p. 89). Le restrizioni imposte si riflettono così in un’immagine paralizzante che vede un corpo prigioniero di un abito (e un’abitudine) sociale fin troppo stretto e pesante. Dello stesso soffocamento sembrano essere vittime le due figlie di Anna, che siedono a tavola durante la cena della domenica indossando “suffocatingly taut bodices” (p. 223), non sufficienti, tuttavia, a nascondere agli occhi del padre i segni ‘offensivi’ dello sviluppo fisico:

It was painfully obvious from the hunched shoulders of the elder one that she was desperately trying to minimise, to no avail, the visibility of what seemed like two small protruding crab’s eyes; and a minor catastrophe erupted when Casper instructed her to sit up straight, which resulted in an outburst of tears, a chair overturned, and a gawky rush to a bedroom (ibidem).

Corollario delle politiche repressive della società relativamente al corpo femminile, di cui Casper è un perfetto portavoce, è il fatto che la donna è stata progressivamente allontanata ed alienata dal proprio corpo, arrivando al punto di nasconderlo o ripudiarlo. Particolarmente significativo è il caso di Louise, che, ancora una ragazzina, “tried to deny all evidence of physical development by tearing her vests into strips and tying up her breasts so tightly that they couldn’t be noticed” (p. 118). Dopodiché, durante l’adolescenza, “she went about with knotted ropes tied very tightly around her body, practically cutting into the flesh, as if to punish it for being there” (ibidem).

Uno dei cardini di Imaginings of Sand è la denuncia dell’ideologia sessista accolta dalla società sudafricana, secondo cui il corpo della donna parrebbe esistere soltanto per essere posseduto o meno dall’uomo. Privata di un’identità autonoma, la donna verrebbe oggettificata e livellata dallo sguardo e dal desiderio maschile, come rivelano le amare parole di Anna: “To admit that whatever I achieved was due only to the shape of my boobs. Not because I was a woman, but because I was made to feel like a kind of female impersonator” (p. 134). Una volta sposata, Anna deve rendere il proprio corpo docile e passivo per asservirlo al desiderio del marito, che lo usa, o, meglio, ne

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abusa, a suo piacimento. Emblematico è il momento in cui, dopo che ella ha trovato il coraggio di rivelare a Casper l’avvenuto furto della loro autoradio, Kristien immagina il rapporto che si sta consumando tra i due coniugi:

I hear the sounds of their coupling from the master bedroom next door. He is taking, I tell myself, in his own way, his revenge. I have a brief imagine of her in the black flannelette nightdress, pushed up or torn away, her white limbs. Impossible to tell from the sounds she utters whether what she derives from it is pleasure or pain, ecstasy or revulsion (p. 56).

Sottomesso ad una master-slave relationship, il corpo di Anna è ormai privo di ogni vitalità, di ogni esuberanza e di ogni espressione autonoma, come si evince chiaramente dal primo ritratto della donna offerto da Kristien: “this tired, shapeless person” (p. 17), “a body in need of care. How different from the elder sister I remember in her prime, erect and tall and beautiful, with ample breasts and a predilection for dresses and blouses with necklines practically down to her clitoris […] Look at you now, I feel like saying” (p. 18). Da queste parole emerge un’immagine di decadimento, l’abbozzo di un corpo femminile ormai svilito e represso dal machismo afrikaner.

L’esperienza di Kristien rivela ulteriormente la prepotenza dello sguardo e del desiderio degli uomini, “of their hunger to prey parasitically and destructively on female bodies and energies”19. Sin dalla prima pagina del romanzo, che la vede in volo verso il Sudafrica, la giovane viene molestata contemporaneamente dai due passeggeri che le siedono accanto, “each intent on outwitting the other in setting up dates with me (the one on the aisle even suggesting moistly in my year, at three in the morning, as the window-man, feigning sleep, attempts to slide his hand under my blanket, that we decamp to a toilet)” (p. 3). Ancor più significativi ed aberranti sono i due tentativi di stupro perpetrati da Casper: il primo si colloca nel passato, nel giorno che lo ha visto convolare a nozze con Anna (p. 33); il secondo avviene nel presente, quando Casper tenta di sedurla nel seminterrato della farm di Ouma Kristina (pp. 234-6). Non accettando e neppure comprendendo il deciso rifiuto di Kristien alle sue esplicite

avances, Casper reagisce insultandola con una serie di epiteti diffamatori quali “cow”

(p. 70) o “bitch” (p. 33, p. 236), per poi cercare di prenderla con la forza. Come commenta Bungaro: “in his mind, the binary opposition ‘virgin-whore’ that informs

19 M. BUNGARO, “Male Feminist Fiction: Literary Subversions of a Gender-Biased Script”, in Body,

Sexuality and Gender: Versions and Subversions in African Literatures 1, eds. F. Veit-Wild and D.

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his sexist ideology justifies his action: since Kristien is neither a virgin nor a devoted wife, she must be a whore. As a consequence, she not only deserves to be possessed but she will surely like it”20.

Il problema delle norme patriarcali vigenti in Sudafrica (e non solo) è il fatto che esse hanno definito la sessualità femminile nei termini di un discorso fallocentrico che l’ha ridotta a riflesso o complemento del desiderio maschile. Scagliandosi contro questa impalcatura misogina, Brink sembra invece proporre, sulla scia dell’ormai classico femminismo francese21, la celebrazione del corpo, della sessualità e del piacere femminile come eroticamente autonomi dal desiderio maschile, lasciando alle donne la libertà di potersi esprimere “[f]rom their bodies where they have been buried, shut up and at the same time forbidden to take pleasure”22. In questa prospettiva, il corpo di Kristien può dirsi un corpo indipendente ed ‘erotizzato’ che rifiuta le strutture repressive della società patriarcale e le sue categorizzazioni. Sin da quando è una studentessa, la giovane persegue il piacere sessuale con disinvoltura, ricercando un godimento che non è finalizzato alla procreazione: “I rather liked men, and going to bed with them when the mood was right, but I saw no need for involvement except on my own terms […] I acknowledged the needs and desires of my body and I prided myself on being able to make, by and large, I hope, sensible judgments” (p. 142). Ancora più esplicito e corrosivo è il resoconto della sua esperienza a Londra: “There was a fair amount of fucking going on in the circles into which I’d moved, and as the temperature dropped and nocturnal loneliness became acute, I availed myself of some

20 Ibidem.

21 Diffusosi nei primi anni Settanta, il femminismo di impianto francese ha elaborato un concetto di

‘differenza sessuale’ da concepirsi non più come luogo di discriminazione e di subordinazione della donna, ma come alterità paritetica associata a una specificità femminile. Animata da un forte scetticismo verso un fallocentrismo di matrice freudiana, questa corrente femminista ha attinto alle teorie psicanalitiche di Jacques Lacan e a quelle di altri pensatori post-strutturalisti quali Derrida e Foucault, mettendo in risalto il valore del linguaggio in cui ha sede la rappresentazione del femminile. Le tre esponenti più famose a livello internazionale sono Luce Irigaray, Hélène Cixous e Julia Kristeva, tutte provenienti dal gruppo ‘rivoluzionario’ Psyc-et-po, Psychanalyse et Politique. A Cixous si deve la teorizzazione della pratica dell’écriture féminine (women’s writing), una scrittura estatica, vorticosa e non-lineare che sovvertirebbe la logica binaria maschile (uomo/donna, padre/madre, cultura/natura, ragione/sentimento, attivo/passivo etc.) attraverso strutture sintattiche e linguistiche inconsuete (femminili), che favoriscano la molteplicità e la differenza. Si tratta di una scrittura che invita la donna a parlare di sé e del proprio corpo (writing the body), dando voce alla propria ricca e multiforme sessualità, sinora repressa e censurata dall’uomo. Secondo la linea di pensiero francese, infatti, l’emancipazione femminile non può che passare attraverso la liberazione sessuale della donna.

22 H. CIXOUS, “Sorties: Out and Out: Attacks/Ways Out/Forays”, in The Feminist Reader: Essays in

Gender and the Politics of Literary Criticism, eds. C. Belsey and J. Moore, MacMillan, Houndmills and

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of the opportunities on offer” (p. 150). Sfidando lo status quo attraverso la fiera affermazione delle proprie pulsioni sessuali, Kristien scardina così le opposizioni binarie consolidate dal patriarcato, secondo cui la donna e la sessualità femminile sarebbero invariabilmente associate a negatività, passività e mancanza.

Un altro personaggio irriverente e controcorrente è indubbiamente la giovane Ouma Kristina, che afferma il proprio diritto al piacere rifiutando inizialmente di sposare un uomo che “brings no wetness to my cunt” (p. 95). La ricchezza e la forza del desiderio femminile esplodono in maniera ancora più dissacrante attraverso i dipinti erotici di Rachel, nei quali compaiono “[m]en with staggering erections, women spreadeagled, exposing their things like gaping wounds, and all kinds of copulations involving people and animals and birds and monsters, even trees and stones” (p. 89): immagini di un eros eccedente, sregolato e vitale che corrode la patina di decoro e di rispettabilità della società afrikaner sfidandone apertamente la Legge del Padre, la quale “excises from itself or culture all that is excess, the excess in nature and in sexuality”23. Il fatto, peraltro, che questi disegni vengano ripetutamente cancellati dalla famiglia, per poi riapparire ogniqualvolta (cfr. paragrafo 3.2.1), diviene una chiara metafora della soppressione della sessualità femminile, ma anche della sua natura ostinata, persistente e disgregante che è destinata a farla riemergere.

Nel riconoscere ed esaltare la libido femminile, il romanzo non mira ad affermare

una sessualità, ma tante sessualità al plurale che confondano e smantellino ossificate

opposizioni binarie, riconoscendo e celebrando la differenza. Come afferma Cixous: “you can’t talk about a female sexuality, uniform, homogeneous, classifiable into codes – any more than you can talk about one unconscious resembling another”24. Particolarmente significativa diviene così la storia di Samuel, che prima ‘cancella’ la sua identità sessuale di donna tagliandosi i capelli e vestendosi come un uomo (“Everybody in the village […] thought of Samuel as a man, the man who whispered”, p. 215) e dopo si lega sentimentalmente ad una ragazza, Marga (pp. 215-6). Il richiamo a una relazione omossessuale fra due donne assume la forma di un’ennesima sfida lanciata dal nostro autore, dal momento che, come osservano Belsey e Moore, “it is patriarchy that imposes male privilege, that prescribes heterosexuality and strives to

23 D. DRIVER, op. cit., p. 17.

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repress the disruptive excess of alternative sexualities, of unconscious resistance, play and creativity”25.

Un secondo attacco alla “glorious phallic monosexuality”26 viene sferrato nel seguente passo, in cui Kristien ricorda la pseudo-esperienza omosessuale vissuta con un’amica d’infanzia:

[S]he offered to show me her newly sprouting tendrils of public hair, ‘seaweed’ she called it; and somehow we got carried away and removed our clothes and began to touch and inspect and fondle and compare, each

a mirror for the other, all as innocent as the smell of the ironed garments

still impregnated with the summer sun in which they’d dried. It was my only vaguely lesbian experience, but it opened to more momentous discoveries later (p. 237; corsivo mio).

Oltre a costituire un secondo riferimento dissacrante all’omosessualità, questa scena del romanzo sembra voler esaltare un momento di stupore e curiosità di due giovani corpi femminili a confronto, intenti in quella che Cixous potrebbe definire “a passionate and precise interrogation of [their] erotogeneity”27, una mappatura del corpo femminile volta ad esplorarne le regioni e i sottaciuti aspetti di significazione. Si instaura così un dinamico processo di ‘scambio’ tra una donna e l’altra, entrambe immerse in un esperimento tattile ed emozionale che celebra la bellezza del loro corpo. Agli occhi della madre di Kristien, schierata sul fronte dei codici culturali della società, l’istintualità di questo momento è tuttavia destinata ad assumere i connotati della trasgressione e del peccato fatale: “It was her tone, her attitude; the intimation that what we’d done so far exceeded the bounds, not of the permissible but of the imaginable, that caused me for many nights to wake up in terror” (p. 238).

Incoercibile, la sessualità femminile tratteggiata nel testo si coniuga anche con la particolare natura del piacere esperito dalla donna. Diversamente da quello maschile, infatti, il piacere femminile non è limitato all’organo sessuale, ma viene distribuito e percepito in tutto il corpo. Alla supremazia del fallo, in altre parole, si oppone l’anarchia di un piacere diffuso, mobile ed esteso. Come puntualizza Cixous, tuttavia:

That doesn’t mean that [woman] is undifferentiated magma; it means that she doesn’t create a monarchy of her body or her desire. Let masculine sexuality gravitate around the penis, engendering this centralised body (political anatomy) under the party dictatorship. Woman does not perform on herself this regionalisation that profits the couple head-sex, that only

25 C. BELSEY and J. MOORE, “Introduction: The Story So Far”, in The Feminist Reader, cit., p. 10. 26 H. CIXOUS, “Sorties: Out and Out: Attacks/Ways Out/Forays”, cit., p. 93.

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inscribes itself within frontiers. Her libido is cosmic, just as her unconscious is worldwide28.

Emblematica è una scena del romanzo in cui il corpo di Kristien viene eccitato sensualmente dalle carezze avvolgenti della brezza notturna: “Through the window I see the veld outside awash in moonlight. Fascinated, I remain standing there, aware of the sensual touch of the night breeze; my nipples become taut. Endless, endless, the plains unfold in the dark, pure space unencombered by tree or rock. Above, the unnatural brightness of the stars” (p. 55). Allo stesso modo, l’eros femminile si espande in tutto il corpo di Ouma Kristina, la quale esperisce la maternità come una fonte di piacere:

But being pregnant – that feeling of wholeness, of being totally self- sufficient, of folding myself around my own centre. To feel my body growing heavy and to ripen like a big fruit, the fruit of myself, to feel my breasts swelling and filling with milk – I loved lying on my back and seeing the milk trickle from my nipples across my body and under my arms, and when I pushed myself up on my elbows, over my belly and around my popped-up navel, and into my public hair, and down the sides – to imagine it flowing over me, over the floor and out of the doors and across the veld, and to see the ants following the trails and crawling all over me – That was a fulfilment I could never have in any other way (p. 115).

Anche secondo Cixous, la donna deve essere esortata a riscoprire la bellezza del corpo materno, dal momento che il donare la vita è l’indicatore primario della differenza femminile: “woman is never far from the ‘mother’ (I do not mean the role but the ‘mother’ as no-name and as source of goods). There is always at least a little good mother milk left in her”29.

Celebrare il corpo femminile significa infine trasgredire i confini di un’immagine puramente idealizzata, per esaltare, al contrario, anche gli aspetti presumibilmente ‘abietti’ che sono stati a lungo censurati o ignorati, come il sangue mestruale. Nel romanzo, infatti, scopriamo che Ouma Kristina ha conservato in un ripostiglio segreto della farm i resti dei flussi ciclici della sua intera esistenza, “sanitary rags and towels, used, and gathered, and stowed […] Bags and bags and bags of them, years and years of bleeding, of ‘the curse’, of moving with the cycles of time, once every twenty-eight or so days, thirteen times a year, how many years?” (p. 221). L’enfasi posta su una

28 EAD., “Sorties: Out and Out: Attacks/Ways Out/Forays”, cit., p. 96. 29 Ivi, p. 99.

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materia anti-poetica e apparentemente indegna quale il sangue mestruale è un dettaglio non banale che merita approfondimento.

Nel framework culturale in questione, i fluidi corporei (saliva, sangue mestruale, escrezioni genitali etc.) vengono normalmente associati a vergogna, disgusto e sporcizia contaminatrice, soprattutto per la loro vischiosità e incontenibilità. In un influente studio di qualche decennio fa, Purity and Danger, l’antropologa Mary Douglas ci ricordava che niente, in realtà, ha l’intrinseca proprietà di essere ‘sporco’, ma lo è soltanto relativamente ad un sistema gerarchizzante che impone un certo ordine: “Where there is dirt, there is system. Dirt is the by-product of a systematic ordering and classification of matter, in so far as ordering involves rejecting inappropriate elements”30. Lo ‘sporco’, in altre parole, include tutti gli elementi rigettati da sistemi ordinati e relegati ai margini. In questa prospettiva, la repulsione verso i body fluids segnalerebbe l’orrore per l’instabilità del corpo e i suoi processi fisiologici: i fluidi scorrono, filtrano, si insinuano e superano le barriere che separano il ‘dentro’ dal ‘fuori’, minacciando la purezza di un corpo ‘pulito’ e ‘ordinato’. La loro ‘impurità’ conterrebbe pertanto il germe di un pericolo per il sistema, un tratto di vulnerabilità.

Particolarmente significativa è a questo punto l’instaurazione di una connessione tra il corpo fisico e il corpo sociale:

The body is a model which can stand for any bounded system. Its boundaries can represent any boundaries which are threatened or precarious. The body is a complex structure. The functions of its different parts and their relation afford a source of symbols for other complex structures. We cannot possibly interpret rituals concerning excreta, breast milk, saliva and the rest unless we are prepared to see in the body a symbol of society, and to see the powers and dangers credited to social structure reproduced in small on the human body31.

Dal momento che il corpo tende a farsi metafora della struttura sociale, le restrizioni ad esso imposte, soprattutto le leggi che ne regolano la purezza, corrisponderebbero alle stesse leggi avallate dalla società. Così, se il sangue mestruale è percepito come una sostanza inquinante e nociva, le donne al momento del ciclo possono essere messe ‘in quarantena’. La storia di Kamma, ancorata alle tradizioni khoi, chiama in causa

30 M. DOUGLAS, Purity and Danger: An Analysis of the Concepts of Pollution and Taboo, Routledge,

London and New York 1966, p. 36.

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questo aspetto, ricordando come in quella comunità le donne fossero bandite per giorni in “the taboo hut, the t’nau as it was called, that is the hut in which women were segregated for their monthly bleeding” (p. 177). La minaccia per l’uomo si traduce ulteriormente nella proibizione di contatti sessuali con la donna ‘infetta’: “it was a deadly sin to have intercourse with a woman who was t’nau” (ibidem). Durante la

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