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Raccontare le donne per dare voce alla Storia: la magia dello storytelling in Imaginings of Sand di André Brink

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN LINGUE E LETTERATURE

MODERNE EUROAMERICANE

TESI DI LAUREA

Raccontare le donne per dare voce alla Storia: la magia dello storytelling

in Imaginings of Sand di André Brink

CANDIDATO

RELATORE

Linda Fiasconi

Chiar.ma Prof.ssa Laura Giovannelli

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“But we know that for every person there is a wind which has been made just for that man and woman. This wind follows you like a shadow. And when you die one day, your wind comes softly to blow across the tracks and cover them with sand. Afterwards it goes on blowing your story through the world to make sure that distant people will pick it up”

André Brink, Praying Mantis.

“We were the people who were not in the papers. We lived in the blank white spaces at the edges of print. It gave us more freedom. We lived in the gaps between the stories”

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INDICE

Introduzione. André Brink: una vita in lotta contro il potere ... 1

1. Il macrotesto narrativo ... 14

1.1 La fase sperimentale: gli anni Sessanta ... 15

1.2 I romanzi politici: gli anni Settanta e Ottanta ... 18

1.3 I romanzi post-apartheid: gli anni Novanta e il nuovo millennio ... 34

1.4 Le costanti della produzione brinkiana ... 47

1.5 Un autore ‘postcoloniale’? ... 52

2. Il contesto storico e letterario: il Sudafrica negli anni Novanta ... 57

2.1 Una transizione socio-politica ... 57

2.2 Una transizione artistica ... 65

2.2.1 Il dibattito letterario post-apartheid ... 65

2.2.2 La risposta di André Brink: il realismo magico e lo sguardo retrospettivo... 75

3. Imaginings of Sand: la riscrittura del passato, Storia e storie ... 86

3.1 Un progetto postmoderno ... 87

3.1.1 History as fact vs History as fiction ... 87

3.1.2 La magia dello storytelling: oltre l’episteme postmoderna ... 99

3.2 Un progetto postcoloniale e femminista ... 110

3.2.1 I silenzi della Storia ... 110

3.2.2 History vs Herstories ... 121

4. La questione femminile ... 135

4.1 L’oppressione delle forze patriarcali tra passato e presente... 137

4.2 Corpo e sessualità ... 146

4.3 Donna e Madre Terra: un approccio ecofemminista ... 156

4.4 Limiti e aperture ... 163

Conclusione ... 172

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INTRODUZIONE

André Brink: una vita in lotta contro il potere

“This is what matters: to say ‘no’ in the face of the certitudes of power”1: con queste parole, pronunciate durante l’ultimo discorso pubblico prima della morte, ci lasciava nel 2015 un gigante della letteratura sudafricana, scrittore di talento dal successo internazionale, nonché drammaturgo, critico letterario, accademico, insegnante e traduttore. Ci lasciava, soprattutto, un uomo che per l’arco di tutta la sua esistenza si è rifiutato di tacere di fronte all’ingiustizia, all’inuguaglianza razziale e a ogni forma di oppressione, fissando le tracce del suo ‘no’ nella perennità dell’arte.

André Philippus Brink nasce il 29 maggio 1935 a Vrede, un piccolo villaggio sudafricano dello Stato Libero dell’Orange, da una famiglia di origine boera2. Il padre, Daniel Brink, è un magistrato itinerante che occupa una posizione di rilievo nella comunità afrikaner, mentre la madre, Aletta Wilhelmina (née Wolmarans), è un’insegnante di inglese. Primo di quattro figli, André Brink cresce in una famiglia fortemente conservatrice, timorata di Dio e vicina alle politiche del Partito Nazionale3. La sua infanzia, che lo vede trasferirsi di villaggio in villaggio per seguire gli spostamenti del padre, trascorre all’insegna di una rigida educazione calvinista che gli

1 B.W

ILLIAMS, “André Brink: Literary Giant, Social Activist and Teacher”, Sunday Times, 8

February 2015, in André Philippus Brink 1935-2015: Interviews, Notes and Testimonials, Times Media Books, South Africa, 2015, p. 9.

2 I boeri (dall’olandese boer, «contadino») sono i coloni di origine olandese, francese e tedesca che

si stabilirono nella zona del Capo di Buona Speranza a partire dal 1652, anno del primo insediamento olandese guidato da Jan Van Riebeeck. Intorno alla metà dell’Ottocento, dopo l’arrivo dei coloni inglesi che assunsero il controllo del Capo, i boeri si spinsero all’interno del Sudafrica in zone ancora inesplorate (fu il cosiddetto Great Trek) fondando le repubbliche autonome dello Stato Libero dell’Orange e del Transvaal, la cui fine fu poi sancita dalle guerre anglo-boere. Già nel Settecento, ma con maggiore frequenza a partire dal Novecento, i coloni boeri assunsero la denominazione di ‘afrikaner’.

3 Il Partito Nazionale (National Party) è stato un partito sudafricano nazionalista di destra,

supportato principalmente dagli afrikaner. Ha dominato la scena politica del secondo dopoguerra, ponendosi tra i principali obiettivi la messa in atto della politica dell’apartheid, la promozione della cultura afrikaner e l’istituzione di una repubblica (obiettivo raggiunto nel 1960 con l’uscita del Sudafrica dal Commonwealth). Il partito è rimasto al governo dal 1948 al 1994, sciogliendosi ufficialmente nel 2005.

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impone di assistere non solo alla messa domenicale, ma anche a quella infrasettimanale.

A causa di una malattia di cui la madre soffrirà per molti anni, André viene affidato alle cure di una black nanny conosciuta come ‘old Aia’, che gli racconta e canta storie tradizionali nella propria lingua sotho. Incapace di comprendere il significato delle parole, il piccolo Brink è tuttavia ipnotizzato dalle cadenze e dalla musicalità di queste storie, immergendosi istintivamente nei suoni e nei ritmi del linguaggio. Al di là di questo incontro felice, i cui echi risuoneranno soprattutto nella produzione post-apartheid, i rapporti con i ‘non-bianchi’ sono interamente plasmati dalle convinzioni afrikaner che relegano i neri a un ‘naturale’ stato di sottomissione rispetto ai bianchi. Come Brink stesso ammette in un’intervista, “our tiny villages were exclusively Afrikaans-speaking, with a black majority living at a physically lesser or greater distance. It never occurred to me that a black person could be a magistrate or teacher or whatever”4. Nato infatti nel 1935 in un paese in cui l’apartheid diverrà ben presto la politica ufficiale5, Brink vive pienamente l’era della segregazione, crescendo in una cultura imbevuta di razzismo e violenza che permette ai bianchi di crearsi progressivamente una corsia preferenziale, attraverso un forte apparato legislativo di cui il padre stesso si fa portavoce:

My father was a magistrate, one of those grey eminences who are the powers behind the throne in South Africa because they implement the official policies. In his case it was done with a real sense of justice; most of the others were bigots. I know, because throughout my childhood and

4 H. BROWN, “André Brink Interview: ‘Sharpeville was a Terrible Shock’”, The Telegraph, 7

February 2015. Consultabile in: http://www.telegraph.co.uk/culture/books/booknews/11397929/ Andre-Brink-interview-Sharpeville-was-a-terrible-shock.html [Ultimo accesso 29 Novembre 2016].

5 Dal 1910 (anno di costituzione dell’Unione del Sudafrica) al 1948, il Sudafrica vive l’era della

segregazione, vero e proprio preambolo all’apartheid. Già nel 1913, infatti, entra in vigore il Natives

Land Act che riserva appena il 7% dei terreni agricoli a una popolazione nera che costituisce da sola il

67% dell’intera nazione. Nel 1948, con l’elezione del National Party, l’apartheid prende definitivamente forma divenendo la politica ufficiale del paese. Il primo ministro Malan inizia a proporre programmi di legge miranti a promuovere il cosiddetto criterio dello ‘sviluppo separato’, il quale dovrebbe consentire a ogni etnia di affermarsi e prosperare in linea con le proprie tradizioni. La messa in atto dell’apartheid si rivela tuttavia solo un’avvilente espressione di discriminazione razziale, oltre che un mezzo per accentrare il potere nelle mani dei bianchi. Fra le leggi palinsesto del sistema, il

Prohibition of Mixed Marriages Act (1949) e l’Immorality Act (1950) proibiscono tanto i matrimoni

misti quanto le relazioni sessuali interetniche. Il Population Registration Act (1950) classifica la popolazione dividendola in quattro gruppi razziali: bianchi, coloured, asiatici, neri. Corollario di questa legge è che tutti i non-bianchi si vedono privati del diritto di voto e lo Stato non ha l’obbligo di garantirne il pieno sostegno. Il Group Areas Act (1950) stabilisce infine l’assegnazione del territorio. Le aree più sviluppate divengono privilegio esclusivo dei bianchi, mentre i nativi sono sottoposti a un trasferimento coercitivo in riserve naturali povere, vedendosi poi obbligati a esibire un lasciapassare qualora siano fermati dalla polizia in aree riservate ai bianchi.

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adolescence I was surrounded by such people, the pillars of an evil ideology6.

Tale ideologia non si manifesta soltanto nella constatazione pseudo-scientifica dell’inferiorità dei neri, ma anche e soprattutto in atti quotidiani di violenza ai quali il piccolo Brink assiste impotente, accettandoli tuttavia aproblematicamente come parte dell’‘ordine naturale’. Emblematico a tal proposito è un episodio di sadica brutalità in cui un giovane domestico viene picchiato e maltrattato da un amico di famiglia dei Brink. Come punizione per essersi allontanato dalla farm, il giovane viene infatti denudato, legato in una carbonaia e picchiato con una manichetta dalle dieci di mattina fino alla sera, sotto gli occhi di un Brink che, ancora troppo giovane, non cerca di fermare l’attacco ma si nasconde in camera7. Ancor più di questi atti di violenza, a segnare profondamente la sua infanzia è l’indifferenza mostrata dal padre quando, di fronte a un nero sanguinante presentatosi nella sua casa per chiedere giustizia, l’uomo decide di non prendere iniziative, cacciandolo malamente. Questo episodio rimarrà per Brink “one of the darker incidents from [his] childhood that will continue to stand out forever”8.

Cresciuto nel cuore rurale del Sudafrica, in una provincia fortemente radicata nelle tradizioni afrikaner, legato alla lingua afrikaans e alla religione calvinista, il primo André Brink incarna marcatamente la figura del Boero. La famiglia è estremamente fedele all’idea di Afrikanerdom e questo orgoglio per la propria identità e la propria cultura si accompagna inevitabilmente a sentimenti anti-britannici. Il padre, la cui famiglia ha preso parte alle ingloriose guerre anglo-boere9, considera gli inglesi dei veri e propri nemici, al punto da rifiutarsi di ascoltare la messa o una partita di rugby (le sue due più grandi passioni) qualora queste siano trasmesse alla radio in lingua

6 B. ELNADI and A. RIFAAT, “André Brink Talks to Bahgat Elnadi and Adeel Rifaat”, The Unesco

Courier, September 1993, p. 4.

7 M. B

LEBY, “Unmasking the Truth Behind Brink’s Fiction”, Weekend Review, 4 April 2009, in

André Philippus Brink 1935-2015: Interviews, Notes and Testimonials, cit., p. 32.

8 H. BROWN, op. cit.

9 Le guerre anglo-boere ebbero luogo in Sudafrica a cavallo fra il XIX e il XX secolo, alimentate dalla

volontà dell’Impero britannico di annettere l’allora repubblica boera del Transvaal, ricca di oro e diamanti. La prima guerra si svolse fra il 1880 e il 1881 con una parziale vittoria dei boeri, mentre la seconda, avvenuta fra il 1899 e 1902, sancì la definitiva supremazia britannica ai danni delle Repubbliche boere, annesse alla colonia del Capo. Queste guerre segnarono fortemente gli afrikaner e fomentarono rabbia e risentimento per il modo in cui gli inglesi distrussero le fattorie, confiscarono il cibo e deportarono i civili boeri nei campi di concentramento.

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inglese10. Il grande amore condiviso da entrambi i genitori per Dickens e Shakespeare mostra, tuttavia, come la letteratura faccia eccezione. Tappa decisiva nel processo di indottrinamento ai valori fondanti dell’Afrikanerdom è comunque l’insediamento del giovane Brink, allora studente universitario, nella società segreta ed esclusiva della

Broederbond, una sorta di massoneria afrikanerdominata dalla politica nazionalista e i cui membri includono non solo ministri dell’apartheid, ma anche influenti esponenti della Chiesa Riformata Olandese, docenti universitari, professionisti, militari e funzionari di polizia.

Oltre il cerchio ristretto della famiglia e della Broederbond, l’identità di ‘afrikaner nazionalista post-1910’ è ulteriormente forgiata dalle istituzioni scolastiche. A scuola, André Brink si rivela da subito uno studente brillante, ma dato il suo amore per il pianoforte e per il tennis, piuttosto che per il più ‘virile’ e mainstream rugby,viene guardato dai compagni con sospetto. In questo periodo emerge anche in lui una passione precoce per la scrittura, testimoniata dal fatto che, all’età di soli 9 anni, le sue prime poesie vengono pubblicate in un giornale per bambini. Le sue ambizioni letterarie prendono tuttavia una forma più concreta nel momento in cui la scuola lo avvicina alla lingua inglese, come testimonia lui stesso:

When I was first exposed to it I would walk around our very dry South African garden and talk to myself, not in words, but just in sounds that I thought sounded English. I then transferred this to Afrikaans and discovered the musicality and cadence of my own language. From then on I had to be a writer11.

Nel 1952, Brink si diploma alla scuola superiore di Lydenburg con seven distinctions, diventando il secondo studente nell’allora Transvaal a raggiungere un tale risultato. Prosegue gli studi iscrivendosi nello stesso anno all’Università di Potchefstroom, roccaforte afrikaner e, un tempo, seminario calvinista. Grande appassionato di letteratura, Brink ottiene qui ben tre lauree in soli sette anni: una laurea di primo livello in Lettere nel 1955, un MA in Inglese nel 1958 e un secondo MA in Afrikaans nel 1959.

È in questi anni a Potchefstroom che André inizia peraltro a distinguersi per la sua personalità ribelle e di ampie vedute. Come ricorda lui stesso in un’intervista, “my first

10 N. WROE, “Out of the Laager”, The Guardian, 14 August 2004. Consultabile in:

https://www.theguardian.com/books/2004/aug/14/fiction.politics [Ultimo accesso 29 Novembre 2016].

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university was so small that everyone knew each other and we all had a pre-ordained place […] This obviously sits well with Calvinistic predestination and my role was as the rebel. So I was allowed a little leeway, although this was mostly because they didn’t take me seriously as a real threat”12. Nonostante il suo essere “way ahead of his time in questioning things”13, tanto da sfidare apertamente gli studenti di Teologia, Brink non si pone ancora come un temibile contestatore dell’establishment e, sebbene le autorità facciano capire di non fidarsi completamente di lui, viene tollerato con benevolenza in quanto ‘pupillo’ dell’istituto.

Conseguita la terza laurea a Potchestroom, Brink decide di completare i propri studi a Parigi, nonostante le mete privilegiate dai compagni siano Londra e Amsterdam. Prima di partire per la Francia, scrive e pubblica tre romanzi di impianto piuttosto conservatore, considerati a posteriori dall’autore stesso come “the work of an immature and in many ways naïve man”14. Sul fronte sentimentale, si sposa con Estelle Naudé, compagna universitaria e prima di sei mogli, con la quale avrà il primo figlio, Anton.

Dal 1959 al 1961, Brink approfondisce i suoi studi post-laurea in Letterature Comparate alla Sorbona. Questi anni rappresentano per lui una vera e propria rinascita in territorio europeo, segnando una tappa importante nel suo cammino di maturazione come uomo e artista (“I was born on a bench in the Luxembourg Gardens in Paris, in the early spring of 1960”)15. Il soggiorno a Parigi gli consente per la prima volta di rapportarsi da pari a pari con i non-white, scoprendo che le loro esistenze non sono inscrivibili nelle sole mansioni di servi o domestici, ma anche in quelle di avvocati, insegnanti e studenti, molti dei quali sono ben più istruiti di lui in campo letterario. Nelle sue parole, questi anni parigini si rivelano pertanto “a cultural shock, a very pleasant shock, what’s more, a discovery that opened up entirely new horizons for me. It was a voyage of discovery into unknown territory”16. Se in un primo momento pensa

12 Ibidem.

13 Ibidem.

14 R. AYLING, “André Brink”, in African Writers, ed. C. Brian Cox, 2 vols., Scribner, New York

1997, Vol. I, p. 95. Si tratta di Die Meul teen die Hang (1958), Die Gebondenes (1959) e Eindelose Weë (1960).

15 B.WILLIAMS, op. cit., p. 7.

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di restare nella capitale francese, la notizia del massacro di Sharpeville nel 196017 lo sottopone a un diverso tipo di shock, rendendolo consapevole di cosa realmente significhi l’apartheid in Sudafrica:

The opportunity never arose for me to question apartheid because I didn’t have anything to compare it with. I needed to see my country in perspective, and that only happened when I was living in Paris, between 1959 and 1961, at the time of the Sharpeville massacre. Sharpeville was the shock that forced me to see what was happening in my country, with the clarity that distance can provide18.

Osservare da debita distanza i terribili massacri che dilaniano il suo paese conduce pertanto Brink a rimettere in discussione tutte quelle convinzioni e credenze che aveva dato per scontate sin dall’infanzia.

Rientrato in Sudafrica nel 1961, inizia a lavorare come lettore all’Università di Rhodes, un’università di lingua inglese con una tradizione molto più progressista rispetto al conservatorismo della calvinista Potchestroom. L’atmosfera che si respira in questo ambiente gli infonde nuova autostima, mentre i frequenti incontri con studenti e professionisti neri lo rendono sempre più consapevole delle loro reali condizioni nel paese. Parallelamente, i rapporti in famiglia iniziano ad incrinarsi a causa di opinioni politiche sempre più divergenti. Per salvaguardare l’unità familiare ed evitare aspri litigi, Brink e il padre prendono pertanto “a calm, rational decision not to talk about politics anymore”19. Nel frattempo, anche il matrimonio con Estelle Naudé inizia a vacillare, giungendo al capolinea nel 1965, quando Brink decide di risposarsi con l’attrice Salomi Louw, dalla quale avrà il secondo figlio, Gustav.

A partire dal 1963, Brink diviene il portavoce di un gruppo di scrittori sperimentali e innovatori, noti come Die Sestigers (‘I Sessantini’, autori degli anni Sessanta), fra cui possiamo annoverare il famoso poeta e pittore Breyten Breytenbach, Ingrid Jonker, Etienne Leroux, Jan Rabie, Adam Small e Bartho Smit. Come scrittore emergente nella letteratura in lingua afrikaans, Brink ha indubbiamente il merito di avere modernizzato il romanzo allontanandosi da una tradizione alquanto chiusa e provinciale per

17 Il massacro di Sharpeville si consumò il 21 marzo 1960 in un periodo di massima tensione fra i

neri e il governo bianco del National Party. Durante una manifestazione pacifica a Sharpeville, la polizia sudafricana aprì il fuoco sulla folla dei dimostranti, uccidendo 69 persone e ferendone 180. La manifestazione era stata organizzata dal Pan Africanist Congress (PAC) per protestare contro la pass

law (‘legge del lasciapassare’), una legge che imponeva ai cittadini neri di esibire uno speciale permesso

qualora fossero stati fermati dalla polizia in un’area riservata ai bianchi.

18 B. ELNADI and A. RIFAAT, op. cit., p. 4. 19 Ivi, p. 5.

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accostarsi a modi e tecniche europei o americani introdotti da autori quali Camus, Jean-Paul Sartre, Samuel Beckett, Vladimir Nobokov, Henry Miller, William Faulkner e Lawrence Durrell. Un tale ricorso a modelli europei, soprattutto francesi, è ciò che distingue la letteratura sudafricana degli anni Sessanta da quella di stampo più prettamente realistico-documentario di altre ex-colonie anglofone20.

Oltre a uno sperimentalismo pronunciato e xenofilo, a preoccupare l’establishment è sicuramente il contenuto ‘sovversivo’ di queste opere, che va a intaccare la morale sessuale e religiosa vigente. Dr Koot Vorster, moderatore della Chiesa Riformata Olandese e fratello dell’allora primo ministro John Vorster, definisce infatti Brink e i

Sestigers “‘vuilspuite’ (‘filth injectors’) because of their frankness in writing about the

sexual”21. Prove del forte sdegno provocato dai Sestigers sono i tanti sermoni che vengono predicati contro di loro in chiesa, se non addirittura i roghi pubblici delle loro opere, in casi estremi. Alla condanna da parte delle autorità, fa eco tuttavia il grande entusiasmo delle giovani generazioni, stanche di una tradizione letteraria ormai obsoleta. Nel processo di rinnovamento auspicato da questi giovani, coadiuvato da Brink e in generale dai Sestigers, vi è la volontà di sviluppare un nuovo lessico nella scrittura africana e di avvicinarsi alla filosofia dell’esistenzialismo, che tanto ha affascinato il nostro autore in Francia. In un momento successivo, però, il suo desiderio di passare a un’opposizione più apertamente politica accelera un processo di rottura all’interno del gruppo fra coloro che vogliono continuare a farsi portavoce dell’art pur, e coloro che, come Brink e Breytenbach, propongono invece di muoversi verso una

littérature engagée22. Lo slittamento da parte di Brink verso un’estetica più personale

e una scrittura maggiormente politically committed si concretizzerà, tuttavia, solo negli anni Settanta.

Il soggiorno a Parigi e l’esperienza nel gruppo dei Sestigers lo hanno inoltre allontanato definitivamente dalla Chiesa. Divenuto ormai ateo (smette di assistere alle funzioni a 24 anni), egli rifiuta sia la religione, sia la morale convenzionale, ma non affronta direttamente la problematica dell’ineguaglianza razziale, motivo per il quale non è sottoposto ad alcuna persecuzione politica. Negli anni Sessanta, egli si scaglia

20 N. WROE, op. cit.

21 W. BURGER, “A Lifetime in Storytelling”, Sunday Times, 5 June 2005, in André Philippus Brink

1935-2015: Interviews, Notes and Testimonials, cit., p. 19.

22 The Oxford Encyclopedia of African Thought, eds. F. Abiola Irele and B. Jeyifo, 2 vols., Oxford

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così contro i tabù religiosi e morali imperanti allo scopo di scalfire lo stolido puritanesimo del Partito Nazionale, ma non arriva ancora a sfidare apertamente il regime e a destabilizzare le fondamenta dell’apartheid.

Nel 1967, Brink torna per la seconda volta a Parigi, dove ha ormai molti amici scrittori e pittori. Reduce da un divorzio e soffocato dall’opprimente clima socio-politico sudafricano, arriva in Francia con la segreta intenzione di restarvi per sempre. Le rivolte studentesche del maggio ‘68 di cui è testimone rappresenteranno, tuttavia, un secondo e fondamentale turning point che lo indurrà a rivalutare i suoi obblighi come cittadino e scrittore sudafricano. Se il primo soggiorno a Parigi si è tradotto in un radicalismo letterario concretizzatosi nelle opere dei Sestigers, il secondo catalizza un vero e proprio risveglio politico che lo spinge a riflettere sul ruolo e sulle responsabilità dello scrittore all’interno della società (“I had to make a commitment, open up a dialogue with my own society”)23.Ancor più della consapevolezza artistica e politica, all’estero è la sua stessa identità di uomo sudafricano a essere forgiata, come spiega lui stesso:

For almost ten years, Albert Camus and the literary and philosophical ideas I’d encountered in Paris were the main influence on my writing. In a way I used them to avoid exploring my own roots – roots of which I was a little ashamed, to be honest. I wanted to focus my attention on Europe, which for me was the peak of civilization. So during that time my writing was existentialist in style and mood. It was only when I went to live in Paris a second time that I realized that I needed to go further and accept my African origins. Today the best thing about being a South African writer is to have two sets of roots, one lot European, the other African24.

Spinto dal desiderio di cambiare il Sudafrica politicamente, socialmente e moralmente, Brink decide così di tornare in patria con l’obiettivo di scrivere del proprio paese, assumendosi la piena responsabilità delle proprie parole.

Rientrato in Sudafrica con la consapevolezza che le radici africane sono “[his] most precious possession”25, André Brink capisce che la sua scrittura deve imboccare una strada nuova e affrontare direttamente la realtà dell’apartheid per rispondere agli oltraggi dello stato e all’orrore della politica segregazionista. Prodotto di questa metamorfosi è Kennis van die Aand (1973), primo romanzo afrikaans a essere messo

23 B. ELNADI and A. RIFAAT, op. cit., p. 6. 24 Ivi, p. 4.

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al bando dal Publications Control Board26. Se fino a quel momento soltanto gli scrittori in lingua inglese erano stati bersaglio della censura, con Kennis van die Aand è, straordinariamente, un membro della ‘famiglia’ afrikaner a provocare una simile reazione. Questo romanzo è infatti il primo in cui Brink critica apertamente il sistema politico del paese, scagliandosi aspramente contro le leggi della segregazione razziale e, soprattutto, contro il divieto di relazioni sessuali interetniche sancito dall’Immorality

Act. Vincolato dalla censura, Brink decide di riscrivere il suo romanzo in inglese per

evitare di essere obliterato e raggiungere così il pubblico al di fuori del Sudafrica. A partire da questo momento, tutti i romanzi (con l’eccezione di States of Emergency, pubblicato nel 1988 solo in inglese) saranno scritti e pubblicati in entrambe le lingue, aprendosi in tal modo a un’audience nazionale e internazionale. In Sudafrica, dove anche l’accesso alla versione inglese di Kennis van die Aand, Looking on Darkness (1974), viene proibito, Brink conduce una continua lotta contro la censura di regime, cercando di pubblicare clandestinamente le proprie opere attraverso un ingegnoso sistema di informazione fatta circolare nei giornali27.

Fino a Kennis van die Aand, Brink si era presentato come un antagonista del regime, ma era sempre rimasto uno del volk per la sua lingua e per il colore della pelle. ‘Tollerato’ in precedenza per quello che faceva e diceva in quanto afrikaner, a partire dalla pubblicazione di questo romanzo egli supera un limite ben preciso, contribuendo a introdurre una nuova era di dissenso dall’interno dell’establishment. Da questo momento in poi, Brink viene considerato dal gruppo un verraaier, un traditore del volk, affermatosi come scrittore bianco dissidente sensibile alle problematiche del razzismo e fortemente contrario all’apartheid. Resta, tuttavia, una certa ambiguità: se è vero che, da un lato, Brink e la sua famiglia divengono vittime di persecuzioni, minacce e intercettazioni telefoniche o di posta elettronica, dall’altro lato egli continua a lavorare per un giornale afrikaans componendo alcune storie a sfondo umoristico. Èproprio in queste storie, d’altro canto, che egli rivela un versante ironico della sua scrittura assente nella produzione inglese.

26 Si tratta di un organo di censura istituito in Sudafrica negli anni Settanta allo scopo di bandire le

opere letterarie e cinematografiche considerate offensive, volgari o ideologicamente compromettenti, specialmente quelle riguardanti le relazioni interrazziali.

27 J.B. SPECTOR, “Andre Brink: On the Fall of a Giant”, Daily Maverick, 9 February 2015.

Consultabile in: http://www.dailymaverick.co.za/article/2015-02-09-andre-brink-on-the-fall-of-a-giant/#.WD2CxGbrvIV [Ultimo accesso 29 Novembre 2016].

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Per tutto l’arco degli anni Settanta e Ottanta, Brink scriverà romanzi e saggi con il preciso obiettivo di “keeping alive the voice of reason in a demented world”28, presentandosi fin dall’inizio come il primo scrittore contemporaneo della sua etnia a muovere una seria sfida politica al regime29. Oltre alla scrittura engagée, segno della sua presa di posizione politica è anche il modo in cui supporta l’ANC30. Per molti anni, infatti, mantiene i contatti con alcuni membri del movimento, incontrandone spesso i

leaders esiliati durante i suoi viaggi all’estero. Come ricorda lui stesso, “I made some

wonderful friendships at a time when most of the white population had no way of being exposed to the truth that these so-called terrorists were people just like you and me”31. Nel 1987, momento in cui già si prefigurava la caduta dell’apartheid, Brink lascia un’ulteriore traccia del suo impegno politico unendosi a un gruppo di intellettuali afrikaner per incontrare i membri esiliati dell’ANC a Dakar, in Senegal.

Negli anni Novanta, con lo smantellamento dell’apartheid, Brink continua a meditare sulle ingiustizie e sulle problematiche sociali: la sua acuta analisi verte su ogni forma di oppressione, con un interesse particolare per quella delle donne. È in questi anni di maggiore libertà intellettuale che egli indaga con un coinvolgimento sempre più crescente i miti e le leggende che fanno parte del patrimonio culturale del proprio paese, ricercando in letteratura una sintesi fra modi narrativi europei e africani. Con la fine del mandato presidenziale di Nelson Mandela, la sua critica si volge inoltre contro lo stesso governo nero, accusato di corruzione. La venerazione provata verso il Padre della Nazione Arcobaleno si tramuta infatti nella diffidenza, se non nel più radicale ostracismo, che l’autore riserva ai successori, prima Thabo Mbeki e poi Jacob

28 D. WALDER, “André Brink Obituary”, The Guardian, 8 February 2015. Consultabile in:

https://www.theguardian.com/books/2015/feb/08/andre-brink [Ultimo accesso 29 Novembre 2016].

29 Ibidem.

30 L’ANC (African National Congress o Congresso Nazionale Africano) è il più importante partito

politico sudafricano, fondato nel 1912 allo scopo di difendere i diritti e le libertà della maggioranza nera della popolazione. La popolarità dell’ANC cresce tra il 1948 e il 1950, quando il primo ministro D.F. Malan, esponente del National Party, avalla il regime dell’apartheid. Dopo un iniziale impegno non violento di marca gandhiana e l’adozione della Freedom Charter, il massacro di Sharpeville nel 1960 determina il passaggio alla lotta armata attraverso la costituzione di organizzazioni paramilitari. A fronte dell’inasprirsi delle lotte, l’ANC, assieme al più radicale PAC, viene messo al bando, mentre i suoi

leaders, tra cui Nelson Mandela, vengono arrestati agli inizi degli anni Sessanta con l’accusa di

terrorismo e condannati al carcere. L’ANC, anche tramite l’azione intelligente del futuro presidente della nazione, Nelson Mandela, è stato un cruciale protagonista della delicata fase di transizione avviata da De Klerk a partire dal 1990. Il partito è rimasto ininterrottamente al governo dal 1994, anno delle prime elezioni democratiche del paese, a oggi.

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Zuma. Anche nel periodo post-apartheid, Brink rimane attivo negli affari pubblici e prende parte a campagne contro la violenza, dopo il brutale assassinio del nipote nel 2008.

Scrittore prolifico tanto in afrikaans quanto in inglese, André Brink raggiunge fin dagli anni Settanta una reputazione internazionale, ricevendo premi e onorificenze in tutto il mondo. Viene candidato in rapida successione al Britain’s Booker Prize per An

Instant in the Wind (1976) e Rumours of Rain (1978). Raggiunge l’apice della fama

con A Dry White Season (1979), un romanzo che, oltre a ricevere il Prix Médicis

Etranger e il Martin Luther King Memorial Prize nel 1980, viene adattato

cinematograficamente in un film con Marlon Brando e Susan Sarandon, diretto da Euzhan Palcy. In Sudafrica vince tre volte il CNA Literary Award, mentre in Francia riceve la nomina di Cavaliere dell’Ordine della Legion d’Onore nel 1982 e quella di Commendatore dell’Ordine delle Arti e delle Lettere nel 1992. Anche nel nuovo millennio, Brink continua ad emergere grazie al conferimento del Sunday Times

Fiction Prize e del Commonwealth Writers Prize per il più recente The Other Side of Silence (2002), mentre nel 2006 riceve l’Ordine della Ikhamanga in Argento “for his

excellent contribution to literature and fighting for a just and democratic society”32. Diverse candidature al Premio Nobel per la letteratura sottolineano infine la statura universale di un autore le cui opere sono state tradotte in più di trenta lingue.

Oltre che scrittore engagé, Brink è stato un influente accademico e critico. Dal 1961 al 1990 vive e lavora a Grahamstown, insegnando letteratura afrikaans all’Università di Rhodes, la stessa in cui nel 1975 ottiene il titolo di dottorato in Letteratura. Dal 1991 è Professore Emerito di inglese all’Università di Città del Capo, dove diviene il mentore di varie generazioni di autori, fra cui la scrittrice internazionale di bestseller Lauren Beukes. A detta dell’autore stesso, la carriera di docente sembra perfettamente complementare a quella di scrittore: “I am a voracious reader and the teaching imposes a discipline and sense of direction on the reading. I have to think about what I read and that feeds into the writing. There are enormous benefits from forcing yourself to order your thoughts”33. Notevole, infine, è anche la sua attività di traduttore. A Brink si deve infatti il merito di aver tradotto in afrikaans opere di autori quali Shakespeare,

32 B.WILLIAMS, op. cit., p. 8. 33Ibidem.

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Cervantes, Camus, Cechov, Ibsen, Marguerite Duras e Georges Simenon, accanto a testi per bambini quali Il piccolo principe di Saint-Exupéry e Alice nel paese delle

meraviglie di Lewis Carroll. Alcune delle più innovative ed entusiasmanti opere in

lingua afrikaans sono state parallelamente da lui tradotte in inglese.

André Brink si è spento improvvisamente il 6 febbraio 2015 all’età di 79 anni, mentre rientrava in Sudafrica con un volo partito dal Belgio, dove era stato insignito della laurea honoris causa dall’Università Cattolica di Louvain. È morto lasciando quattro figli, Anton, Gustav, Danie e Sonja, e la sesta moglie, la scrittrice polacca Karina Szczurek.

Alla cerimonia per il suo settantesimo compleanno, la poetessa afrikaner Antjie Krog aveva così omaggiato l’autore: “André Brink speaks Afrikaans, English, French, Spanish, Dutch and German. But the language he speaks best is attentive grace. They don’t make men like that anymore in the world”34. Sorprende, dunque, che un uomo e un artista di tale calibro non sia stato ancora l’oggetto di un’approfondita analisi critica, tanto in lingua italiana quanto in lingua inglese. Sebbene sia da sempre affiancato a scrittori di prestigio quali J.M. Coetzee e Nadine Gordimer, Brink non sembra infatti aver catalizzato la stessa attenzione dei suoi contemporanei, come dimostra la sconcertante assenza di una monografia interamente dedicata all’autore o di una sua biografia estesa.

Scopo del presente studio è quello di inserirci in un dibattito crescente attorno alla figura di questo autore internazionale, partendo proprio dai riferimenti bio-bibliografici sopra esposti. Dopo un breve ma necessario excursus delle sue opere, condotto al fine di rintracciarne tecniche e motivi ricorrenti, focalizzeremo la nostra attenzione sull’analisi di un suo romanzo post-apartheid in lingua inglese, Imaginings

of Sand (1996). Il testo si presenta a nostro avviso come un perfetto case study, poiché

in esso è non soltanto possibile evidenziare elementi comuni ad altri testi della produzione brinkiana, ma anche sottolinearne le novità e gli elementi di scarto rispetto alla produzione propriamente anti-apartheid, a proposito della quale la critica si è espressa maggiormente (numerosi, ad esempio, sono gli studi concernenti il più noto

A Dry White Season).

34 B.WILLIAMS, op. cit., p. 8.

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Una delle peculiarità del romanzo qui preso in esame, pubblicato nel 1996 ma ambientato nei giorni precedenti alle elezioni del 1994, risiede proprio nel suo porsi come cerniera fra il ‘vecchio’ e il ‘nuovo’ Sudafrica, tra passato e futuro, permettendoci così di mettere in luce le speranze e le ambiguità caratterizzanti un momento storico decisivo quale quello della transizione. Altra caratteristica esclusiva di questo testo è l’essere il primo, nella produzione brinkiana, ad adottare il punto di vista di una narratrice e non di una voce maschile. Oltre al livello dell’enunciazione, la figura della donna gioca un ruolo centrale anche al livello dell’enunciato, dal momento che il testo si presenta come un’estesa riscrittura della Storia al femminile, allo scopo di ridare voce a un prolungato e sofferto silenzio. Sebbene la condizione della donna nella società sudafricana sia sempre stata, come vedremo, una costante più o meno esplicita nella riflessione brinkiana, è in questo testo che l’autore assume una posizione marcatamente femminista. Ultimo elemento degno di nota è il fatto che

Imaginings of Sand rappresenti una sintesi perfetta di modi narrativi europei e africani,

configurandosi come un vero e proprio crocevia delle varie tendenze che hanno attraversato la scrittura di André Brink fin dagli anni Sessanta. A metà strada tra realismo e sperimentazioni postmoderne, Imaginings of Sand ingloba ulteriormente tendenze latino-americane nel presentarsi come un testo certamente ascrivibile al realismo magico, un modo narrativo che proprio Brink contribuisce a codificare nel Sudafrica degli anni Novanta.

Quest’indagine su André Brink si inserisce pertanto in un panorama critico abbastanza recente che merita di essere approfondito per dare il giusto rilievo all’artista. Le sue parole sono state per anni l’arma di una lotta contro l’ingiustizia e l’orrore di una politica segregazionista che ha gettato un’ombra pesante sulla storia del Sudafrica, lasciando intravedere ben poca luce anche nella contemporaneità. Dopo la fine dell’apartheid, i suoi testi hanno continuato a offrire riflessioni interessanti sulla Storia, il razzismo, la costruzione identitaria e la posizione delle donne. Non è dunque un caso che a uno scrittore così acuto e brillante il grande Nelson Mandela abbia detto una volta: “When I was in prison, you changed the way I saw the world”35.

35 C. TAYLER, “A Life in Writing: André Brink”, The Guardian, 5 June 2010. Consultabile in

https://www.theguardian.com/books/2010/jun/05/writing-life-andre-brink [Ultimo accesso 29 Novembre 2016].

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CAPITOLO I

Il macrotesto narrativo

Quantificare il peso artistico di André Brink significa tracciare il percorso letterario di uno scrittore prolifico e instancabile. L’indagine potrebbe rivelarsi tanto più ampia se consideriamo che, a partire dalla censura di Kennis van die Aand nel 1973, Brink ha iniziato a scrivere simultaneamente in due lingue – la lingua madre afrikaans e l’inglese – producendo due versioni distinte dei propri testi. Dal momento che la nostra analisi verterà esclusivamente sui romanzi scritti in inglese, è necessario precisare che questi ultimi non costituiscono delle mere traduzioni di originali in afrikaans. Come ha infatti spiegato l’autore stesso, le rispettive versioni non sono identiche trascrizioni letterali di uno stesso discorso narrativo, bensì attività separate che non soltanto differiscono in termini di sfumature, frasi e paragrafi, ma possono persino includere episodi distinti a seconda di ciò che ciascuna lingua riesce meglio a esprimere1.

Inizialmente, Brink completava la prima versione in afrikaans per poi rielaborarla successivamente in inglese, “not just translating it but refeeling it in terms of the new language”2. Già a partire da An Instant in the Wind (1976), l’autore iniziò a scrivere invece simultaneamente in inglese e in afrikaans, “to see how far the planning of the book could be influenced by thinking in English when dealing with the white character and in Afrikaans when imagining the black slave”3. La stessa pratica ricorre in A Chain

of Voices (1982), un romanzo in cui l’autore associa l’inglese alle voci dei masters

bianchi e l’afrikaans a quella degli schiavi neri, osservando come le due lingue richiamino induttivamente sfere di esperienza diverse. Similmente, in Imaginings of

1 T.MASEMOLA, “The Man Who Wouldn’t Be Silenced”, Weekend Post, 6 August 2005, in André

Philippus Brink 1935-2015: Interviews, Notes and Testimonials, cit., p. 28.

2 G. WHEATCROFT,“A Talk with André Brink”, The New York Times, 13 June 1982. Consultabile

in: http://www.nytimes.com/books/99/03/21/specials/brink-talk.html [Ultimo accesso 18 Dicembre 2016].

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Sand (1996) i passi ambientati nella contemporaneità vengono pensati e resi in inglese,

mentre le storie narrate da Ouma vengono associate alla lingua afrikaans4. Nel caso di

On the Contrary (1993), concepito come narrazione autobiografica del capitano

settecentesco Estienne Barbier, Brink completò per prima la versione in inglese, dal momento che in afrikaans non vi erano modelli di riferimento per la scrittura di un romanzo in stile settecentesco5. Degno di nota, infine, è il fatto che States of

Emergency (1988) venne concepito e pubblicato esclusivamente in inglese.

Lungi dall’essere una riproduzione asettica o ancillare di originali in afrikaans, i romanzi in lingua inglese si presentano pertanto come opere distinte e, talvolta, uniche, aventi una personale raison d’être. Ne risulta che la discussione di tali testi in questa sede fornisca un contributo al campo dell’indagine della letteratura sudafricana anglofona.

1.1 La fase sperimentale: gli anni Sessanta

Sebbene la pubblicazione dei romanzi in forma bilingue si sviluppi nei primi anni Settanta in reazione alla censura di Kennis van die Aand, il primo ‘esperimento’ di un testo scritto e pubblicato in lingua inglese risale già agli anni Sessanta.

In questi anni, André Brink è il portavoce di un gruppo di scrittori afrikaner noti come Die Sestigers, i quali si propongono di ravvivare il clima estetico e culturale sudafricano sfidando le convenzioni di una letteratura provinciale, ancorata ad un naturalismo estenuato di stampo ottocentesco. Sperimentalismo tecnico e marche esistenzialiste divengono gli elementi chiave del processo di ammodernamento avviato da questi autori per uscire dal provincialismo e raggiungere standard internazionali. Le loro opere incorporano così le tecniche moderniste e postmoderniste allora in auge in Europa, assorbendo contemporaneamente il linguaggio filosofico di Albert Camus e Jean-Paul Sartre. Oltre al rinnovamento formale, obiettivo principe del gruppo è quello di abbattere i tabù religiosi e morali imperanti, introducendo in particolar modo una

4 J. PETZOLD,Re-imagining White Identity by Exploring the Past: History in South African Novels

of the 1990s, Wissenschaftlicher Verlag Trier, Trier 2002, p. 59.

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nuova apertura verso l’esperienza sessuale. Lo storico Hermann Giliomee ha così valutato il contributo letterario (e non solo) apportato da questi artisti negli anni Sessanta:

[The Sestigers] embraced secularisation, modernity, racial tolerance and sexual freedom, and used modern techniques and subject matter to explore these themes […] this literature helped to change the political imagination of the Afrikaans reading public in subtle yet profound ways. They offered a new conceptualisation of the Afrikaners and their history that differed starkly from the image the political leaders and cultural leadership tried to project of the Afrikaners as a people determined to crush all threats to their survival6.

I romanzi pubblicati da André Brink in questa decade rivoluzionaria sono Lobola

vir die Lewe (1962), Die Ambassadeur (1963), Orgie (1965) e Miskien Nooit (1967),

una serie di testi che registra “a chain of existential voices uttering a universal agonised scream”7, rendendo esplicite le affinità dello scrittore con la filosofia francese contemporanea. Questa singolare propensione di Brink e di vari autori sudafricani del periodo verso l’esistenzialismo francese viene spiegata da Richard Peck alla luce di una particolare congiunzione storica8. Se il sentimento di angoscia espresso da Sartre si contestualizzava nell’Europa post-bellica poiché la società contemporanea si trovava priva di un senso di comunità forte, una simile perdita di coesione, soprattutto fra le etnie, era chiaramente riscontrabile nel Sudafrica segregazionista. Di fronte a un tale panorama, lo scrittore bianco dissidente che rompeva con le tradizioni del proprio gruppo e ne subiva l’ostile contrattacco avvertiva evidentemente un duplice sradicamento (che si acuirà ulteriormente quando la Black Consciousness9 gli volterà le spalle). In questa prospettiva, dunque:

6 H. GILIOMEE, The Afrikaners: Biography of a People, Hurst & Company, London 2003, p. 554. 7 G. MEINTJES, “Postcolonial Imaginings: An Exploration of Postcolonial Tendencies in André

Brink’s Prose Oeuvre”, Journal of Literary Studies, 14:1-2 (June, 1998), p. 169.

8 R. PECK, “Condemned to Choose, But What? Existentialism in Selected Works by Fugard, Brink,

and Gordimer”, Research in African Literatures, 23:3 (Autumn, 1992), p. 68.

9 Il Black Consciousness Movement è stato un movimento di resistenza anti-apartheid nato in

Sudafrica tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. Si articolò in tre organizzazioni: un movimento politico (Black People’s Convention), una centrale sindacale (Black Allied Workers’

Union) e una lega studentesca (South African Students’ Organisation). Colmando un vuoto lasciato

dall’ANC, il movimento portò avanti una lotta di liberazione ponendo l’accento sull’orgoglio della propria razza nera. La messa a fuoco di una ‘coscienza nera’, che richiamava il concetto di ‘negritudine’ già diffuso nell’Africa francofona fin dal 1940, spinse il movimento a rigettare la collaborazione dei liberali bianchi, dedicandosi all’unificazione delle forze dei neri. Il leader principale fu Steve Biko, il quale venne arrestato e torturato in carcere, finché non si spense dopo un trasferimento in una prigione di Pretoria, il 12 settembre 1977.

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The existentialist assertion that we each must choose our own essence can validate the dissidents’ choice to transcend definitions provided for them by the apartheid regime, by the Black Consciousness Movement, by their own ethnic communities, or by other dissidents. Resisting strong pressure toward conformity undoubtedly predisposes one to a philosophy which asserts that nonconformity is possible and even necessary. Conversely, existentialism’s emphasis on choosing for oneself can provide a sense of rightness to compensate for the loss of a sense of community10.

Proprio l’enfasi posta da un ramo dell’esistenzialismo sul concetto di scelta, sulla responsabilità verso di essa (secondo cui “one is free to choose and indeed condemned to such freedom”)11 e sulla necessità di scegliere attraverso l’azione, diverrà una costante dell’intera produzione brinkiana, emergendo in particolar modo in The Wall

of the Plague, di cui si dirà.

Di questa prima fase esistenzialista, ancora lontana da un chiaro impegno politico, Brink ci ha lasciato una traccia in lingua inglese con The Ambassador (1964), rielaborazione dell’originale Die Ambassadeur. Il romanzo è ambientato nella Francia degli anni Sessanta e vede come protagonisti Paul van Heerden, ambasciatore sudafricano in territorio francese, Stephen Keyter, terzo segretario dell’ambasciatore, e Nicolette Alford, ballerina affascinante ed enigmatica di cui entrambi gli uomini si innamorano. In questa storia di passione, ossessione e rimorso, i punti di vista dei tre personaggi si alternano in una narrazione modernisticamente multifocale. L’effetto di Nicolette sulla vita dei due uomini si rivelerà devastante, determinando il suicidio di Stephen e la rovina dell’ambasciatore, il quale attenderà infine un’indagine ufficiale sulla propria condotta.

Sebbene i riferimenti specifici alla scena sudafricana siano pochi e non vi sia ancora una presa di posizione netta contro l’apartheid, The Ambassador si inserisce nel progetto rivoluzionario di Brink, e più in generale dei Sestigers, di sovvertire lo status

quo passando al vaglio i tabù, i costumi e le idee della comunità afrikaner. Non ancora

politico, il romanzo pone sotto la lente di ingrandimento la vita morale degli afrikaner e, soprattutto, la sfera della sessualità. Come sottolinea David Ward, infatti, “what the novel really explores is the revelatory effect of an unconventional sexual relationship upon the central character, Paul van Heerden […] This affair contradicts the role and personality expected or required of him by his office, his nation, his society, his

10 R. PECK, op. cit., p. 69. 11 Ivi, p. 73.

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culture, but is presented as liberating something more genuine within himself”12. La relazione con Nicolette, personificazione di Parigi stessa, spinge l’ambasciatore a mettere in discussione tutto ciò che aveva dato per scontato sino a quel momento: il suo matrimonio, la sua carriera, il suo governo, la sua vita diligente e regolare.

Accanto a questa rinascita pseudo-romantica, che si concluderà tuttavia con l’abbandono della moglie, l’allontanamento della figlia e la caduta in disgrazia, centrale nel testo sembra essere il senso di isolamento che si abbatte sull’ambasciatore van Herdeen tanto in Francia quanto in Sudafrica. A tal proposito, Ronald Ayling ha sottolineato come l’atmosfera di alienazione e di angoscia esistenziale che trasuda nel testo non solo riveli la sintonia di Brink con la letteratura e la filosofia francesi, ma rifletta ulteriormente le preoccupazioni personali dell’autore:

The worry and the fear that infuse the ambassador’s outlook, confused as it is by his newly awoken erotic desires, are aspects of his troubled life that were assuredly shared by Brink at that time in his life. Brink’s struggle to find his place in the world when he was questioning (and on the way to rejecting) officially sanctioned versions of his homeland and many of its dominant political, religious and cultural values is shown in the thoughts of his fictional protagonist, the ambassador13.

Di lì a pochi anni, rientrato da un secondo viaggio nell’amata Francia che fa da colorato sfondo a questo romanzo, Brink deciderà di schierarsi più apertamente e insistentemente contro gli orrori dell’apartheid avallati dalla sua ‘homeland’, facendo della scrittura una vera e propria arma di lotta.

1.2 I romanzi politici: gli anni Settanta e Ottanta

Con la pubblicazione di Kennis van die Aans (1973) e di Looking on Darkness (1974), si apre la stagione letteraria del Brink engagé. Il cambiamento di rotta rispetto alla produzione precedente trova un chiarimento nelle seguenti parole dell’autore:

For at least a decade I shied away from the real South African scene and the issues at stake here, and it was only after I came back from another stay in Paris towards the end of the sixties, in fact in 1968, in which I lived through the student revolt there, that I realized the enormous potential of

12 D. WARD, Chronicles of Darkness, Routledge, London 1989, p. 139. 13 R. AYLING, op. cit., p. 97.

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what was there […] And so I started exploring that. It’s not only that I can’t, but there’s no point in trying to compete with, say, a writer like John Fowles, or John Irving, or whoever it might be. One has to explore that particular bit of experience which is unique to oneself14.

Rientrato in Sudafrica, Brink inizia così a riflettere sulle responsabilità dell’artista all’interno di un regime repressivo, sviluppando un’estetica “in response to [the] outrages of the state”15.

Nella raccolta di saggi Mapmakers: Writing in a State of Siege (1983), Brink si presenta consapevolmente come uno scrittore sudafricano dissidente votato alla causa anti-apartheid e identifica chiaramente nella scrittura il potenziale di un atto rivoluzionario: “Within the context of a situation like the one in South Africa writing can, and does, become effective as a revolutionary act in its own, peculiar, right”16. Affermazioni altrettanto esplicite avallano la funzione etica e politica della letteratura, nonché la doppia responsabilità dello scrittore di “keep the people informed in a country dominated by official lies and distortions”17 e, soprattutto, di “explore and expose the roots of the human condition as it is lived in South Africa”18. La convergenza fra impegno ed estetica non implicherebbe, tuttavia, una politicizzazione dell’arte o un aperto schieramento partitico. Come sottolinea Brink, il percorso è in qualche modo inverso: “literature should never descend to the level of politics; it is rather a matter of elevating and refining politics so as to be worthy of literature”19. Estranea a fini di propaganda politica, la letteratura deve farsi piuttosto portavoce di una coscienza etica, dal momento che essere impegnati ‘politicamente’ significa, in definitiva, esserlo ‘moralmente’.

In uno dei saggi più noti della raccolta, “Literature and Offense”, Brink teorizza un principio estetico fondamentale secondo cui “all significant art is offensive”20. Nell’idea dell’autore, il romanzo è concepito invero come una forma di comunicazione

14 J. DAVIDSON, “An Interview with André Brink”, Overland, 94/95 (1984), p. 27.

15 J.M.COETZEE, “André Brink and the Censor”, Research in African Literatures, 21:3 (Autumn,

1990), p. 63.

16 A.BRINK, Mapmakers: Writing in a State of Siege, cit. inS. KOSSEW, Pen and Power: A

Post-Colonial Reading of J.M. Coetzee and André Brink, Rodopi, Amsterdam 1996, p. 25.

17 Ibidem. 18 Ibidem.

19 Brink intervistato da J.W. ROSS, “André Brink” (1982), cit. in R.J.JOLLY, Colonization, Violence,

and Narration in White South African Writing: André Brink, Breyten Breytenbach, and J.M. Coetzee,

Ohio University Press, Athens 1996, p. 17.

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artistica tra le cui intrinseche qualità deve figurare l’abilità di arrecare ‘offesa’. La nozione di offense è centrale nell’estetica brinkiana e deve essere intesa come capacità di stimolare, scuotere e persino scandalizzare il lettore, al fine di vincerne l’iniziale resistenza e innescare una reazione. L’offesa lega indissolubilmente autore, opera d’arte e lettore: così come Brink è profondamente ‘offeso’ da ciò che vede in Sudafrica e compone un romanzo in reazione a tale offesa, allo stesso modo l’opera d’arte prodotta ‘offenderà’ il lettore per invitarlo a sua volta a reagire. Questo meccanismo viene chiaramente messo in luce da Jolly: “as Brink describes the author’s response of offense to her or his world, and the reader’s response of offense to the fiction, both constitute responses to some form of perceived violation. Brink has made it quite clear that his novels have been written out of his sense of horror at the condition of apartheid; and he intends them to provoke a similar sense of horror in his readers”21. In questa prospettiva, il romanzo assume la valenza di uno strumento coscienziale, il cui obiettivo è accompagnare il lettore in un percorso che dall’ignoranza si avvicina alla consapevolezza etica in una graduale scoperta. Per André Brink, le parole divengono pertanto agenti del cambiamento, sfidando l’autorità politica e invitando i lettori a fare lo stesso.

Al fine di scatenare l’offesa, la materia dei suoi romanzi si fa deliberatamente provocatoria, includendo esplicite descrizioni di atti sessuali, soprattutto quelli concernenti relazioni interrazziali, e pungenti ritratti di violenza interetnica che sottolineano in particolar modo la brutalità della polizia e l’uso sistematico della tortura22. La franchezza con la quale Brink affronta queste tematiche in ottica dissidente emerge chiaramente in Looking on Darkness (1974), prima e netta presa di posizione contro l’autorità politica e l’illegittimità del sistema dell’apartheid.

Accusato di essere un testo pornografico e blasfemo, il romanzo fu messo al bando dal Publications Control Board, tanto in afrikaans quanto in inglese. Looking on

Darkness si presenta infatti come un novel of miscegenation che addita gli orrori dello

stato, attaccando sia il divieto di relazioni interrazziali sancito dall’Immorality Act, sia la brutalità della polizia e i meccanismi di tortura messi sistematicamente in atto nelle prigioni. Il testo ruota attorno alla relazione fra Joseph Malan, un attore meticcio che

21 R.J.JOLLY, op. cit., pp. 19-20. 22 Ivi, p. 18.

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fonda una propria compagnia teatrale a Città del Capo, e Jessica Thomson, una donna bianca inglese. Criminalizzata dalle leggi dell’apartheid, la loro intimità non può essere vissuta liberamente e pienamente, motivo per il quale i due amanti scelgono di porre fine alle loro esistenze. Dopo aver ucciso Jessica, Malan è tuttavia incapace di suicidarsi, “an act which he believes would signal his ultimate defeat”23, ma è ugualmente condannato a morte per l’assassinio della sua amata.

Proprio dalla prigione in cui attende un’esecuzione ormai imminente, Malan inizia a scrivere la propria storia col fine dichiarato di giungere a una genuina conoscenza di sé: “To know who I am. To define myself through the why and how of her death. To enumerate and name it all, trying to determine not what a man can know of man, but simply to know what I dare to know about myself”24. La narrazione, in prima persona e monopolizzata da Joseph Malan, assume così la forma di una cronaca retrospettiva in cui l’atto scrittorio si definisce chiaramente come un mezzo per raggiungere una verità e venire a patti con la propria identità.

Oltre a servire da strumento di analisi del sé, il ‘diario’ di Malan presenta vividi ritratti del mondo teatrale, che consentono a Brink di calare nella trama testuale delle riflessioni sulla funzione dell’arte. Mimando il progetto stesso che l’autore associa alla pubblicazione di questo romanzo, Malan mette in scena dei drammi teatrali dalle chiare implicazioni sociali e razziali, allo scopo di mostrare “what it means to say No”25 in un regime repressivo. Questo nobile nesso fra arte e commitment viene tuttavia problematizzato attraverso le parole di un altro attore, Jerry, il quale, rivolgendosi a Malan, afferma: “you want to open people’s eyes – and then stand aside. But let me tell you: in this time, in this country, nobody has the right to stand aside […] you’re more than just an actor […] you’re also a human being”26. Looking on

Darkness veicola pertanto una riflessione sulle responsabilità e i limiti dell’arte, nella

consapevolezza che quest’ultima può essere letta tanto come strumento di protesta per intervenire sulla realtà storica, quanto come ‘comoda’ evasione da quella stessa realtà. Si tratta, a ben vedere, di una problematica cara all’autore che emergerà in molti romanzi di questa fase.

23 R. AYLING, op. cit., p. 99.

24 A.BRINK,Looking on Darkness, Vintage, London 2000, p. 7. 25 Ivi, p. 242.

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Una storia d’amore non ortodossa dall’esito altrettanto fatale informa anche An

Instant in the Wind (1976), un romanzo storico ambientato nel XIX secolo e incentrato

sulla relazione fra uno schiavo nero, Adam, e una donna bianca di origine europea, Elisabeth Larsson. I due personaggi vengono inizialmente presentati come figure storiche, le cui vicende sarebbero frammentariamente reperibili in documenti legali (in realtà fittizi) contenuti negli archivi del Capo. Colpito da alcune frasi emerse in un

memoir di Elisabeth, il narratore decide tuttavia di compiere un viaggio immaginario

per ricostruire la loro storia, spingendosi al di là delle scarne informazioni contenute nei documenti ufficiali. Dietro al progetto del narratore si cela il tentativo da parte di Brink di riesaminare i resoconti di un ‘primo incontro’ fra europei e indigeni, ridisegnando la mappa della Storia e mettendo in luce la natura patriarcale ed eurocentrica dell’ideologia coloniale. A tal proposito, Meintjes ha osservato come il testo sviluppi un’ampia ‘critica del dominio’, nata dall’intrecciarsi di più codici – politico, femminista, ecologico – e volta a sottolineare gli effetti della dominazione coloniale tanto sugli esseri umani, e sulle donne in particolare, quanto sull’habitat naturale27.

Se la vita di Adam, schiavo in fuga da Robben Island, innerva il codice politico del testo facendosi epitome di secoli di ingiustizie coloniali e di razzismo, la vita da oppressa della stessa Elisabeth chiama in causa un codice prettamente femminista. L’assoggettamento della donna all’autorità del padre e del marito non sembra infatti distinguersi in linea di principio dal controllo esercitato da questi ultimi sul territorio sudafricano e sugli indigeni. In quanto donna bianca, Elizabeth incarna un “Miranda-like double role, in which she, the woman-colonizer, is linked both with the Caliban (Adam) and Prospero (her father) figures”28. Imprigionata in quest’ambivalente condizione di half-colonization, che la vede allo stesso tempo colonizzatrice e colonizzata, Elisabeth scoprirà nella relazione con Adam una pienezza e un’istintualità a lungo represse. Si tratta, evidentemente, di un amore che può maturare nel contesto del Capo di quegli anni solo perché i due amanti si muovono verso zone dell’Africa ancora inesplorate, non contaminate dal processo di civilizzazione europea. Come afferma Meintjes, sottolineando le implicazioni ecologiche del testo, “it is only in the

27 G. MEINTJES,op. cit., pp. 170-1. 28 S. KOSSEW, Pen and Power, cit., p. 53.

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natural environment of an African interior, totally isolated from the civilisation of the Cape, that Elisabeth and Adam can manage to transcend white supremacist and male chauvinist norms and rules of the colony”29. Ritornati a Città del Capo, Elisabeth dimentica ‘l’istante nel vento’ e soccombe alle oppressive strutture coloniali, tradendo la parola data ad Adam di intercedere per la sua libertà e consegnandolo invece alla morte. Come conclude Ayling, “once back in the Cape, their intimacy is impossible […] no matter how strong their mutual passion and indebtedness, that love cannot withstand systematic and long-established racism”30.

Se Looking on Darkness e An Instant in the Wind sfidano entrambi il concetto di purezza razziale e la conseguente infondatezza del ‘peccato’ di miscegenation, i due romanzi successivi, ispirati dalle drammatiche vicende di Soweto31, forniscono ritratti complementari di figure di afrikaner.

Martin Mynhardt, protagonista di Rumours of Rain (1978) è un affluente

businessman afrikaner il cui allontanamento dall’ambiente rurale si è tradotto in

cinismo, opportunismo e materialismo. La sua moralità si definisce per contrasto accostandola a quella, ben più nobile, delle persone che lo circondano e che lui si rivela incapace di comprendere: il figlio Louis, di cui Mynhardt non approva le idee progressiste; l’amante Beatrice, la quale sarà arrestata per aver preso parte alle rivolte di Soweto; e soprattutto l’amico Bernand Franken, integerrimo avvocato afrikaner condannato per attività cosiddette ‘terroristiche’. Emblema della viltà e della corruzione di Martin è il modo in cui riesce a manipolare la madre al fine di persuaderla a vendere la farm di famiglia, lucrando sul suo passato e sulla sua storia. Come analizza Ward: “in Martin selling the farm (and himself) he sells also his father, who is buried on the land, and all that his father represents, in his obsession with the history of the tribe”32. Incapace di esprimere amore e compassione, nonché ossessionato dal bisogno

29 G. MEINTJES,op. cit., p. 170. 30 R. AYLING, op. cit., p. 100.

31 La rivolta di Soweto vide una serie di sanguinosi scontri avvenuti nella township di Soweto

(Johannesburg) nel giugno 1976. Si trattò di una rivolta studentesca iniziata il 16 giugno, quando alcuni giovani neri indissero una manifestazione di massa per protestare contro un decreto governativo (l’Afrikaans Medium Decree) che imponeva a tutte le scuole per non-bianchi di utilizzare la lingua afrikaans, simbolo per loro evidente di oppressione e controllo. Sebbene si trattasse di un corteo tendenzialmente pacifico, la polizia aprì direttamente il fuoco sui ragazzini. Nell’arco di dieci giorni di contestazione, tutte le manifestazioni studentesche vennero soffocate con la forza e centinaia di persone persero la vita.

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