2. Le Fobie Specifiche: Un Modello Clinico di Paura
2.6. I Correlati Elettrocortical
L’elettroencefalogramma (EEG) rappresenta un approccio non invasivo per misurare le risposte cerebrali a stimoli discreti. Grazie ai progressi tecnologici, è possibile analizzare i pattern di attività elettrica registrati, distinguendo tre principali categorie di dati: i potenziali evento-correlati (ERP), i cambiamenti nello spettro di potenza e le sincronizzazioni/ desincronizzazioni evento-correlate (ERD/ERS).
I potenziali evento-correlati (ERPs) rappresentano una misura con elevata risoluzione temporale e permettono di valutare la risposta immediata ad uno stimolo di breve durata. Si tratta di potenziali positivi o negativi dotati di una certa ampiezza e latenza calcolate ad intervalli ben definiti in millisecondi a partire dalla presentazione dello stimolo. Ciascun potenziale evento-correlato prende il nome dalla polarità della deflessione positiva (P) o negativa (N), seguito dalla latenza espressa in millisecondi (ad esempio: P100, P300, N170, ecc.). In base alla finestra temporale, è anche possibile distinguere i potenziali in precoci (ad esempio: EPN, Early Posterior Negativity 120-300 ms) e tardivi (ad esempio: LPP, Late Positive Potential – a loro volta distinti in early 550-770 ms e late 800-1500 ms).
I potenziali evento-correlati sono un importante strumento per lo studio dell’attività corticale in risposta a stimoli sensoriali a valenza emozionale, come la presentazione di stimoli visivi rilevanti dal punto di vista fobico. Numerosi studi hanno evidenziato una maggiore ampiezza di LPP parietali in risposta a stimoli emozionali (sia piacevoli che spiacevoli) rispetto a stimoli neutri (Cuthbert, Schupp, Bradley, Birbaumer, & Lang, 2000; Diedrich, Naumann, Maier, Becker, & Bartussek, 1997; Johnston, Miller, & Burleson, 1986; Keil et al., 2002, 2001; Laurian, Bader, Lanares, & Oros, 1991; Mini, Palomba, Angrilli, & Bravi, 1996; Palomba, Angrilli, & Mini, 1997; Radilovà, 1982; Radilovà, Figar, & Radil, 1983; Schupp et al., 2000). Questo è stato interpretato come indice di una più profonda elaborazione dell’informazione emozionale e di una maggior allocazione delle risorse attenzionali verso caratteristiche dello stimolo significative da un punto di vista motivazionale. I potenziali tardivi sono quindi legati alla teoria dell’attenzione motivata, secondo cui gli stimoli emozionalmente significativi attirano automaticamente l’attenzione (Lang, Bradley, & Cuthbert, 1997; Palomba et al., 1997). Studi di fMRI hanno evidenziato un’attivazione bilaterale della corteccia occipitale e dei lobuli parietali superiore ed inferiore di destra in risposta a stimoli emozionali, sia piacevoli che spiacevoli (Lang et al., 1998).
Nei pazienti con fobia specifica – ma non nei controlli sani – si osserva un aumento dell’ampiezza delle componenti tardive dei potenziali evento-correlati (P3 e Late Positive Complex, LPC) – ma non delle componenti precoci (N1, P2, N2) – durante l’elaborazione degli stimoli fobici specifici, soprattutto nelle aree centro-parietali ed occipitali (Miltner et al., 2005). Quindi, l’ampiezza di P3 e LPC può essere considerata un correlato neuronale della salienza emozionale dello stimolo. Le componenti precoci, come N1 – considerato indicatore dei processi precoci correlati all’attenzione (Hansen & Hillyard, 1980; Hillyard & Picton, 1979) – , non sembrano essere altrettanto strettamente associate alla salienza emozionale e alla pericolosità dello stimolo. Infatti, sembra che l’informazione legata alla pericolosità dello stimolo non influenzi l’elaborazione percettiva precoce, bensì i processi tardivi di selezione dell’attenzione coinvolti nell’organizzazione delle risposte comportamentali rapide (Miltner, Krieschel, Hecht, Trippe, & Weiss, 2004). P3 può essere considerato un correlato dei processi tardivi di selezione dell’attenzione (Miltner et al., 2005).
Negli aracnofobici la presentazione di immagini di ragni determina un aumento dell’ampiezza di P300 (Gutberlet & Miltner, 1999). Kolassa e collaboratori (Kolassa et al., 2005) hanno confermato che questo tipo di esposizione induce più ampi P300 occipito-parietali e P400 parietali. Sembra che stimoli fortemente spiacevoli ed attivanti, come i ragni per gli aracnofobici, siano in grado di indurre un’attività più intensa nelle aree cerebrali primarie e di elaborazione percettiva superiore. Questa attività potrebbe implicare un’elaborazione rientrante da aree cerebrali più anteriori, come il cingolo anteriore o l’amigdala (Lang et al., 1998). L’aumento di ampiezza di LPP durante l’elaborazione delle immagini di ragni negli aracnofobici rappresenta un effetto emozione-specifico indipendente dal compito eseguito e potrebbe riflettere una modalità più rapida ed efficiente di attivazione del sistema di elaborazione degli stimoli fobici nei pazienti fobici non appena viene rilevato un possibile pericolo, innescando una rapida risposta comportamentale (Kolassa et al., 2005). L’aumento di ampiezza di LPP parietali negli aracnofobici si riscontra anche durante l’identificazione di immagini schematiche di ragni rispetto ad immagini schematiche di fiori, confermando la loro associazione con la valenza emozionale dello stimolo (Kolassa, Musial, Kolassa, & Miltner, 2006). In queste condizioni sperimentali, i pazienti fobici in generale (sia aracno- che social- fobici), rispetto ai controlli sani, hanno mostrato anche un aumento di ampiezza di P100 – tipicamente sensibile all’attenzione (Mangun, 1995) –, interpretato come indice di ipervigilanza corticale nei confronti di nuovi stimoli. Infine, in tutti i soggetti la visione di immagini schematiche di ragni si associa ad una maggiore ampiezza di N170 – tipicamente
modulato dalla capacità percettiva di discriminazione degli oggetti (Rossion, Gauthier, Goffaux, Tarr, & Crommelinck, 2002; Tanaka & Curran, 2001) – rispetto alle immagini schematiche di fiori. Questo potrebbe essere interpretato come un vantaggio generalizzato nell’identificazione di stimoli rilevanti dal punto di vista fobico piuttosto che stimoli neutri oppure come una maggiore capacità di elaborazione di immagini schematiche di ragni rispetto ai fiori (più artificiali). In definitiva, dunque, le immagini di ragni stilizzati sono sufficienti per indurre risposte diverse nelle componenti tardive (P300 e P400) dei potenziali evento-correlati in pazienti aracnofobici e soggetti sani. In particolare, sono in grado di innescare processi di elaborazione dello stimolo simili a quelli generati da immagini di ragni reali. Le componenti visive precoci (P100 e N170), invece, sembrano essere influenzate dallo stato ansioso (Kolassa et al., 2006).
In linea con gli studi precedenti, Schienle, Schafer e Naumann (Schienle, Schäfer, & Naumann, 2008) hanno confermato che P300 e LPPs sono validi indicatori di attenzione motivata e possono essere utilizzati per differenziare i pazienti aracnofobici dai soggetti sani durante la provocazione della sintomatologia. Tuttavia, non sono fobia-specifici, ma possono essere considerati indicatori generali della valenza emozionale e dell’allocazione delle risorse attentive (Olofsson, Nordin, Sequeira, & Polich, 2008). L’effetto della rilevanza emozionale sull’ampiezza di LPP nelle fasi precoci prevale a livello delle regioni posteriori, mentre durante le finestre temporali intermedie e tardive tende a distribuirsi verso le aree frontali (Foti & Hajcak, 2008; Foti, Hajcak, & Dien, 2009). L’ampiezza degli ERPs tardivi è modulata dalle caratteristiche di valenza e arousal dell’immagine e immagini con elevato livello di arousal provocano una positività tardiva elevata e sostenuta (Cuthbert et al., 2000). L’ampiezza di LPP può essere modulata dall’attenzione sia automatica che diretta volontariamente (Dunning & Hajcak, 2009; Ferrari, Codispoti, Cardinale, & Bradley, 2008; Hajcak, Dunning, & Foti, 2009; Keil, Moratti, Sabatinelli, Bradley, & Lang, 2005; Schupp et al., 2007). Questo potrebbe spiegare un aumento significativo dell’ampiezza di LPP centrali tardivi (800-1500 ms) in pazienti aracnofobici trattati con successo con terapia cognitivo-comportamentale (Leutgeb, Schäfer, & Schienle, 2009). Infatti, in corso di trattamento, i pazienti sono istruiti a rivolgere la loro attenzione verso i ragni, quindi questi potenziali potrebbero corrispondere ai processi di allocazione controllata dell’attenzione e alla riduzione dell’evitamento dell’attenzione verso lo stimolo fobico. Dunque, lo studio degli ERPs è utile anche per la valutazione della riduzione della sintomatologia. La terapia cognitivo-comportamentale, tuttavia, non sembra influenzare i processi automatici dell’attenzione, in quanto non riduce l’ampiezza di P300 e LPP parietali:
l’attentional bias e l’ipervigilanza verso i ragni potrebbero essere fenomeni temporalmente stabili (Leutgeb et al., 2009) e studi di follow-up sarebbero utili per verificarne l’eventuale riduzione dopo alcuni mesi di terapia (Leutgeb, Schäfer, Köchel, & Schienle, 2012). Studi di fMRI sugli effetti della terapia cognitivo-comportamentale nei pazienti aracnofobici hanno messo in evidenza una riduzione dell’iperattivazione dell’insula anteriore ventrale – indicativa di abituazione della risposta fobica somatica (Straube, Glauer, Dilger, Mentzel, & Miltner, 2006) – e un esteso aumento dell’attività nell’area prefrontale (dalla corteccia orbitofrontale mediale alla corteccia cingolata anteriore) anche a 6 mesi di follow-up – interpretato come un correlato del rimodellamento cognitivo indotto dai miglioramenti nell’apprendimento associativo e nella regolazione delle emozioni (Schienle, Schäfer, Stark, & Vaitl, 2009). L’origine di LPP precoci e P300 sembra risiedere nella corteccia visiva occipitale, inferotemporale e parietale (Junghofer, Bradley, Elbert, & Lang, 2001; Sabatinelli, Lang, Keil, & Bradley, 2007). In studi di fMRI l’attivazione della corteccia inferotemporale è stata correlata all’attivazione dell’amigdala e questi effetti sono stati interpretati come indicatori di un’elaborazione rientrante alla corteccia visiva da parte dell’attività dell’amigdala modulata dall’arousal (Sabatinelli, Bradley, Fitzsimmons, & Lang, 2005; Sabatinelli et al., 2007). Quindi LPP precoci e P300 sembrano avere un ruolo nell’attenzione motivata automatica.
Nei bambini gli ERPs presentano un comportamento analogo agli adulti, ma si distinguono per maggiori ampiezza e latenza, indicando una minor efficienza nell’elaborazione, che migliora nel corso degli anni (N. A. Fox, Hane, & Pérez-Edgar, 2006). Nell’ambito dell’aracnofobia, anche nelle bambine di 8-12 anni di età si osserva un aumento di ampiezza di P300 e LPP parietali in risposta allo stimolo fobico specifico (Leutgeb, Schäfer, Köchel, Scharmüller, & Schienle, 2010). La terapia cognitivo-comportamentale determina un aumento dell’ampiezza di LPP (600-1200 ms) soprattutto a livello delle aree frontali anche nelle bambine di 8-13 anni di età (Leutgeb et al., 2012).
In linea con studi precedenti (Kolassa et al., 2006; Michalowski et al., 2009), Michalowski e collaboratori (Michalowski et al., 2009) hanno riscontrato una maggiore ampiezza di P1 negli aracnofobici rispetto ai controlli sani, indipendentemente dal contenuto dell’immagine, suggerendo un’ipervigilanza verosimilmente legata in modo aspecifico alla salienza emozionale dello stimolo. Inoltre, durante l’elaborazione degli stimoli fobici specifici, nei pazienti aracnofobici si sono registrati aumenti significativi di EPN e LPP. Questi risultati suggeriscono un’evoluzione temporale dell’elaborazione percettiva da una vigilanza aspecifica (P1) ad una risposta preferenziale (EPN e LPP) a stimoli rilevanti dal punto di vista fobico nei
pazienti fobici (Michalowski et al., 2009). Associando lo studio fMRI alla registrazione EEG, Michalowski e collaboratori (Michałowski et al., 2017) hanno analizzato contemporaneamente le caratteristiche temporali e spaziali della risposta cerebrale durante l’elaborazione dello stimolo fobico. Oltre a confermare un aumento dell’ampiezza di P1 e di LPP nei pazienti fobici rispetto ai controlli sani, il confronto tra pazienti con differenti tipi di fobie (aracnofobia, fobia per sangue-iniezioni-ferite e fobia sociale) ha evidenziato un pattern di attività neuronale fobia- specifico e non legato allo stato ansioso generale. Inoltre, si osserva un diverso coinvolgimento della valutazione cognitiva e delle strategie di inibizione dell’attività, oltre ad un’aumentata sensibilizzazione dei sistemi di rilevazione e risposta agli stimoli fobici. In particolare, negli aracnofobici si riscontra un’attivazione generalizzata dei circuiti, indicando una ridotta capacità di regolazione delle emozioni. Infine, la contemporanea registrazione ECG ha evidenziato negli aracnofobici un aumento della frequenza cardiaca correlato all’aumento di attività di insula ed ippocampo durante l’elaborazione di immagini di ragni (Michałowski et al., 2017), confermando il loro ruolo nell’elaborazione delle emozioni negative (Caseras et al., 2010; Etkin & Wager, 2007). Questi risultati sono in linea con il modello dinamico della reazione difensiva (Fanselow, 1994; Lang et al., 1997), secondo cui la possibilità di eventi pericolosi induce uno stato anticipatorio di ipervigilanza, che, dopo la rilevazione del pericolo, si trasforma in un aumento dell’attenzione verso di esso accompagnato da alterazioni neuronali e comportamentali, compresa l’attivazione delle risposte autonomiche (Fredrikson, 1981; Hare, 1973; LeDoux, 1987; Prigatano & Johnson, 1974). Negli aracnofobici la possibile presenza di uno stimolo fobico determina uno stato di ipervigilanza caratterizzato da aumento dello scrutamento visivo (Pflugshaupt et al., 2007; Tolin, Lohr, Lee, & Sawchuk, 1999) e maggior risposta cerebrale indicata dall’aumento dell’ampiezza degli ERPs precoci (Kolassa et al., 2006; Michalowski et al., 2009; Weymar, Keil, & Hamm, 2014). Dopo la rilevazione dello stimolo fobico, ulteriori risorse attenzionali vengono destinate all’elaborazione preferenziale dello stimolo, come indicato da EPN e LPP, ma anche dall’aumento dell’attività in aree cerebrali come corteccia visiva, amigdala, ippocampo, insula e corteccia del cingolo anteriore (Dilger et al., 2003; Fredrikson, Wik, Annas, Ericson, & Stone-Elander, 1995; Lueken et al., 2014; Paquette et al., 2003; Sabatinelli et al., 2005). L’elaborazione preferenziale è accompagnata anche da un aumento della frequenza cardiaca e della risposta elettrodermica (Hamm, Cuthbert, Globisch, & Vaitl, 1997).
La componente N2pc (N2 posterior-contralateral), considerata un correlato dell’attenzione spaziale selettiva (Eimer & Kiss, 2010; Luck & Hillyard, 1994), inizia circa 200 ms dopo la
comparsa dello stimolo e si osserva tipicamente nelle regioni cerebrali posteriori controlaterali allo stimolo visivo rilevante per il compito richiesto. L’ampiezza di N2pc aumenta in presenza di volti schematici spaventosi (Weymar, Löw, Ohman, & Hamm, 2011) e nei pazienti con fobia per il sangue durante la visione di immagini correlate alla fobia (Buodo, Sarlo, & Munafò, 2010), supportando l’ipotesi che l’attenzione spaziale possa essere modulata dall’esposizione all’oggetto fobico. L’aumento dell’ampiezza di N2pc viene interpretato come un aumento della focalizzazione dell’attenzione verso il target e un’efficace inibizione del distrattore irrilevante per il compito da parte dei processi di elaborazione delle emozioni. Viceversa, una riduzione dell’ampiezza o un’inversione di N2pc indicano una ridotta soppressione del distrattore (Kiss et al., 2007) o una minor attenzione spaziale verso il target dovuta alla salienza del distrattore (Hickey, Di Lollo, & McDonald, 2009; Sawaki & Luck, 2010) – quindi un N2pc diretto verso lo stimolo sullo sfondo, definito componente Pd (distractor Positivity). Negli aracnofobici, a differenza dei controlli sani, si osserva un aumento di ampiezza di N2pc quando il target è un ragno, rappresentando un correlato elettrocorticale dell’amplificazione precoce dell’attenzione e della selezione verso stimoli rilevanti dal punto di vista fobico. L’aumentata capacità di selezione del target può essere interpretata come un aumento automatico della cattura dell’attenzione da parte di stimoli significativi dal punto di vista motivazionale, in linea con i risultati di studi comportamentali (Lipp & Waters, 2007; Öhman et al., 2001). Inoltre, quando i ragni sono sullo sfondo si registra un’inversione del pattern di N2pc (componente Pd) in entrambi i gruppi, suggerendo che stimoli filogeneticamente rilevanti dal punto di vista fobico sono in grado di catturare l’attenzione spaziale in modo prioritario e aspecifico (Weymar, Gerdes, Löw, Alpers, & Hamm, 2013).
Nonostante le componenti sensitive precoci (P1 e N1) siano state correlate con l’attività della corteccia visiva extrastriata (Clark & Hillyard, 1996; Mangun et al., 2001), la componente N1 si riduce in modo specifico nelle lesioni parietali e frontali (Knight, 1997), suggerendo che durante l’elaborazione visiva la componente N1 è modulata da circuiti rientranti ampiamente distribuiti. L’attività legata a P1 sembra invece riflettere la selezione dell’informazione in entrata attraverso l’inibizione dell’informazione disattesa o ignorata e sembra originare in modo specifico dalle regioni medio-occipitali (Hopfinger, Luck, & Hillyard, 2004). Poiché la modulazione fobia-specifica si osserva in N1 ma non in P1, si può ipotizzare che la rilevazione di stimoli fortemente pericolosi coinvolga circuiti rientranti di elaborazione ampiamente distribuiti in altre regioni cerebrali (Weymar et al., 2013). In effetti, studi di fMRI suggeriscono che l’aumento della sensibilità dell’amigdala (Lipka, Miltner, & Straube, 2011) possa alterare
l’attivazione della corteccia extrastriata (Pessoa, McKenna, Gutierrez, & Ungerleider, 2002; Sabatinelli et al., 2005) e dei circuiti frontoparietali dell’attenzione spaziale (Mohanty, Egner, Monti, & Mesulam, 2009) per favorire la rapida rilevazione di stimoli avversi e fobia-specifici. Il fatto che l’attenzione dei soggetti aracnofobici sia completamente catturata dagli stimoli fobici, siano essi il target o lo sfondo, supporta l’ipotesi della difficoltà nel distogliere l’attenzione dall’oggetto fobico (E. Fox, Russo, Bowles, & Dutton, 2001; Gerdes, Pauli, & Alpers, 2009) anziché la teoria dell’evitamento dell’attenzione (Mogg & Bradley, 1998). I risultati di Weymar e collaboratori (Weymar et al., 2013) suggeriscono infatti che gli stimoli a salienza emozionale presenti nell’ambiente siano in grado di catturare l’attenzione in modo ascendente indipendentemente dal controllo discendente dell’attenzione legato al compito richiesto. Inoltre, sono in linea con il modello dinamico della reazione difensiva (Lang et al., 1997) discusso in precedenza. In definitiva, i correlati neuronali suggeriscono un’alterazione nell’allocazione delle risorse attenzionali nei pazienti fortemente fobici modulata dalla valenza emozionale dello stimolo.
L’alterazione nell’elaborazione delle informazioni correlate al pericolo sembra essere di centrale importanza per lo sviluppo e il mantenimento dei disturbi d’ansia (Bar-Haim et al., 2007). Infatti, l’inibizione dell’elaborazione approfondita delle informazioni correlate al pericolo si riflette nei comportamenti di evitamento degli stimoli fobici, che rappresentano uno degli aspetti clinicamente più rilevanti di questi disturbi (Foa & Kozak, 1986). In generale, i pazienti ansiosi – ma anche gli aracnofobici (Mayer, Muris, Vogel, Nojoredjo, & Merckelbach, 2006) – mostrano maggiore sensibilità a stimoli rilevanti dal punto di vista fobico presenti nell’ambiente, con un’ipervigilanza al pericolo durante le fasi precoci (automatiche) dell’elaborazione (Williams et al., 1997). Le alterazioni dell’attenzione comprendono facile attenzione verso il pericolo, difficoltà a distogliere l’attenzione dal pericolo o evitamento dell’attenzione al pericolo. Nei pazienti ansiosi, l’attenzione sembra essere rivolta al pericolo nelle fasi iniziali ed automatiche dell’elaborazione, mentre viene allontanata dallo stimolo durante le fasi tardive e controllate volontariamente (Williams et al., 1997). Secondo altri autori, invece, la componente ansiosa sembra avere un ruolo marginale nella rilevazione iniziale del pericolo, ma una maggiore importanza nel mantenimento dell’attenzione verso il pericolo, con difficoltà a distogliere l’attenzione dallo stimolo (E. Fox et al., 2001).
Un metodo per studiare l’attenzione selettiva a stimoli minacciosi nei pazienti con disturbi d’ansia è il dot-probe task (Frewen, Dozois, Joanisse, & Neufeld, 2008). Esso consiste nella presentazione contemporanea di due immagini (cue) a diverso significato emozionale (ad
esempio, fobico e neutro) in posizioni diverse nella stessa schermata, seguita dalla comparsa di un punto (probe) a rimpiazzare una delle due immagini. Quando il punto corrisponde alla posizione dell’immagine emozionalmente significativa, la prova viene considerata “valida”; viceversa, se sostituisce l’immagine neutrale si parla di prova “non valida”. Il soggetto viene istruito a premere il più velocemente possibile il bottone di destra o di sinistra a seconda della posizione del punto sullo schermo. Si ritiene che il tempo di risposta dipenda dalla capacità dello stimolo (cue) di attirare l’attenzione: in particolare, la risposta è più rapida quando il punto compare nella stessa posizione dell’immagine a cui il soggetto sta prestando attenzione – lo stimolo minaccioso nel caso dei pazienti con disturbo d’ansia (Cisler, Bacon, & Williams, 2009; Cisler & Koster, 2010). Al contrario, la risposta risulta più lenta se il punto sostituisce l’immagine neutrale, in quanto è necessario un tempo aggiuntivo per spostare l’attenzione verso la porzione disattesa di campo visivo. Attraverso il dot-probe task è anche possibile influenzare l’attenzione in modo da allontanarla dallo stimolo pericoloso – mediante una prima fase di addestramento in cui il punto sostituisce sempre lo stimolo neutro – ma solo temporaneamente (Reese, McNally, Najmi, & Amir, 2010).
L’applicazione del paradigma dot-probe nei pazienti aracnofobici ha dimostrato un orientamento dell’attenzione (attentional bias) verso immagini di ragni presentate per un breve intervallo di tempo (Mogg & Bradley, 2006; Vrijsen, Fleurkens, Nieuwboer, & Rinck, 2009). La durata di presentazione dell’immagine (cue) sembra essere importante: con un intervallo di 100 ms si osserva un orientamento dell’attenzione verso il pericolo in soggetti sia lievemente sia fortemente ansiosi, mentre con una durata di 500 ms l’attentional bias è presente solo nei soggetti fortemente ansiosi. Quando l’immagine viene presentata per 1500 ms, l’attenzione nei soggetti ansiosi viene allontanata dal pericolo (Koster, Verschuere, Crombez, & Van Damme, 2005).
L’associazione del dot-probe task all’elettroencefalografia consente lo studio dei correlati elettro-corticali della cattura dell’attenzione. Mentre nei soggetti sani si osserva un aumento dell’ampiezza di P100 nelle regioni parieto-occipitali correlato alla “validità” della prova (Brosch, Pourtois, Sander, & Vuilleumier, 2011; Brosch, Sander, Pourtois, & Scherer, 2008; Pourtois, Grandjean, Sander, & Vuilleumier, 2004), nei pazienti con disturbi d’ansia, in particolare con disturbo d’ansia sociale, i risultati sono contraddittori (Helfinstein, White, Bar- Haim, & Fox, 2008; Mueller et al., 2009; Rossignol, Campanella, Bissot, & Philippot, 2013) o inconcludenti (Eldar, Yankelevitch, Lamy, & Bar-Haim, 2010). Nei pazienti aracnofobici, rispetto ai controlli sani, si sono osservati aumenti di ampiezza dei potenziali evento-correlati
(Event-Related Potentials, ERPs) sia precoci (P100, N170, EPN) sia tardivi (P300 e LPP) durante l’osservazione passiva di immagini di ragni (Kolassa et al., 2006, 2005; Leutgeb et al., 2010, 2012, 2009; Michalowski et al., 2009; Miltner et al., 2005; Mühlberger, Wiedemann, Herrmann, & Pauli, 2006; Schienle et al., 2008; Van Strien, Franken, & Huijding, 2009). Inoltre, durante il dot-probe task, studi comportamentali mostrano un’alterazione dell’attenzione solo in risposta a brevi intervalli di presentazione (Koster et al., 2005). Infine, studi di eye-tracking evidenziano un pattern di vigilanza-evitamento nei movimenti oculari (Hermans, Vansteenwegen, & Eelen, 1999; Pflugshaupt et al., 2005; Rinck & Becker, 2006; Rinck, Reinecke, Ellwart, Heuer, & Becker, 2005): i pazienti aracnofobici, di fronte ad immagini di ragni, inizialmente fissano l’oggetto fobico, per poi distogliere l’attenzione da esso. Sulla base di questi dati, Leutgeb e collaboratori hanno registrato i potenziali ERPs durante l’esecuzione del dot-probe task in pazienti aracnofobici e controlli sani per comprendere i correlati elettrocorticali dell’attenzione e dell’evitamento. Lo studio ha messo in evidenza un effetto sui potenziali correlati al target con un intervallo di presentazione molto breve (100 ms) – in particolare una modulazione di P300 (340-500 ms dopo la comparsa dell’immagine) nelle regioni centro-parietali – indicando una persistente attenzione motivata verso lo stimolo fobico (Leutgeb, Sarlo, Schöngassner, & Schienle, 2015). Negli aracnofobici, ma non nei controlli, l’ampiezza dei potenziali è maggiore quando il punto sostituisce l’oggetto fobico rispetto allo stimolo neutro, indicando che viene dedicata maggiore attenzione. Questo