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3. Lo Studio PsyCERCP (Psychophysiological Correlates of Emotional Reactions in Covert Paradigms)

3.2.4. Come valutare se uno stimolo è stato effettivamente mascherato

I protocolli sperimentali che impiegano paradigmi covert si basano sul presupposto di riuscire a mascherare un certo stimolo, portandolo a essere elaborato fuori dalla consapevolezza dei partecipanti. Tuttavia, non è facile per lo sperimentatore assicurarsi che ogni singolo stimolo sia stato effettivamente mascherato con successo: la maggior parte delle procedure di mascheramento, infatti, prevede un rapido susseguirsi di immagini in un flusso all’interno del quale sarebbe impraticabile chiedere al soggetto se si è accorto o meno dello stimolo. Nella

maggior parte dei casi, quindi, si interroga il soggetto dopo la sessione sperimentale, per escluderlo nel caso in cui risultasse consapevole di aver visto lo stimolo che si voleva mascherare.

Un altro metodo consiste nel fare un esperimento preliminare il cui obiettivo non è raccogliere dati, ma proprio valutare il grado di mascheramento dello stimolo. Nel caso di un paradigma backward masking, quindi, si sottopone un numero ristretto di soggetti (che non verranno inclusi nell’analisi finale) alla sequenza di immagini che sarà effettivamente impiegata nell’esperimento, chiedendo – per esempio – di premere un pulsante ogniqualvolta si accorgessero dello stimolo mascherato. Se in questo pre-esperimento la maggior parte dei soggetti non si accorge dello stimolo mascherato, si suppone che il mascheramento sia efficace e che possa quindi essere applicato ai soggetti sperimentali veri e propri con maggiore affidabilità. Il vantaggio di svolgere questo esperimento preliminare è che, una volta fatto, velocizza tutto il processo successivo (non sarà più necessario l’assessment del mascheramento nei soggetti dell’esperimento principale), e in alcuni casi è reso necessario dalle caratteristiche dell’esperimento: tuttavia, nel progetto PsyCERCP è stato scelto di compiere un assessment soggetto per soggetto (più lungo, ma più accurato) in virtù del fatto che viene sperimentato un tipo di mascheramento (quello del movimento) di cui non si trova una procedura di riferimento in letteratura, rendendo quindi necessario assicurarsi che il metodo usato sia efficace.

La maggiore o minore consapevolezza dello stimolo mascherato da parte del soggetto sperimentale sarà valutata quindi attraverso un’apposita intervista semi-strutturata alla fine della sessione sperimentale: i soggetti che riferiranno di aver visto immagini di ragni (nell’Esperimento 2) o di aver identificato alcune coppie di linee come zampe di un ragno (nell’Esperimento 3) verranno esclusi dall’analisi dei dati.

4. Conclusioni

L’ideazione e la realizzazione di questo progetto hanno richiesto una lunga e stimolante collaborazione tra diverse figure professionali, coinvolte a vario titolo nei numerosi e complessi passaggi che hanno permesso di assemblare l’ampio apparato sperimentale necessario per raggiungere gli obiettivi prefissati. Lo studio, infatti, si propone di indagare aspetti ancora non del tutto compresi nell’ambito della ricerca a cavallo tra le neuroscienze, la psicobiologia e la psicologia clinica e di farlo in maniera innovativa ed originale, nonché particolarmente articolata. Se, da un lato, questo approccio alla ricerca ha l’ambizione di proporre variazioni rispetto ai classici modelli di studio, dall’altro accetta il rischio di incorrere in imprevisti che inevitabilmente possono verificarsi sperimentando protocolli innovativi per i quali non esistono valori di riferimento nella letteratura scientifica.

La complessità del progetto si evince a partire dalla sua articolazione in tre differenti sessioni sperimentali, ciascuna delle quali, a sua volta, è caratterizzata da aspetti innovativi che ne aumentano ulteriormente il grado di difficoltà in fase di progettazione, costruzione e analisi dei dati.

Nel primo esperimento l’innovazione e l’originalità sono sia a livello tecnologico che sperimentale. L’esecuzione della prima sessione sperimentale è stata resa possibile dalla collaborazione di un team di esperti in materia grafica ed informatica che hanno realizzato il software dedicato necessario alla costruzione dei ragni di partenza e alla loro possibilità di alterazione da parte dell’utente mediante l’interfaccia che permette di modificare le caratteristiche percettive e di visualizzarle in tempo reale, oltre a creare una memoria delle immagini prodotte e dei corrispondenti file contenenti i singoli valori per la successiva analisi qualitativa e quantitativa dei dati raccolti. In un’epoca, come la nostra, in cui l’uso della tecnologia è entrato a far parte della vita quotidiana, è importante sottolineare il ruolo centrale di coloro che ci permettono di darlo per scontato. Rispetto ai tradizionali paradigmi sperimentali che si avvalgono di immagini contenute all’interno di database standardizzati, uno degli elementi innovativi che la tecnologia ha permesso di applicare a questo studio è stato l’utilizzo di immagini di ragni non convenzionali costruite dallo sperimentatore e successivamente modificate dal soggetto sperimentale. Se, da un lato, questo potrebbe costituire uno svantaggio in quanto potrebbe non produrre risultati direttamente confrontabili con quelli già presenti in letteratura, dall’altro ha il vantaggio di attribuire un valore alle

caratteristiche percettive in modo da analizzare il dato da un punto di vista quantitativo, valutando la variazione rispetto al valore di partenza e misurando i livelli minimi e massimi nello stesso soggetto e tra i vari soggetti per stimare la sensibilità di ciascun soggetto alla singola caratteristica percettiva e per verificare l’effettiva salienza delle caratteristiche. Uno degli obiettivi dell’esperimento – e dello studio più in generale – è, infatti, quello di comprendere se la salienza di uno stimolo percettivo – nella fattispecie, uno stimolo fobico specifico di tipo visivo considerato ancestrale come i ragni, tipicamente a valenza negativa – dipenda dalla rilevazione di caratteristiche percettive specifiche, piuttosto che dallo stimolo nel suo complesso. In questo esperimento abbiamo preso in considerazione il grado di pelosità, il pattern di movimento e la proporzione tra corpo e zampe, ipotizzando – sulla base della letteratura scientifica e dell’esperienza clinica – che possano rappresentare alcuni degli elementi salienti in grado di attivare i meccanismi di elaborazione precoce dello stimolo. Verificando la presenza di differenze nella sensibilità ai vari livelli di ciascuna caratteristica e correlando il dato con il grado di suscettibilità allo stimolo nel suo complesso preventivamente misurato attraverso il test SPQ, sarà possibile stabilire se i soggetti maggiormente suscettibili presentano una maggiore sensibilità ad almeno una delle tre caratteristiche percettive prese in considerazione rispetto ai soggetti meno o per niente suscettibili. In altre parole, ci aspettiamo di trovare differenze statisticamente significative nei valori associati alle singole caratteristiche percettive tra i gruppi di soggetti sperimentali più o meno sensibili alla visione dei ragni. Verosimilmente, i livelli massimi raggiunti corrisponderanno a valori più bassi nel gruppo più sensibile. Inoltre, verificando la presenza di differenze statisticamente significative nella sensibilità alle diverse caratteristiche percettive nello stesso soggetto, sarà possibile stabilire una variabilità interindividuale nella rilevazione della salienza dello stimolo basata sulla singola caratteristica. In altre parole, ci aspettiamo di trovare per ciascun soggetto diversi livelli di sensibilità a ciascuna caratteristica modificabile, con la prevalenza di una sulle altre. La conferma di queste attese potrebbe fornire la base per estendere l’applicazione del paradigma anche a soggetti fobici conclamati, nei quali si ipotizza una maggiore sensibilità a tutte le caratteristiche rispetto ai controlli sani (correlata ai risultati dei test psicometrici). La presenza di sensibilità prevalente verso una caratteristica percettiva rispetto alle altre anche nei vari soggetti aracnofobici potrebbe rappresentare un criterio di classificazione dei pazienti, fornendo la possibilità di personalizzare il trattamento espositivo e renderlo più efficace. Infatti, un approccio basato sull’esposizione al singolo elemento percettivo anziché sullo stimolo nel suo complesso garantirebbe l’accesso al trattamento anche ai soggetti fobici gravi che rifiutano la terapia convenzionale come strategia di evitamento. Se i risultati dello studio confermassero

le attese, si potrebbero gettare le basi per l’applicazione di protocolli terapeutici in grado di superare il principale ostacolo al trattamento delle fobie specifiche. Inoltre, questo tipo di strategia potrebbe permettere di ottenere risultati terapeutici più duraturi, risolvendo anche il problema della recidiva nei soggetti trattati, legata al contesto in cui è avvenuta l’estinzione. Dal punto di vista sperimentale, un altro aspetto innovativo del primo esperimento è rappresentato dall’utilizzo di immagini tridimensionali. Anche in questo caso, la variazione rispetto ai modelli sperimentali classici, che prevedono l’utilizzo di immagini bidimensionali, riduce la possibilità di un confronto con i risultati ottenuti da protocolli validati e standardizzati. Tuttavia, la realtà virtuale rappresenta uno strumento in grado di aumentare la validità ecologica dell’esposizione allo stimolo ed è stata ampiamente utilizzata anche in fase di trattamento espositivo per alcune fobie specifiche, come l’acrofobia e la paura di volare, per le quali sarebbe altrimenti difficile un’esposizione reale. L’affidabilità ecologica è ulteriormente garantita dall’assenza di dispositivi installati sul soggetto sperimentale, che può visualizzare il ragno tridimensionale animato in maniera più naturale possibile. Questo permette un’elaborazione dello stimolo a partire da un livello di astrazione minore rispetto all’immagine bidimensionale, aggiungendo un passaggio all’analisi dell’informazione dalla retina all’integrazione corticale, seguendo vie quanto più analoghe possibile a quelle attivate dagli stimoli presenti in natura.

Anche nella seconda sessione sperimentale sono stati introdotti elementi innovativi e la complessità in fase di raccolta e analisi dei dati è ulteriormente aumentata dal numero di variabili prese in considerazione, rendendo il setting sperimentale particolarmente articolato. Come nel primo esperimento, anche in questo caso è previsto l’utilizzo del software e dello strumento Holobox. La novità rispetto ai modelli sperimentali classici sta nell’applicazione di queste tecnologie a paradigmi di stimolazione di tipo covert (subliminale): a differenza dei tradizionali esperimenti di backward masking, in cui viene presentata una rapida successione di immagini bidimensionali di ragni selezionati da una raccolta di immagini standardizzate, la presentazione sarà costituita dagli ologrammi tridimensionali sia delle immagini ottenute nel primo esperimento sia di immagini opportunamente costruite dallo sperimentatore, sfruttando anche in questo caso le potenzialità del software dedicato e della realtà virtuale. In questo modo, ciascun soggetto sarà esposto alla presentazione mascherata dei ragni che nel corso del primo esperimento ha giudicato i più o i meno minacciosi e di ragni con caratteristiche definite dallo sperimentatore. Durante tutta la sessione sperimentale, saranno registrati

simultaneamente il tracciato elettroencefalografico, la conduttanza elettrodermica, il tracciato elettrocardiografico, il respirogramma e i movimenti oculari. Questo costituisce un altro elemento innovativo dello studio rispetto ai dati presenti in letteratura, che raramente prendono in considerazione contemporaneamente un numero così elevato di parametri fisiologici. In base a quanto riportato in letteratura, ci aspettiamo di confermare una variazione dei parametri fisiologici anche durante la presentazione mascherata di immagini tridimensionali contenenti stimoli minacciosi rispetto agli stimoli di controllo soprattutto nel gruppo di soggetti più suscettibili alla visione dei ragni. La possibilità di conoscere i valori attribuiti alle singole caratteristiche percettive delle immagini di ragni presentate ci consentirà inoltre di correlare le variazioni dei parametri fisiologici per verificare la presenza di differenze significative tra le caratteristiche nella capacità di attivare tali risposte. La conferma dei risultati attesi permetterà anche in questo caso di estendere il modello sperimentale allo studio di soggetti aracnofobici, supportando l’ipotesi secondo cui le caratteristiche percettive specifiche prese in esame possano rappresentare gli elementi salienti dello stimolo in grado di elicitare la risposta fisiologica attraverso l’attivazione di circuiti neuronali specifici. Questo potrebbe consentire di validare ulteriormente i protocolli di trattamento basati sull’esposizione alla caratteristica specifica, la cui efficacia potrebbe essere testata attraverso la misurazione delle alterazioni nei correlati psicofisiologici prima e dopo la terapia. La modalità di somministrazione covert dello stimolo rappresenta un vantaggio molto importante dal punto di vista dell’accettabilità del trattamento da parte del paziente e l’uso combinato di realtà virtuale ed esposizione subliminale a stimoli fobici differenziati in base alla sensibilità alla caratteristica specifica potrebbe aprire la strada ad approcci terapeutici particolarmente efficaci.

Nel terzo esperimento, infine, l’aspetto più innovativo ed originale è rappresentato dalla possibilità di presentare in modo subliminale la caratteristica percettiva del movimento, che richiede un tempo di presentazione superiore alla durata del mascheramento classico. Questo è reso possibile riducendo il ragno ad un gruppo di 8 coppie di linee unite da un vertice (corrispondenti alle zampe), riconoscibile solo attraverso il completamento gestaltico con una figura arrotondata (corrispondente al corpo). Il riconoscimento è mantenuto ad un livello subliminale chiedendo al soggetto sperimentale di eseguire un compito che focalizzi l’attenzione durante il movimento delle coppie di linee che, per le 8 coppie corrispondenti alle zampe del ragno, seguirà un pattern assimilabile al movimento di un ragno. Durante la sessione sperimentale, anche in questo caso saranno registrati simultaneamente i parametri fisiologici (attività elettroencefalografica, elettrocardiografica, elettrodermica, respiratoria) e il

movimento oculare che permetterà di correlare le variazioni dei parametri con l’orientamento dello sguardo verso lo stimolo percettivo. In questo modo, sarà possibile comprendere se, soprattutto nel gruppo di soggetti maggiormente suscettibili alla visione dei ragni, la salienza minacciosa del ragno possa essere rappresentata dal pattern di movimento, indipendentemente dalla visione di un ragno vero e proprio. Come per le caratteristiche prese in considerazione nei due precedenti esperimenti, anche in questo caso l’applicazione del modello sperimentale in pazienti fobici conclamati potrebbe mostrare risultati significativi in grado di supportare la validità di protocolli terapeutici mirati e personalizzabili in base alla sensibilità del soggetto. La volontà di aderire a questo progetto nasce dal suo potenziale impatto clinico nell’ambito di una patologia ‒ la fobia specifica ‒ relativamente diffusa, responsabile di un’importante riduzione della qualità di vita e fortemente predittiva di comorbidità con altri disturbi in ambito psichiatrico, ma che, nonostante tutto, trova notevoli resistenze da parte dei pazienti nell’intraprendere un percorso terapeutico che pure sarebbe probabilmente efficace. Uno degli aspetti più stimolanti è la possibilità di riuscire a garantire l’accesso al trattamento anche, e soprattutto, ai pazienti più gravi, oltre alla ricerca di elementi su cui basare una personalizzazione della terapia. Sebbene l’elevata complessità dell’assetto sperimentale abbia comportato un prolungamento dei tempi necessari per la realizzazione del progetto, è stato interessante comprendere in che modo la ricerca scientifica sia in grado di applicare le risorse tecnologiche in modo innovativo ed originale per raggiungere obiettivi ambiziosi.

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