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Correlazione tra il disturbo della sensibilità e la riorganizzazione del sistema motorio

DESCRIZIONE DEL CAMPIONE

6) Correlazione tra il disturbo della sensibilità e la riorganizzazione del sistema motorio

Nonostante il ristretto numero di bambini sottoposti allo studio elettrofisiologico tra quelli del campione, un’analisi descrittiva dei risultati mostra che, dove la riorganizzazione è ipsilesionale, i punteggi ottenuti alla sensibilità risultano superiori a quelli ottenuti dove la riorganizzazione del sistema motorio è contralesionale. In particolare, i punteggi medi ai test della sensibilità nei bambini con riorganizzazione ipsilesionale è stata del 93±4%, mentre per quelli con riorganizzazione contralesionale è risultata del 85±4% (Fig. 11).

punteggio totale medio all'esame della sensibilità per tipo di riorganizzazione

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% ipsilesionale contralesionale tipo di riorganizzazione se ns ib ili tà : pu nt eg gi o m ed io p erc en tu al e Figura 11

All’interno dei vari disturbi della sensibilità tale correlazione si esprime soprattutto nel disturbo del senso di posizione e della stereognosia (Fig. 12).

punteggio medio percentuale ai singoli test della sensibilità per tipo di riorganizzazione

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% sensibilità tattile sensibilità dolorifica senso di posizione

stereognosia grafestesia discriminazione

tra due punti

stimolazione simultanea pu nt eg gi o m ed io p er ce nt ua le ipsilesionale contralesionale Figura 12

Capitolo IV - DISCUSSIONE

La paralisi cerebrale infantile di tipo emiplegico è una paralisi unilaterale di natura centrale, causata da un insulto che agisce sul sistema nervoso ancora immaturo. Sebbene il quadro clinico sia dominato da una alterazione del controllo motorio, un numero crescente di studi pone attenzione al disturbo della sensibilità ed alla sua rilevanza nella definizione del quadro clinico stesso, della prognosi e del progetto terapeutico.

Il controllo del movimento, infatti, non può prescindere da un adeguato feedback sensoriale; questo è ancora più importante dove i movimenti devono essere precisi e finalizzati, come avviene a livello dell’arto superiore, soprattutto nella prensione e nella manipolazione, attività fondamentali per la relazione con l’ambiente.

Da un punto di vista fisiopatogenetico il disturbo della sensibilità è dovuto alla compromissione delle vie afferenti mono e polisinaptiche della corteccia sensitiva primaria (aree 1, 2, 3a e 3b di Brodmann), secondaria, e del lobulo parietale posteriore (aree 5 e 7). In particolare l’area primaria è implicata nella discriminazione dello stimolo sensoriale, mentre la secondaria nella integrazione delle afferenze.

Studi effettuati sull’adulto con stroke hanno già messo in evidenza come l’esame neurologico convenzionale possa non sempre rilevare disturbi minori della sensibilità, che potrebbero essere responsabili di un recupero motorio al di sotto delle aspettative [73]. Inoltre è stato osservato che la presenza di un disturbo della sensibilità ha valore prognostico negativo [145]. Tali studi sono difficilmente paragonabili a quelli che riguardano la popolazione pediatrica, per il diverso timing lesionale e per la maggiore plasticità cerebrale che consente il

recupero di una certa funzione motoria, soprattutto quando la lesione si verifica in epoca pre-perinatale.

Il nostro studio ha avuto come obiettivo quello di valutare la presenza del disturbo della sensibilità in ventidue bambini con emiplegia infantile e di correlarlo con l’outcome motorio e con altri fattori ritenuti importanti ai fini prognostico-terapeutici, quali le caratteristiche della lesione e il tipo di riorganizzazione del sistema motorio.

All’interno della nostra casistica il disturbo della sensibilità è stato riscontrato nel 73% dei bambini. Questo dato si inserisce all’interno del range percentuale descritto dai vari studi, in particolare si avvicina a quello dello studio condotto da Cooper su nove bambini emiplegici (88%) [12], mentre è inferiore ai risultati di Van Heest, che riporta il difetto di almeno una modalità sensitiva fin nel 97% dei casi [11].

Tra i diversi disturbi della sensibilità quello più frequentemente rappresentato nel nostro campione è il deficit della discriminazione tra due punti, presente nei due terzi dei bambini, seguito dalla astereognosia e dal deficit della grafestesia, entrambi alterati in poco meno di un quarto dei bambini. Tali risultati concordano solo con quelli riportati da Krumlinde-Sundholm e Elliasson che descrive la presenza di un deficit della discriminazione tra 2 punti nel 75% dei soggetti osservati. Nello studio di Cooper viene descritta un preponderanza della astereognosia, riportando una frequenza del disturbo del 77% [12]. Anche nel campione descritto da Van Heest il disturbo più frequente è quello della stereognosia presente addirittura nel 97% dei casi [11]. Tale diversità può essere spiegata con la diversa numerosità e la diversa selezione del campione, ad esempio nessuno studio fa riferimento alle caratteristiche del gruppo e della lesione, quali timing lesionale, sede della lesione, coinvolgimento del lobo parietale ecc. Nel nostro gruppo la sensibilità tattile non è mai alterata, mentre la

sensibilità dolorifica è compromessa soltanto in un caso, dove si associa al deficit del senso di posizione, che è presente, da solo, in un altro bambino. Da tali considerazioni si evince che le modalità sensitive più frequentemente compromesse sono quelle complesse che richiedono una maggiore integrazione corticale delle informazioni afferenti di tipo somatosensoriale e che per questo risultano più vulnerabili al danno. Questo dato concorda con le osservazioni di Tachdjian e Minear e Cooper [3, 12].

Nella metà dei bambini è stata trovata alterata soltanto una modalità sensitiva, più spesso la discriminazione tra due punti (2PD). questo sembra confermare alcuni dati riportati nell’adulto, secondo i quali un esame neurologico convenzionale può non essere in grado di rilevare il deficit sensitivo [73].

Inoltre, la discriminazione tra due punti, è stata valutata insieme alle altre modalità sensitive, nell’ottica di evidenziare quale tra esse fosse più rappresentativa del disturbo della sensibilità. E’ emerso che la stima migliore è fornita proprio dalla valutazione della discriminazione tra due punti ma anche della stereognosia (p<0.01), come peraltro sostenuto da diversi autori [10, 13, 93]. Seppur con un livello di evidenza minore, nel nostro studio anche il senso di posizione appare importante in quanto predittivo del disturbo della sensibilità (p<0,05). Tale dato non trova conferma in altri lavori.

Prendendo in considerazione le associazioni tra i disturbi specifici della sensibilità, le più frequenti sono state tra discriminazione tra due punti (2PD) e stereognosia, 2PD e grafestesia, 2PD e senso di posizione. Questo andamento, oltre a rinforzare l’ipotesi che ritiene le modalità discriminative più vulnerabili delle elementari (tatto, dolore, senso di posizione), sembra mostrare che i circuiti corticali che le integrano probabilmente sono in parte sovrapposti.

Un aspetto nell’emiplegia che non è stato molto spesso visitato in letteratura è la relazione che può intercorrere tra il disturbo della sensibilità e il disturbo motorio. Dai dati raccolti nel nostro studio, emerge una correlazione

statisticamente significativa del deficit sensitivo con la funzione motoria, valutata attraverso la scala Melbourne e la scala Fedrizzi. Per la Parte 1 della scala Fedrizzi, che valuta specificamente la prensione, il livello di significatività è addirittura superiore (p<0,01) rispetto alla Parte 2 (utilizzo spontaneo della mano) e alla Melbourne assessment (p<0.05). I risultati che correlano i punteggi alla Parte 2 della scala Fedrizzi con il disturbo della sensibilità non sembrano in accordo con quelli descritti nel lavoro di Krumlinde-Sundholm dove vengono valutate attività bimanuali. Tuttavia il confronto non può essere completo visto che soltanto alcuni task sono sovrapponibili [13].

Anche i dati ottenuti dalla scala Claeys, che descrive il grado di interessamento dell’arto superiore nel disturbo motorio, correlano con il disturbo della sensibilità e vanno a rafforzare l’evidenza di una correlazione sensitivo-motoria. Questi risultati possono essere spiegati considerando le relazioni anatomiche e funzionali che intercorrono tra le aree corticali motorie e somatosensoriali. Infatti la vicinanza anatomica tra queste regioni è espressione della necessità di facilitare uno scambio continuo e reciproco di informazioni. Queste ultime, da un lato riguardano il programma motorio, e dall’altro le concomitanti informazioni afferenti somatosensoriali, che permettono in ogni momento di verificare che il movimento corrisponda allo schema stabilito a livello centrale. È lecito pensare che il feedback sensitivo sia essenziale per la massima parte delle azioni che vengono compiute quotidianamente. Come ulteriore riscontro, esperimenti su scimmie hanno dimostrato che dalla sezione delle colonne dorsali, della corteccia somatosensoriale o entrambe, derivano deficit nell’organizzazione del movimento [142]. Alla base di questo riscontro sembra sia il fatto, mostrato nell’adulto, che input sensitivi che afferiscono durante il movimento sono in grado di modulare l’eccitabilità delle aree corticali motorie [73].

I bambini coinvolti nello studio sono stati classificati sulla base del tipo e del timing della lesione e suddivisi in quattro forme cliniche [26]. Si è osservato che il disturbo della sensibilità è più frequente nelle forme I e III piuttosto che nelle forme II e IV. In particolare, le modalità sensoriali nelle quali la differenza tra le forme si accentua sono il senso di posizione, la stereognosia, la grafestesia e la discriminazione tra due punti. Nella doppia stimolazione simultanea si ha una tendenza diversa, per cui il disturbo prevale nelle forme II e III. Queste differenze sono quindi maggiori per le modalità sensitive più complesse, la cui elaborazione avviene a livello della corteccia, che è coinvolta nelle malformazioni (forma I) e negli infarti cerebrali (forma III). In accordo con queste osservazioni sembrano anche i dati relativi alla sede della lesione, i quali mostrano un coinvolgimento più frequente del lobo parietale, sede delle aree somatosensoriali, nelle forme I, III e IV di emiplegia.

Valutando indirettamente il coinvolgimento o meno delle aree corticali somatosensoriale considerando la sede emisferica della lesione, è emerso che il disturbo della sensibilità è più grave per quei bambini che hanno un interessamento del lobo parietale, fatto che ne conferma il ruolo nella discriminazione sensitiva più fine [73, 74]. Tale correlazione è verificata per tutti i disturbi della sensibilità eccetto che per la sensibilità tattile e per la doppia stimolazione simultanea, per le quali si documenta un andamento inverso. Il significato di questa differente tendenza può essere spiegato, almeno in parte, per la sensibilità tattile, alla luce del fatto che si tratta di una modalità elementare, per cui il ruolo della integrazione corticale degli input sensitivi nella sensazione tattile è minore. Risulta meno chiaro il comportamento della doppia stimolazione simultanea, che potrebbe dipendere tuttavia da altre caratteristiche della lesione che influenzano la competizione tra afferenze sensitive bilaterli, piuttosto che la sede.

In relazione alla sede della lesione cortico/sottocorticale, dai nostri dati non è emersa alcuna correlazione tra essa ed i punteggi ai test della sensibilità, i quali tuttavia sono stati più alti nei i bambini con lesione sottocorticale. In uno studio condotto sull’adulto, Kim e Choi-Kwon [146] confrontano la frequenza relativa di alcuni disturbi della sensibilità in relazione alla sede della lesione corticosottocorticale vs sottocorticale (lenticulocapsulare) [73]. Confrontando i loro dati con quelli della nostra casistica, si vede quanto illustrato di seguito nella Tabella 2:

Corticosottocorticale Sottocorticale

Kim e Choi-Kwon Studio corrente Kim e Choi-Kwon Studio corrente

Stereognosia 71% 43% 54% 23%

Discriminazione

tra due punti 22% 78% 25% 46%

Senso di posizione 28% 22% 0% 0%

Tabella 2

Pur essendo gli studi diversi riguardo a metodologia e popolazione coinvolta, tuttavia è possibile fare alcune considerazioni. Sebbene i risultati ottenuti negli adulti per ciascuna modalità sensitiva siano diversi rispetto a quelli ricavati nei bambini in relazione alla sede di lesione, le modalità discriminative risultano comunque alterate in entrambi. Il deficit del senso di posizione invece si discosta dagli altri, non essendo mai alterato, secondo queste casistiche, nelle lesioni sottocorticali dell’adulto né del bambino. Sembra perciò che si tratti di una modalità sensoriale ‘elementare’ che richiede una certa integrazione corticale, ammesso che lo strumento per testarla sia abbastanza sensibile.

Per ciascun bambino eccetto uno è stata rivalutata la RM encefalo al fine di applicare uno scoring di gravità della lesione. E’ stato così osservata una correlazione con il disturbo della sensibilità (p<0,05) ed in particolare con il deficit della discriminazione tra due punti (p<0,05).

Al momento non sembra esserci evidenza di un riscontro in letteratura: infatti gli studi condotti hanno preso in considerazione più la sede della lesione rispetto alla sua gravità.

Un altro fattore preso in considerazione nello studio è quello relativo alla riorganizzazione del sistema motorio.

Come descritto in precedenza, la riorganizzazione del sistema motorio può essere ipsilesionale o contralesionale, ovvero l’emisfero colpito può conservare la rappresentazione della mano controlaterale (riorganizzazione ipsilesionale) oppure tale funzione può essere assunta dall’emisfero sano (riorganizzazione contralesionale). All’interno del gruppo sei soggetti hanno mostrato una riorganizzazione ipsilesionale e sei contralesionale. Anche se non supportato dall’analisi statistica, verosimilmente per il ristretto numero del campione, è emerso che i soggetti con riorganizzazione ipsilesionale hanno tendenzialmente punteggi relativi al disturbo della sensibilità maggiori rispetto a quelli con riorganizzazione contralesionale (93% vs 85%). All’interno dei vari disturbi della sensibilità tale correlazione si esprime soprattutto nel disturbo del senso di posizione e della stereognosia.

Si ricava dalla letteratura che mentre il sistema motorio ha due modalità di riorganizzazione, ipsi- e contra- lesionale, il sistema sensitivo si comporta in maniera differente, riorganizzando esclusivamente nell’emisfero ipsilesionale [140, 141]. Secondo questo modello, dai risultati alla TMS, nella metà dei bambini esaminati nel nostro studio è possibile rilevare una riorganizzazione ipsilesionale sia per il sistema motorio che per il sensitivo, nei rimanenti invece i due sistemi risultano dissociati. Questo significa che nel primo gruppo il sistema

motorio e quello sensitivo restano nel contesto dello stesso emisfero, mentre nel secondo gruppo si verifica una segregazione dei due sistemi in emisferi diversi. In base a questo diverso comportamento e alla notevole importanza che riveste l’integrazione sensitivo-motoria, è possibile ipotizzare che laddove ci sia una riorganizzazione ipsilesionale dei due sistemi il disturbo della sensibilità sia di minore gravità rispetto ai casi in cui avvenga una dissociazione tra i due sistemi. In particolare modo questo risulta più rilevante nel senso di posizione e nella stereognosia che probabilmente tra tutti i tipi di sensibilità sono quelli che necessitano di una maggiore integrazione sensitivo-motoria.

I risultati di questo studio suggeriscono di approfondire in futuro alcuni aspetti: 1) ampliare il campione da studiare, considerando la rilevanza del disturbo della sensibilità e le sue conseguenze sul piano della funzione motoria;

2) selezionare i test dotati di migliore accuratezza diagnostica, in grado cioè di rilevare il minimo deficit della sensibilità;

3) approfondire gli aspetti di correlazione fisiopatologica tra deficit sensitivo e localizzazione lesionale, nell’ambito del sistema somatosensoriale e nella relazione col sistema motorio;

4) studiare i fattori che possono influenzare la riorganizzazione del sistema sensitivo e motorio, e le relazioni reciproche tra questi processi, al fine di potenziare il più possibile il recupero funzionale.

Concludendo, il disturbo della sensibilità appare frequente nei bambini con emiplegia e sembra condizionare l’outcome motorio. I fattori dai quali dipende il deficit sensitivo sono numerosi e solo in parte conosciuti. Data la correlazione che sussiste tra disturbo della sensibilità e deficit motorio, sarebbe importante stabilire il peso del tipo di riorganizzazione motoria sullo stato dell’uno e dell’altro sistema, e l’influenza reciproca che essi esercitano. Solo una corretta

definizione del disturbo sensitivo e dei fattori ad esso correlati potrà aiutare nella formulazione di un giudizio prognostico e consentire un adeguato piano di trattamento riabilitativo.