1.2. IL CONTENUTO DELLE AUSEINANDERSETZUNGEN PUNTI FISSI E VARIAZIONI
1.2.1. IL CORSO DEL 1929
[DER DEUTSCHE IDEALISMUS (FICHTE, SCHELLING, HEGEL) UND DIE PHILOSOPHISCHE PROBLEMLAGE DER GEGENWART]
Il corso del 1929 avente come tema l’idealismo tedesco è in realtà un confronto molto dettagliato con le filosofie di Fichte e di Hegel, mentre al confronto con Schelling è riservato uno spazio molto ridotto, una decina di pagine, che trattano in modo classico di Schelling come ponte tra la Wissenschaftlehre di Fichte ed il System di Hegel. Tuttavia l’esiguità delle pagine dedicate all’autore pare essere inversamente proporzionale all’importanza ed al valore attribuito da Heidegger alla sua riflessione. A partire dal titolo del corso (poi modificato in sede di progettazione della Gesamtausgabe), che era: Der deutsche Idealismus: Fichte, Hegel, Schelling, Heidegger propone fin da principio una successione dei tre filosofi piuttosto inedita, in polemica col canone di allora legato alla ricostruzione storiografica di Richard Kroner e di altri eredi del lascito storiografico idealista34. La collocazione di
34 C. Strube, Nachwort des Herausgebers, in GA28, Der deutsche Idealismus (Fichte, Schelling, Hegel) und die philosophische Problemlage der Gegenwart, Hrsg. C. Strube, Klostermann, Frankfurt a.M. 1997, p. 364. La successione originale è stata ripresa nella ricostruzione del parere di Heidegger rispetto al nucleo dell’idealismo tedesco da I. Schüßler in I. Schüßler, Das Strittige in den Systemen des deutschen Idealismus, in H. Seubert (Hrsg.), Heideggers Zwiegespräch mit dem deutschen Idealismus, Böhlau. Köln
Schelling dopo Hegel testimonia l’altissimo valore che l’autore leonberghese aveva per Heidegger. Tale stima è anche provata dalle parole di Hans-‐‑Georg Gadamer, il quale, avendo assistito a quelle lezioni, che si svolsero a Marburg, racconta:
So habe ich schon im Jahre 1925 Heidegger in einem Schelling-‐‑Seminar den Satz aus der Freiheitsschrift vorlesen hören: «Die Angst des Lebens selbst treibt die Kreatur aus ihrem Centro», und er fügte hinzu: «meine Herren, zeigen sie mir einen einzigen Satz von solcher Tiefe in Hegel». Hinter Kierkegaard und später sogar hinter Nietzsche wurde für ihn der späte Schelling immer sichtbarer. Er hat die Schrift vom Wesen der menschlichen Freiheit wiederholt im Unterricht behandelt. Am Ende hat er die Publikation seiner Interpretation gutgeheißen, freilich, ohne zu verschweigen, daß Schelling nicht fähig war, der Tiefe seiner Intuition begrifflich gerecht zu werden. Heidegger erkannte in ihn sein eigenstes Problem wieder, das Problem der Faktizität, der unauflösbaren Dunkelheit des Grundes – in Gott wie in allem, was wirklich und nicht nur logisch ist. Das sprengt die Grenzen des griechischen Logos35.
Soltanto un paragrafo del testo heideggeriano tradisce l’elezione di Schelling a capofila del movimento idealista, rispetto all’andamento della decina di pagine che parlano di lui in modo piuttosto classico, presentandolo come colui che opera un «completamento [Ergänzung]» dell’idealismo fichtiano, integrando la filosofia teoretica e la filosofia pratica di quest’ultimo con una profonda meditazione sulla natura organica e sull’arte, alle quali viene trovata una collocazione all’interno della teoria idealista, la quale a sua volta «soll
2003, pp. 29-‐‑40. Come abbiamo visto nella parte precedente della ricerca, la soluzione storiografica heideggeriana non emerge totalmente dal nulla, bensì si inserisce all’interno di un più vasto movimento di rivalutazione della filosofia di Schelling. Bisogna però osservare che i riferimenti a tale movimento avvengono solo nelle lezioni dedicate a Schelling degli anni successivi.
35 H.-‐‑G. Gadamer, Martin Heidegger -‐‑ 85 Jahre, in Gesammelte Werke, Bd. III, Neuere Philosophie I. Hegel. Husserl. Heidegger, Mohr, Tübingen 1987, p. 306. Cfr. anche p. 266: «Eines Tages las er in einem Schelling-‐‑Seminar den Satz vor: “Die Angst des Lebens selbst tribt den Menschen aus dem Centrum” und sagte: “Nennen mir einen einzigen Satz von Hegel, der diesem Satz an Tiefe gleichkommt!”».
nicht aufgehoben werden»36. Ciononostante, come si diceva, Heidegger ci tiene a precisare
la caricaturalità di tale caratterizzazione:
So sehr – neben dem Anstoß Fichtes und der Auswirkung Kants – Natur als bestimmte Macht und Kunst als die Grundtendenz schöpferische Gestaltung die Kräfte waren, so wenig darf man Schelling darauf einschränken und ihn auf eine solche Formel bringen; üblich: Naturphilosophie und Aesthetik. Keines von beiden trifft den Kern seines Wesens und Philosophierens37.
Il nucleo e l’essenza del filosofare schellinghiano erano già stati approfonditi non in questo corso, ma innanzitutto in un seminario tenuto il semestre precedente e dedicato al testo che secondo Heidegger rappresenta l’apice del filosofare schellinghiano, ossia le Philosophische Untersuchungen, e soprattutto nel corso tenuto a Freiburg nel 1936, che verrà esaminato attentamente successivamente.
Heidegger durante la sua lunga Auseinandersetzung con il pensiero schellinghiano si mantiene fedele alla propria partizione della filosofia di quest’ultimo, individuando il periodo del Freiheitschrift come il più teoreticamente interessante, mentre il periodo precedente e quello successivo come appartenenti totalmente al pensiero contemporaneo a Schelling («Er philosophierte noch im Rahmen der Zeitgenössischen, in Umkreis dessen, worin er aufwuchs, aufwachsen mußte, und was abgestoßen werden sollte» 38 ).
Relativamente al primo periodo, vale come prova questa decina di pagine, le quali lo collocano propriamente come un passaggio tra i due altri autori dell’idealismo, e in ciò lo esauriscono; rispetto alla filosofia “tarda” di Schelling, che tanta eco avrà nel corso del secondo Novecento, Heidegger afferma:
36 GA28, 191.
37 GA28, 186. Sull’interpretazione heideggeriana della filosofia di Fichte, premessa allo sviluppo del
pensiero di Schelling, cfr. I. Schüßler, Das Strittige in den Systemen des deutschen Idealismus, pp. 29-‐‑32; J. Stolzenberg, Martin Heidegger liest Fichte, in H. Seubert (Hrsg.), Heideggers Zwiegespräch mit dem deutschen Idealismus, Böhlau, Köln 2003, pp. 77-‐‑92.
Es ist charakteristisch, daß Schellings späte Arbeiten, die erst ein Vierteljahrhundert nach Hegels Tod erscheinen, ganz wirkungslos bleiben. Sie hatten freilich die innere Kraft und Strenge der Durcharbeitung, was durchgängig den Schellingschen Schriften fehlt, wenn sie andererseits auch reich sind an plötzlich überraschenden Durchblicken und Ahnungen39.
In tale brano viene ancora affermata la superiorità del pensiero del Freiheitsschrift rispetto al resto della produzione schellinghiana – non tanto per la forma, quanto per la singolare ed unica luce che getta nel pensiero – ed inoltre viene anticipato un giudizio sugli scritti successivi che verrà ripetuto in alcuni appunti degli anni ’50 che verranno analizzati successivamente.
Un’ultima annotazione che può essere fatta a queste pagine riguarda l’utilizzo di un termine che avrà una grande importanza nel pensiero successivo di Heidegger, ossia il verbo Seinlassen40. Esso appare pubblicamente per la prima volta l’anno successivo nel
saggio Vom Wesen der Wahrheit, dove viene adoperato per nominare l’essenza della libertà («Freiheit enthüllt sich jetzt als das Seinslassen von Seiendem»41). Qui invece l’espressione
viene utilizzata per spiegare il difetto della filosofia della natura fichtiana, la quale identificata notoriamente quest’ultima con il «non-‐‑Io [Nicht-‐‑Ich]»: «Das Verhalten zum Nicht-‐‑Ich ist kein ursprüngliches Seinlassen dieses Seienden»42. Dal momento che Schelling
è colui che supera tale visione molto restrittiva della natura, sarebbe allora anche colui che indica come il modo consono di rapportarsi con l’ente sia il Seinlassen. Mi sembra significativo allora che questo termine venga utilizzato in queste due occasioni, nel saggio in cui, secondo l’autotestimonianza di Heidegger contenuta in Brief über Humanismus,
39 GA28, 33.
40 Tale annotazione è stata fatta da Fehér in I.M. Fehér, Schelling, Kierkegaard, Heidegger hinsichtlich System, Freheit und Denken. Gemeinsame Motive und Philosopheme der nachhegelschen Philosophie, pp. 19-‐‑ 20.
41 GA9, 188. 42 GA28, 184.
avviene la svolta interna al suo pensiero, e in queste poche pagine dedicate a Schelling43.
Quasi a dire che, a partire dall’esigenza avvertita di preparare un “nuovo inizio” del pensiero, Schelling potesse essere una guida ed un riferimento per muovere i primi passi nel terreno inesplorato del pensiero “postmetafisico”. Anche se tali annotazioni non sono certamente una prova apodittica della centralità di Schelling per Heidegger, mostrano perlomeno la grandissima importanza che tale filosofo rivestiva negli anni ’30 per il nostro autore44.