1.2. IL CONTENUTO DELLE AUSEINANDERSETZUNGEN PUNTI FISSI E VARIAZIONI
1.2.4. IL SEMINARIO DEL SEMESTRE INVERNALE 1927/28
Tale posizione dunque muta il ruolo di Schelling nella storia del pensiero: se nel 1936 era visto come colui che oltrepassa Hegel, e che per certi versi comprende meglio l’essenza della volontà rispetto a Nietzsche in quanto non svaluta il problema dell’essere, nel 1941 esso viene visto come coessenziale agli altri due autori, in un rapporto di reciproca necessità e coappartenenza nella “suprema” e “ultima” istanza della metafisica234.
1.2.4. IL SEMINARIO DEL SEMESTRE INVERNALE 1927/28
Del seminario invernale per studenti avanzati [Fortschrittene] svolto presso l’Università di Marburg, contemporaneamente al ciclo di lezioni intitolate «Phänomenologische Interpretation von Kants Kritik der reinen Vernunft»235, ci sono rimasti alcuni appunti
233 GA49, 102. Il testo è presente anche in SCH, 224; tr. it. p. 304. «Hegel: Volontà del sapere (del
riconoscimento) – (desiderio). Schelling: Volontà dell’amore (intelletto – volontà universale). Lasciar agire il fondamento; non volere più nulla. Nietzsche: Volontà di potenza (ultrapotenza; soppressione della distinzione tra sensibile e sovrasensibile) Non volere che il volere. “Volontà” come volere-‐‑se-‐‑ stesso – l’esser-‐‑sé. Volontà e soggettità».
234 Cfr. GA49, 89. La sottolineatura interessante di Köhler, riguarda la collocazione del corso nel
momento storico della Germania nazista entrata da un anno in guerra. Infatti lo studioso sottolinea – a dire il vero senz’affatto approfondire la questione – che ora, in queste lezioni, Schelling non si smarca più dalla tradizione metafisica, ma rientra a pieno titolo in quella corrente da cui si diparte una «direkte Weg zu Hitler». D. Köhler, Kontinuität und Wandel. Heideggers Schelling-‐‑Interpretationen von 1936 und 1941, pp. 182-‐‑183. È Heidegger stesso che, d’altro canto, accenna alla quotidianità storica, citando un articolo di un giornale nazionalsocialista, Das Reich, citandolo in chiave critica. In GA49, 122. Cfr. anche D. Köhler, Vom Schelling zu Hitler? Anmerkungen zu Heideggers Schelling-‐‑ Interpretationen von 1936 und 1941, pp. 210-‐‑213.
235 Pubblicato in GA25, Phänomenologische Interpretation von Kants Kritik der reinen Vernunft, Hrsg. I.
Görland, Klostermann, Frankfurt a.M. 1977; tr. it. R. Crisin, A. Marini, Interpretazione fenomenologica della «Critica della ragion pura» di Kant, Mursia, Milano 2002.
preparatori che probabilmente Heidegger utilizzava per svolgere il seminario stesso236.
Il valore di tali scritti non è assolutamente da sottovalutare. Infatti, per quanto non siano testi completi, e dunque non confezionati per una pubblicazione convenzionale, hanno un valore specifico relativo al metodo di pensiero del nostro autore. È infatti stato sottolineato dalla critica, proprio in relazione a tale raccolta di appunti seminariali (che comprende anche quelli dei seminari su Hegel), che il pensiero di Heidegger si sviluppa anche durante il suo insegnamento237: qui egli vede la possibilità, grazie alla discussione ed a tutte le
dinamiche proprie del seminario stesso, di rispondere all’appello di “ciò che è da pensare”, che si apre agli uditori che hanno una disposizione aperta e non polemica verso l’autore in questione238. Questa posizione della critica ha anche una base teorica interna al pensiero di
Heidegger: l’importanza attribuita da quest’ultimo al linguaggio ed al suo ruolo nella costituzione del pensiero occidentale. La frequentazione e la messa in questione del linguaggio proprio della filosofia, è l’operazione stessa di pensare, inscindibile dall’esposizione della stessa239.
Innanzitutto, prima di cominciare l’analisi del testo stesso, è importante sottolineare che questo seminario viene tenuto prima dell’apparizione di Sein und Zeit, durante gli anni della sua elaborazione. Questa osservazione non dice molto rispetto ai contenuti
236 Ora editi in GA86, Seminare. Hegel -‐‑ Schelling, Hrsg. P. Trawny, Klostermann, Frankfurt a.M. 2011,
pp. 49-‐‑54, ed in Heideggers Schelling-‐‑Seminar (1927/28). Die Protokolle von Martin Heideggers Seminar zu Schellings „Freiheitsschrift“ (1927/28) und die Akten des Internationalen Schelling-‐‑Tags 2006, Lektüren F.W.J. Schellings I, Hrsg. L. Hühn, J. Jantzen, frommann-‐‑holzboog, Stuttgart-‐‑Bad Cannstatt 2010, pp. 321-‐‑329.
237 G. Kovacs, The revolution of thinking in Heidegger’s Seminare: Hegel–Schelling (1927-‐‑1957) and its implications for the study of his thought, in «Heidegger-‐‑Studies», 28, (2012), pp. 216-‐‑217: «For Heidegger, teaching and thinking are not competing, hostile opposites; thought distinct forms of learning and inquiry, they belong together and impel each other in the search for knowledge. […] The labor of the seminar sessions is not in vain».
238 G. Kovacs, The revolution of thinking in Heidegger’s Seminare: Hegel–Schelling (1927-‐‑1957) and its implications for the study of his thought, p. 220.
239 Ibid.: «For Heidegger, thinking and speaking (sprechen), thought (mindfulness) and language
(Sprache), work together […]. Occidental languages for the most part are metaphysical, shaped by (carrying the stamp of) “onto-‐‑theo-‐‑logic”».
dell’interpretazione, tuttavia è sicuramente da notare che il primo approccio di Heidegger al testo schellinghiano è avvenuto nel contesto del pensiero di Sein und Zeit. Questo, come abbiamo visto anche precedentemente, influisce nell’interpretazione, fin da questo primo seminario del 1927/28240. L’influenza tuttavia potrebbe anche operare in direzione opposta,
ossia del pensatore di Leonberg su quello di Meßkirch. Una traccia dell’importanza di Schelling per l’Hauptwerk heideggeriano potrebbe essere intravista nella affermazione di Heidegger – di cui abbiamo testimonianza grazie a O. Laffoucrière – fatta durante un seminario a Cerisy, in cui avrebbe affermato che uno degli autori fondamentali per il suo pensiero sarebbe Schelling, piuttosto che Kierkegaard (spesso richiamato come “fonte omessa” di Sein und Zeit)241.
Per la brevità degli appunti, non sarà possibile svolgere una lunga analisi, ma mi limiterò a segnalare alcune scelte effettuate nello svolgimento del seminario che mi sembrano significative nell’interpretazione.
1. Durante il seminario Heidegger sceglie come tema centrale la questione della
240 Non solo il primo seminario risale a questo periodo, ma anche “la scoperta” di Schelling. Essa
infatti pare coincidere con l’invio di un volumetto antologico su Schelling curato da Otto Braun, donato a Heidegger da Karl Jaspers. Nel carteggio con quest’ultimo, Heidegger elogia Schelling per la sua profondità, e ringrazia sentitamente l’amico per il prezioso dono, chiedendogli anche un aiuto per le esercitazioni che avrebbe fatto su Schelling. È interessante notare che l’antologia innanzitutto apriva con il testo dell’Älteste Systemprogramm – che secondo la storiografia dell’epoca era redatto da Schelling, anche se firmato da Hegel – e si concludeva, dopo alcuni brani tratti da testi vari di Schelling, con l’intera opera Philosophische Untersuchungen. Cfr. C. Tatasciore, La presenza di Schelling nel pensiero di Heidegger, pp. 191-‐‑192. O. Braun, Schellings Philosophie, Deutsche Bibliothek, Berlin 1918. M. Heidegger/K. Jaspers, Briefwechsel 1920-‐‑1963, Hrsg. W. Biemel, H. Saner, Klostermann, Frankfurt a.M. 1990, p. 62.
241 «Nel corso del seminario di Cerisy di cui si è fatta menzione, Heidegger, parlando di un “padre
del suo pensiero” – con tutte le restrizioni cui bisogna sottoporre questo termine, poiché la nostra epoca non è più quella dell’idealismo tedesco –, ha categoricamente rifiutato l’opinione corrente, che vuole che l’influenza di Kierkegaard su di lui sia stata decisiva. Piuttosto ha fatto riferimento a Schelling». O. Laffoucrière, Le destin de la pensée et «la mort de Dieu» selon Heidegger, La Haye 1968, p. 185; citato in P. De Vitiis, Schelling secondo Heidegger, p. 517. Cfr. anche C. Tatasciore, La presenza di Schelling nel pensiero di Heidegger, pp. 183-‐‑197.
possibilità della coappartenenza degli opposti, compendiata dalla seguente frase di Schelling che Heidegger trascrive sugli appunti: «Denn jedes Wesen kann nur in seinem Gegenteil offenbar werden, Liebe nur in Haß, Einheit in Streit»242. Heidegger interpreta già
in questo primo approccio al testo la posizione schellinghiana dell’amore in quanto unificazione come l’Indifferenz del System des transzendentalen Idealismus. Nella rapida ricostruzione che Heidegger si annota del processo metafisico che sta alla base del sistema idealistico schellinghiano delle Ricerche (i passaggi fondamentali vengono numerati: 1. «Ungrund -‐‑ Indifferenz»; 2. «Dualität (schon seiend)»; 3. «Gegensatz. Negation»; 4. «Liebe -‐‑ als offenbare»; 5. esclusione del male), in tale ricostruzione egli sottolinea già, anche se senza giudicarlo come «naufragio», il punto controverso che poi sarà la base della sua critica a Schelling. Nell’unificazione finale infatti, il male viene da quest’ultimo escluso, nonostante il percorso iniziasse con una volontà di comprensione «hier das Böse nicht einbegriffen, sondern ausgestoßen; nicht mehr Indifferenz und Liebe alles in allem»243.
2. Un secondo punto riguarda la lettura del termine esistenza. Infatti Heidegger in più occasioni durante il testo fa intendere che tra l’interpretazione dell’esistenza in Schelling e in Sein und Zeit (che ancora non era pubblicato, come dicevo poco sopra, ma che era già in fase di elaborazione) ci sia più che una semplice omonimia, bensì che i due concetti siano profondamente apparentati. Infatti, già negli appunti riguardanti la tesi principale si afferma che «[der] Begriff der Offenbarkeit und [die] “Wirklichkeit” [sind] im Sinne der Existenz – für den Anderen!», e, ancora più precisamente, che «Verborgenheit und Offenbarkeit [sind] bezüglich Möglichkeiten der Existenz!»244. Più avanti affermerà, rendendo palese la
242 F.W.J. Schelling, Philosophische Untersuchungen, p. 373; tr. it. p. 179. La traduzione italiana recita:
«Ogni cosa può infatti rivelarsi solo nel suo opposto, l’amore solo nell’odio, l’unità nella discordia». Cit. in GA86, 49.
243 GA86, 51. La traduzione letterale del brano è: «qui il male non è incluso-‐‑concettualmente, ma
espulso; non più indifferenza e amore tutto in tutto».
244 GA86, 49. La traduzione letterale del brano è: «il concetto della manifestatezza e l’”effettività”
sono nel senso dell’esistenza – per gli altri!»; «la velatezza e la manifestatezza sono relativamente possibilità dell’esistenza».
dipendenza dell’interpretazione dai pensieri e dai concetti che confluiranno poco tempo dopo in Sein und Zeit: «Die Möglichkeiten – sind existenzielle»245. Queste affermazioni
documentano un mutamento dell’interpretazione di Heidegger, che qui per la prima volta esporrà il proprio giudizio relativamente al trattato schellinghiano. Infatti l’ultima affermazione dice propriamente che la ricerca delle Philosophische Untersuchungen – nonostante essa non giunga a porre in questione l’ambito «esistenziale [existenzial]», cioè relativo alle strutture fondamentali [Grundstrukturen] del Dasein, ma rimanga al livello di una comprensione immediata della sua esistenza – resta sempre relativa all’«Existenz», che in Sein und Zeit è propriamente altro rispetto all’existentia dei medievali, in quanto la prima è riferita solamente all’esserci, mentre quest’ultima riguarda ogni ente in quanto tale. Come abbiamo precedentemente visto, nel corso del 1941 invece, Heidegger sostiene che il concetto di esistenza in Schelling è completamente differente rispetto a quello di Essere e tempo, in quanto il primo rimane costantemente nell’alveo concettuale della metafisica246.
3. L’appunto heideggeriano che mi sembra più significativo è quello relativo alla identità posta da Schelling tra l’essere e il volere: «Ursein = Wollen (Prädikate des Urseins: Grund-‐‑ losigkeit, Ewig-‐‑keit, Unabhängigkeit von der Zeit, Selbstbejarung); actus purus. NB: von hier aus Interpretation und Kritik des Idealismus. Freiheit – in allem was ist – alles Seiende als Seiendes ist Ichheit – »An-‐‑sich« – selbst-‐‑frei-‐‑ständig»247. In particolare è interessante il
“nota bene”: «a partire da qui, interpretazione e critica dell’idealismo». Infatti, ciò cui sta accennando Heidegger qui è certamente la critica generale che egli muoverà non solo all’idealismo, ma alla tradizione metafisica occidentale in generale – o meglio, all’idealismo in quanto compimento della metafisica – la quale, in quanto fondata sulla volontà, porta a
245 GA86, 51. «Le possibilità – sono esistentive». L’aggettivo “existenzielle” è da tradursi con
“esistentive”. Cfr. F. Volpi, Glossario, in M. Heidegger, Essere e tempo, p. cit., p. 591.
246 Cfr. supra.
247 GA86, 52. La traduzione letterale del brano è: «Essere originario = volere (predicati dell’essere
originario: assenza di fondamento, eternità, indipendenza dal tempo, autoaffermazione); actus purus. NB: a partire da qui, interpretazione e critica dell’idealismo. Libertà – in tutto ciò che è – tutto l’essente in quanto essente è egoità – “in-‐‑sé” – liberamente-‐‑auto-‐‑nomo».
comprendere l’essere come presenza stabile, e da qui a sviluppare l’ontologia come onto-‐‑ teo-‐‑logia248. Tale dato è interessante, in quanto la prima occasione in cui Heidegger parla
esplicitamente di “ontoteologia” è durante il corso invernale del 1930/31 dedicato alla Fenomenologia dello spirito di Hegel, in cui descrive tale concetto in relazione all’idea hegeliana del rapporto tra filosofia e teologia249. La citazione suddetta anticipa la critica,
costituendo così nel pensiero heideggeriano – almeno cronologicamente – uno spunto iniziale per il successivo sviluppo dell’interpretazione della filosofia occidentale.
1.2.5. GLI APPUNTI PER IL SEMINARIO DEGLI ANNI 1941/43
Le annotazioni contenute nel volume GA86 raccolte sotto il titolo di “Schelling und der deutsche Idealismus (1941-‐‑1943)” non presentano propriamente gli appunti di un corso seminariale, anche se esse sono suddivise in capitoli, come se fossero passaggi di una serie di lezioni. Si tratta piuttosto di materiali differenti raccolti da Heidegger, i quali riguardano pensieri relativi al movimento complessivo dell’idealismo tedesco, che parte da Kant e si compie in Schelling. In questa raccolta, Heidegger percorre un cammino che lo porta ad introdurre il pensiero della storia dell’essere (il «seynsgeschichtliche Denken») come prosecuzione e allo stesso tempo distanziamento dall’idealismo tedesco250. La natura di tali
appunti non mina affatto, a mio avviso, il valore delle annotazioni, anzi, la rafforza: infatti
248 Il testo in cui Heidegger ha maggiormente sviluppato la presente analisi del pensiero occidentale
è certamente GA6.1-‐‑GA6.2, op. cit. Sulla fondazione dell’onto-‐‑teologia a partire dalla critica alla metafisica della volontà, cfr. M. Marassi, Ermeneutica della differenza. Saggio su Heidegger, pp. 153-‐‑162.
249 GA32, 140-‐‑144; tr. it. pp. 150-‐‑154.
250 P. Trawny, Nachwort des Herausgegebers, in GA86, 903. Un tentativo di ricostruzione dell’effettivo
svolgimento dei seminari di Heidegger di questi anni basato sulla letteratura critica e le testimonianze al riguardo è effettuato – purtroppo senza un definitivo successo – in F. Volpi, Guida a Heidegger, pp. 337-‐‑339. La mancanza di chiarezza e di effettive ed evidenti testimonianze scritte dello svolgimento di un seminario dedicato alle Philosophische Untesuchungen di Schelling in quegli anni, porta a corroborare la tesi di Trawny, che tali appunti siano solo una raccolta di materiali,