• Non ci sono risultati.

Il cortocircuito della condizionalità nel recinto dei diritti fondamentali: Carta di Nizza, Carta

Capitolo III La tutela oltre il contratto: le politiche attive del lavoro, tra modelli organizzat

7. Il cortocircuito della condizionalità nel recinto dei diritti fondamentali: Carta di Nizza, Carta

Giunti a questo punto, e con la stessa metodologia condotta nella sezione sulla flessibilità in uscita (v. supra) , è possibile chiedersi se il sistema di condizionalità congegnato a livello sovranazionale - che ha trovato peculiare applicazione anche nell’ordinamento italiano – presenti dei profili di problematicità rispetto alla grammatica dei diritti sociali riconosciuti a livello sovranazionale.

L’implementazione del modello di flexicurity ha imposto agli Stati Membri una transizione verso modelli di attivazione, che hanno introdotto e rafforzato le misure di promozione del reinserimento degli inoccupati all’interno delle traiettorie occupazionali374.

La condizionalità è stata progressivamente rinforzata nel corso degli ultimi anni, registrando una flessibilizzazione della nozione di offerta di lavoro ragionevole - c.d. suitable work - che i lavoratori sono tenuti ad accettare. Ciò ha determinato una coesistenza

problematica tra le politiche attive del lavoro e la proclamazione del “diritto al lavoro” consacrata nelle Carte Costituzionali e sovranazionali.

Il “diritto al lavoro” – presente nel bill of rights delle Costituzioni nazionali e delle Carte dei diritti sovranazionali - può esser schematizzato all’interno di una dimensione negativa, e di una speculare dimensione positiva375. La prima valorizza la libertà del lavoro, attraverso la proclamazione della libertà di scelta nello svolgimento di un lavoro decente, di qualità, e adeguato alle attitudini professionali. La seconda esalta invece il diritto sociale dei cittadini imponendo allo stato di adoperarsi per il raggiungimento dell’incremento dell’occupazione, attraverso congrue politiche dell’occupazione da un lato, e per mezzo della predisposizione di un efficiente sistema di servizi per l’impiego dall’altro376.

Diritto al lavoro 1. Dimensione negativa

Diritto a una libera scelta del lavoro.

Obbligazione di protezione e rispetto Alta giustiziabilità

2. Dimensione positiva

Diritto ad avere opportunità di lavoro e diritto supplementare alla sicurezza sociale.

Obbligazione di mezzi Giustiziabilità problematica

Libertà formale Libertà sostanziale

7.1. La sfera “negativa” del diritto al lavoro

375 Il carattere bidimensionale del diritto al lavoro trova una sua legittimazione storica nel periodo

successivo alla seconda guerra mondiale, laddove da un lato viene proclamato il diritto di accedere al mercato del lavoro e avere un lavoro, promosso dalle politiche economiche Keynesiane, e dall’altro il diritto di scegliere liberamente un proprio lavoro, ricevendo protezione da ogni forma di lavoro forzato attraverso la creazione della fattispecie di lavoro idoneo, c.d. suitable work. Tuttavia, l’emergenza della disoccupazione di massa nelle nostre società, susseguente alla crisi della de- industrializzazione emersa a partire dalla fine degli anni settanta, ha rapidamente messo in crisi il rapporto tra diritto e dovere al lavoro. La scomparsa del pieno impiego ha posto le basi per la compressione della dimensione negativa del diritto al lavoro. La trasformazione della disoccupazione in fenomeno strutturale e di lungo termine ha ridotto i margini di libera scelta del lavoro.

376 Così come rilevato da A. ALAIMO, Il diritto sociale al lavoro nei mercati integrati, i Servizi per l’Impiego

Il concetto di diritto al lavoro, nella sua dimensione negativa, ha una natura polisemantica, e tocca direttamente l’equilibrio che all’interno di ogni ordinamento dovrebbe sussistere tra “dovere al lavoro” e “libertà di lavoro”. All’interno delle società liberali il rapporto tra regolamentazione del mercato del lavoro e sicurezza sociale deve esser caratterizzato dall’accostamento tra la nozione di “dovere al lavoro” nel contesto della sicurezza sociale, con quello di “libertà del lavoro” nella sfera del diritto del lavoro e della conclusione di un contratto di impiego377.

L’accezione di dovere al lavoro copre una vasta traiettoria storica che passa dalle forme di schiavitù e sfruttamento degli esseri umani, sino ad alcune forme coercitive fatte registrare negli Stati socialisti nel corso del ‘900. In particolare, nell’ex URSS era rinvenibile una forma blanda, ma pur sempre coercitiva di dovere al lavoro all’interno dell’art. 60 della Costituzione del 1977 il quale affermava che “l’evasione dal lavoro socialmente utile è incompatibile con i principi della società socialista”, disegnando pertanto forme di compromissione della libertà al lavoro378.

Diversamente, nelle democrazie occidentali si è registrata una forma di “dovere al lavoro” connessa al diritto della sicurezza sociale e quindi legata al godimento dei benefici previsti a favore delle persone involontariamente disoccupate, che non siano state licenziate per cattiva condotta, e che siano disponibili a intraprendere un nuovo impiego379. Il dovere al lavoro ha assunto anche il ruolo di controprestazione richiesta al soggetto privo di impiego a cui lo Stato richiede la partecipazione a iniziative di carattere sociale. In tal modo la fattispecie del dovere al lavoro è stata posta in stretta connessione al riconoscimento dei benefici monetari o sociali380.

Gli ordinamenti dell’Europa occidentale, hanno tradotto la fattispecie del diritto al lavoro affermando il riconoscimento della libertà da parte del soggetto privato di non inserirsi in rapporti di lavoro che non fossero ritenuti confacenti alle proprie aspirazioni

377 M. FREEDLAND, N. KOUNTOURIS , Diritti e doveri nel rapporto tra disoccupati e servizi per l’impiego in

Europa, in Giornale dir. lav. e relazioni ind., 2005, p. 557.

378 B. HEPPLE , A right to work?, Ind. Lab. Journ., vol. 10, n. 1, 1981. 379 B. HEPPLE, A right to work?, cit..

380 J. FREYSSINET , La réduction du taux de chômage: les enseignements des expériences européennes, in

morali o economiche, contrari al proprio credo religioso o politico, o comunque ritenuti inidonei rispetto al proprio bagaglio personale.

Alcuni testi costituzionali hanno sancito espressamente questa formulazione del diritto del lavoro: le Costituzioni italiana ( art. 4), danese (paragrafo 75 della Costituzione danese) e francese ( preambolo della Costituzione francese del 1946), contengono norme che sono state interpretate come costitutive di una libertà in capo a ogni individuo a non esser obbligato a concludere contratti di lavoro381.

Il principio della libertà di scelta del lavoro è stato, in un secondo momento, adottato dalla grammatica sovranazionale attraverso l’inserimento di specifiche disposizioni all’interno a) Carta Sociale Europea, b) della Carta Europea dei Diritti Fondamentali, c) della Convenzione dell’OIL.

La Carta Sociale Europea, all’art. 1 si afferma “ […] il diritto del lavoratore di guadagnarsi la vita con un lavoro liberamente intrapreso […] “ , mentre l’art. 15 della Carta Europea dei Diritti Fondamentali ( anche detta Carta di Nizza) statuisce che “ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata”. Sempre a livello sovranazionale è possibile evidenziare l’orientamento emerso dalla Convenzione n. 122 del 1964 dell’OIL che stabilisce la libertà di “ogni persona […] alla libera scelta del suo lavoro a condizioni eque e soddisfacenti di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione” prevedendo altresì l’obbligo di “ogni Stato membro a promuovere il pieno impiego produttivo e liberamente scelto che dovrà tendere a garantire […] la libera scelta dell’occupazione e […] le possibilità per acquisire le qualificazioni necessarie per occupare un impiego che gli convenga e di utilizzare in tale impiego le sue qualificazioni nonché le sue attitudini, qualunque sia la razza, il suo sesso , la sua religione, la sua opinione politica, la sua ascendenza nazionale o la sua originale sociale”382 .

381 Il principio di diritto al lavoro nell’accezione di libertà di lavoro è stato introdotto anche nel sistema

di common law, in tal senso di veda De Francesco v Barnum (1890) oltre che all’interno della section 128 (1) dell’Industrial Relations act del 1971 che ne ha fornito la base normativa; inoltre il principe de libertè du travail francese ha una tradizione che è possibile ricondurre alla rivoluzione francese e poi rivisto e raffinato dalla giurisprudenza, in tal senso si veda J. PELLISSIER, La libertè du travail, Droit social, p. 19, 1990.

382 Il diritto al riconoscimento della libertà di lavoro nell’ambito della convenzione dell’OIL è

All’interno del contesto applicativo della Carta Sociale, Il Comitato Europeo dei Diritti Sociali ha elaborato delle guidelines sul concetto di offerta di lavoro adeguata383, stabilendo i casi in cui il soggetto inoccupato non può essere costretto ad accettare un’offerta di lavoro. Nello specifico, viene considerata contraria alla sfera negativa del diritto al lavoro, l’accettazione di offerte di lavoro che: 1) richiedono qualifiche o competenze lontane da quelle possedute; 2) garantiscono livelli salariali complessivamente al di sotto di quelli precedentemente percepiti; 3) richiedono particolari e costanti livelli di salute fisica, mentale; 4) non sono compatibili con la legislazione sulla salute e la sicurezza; 5) prevedono retribuzioni al di sotto di quelle offerte dai minimi salariali previsti a livello regionale, e nazionale, o comunque non assicurano il raggiungimento di standard di vita decenti al lavoratore e alla sua famiglia; 5) impongono degli spostamenti geografici irragionevoli con riferimento al tempo di trasporto, alla distanza geografica, alle possibilità di trasporto; 6) determinano spostamenti geografici che rendono difficoltoso e oneroso l’assolvimento delle responsabilità familiari.

Le linee guida elaborate dal Comitato Europeo dei Diritti Sociali vanno lette in stretta connessione con un’altra previsione contenuta dalla Carta Sociale Europea, l’art. 12 che proclama il diritto alla sicurezza sociale384. In tal senso, il Comitato Europeo dei Diritti Sociali ha tentato bilanciare la restrizione della libera scelta di impiego imposta alle persone

383 Le guidelines sul concetto di suitable employment sono stato elaborate da un working group sulla

base delle pratiche operate da alcuni Stati. Per un approfondimento sul tema si veda, E. DERMINE,

Suitable Employment and Job of quality, S.Borelli, P.Vielle, (eds.) , Quality of Employment in Europe,

2012.

384 L’art. 12 della Carta Sociale Europea prevede che “Per garantire l’effettivo esercizio del diritto alla

sicurezza sociale, le Parti s’impegnano: 1 a stabilire o a mantenere un regime di sicurezza sociale; 2 a mantenere il regime di sicurezza sociale ad un livello soddisfacente almeno uguale a quello richiesto per la ratifica del Codice europeo di sicurezza sociale; 3 ad adoperarsi per elevare progressivamente il livello del regime di sicurezza sociale; 4 a prendere provvedimenti, mediante la conclusione di adeguati accordi bilaterali o multilaterali o con altri mezzi, fatte salve le condizioni stabilite in tali accordi, per garantire: a la parità di trattamento tra i cittadini di ciascuna delle Parti ed i cittadini delle altre Parti per quanto concerne i diritti alla sicurezza sociale, ivi compresa la conservazione dei vantaggi concessi dalle legislazioni di sicurezza sociale, a prescindere dagli spostamenti che le persone tutelate potrebbero effettuare tra i territori delle Parti; b l’erogazione, il mantenimento ed il ripristino dei diritti alla sicurezza sociale con mezzi quali la totalizzazione dei periodi di contribuzione o di lavoro compiuti secondo la legislazione di ciascuna delle Parti.”

disoccupate e l’interesse generale di prevedere forme di sicurezza sociale che garantiscano l’inclusione del più alto numero di persone all’interno del mercato del lavoro.

7.2. ..e la sua variante positiva

Esaurita l’analisi della dimensione negativa del diritto al lavoro, è possibile incamminarsi verso la speculare variante positiva rinvenibile nell’obbligazione di mezzi ricadente sullo Stato nel favorire l’aumento dei livelli occupazionali.

Il “dovere” dello Stato di attivarsi per la creazione di possibilità di impiego è diversamente declinato all’interno delle Carte dei diritti sovranazionali, ricevendo forme di attenzione eterogenee.

Nello specifico, l’art.1 della Carta Sociale proclama, a chiare lettere, la dimensione positiva del diritto al lavoro affermando l’obbligo dello Stato nell’“[…] istituzione e nel manimento di servizi per l’impiego gratuiti per tutti i lavoratori” […] e “[…] assicurando o favorendo un orientamento e una formazione ed un riadattamento professionale adeguati” ( Parte II, art. 1).

La realizzazione del diritto al lavoro nell’accezione adottata dalla Carta Sociale impone allo Stato di predisporre servizi per l’impiego efficienti e gratuiti, oltre che adeguati servizi di orientamento formazione e riadattamento professionale. La dimensione positiva del diritto al lavoro raggiunge la “massima dilatazione” nella Carta Sociale385, ove lo stesso arriva altresì a coprire il diritto all’orientamento e alla formazione professionale, affermando la stretta connessione tra garanzia di effettività del diritto al lavoro e la presenza di servizi per l’impiego adeguati386.

Il Comitato Europeo dei Diritti Sociali387, composto da esperti indipendenti, ha fornito una lettura riduzionistica e precauzionale della disposizione esaminata, sottolineando che gli

385 A. ALAIMO, Il diritto sociale al lavoro nei mercati integrati, i Servizi per l’Impiego tra regolazione nazionale e

comunitaria, Giappichelli, 2009

386 R. SALAMONE, La responsabilità sociale dell’impresa: riflessioni a margine di una strategia europea sullo

sviluppo sostenibile , in DRI , 2004, n. 2, pp. 379-390

387 Il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa (ECSR) è stato istituito ai sensi dell'art.

25 della Carta sociale europea del 1961 allo scopo determinare se la normativa e la pratica degli Stati parte sia in conformità con le norme della Carta sociale europea, dei suoi Protocolli e della Carta sociale europea (riveduta) del 1996. Attualmente, il Comitato è composto da 14 esperti indipendenti eletti dal Comitato dei Ministri per un periodo di sei anni rinnovabili una sola volta.

Stati Membri non possono esser tacciati di inadempienza rispetto alla disposizione contenuta nella Carta Sociale per l’aumento dei tassi di disoccupazione, qualora abbiano posto in essere tutte le misure necessarie ad evitare il verificarsi di tale effetto388.

In tal modo è stato affermato che la disposizione genera un’ “obbligazione di mezzi” , a carico dello Stato, di “adoperarsi affinché” venga raggiunto l’obiettivo, a prescindere dal raggiungimento effettivo del risultato. Il restraint operato dal Comitato trova giustificazione nella difficile giustiziabilità a livello internazionale dei diritti sociali intesi come “diritti a prestazione”; per tale ragione gli esperti indipendenti hanno preferito non affermare un’obbligazione a risultato vuota, scegliendo di perseguire la strada di un’obbligazione di mezzi più cogente, impegnando in tal modo i singoli Stati ad adoperarsi con azioni pratiche per promuovere lo sviluppo dei livelli occupazionali.

All’interno della Carta di Nizza non sono invece individuabili profili della dimensione positiva del diritto al lavoro. Nell’elaborazione dello strumento si è preferito proclamare la libertà al lavoro, concentrandosi esclusivamente sulla sua dimensione negativa.

Le ragioni di tale scelta sono rinvenibili nella Comunicazione della Commissione sui diritti fondamentali dell’Unione Europea389 che ha chiarito come alcuni diritti - tra cui il diritto al lavoro nella sua accezione positiva - non sono stati inseriti poiché affermano “obiettivi politici” che non avrebbero potuto figurare all’interno della Carta.

E’ dibattuto se questa sia l’unica ragione che ha spinto la Commissione a operare questa scelta. Infatti, si è argomentato che un’affermazione della variante positiva del diritto al lavoro avrebbe inciso sul riparto di competenze in materia occupazionale tra Comunità e Stati Membri, laddove solo i secondi hanno pieni e diretti poteri390.

Tuttavia nonostante manchi un’affermazione espressa della dimensione positiva del diritto al lavoro, non manca in dottrina chi ha tentato di ricercarne l’essenza per mezzo del

388 D. ASHIAGBOR, The Right to Work, in G. De Burca, B. De Witte (eds.), Social Rights in Europe, Oxford

University Press, 2005, p. 241.

389 COMMISSIONE EUROPEA, COM (2000) 559 del 13.09.2000

390 G. ARRIGO , La nuova Carta europea dei diritti fondamentali, Lav. inf., n. 23-24, 2000, p. 5; F. CARINCI, A.

PIZZOFERRATO, Costituzione» europea e diritti sociali fondamentali, Lav. dir., 2000, p. 281; G. DEMURO, Art.

15. Libertà professionale e diritto di lavorare , in R. Bifulco, M. Cartabia, A. Celotto, L’Europa dei diritti.

Commento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Il Mulino, 2001, p. 125; A. ALAIMO,

Il diritto sociale al lavoro nei mercati integrati, i Servizi per l’Impiego tra regolazione nazionale e comunitaria,

combinato disposto di diverse norme contenute nella Carta di Nizza: l’art. 15 ( in materia di libertà al lavoro) e l’art. 30 (in materia di tutela contro i licenziamenti ingiustificati) già esaminati, e l’art. 29 che sancisce il diritto di ogni persona a servizi gratuiti di collocamento391.

Si tratta di un tentativo interpreativo importante che mira a costruire una dimensione positiva nella garanzia del diritto al lavoro anche nella grammatica dei diritti eurounitaria. Tuttavia è visibile la differenza tra i contenuti della Carta Sociale e quelli della Carta di Nizza. All’interno di quest’ultima non è rinvenibile alcuna “obbligazione di mezzi” nei confronti degli Stati nel raggiungere alti standard occupazionali, nonostante si possa interpretare la garanzia a servizi gratuiti di collocamento come impegno, anche solo programmatico, in tal senso.

Ciò che resta è dunque l’immagine di una Carta, quella di Nizza, che ha disegnato nel dettaglio la “libertà al lavoro”, evitando al contempo ogni impegno, anche soft, sul versante delle politiche occupazionali.

8. Conclusioni: profili di possibile collisione tra “diritto al lavoro” e modelli di gestione condizionale