Giancarlo Cappanera già Direttore de “il Brogliaccio”
Forse non ci crederete se vi dico che noi Redattori del “Brogliaccio”, dopo un vuoto di quasi 50 anni, ci siamo ricercati e ritrovati insie-me non appena e solo perché ho fatto circolare via Internet il noinsie-me fatidico del nostro mensile di Ancona. Un po’ sorprendentemente abbiamo realizzato, con lo stesso spirito di allora, che quel collante che ci aveva unito era ancora resistente e forte.
Ormai nonni, ma ancora pervasi dallo spirito critico e resiliente della nostra gioventù, ci siamo chiesti cosa potevamo fare per trasfe-rire le nostre esperienze ai ragazzi di oggi, per favotrasfe-rire un confronto generazionale utile ad infondere loro ancora più coraggio e più fidu-cia nel futuro.
Ci siamo detti: possiamo fare qualcosa per aiutarli a scrollarsi di dosso quell’apatia silente che ha pervaso molti di loro a causa della fiducia persa verso quella politica e verso quelle istituzioni che noi non siamo poi riusciti coerentemente a riformare in modo completo come sognavamo?
È nato così il nostro “Progetto scuola” per raccontare a voi giovani, senza presunzioni, quale era lo spirito con il quale abbiamo combat-tuto la nostra “battaglia generazionale” una lotta che abbiamo intra-preso durante quel periodo di impegno sociale straordinario iniziato e maturato nel corso degli anni ‘60, sfociato nel ‘68 e durato quasi un ventennio.
Quindi abbiamo pensato che non dovevamo avere paura di essere giudicati; i nostri figli e soprattutto i nostri nipoti devono sapere cosa chiedevamo magari un po’ ingenuamente allora, cosa abbiamo ottenuto con la nostra azione, perché potrebbe servire per dare loro l’opportunità di dedurre, con la conoscenza del passato, quali errori evitare per non incorrere loro stessi in quelli della nostra generazio-ne.Ancona, allora come forse anche oggi, era considerata una città provinciale ma credetemi non era , allora come oggi, sprovveduta.
Noi giovani, figli nati dopo la guerra ed in piena fase di scolariz-zazione di massa, capimmo che era giunto il momento di dare una spinta ad una società ancora prevalentemente contadina che ambiva a svilupparsi senza avere ancora però moderne basi sociali. Senza scimmiottare poi troppo i coetanei delle grandi città, piano piano è sorto in città un movimento studentesco eterogeneo che, anche se intriso delle ideologie che allora dividevano il mondo in due, si ritrovò incredibilmente unito e senza distinzioni nel richiedere un cambiamento fattivo della società con la pretesa di essere tenuto in considerazione ed ascoltato.
Tra le diverse componenti di questo movimento, è nato “il Bro-gliaccio” per merito di Don Piero Nenci un sacerdote allora conside-rato di sinistra solo perché interpretava quasi alla lettera il messaggio del Concilio Vaticano 2°.
La linea editoriale rifletteva dichiaratamente una moderna visio-ne cattolica della vita, perché era espressiovisio-ne del Movimento Stu-denti di Azione Cattolica.
Al mensile, laico e apolitico, collaboravano però numerosissimi studenti di diversa formazione ideologica (anche non cattolici) che si erano aggregati spontaneamente alla ricerca della “verità” attraverso il dialogo, una verità accettata da qualsiasi provenienza, di qualun-que colore, purché risultasse tale.
Con questo spirito, un coacervo di oltre 100 studenti ha
vitalizza-to per circa 10 anni un inedivitalizza-to mezzo di informazione e di proposta per quei tempi estremamente innovativo.
Gli articoli pubblicati, in minima parte oggi editi nel sito web www.ilbrogliaccio.it, toccarono principalmente temi relativi alle richieste di maggiori libertà personali e collettive che risultava-no indispensabili per affrontare democraticamente e modernamente uno straordinario periodo di trasformazione sociale provocato es-senzialmente dall’inizio del boom dell’economia italiana e dalla sua apertura al mondo.
Evidenzio che durante gli anni ‘60 abbiamo chiesto alla politica ed alle istituzioni diritti che oggi ci sembrano logici e scontati ma che allora mancavano.
Eccone una serie eterogenea non esaustiva:
1. Si aveva diritto al voto raggiungendo solo il 21° anno di età.
2. Gli studenti non avevano diritto ad una rappresentanza sco-lastica, non si potevano riunire in assemblea per discutere dei loro problemi.
3. L’emancipazione femminile quasi non esisteva, le donne era-no discriminate dalle leggi, nella famiglia, nella società e nel lavoro; quando abusate, esisteva l’obbligo del matrimonio ri-paratore; fece scalpore il caso di Franca Viola che ad Alcamo in Sicilia, nel 1965 si rifiutò per la prima volta pubblicamente di accettare questa imposizione.
4. Non c’era ancora lo “Statuto” per la tutela dei diritti dei lavo-ratori.
5. Parlare di sesso in ambiente pubblico era un tabù.
6. Nella nostra Provincia mancavano indirizzi universitari fonda-mentali per lo sviluppo economico e sociale come ingegneria e medicina (solo nel 1969 fu fondata per volontà del prof.
Alfredo Trifogli l’Università Politecnica delle Marche).
Ma non ci siamo limitati a trattare temi nostrani, abbiamo dibat-tuto e lottato anche per problematiche internazionali chiedendo tra
l’altro di:
1. Terminare la corsa agli armamenti e far dimenticare a tutti “la paura di una guerra nucleare”.
2. Combattere la fame nel mondo.
3. Cancellare le discriminazioni razziali.
4. Creare una vera Europa unita.
5. Condannare sia la Guerra in Vietnam intrapresa dagli Stati Uniti sia l’invasione della Cecoslovacchia da parte della Rus-Certo abbiamo tralasciato o non abbiamo trattato adeguatamente sia.
molti temi altrettanto importanti, allora in parte non ancora entrati nella sensibilità delle persone ed in quella dei giovani, per esempio:
1. La giustizia e la discriminazione sociale, oggi come allora, ir-realizzate.
2. Il diritto al lavoro per tutti.
3. Il diritto alla salute ed alle tutele sociali.
4. La conservazione della natura e del patrimonio culturale.
Comunque sapete qual è la cosa più importante che allora abbia-mo capito, anche se poi in parte abbiaabbia-mo tradito durante gli anni trascorsi, che ci ha visto troppo presi dalla corsa personale per “riu-scire” nella vita ? qual è la cosa che oggi rivalutiamo con un nuovo spirito e per la quale siamo qui a parlare con voi ?
È quella espressa semplicemente in una straordinaria canzone da Giorgio Gaber che cantava :
“libertà è partecipazione”; evidenzio l’accento sulla “è”.
Ma attenzione, andate per la vostra strada, lottate per i vostri ideali, fate la “vostra rivoluzione” e non prendeteci troppo sul serio perché
“ Siamo ancora cercatori di verità ma non suoi possessori”.