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La cosiddetta Bibbia di san Bonaventura: una storia esemplare

Quando il manoscritto, custodito come reliquia sotto l'altare maggiore della cattedrale di San Nicola di Bagnoregio, fu svelato nella prima metà del secolo scorso, fu presentato come manufatto francese. Le più recenti considerazioni stilistiche in merito alla veste decorativa del manoscritto e una più attenta analisi codicologica, tuttavia, hanno portato a modificarne sensibilmente la geografia di riferimento e a individuare una cesura tra la fase di scrittura e quella della decorazione. L'origine del codice è infatti da rintracciare non più nella Francia duecentesca, ma nell'Inghilterra dei Plantageneti. Quella che può apparire coma un'adesione agli stilemi dell'arte francese è la conseguenza in parte del successo incontrato a livello europeo

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dalla miniatura diffusa dall'Île de France, in parte di una possibile conoscenza diretta della cultura figurativa di quell'area da parte degli artisti che lavorarono alla Bibbia di Bagnoregio, compiendo forse un percorso analogo a quello di un altro miniatore inglese duecentesco, William di Devon formatosi nel Johan Grush atelier di Parigi426: così si possono spiegare le piccole teste canine e le terminazioni di alcune iniziali "ad aquilone" o a carattere fito-antropomorfo; lo sviluppo ad andamento verticale delle aste nastriformi nelle lettere; ma anche la gamma coloristica prescelta risolta nei toni del rosa tenue e del blu, ai quali sono accostati il verde oliva, il rosso, l'arancio acceso [Fig. 18].

L'apparato decorativo della bibbia, si inserisce, in realtà, in un preciso contesto figurativo che traeva linfa dalle esperienze maturate in un vasto orizzonte che spaziava dalle botteghe oxoniensi agli ateliers gravitanti attorno alla corte londinese e di cui fanno parte manoscritti prodotti tra gli anni Ottanta e i Novanta del Duecento a Londra e nelle aree limitrofe, come il Windmill Psalter (New York, Pierpont Morgan Library, ms. 102)427 e il Salterio-Libro d'Ore della collezione privata Mostyn, oltre a un'altra bibbia inglese oggi a Parigi (Paris, BNF, ms. Lat. 15472), la cosiddetta Bibbia Richelieu [Fig. 19]. Questo gruppo di codici si caratterizza per soluzioni compositive che si ripetono quasi invariate, al punto da lasciar supporre l'uso di modelli: la scena del Giudizio di Salomone a f. 2r del Windmill Psalter trova ad esempio un corrispettivo a p. 353 della Bibbia di san Bonaventura nell'iniziale posta all'incipit del Liber Sapientiae [Fig. 20]. In entrambi i codici viene raffigurato un sovrano che indossa una veste di colore blu, assiso su un trono privo di schienale e i cui braccioli sono

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R. Branner, The Johannes Grusch Atelier and the Continental Origins of the William of Devon Painter, «The Art Bulletin», 54 (1972), pp. 24-30.

427 Immagini del manoscritto visibili all‟indirizzo http://corsair.themorgan.org/cgi-

bin/Pwebrecon.cgi?DB=Local&Search_Arg=%22ms+m.102%22+ica&Search_Code=GKE Y^&CNT=50&HIST=1 (ultimo accesso maggio 2014).

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costituiti da teste canine, e voltato verso destra, l'uno, nel Salterio, a ricevere la spada, l'altro, nella Bibbia, in attesa del bambino portato dal soldato. Anche il modo di rappresentare le figure parla di una comune fonte stilistica: in particolare la posa un po' manieristica dei corpi, congelati in atteggiamenti molto studiati, come la mano destra del Salomone della Bibbia di Bagnoregio tesa verso la spada e irrigidita in modo da rendere ben visibili le lunghe dita. Come per i miniatori della Bible Richelieu (ff. 8r, 150v, 225r, 314r) e del Windmill Psalter (ff. 2r, 24v), la foglia di vite è per gli artefici al lavoro sulla Bibbia di Bagnoregio un elemento molto caro, declinato in varie forme, tanto nella decorazione a pennello (pp. 295, 333)428, quanto nelle iniziali filigranate più complesse (pp. 5, 586) [Fig. 21]. Anche la mise-en-page dei codici appare improntata a un medesimo criterio organizzativo: nel codice balneoregense, al pari della bibbia appartenuta al cardinale Richelieu, ad esempio, l'inizio della prima e della seconda metà del manoscritto, in corrispondenza rispettivamente del libro della Genesi e di quello dei Proverbi, è segnalato da drôleries a tema animale che si svolgono nel bas-de-page; la distribuzione delle iniziali rispetta una rigida gerarchia che prevede iniziali istoriate a introdurre i libri biblici, lettere di piccolo formato in foglia d'oro su campo di colore rosa o blu con sottili decorazioni a biacca vegetali per i prologhi e gli argumenta, e iniziali filigranate piuttosto semplici all'incipit dei capitoli e delle partizioni minori. Le ulteriori tangenze riscontrabili fra i vari manoscritti fin qui descritti, come il ripetersi di certi dettagli decorativi429, l'uso di una medesima tavolozza cromatica nella quale spicca l'arancione e di una particolare

428 Il codice, privo di numerazione antica, si presenta paginato. 429

Si veda ad esempio il volto umano che appare tra le venature della foglie di vite alla base dell'iniziale a f. 8r della Bibbia Richelieu, pressoché sovrapponibile a quello posto nella medesima posizione a f. 1 della Bibbia di Bagnoregio; oppure, nell'iniziale del Vangelo di Luca (f. 357r), in entrambi i codici (f. 357r della Bible Richelieu e p. 586 della Bibbia di Bagnoregio) viene raffigurato un piccolo toro di colore arancio che regge un cartiglio.

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tecnica nella decorazione a filigrana, che prevede la combinazione di inchiostri, tempera e acquerelli430, non fanno che corroborare l'ipotesi di un unico atelier431.

Al di là dell'omogeneità di linguaggio che caratterizza la veste decorativa della Bibbia di Bagnoregio, alcuni dettagli non secondari sembrano indicare, che le iniziali istoriate e le drôleries non sono opera di un unico miniatore: è possibile che a una mano più abile e sicura, impegnata nelle iniziali istoriate più importanti e di dimensioni maggiori -come a p. 5 l'iniziale I di In

principio all'incipit del Liber Genesis o a p. 206 l'iniziale A di Adam, Seth, Enos all'incipit del Liber Parallipomeni primus432- sia stato affiancato un collaboratore. Entrambi i miniatori sono caratterizzati da un notevole gusto narrativo e da grande attenzione al dettaglio. I due artisti non si discostano molto fra loro neppure per la realizzazione delle figure alte e snelle, dalle movenze eleganti, dotate di spalle strette rese da una semplice linea curva, volti lunghi e teste ovoidali coperte da capigliature folte e ondulate con una scriminatura centrale, del tipo impiegato nel Windmill Psalter. Il retroterra stilistico dell'artefice della decorazione a penna risulta fortemente impregnato della contemporanea cultura dell'Île de France al pari del miniatore principale, con il quale condivide una notevole qualità grafica e raffinatezza.

È un terreno piuttosto scivoloso quello che circonda l'ipotesi dell'arrivo di

430 Si confrontino ad esempio l‟iniziale posta a p. 135 della Bibbia di Bagnoregio, all‟incipit del prologus in Librum Regum, dove una testa d‟uomo su un corpo di animale prende forma tra le foglie acquerellate e l‟iniziale a p. 241, in corrispondenza dell'incipit in Librum Ezrae, dove compare una testa coronata di profilo, anch'essa realizzata a acquerello, con il tappeto di foglie di vite che fa da sfondo alla scena del Giudizio di Salomone a f. 2r del Windmill Psalter.

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Ai manoscritti già citati si aggiunge il Salterio ms. Lat. 15211 della Biblioteca Nazionale di Parigi, miniato dallo stesso maestro della Bibbia Richelieu.

432 Altri esempi di lettere realizzate dalla mano principale sono le iniziali del Liber Hymnorum, in primis il Beatus Vir a p. 295, l'iniziale D di Diligite iustitiam all'incipit del Liber Sapientiae a p. 353 e l'iniziale L di Liber generationis all'incipit di Mattheus evangelista a p. 558.

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una équipe completa di miniatori inglesi in Italia. Sono tante infatti le implicazioni che una simile affermazione porta con sé e che la conoscenza delle vicende della Bibbia di san Bonaventura, ma anche più in generale quelle relative al metodo di lavoro seguito dai miniatori e alla suddivisione dei vari compiti all'interno della bottega, lasciano avvolte nell'incertezza. L'origine di questi artefici, come si è visto, può essere individuata grazie ai numerosi confronti con la produzione miniata inglese a cavallo del terzo e dell'ultimo quarto del Duecento e la loro presenza al di qua delle Alpi può suonare meno straordinaria alla luce dei nomi dei loro connazionali

scriptores e pictores presenti in altri centri artistici italiani. Quanti erano

però i miniatori effettivamente coinvolti nella decorazione della Bibbia di Bagnoregio? Possiamo immaginare che nella trasferta italiana fossero impegnati almeno due miniatori che si occuparono delle iniziali istoriate e delle drôleries, accompagnati da un terzo artista che si dedicò esclusivamente alla ricca decorazione a filigrana? O forse, in questa particolare situazione la manodopera era forzatamente ridotta e la figura del miniatore di penna finì per coincidere con quella del maestro più esperto impegnato con le iniziali istoriate di maggiore importanza?

È necessario a questo punto provare a ipotizzare in quali circostanze sia stata portata a termine la tardiva decorazione del codice balneoregense. Purtroppo, la scarsità di elementi noti ci lascia ancora oggi in gran parte all'oscuro della storia di questo manoscritto. Le cronache e i documenti dell'Archivio di Bagnoregio infatti sono piuttosto avari di notizie e le poche fonti reperibili sono discordi tanto riguardo l'arrivo della Bibbia a Bagnoregio, quanto riguardo i vari spostamenti che il codice sembrerebbe aver subito, per motivi vari e spesso non specificati, nei secoli XVI e XVII433. Uno spiraglio sulle vicende occorse al codice e sulle circostanze

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Un ringraziamento va a François Avril che ha riconosciuto nell‟ex- libris cinquecentesco posto sul contropiatto posteriore della Bibbia di Bagnoregio, la firma di Henricus de

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del suo arrivo a Bagnoregio si apre grazie a un'iscrizione sul contropiatto posteriore del codice, oggi leggibile solo grazie alla lampada di Wood e che accerta la presenza della Bibbia a Bagnoregio alla fine del secolo XIII, probabilmente in ambito francescano, dove tra l'altro, stando alla lista delle pericopi dalle Epistole e dal Vangelo per il temporale e il santorale, che si trovano tra l'Antico e il Nuovo Testamento, vide la luce il progetto editoriale del manoscritto.

Il formato della Bibbia di San Bonaventura, non propriamente tascabile, esclude l'ipotesi che possa essere stato trasportato in Inghilterra per ricevere la sua attuale veste decorativa. Non sembra inoltre possibile che sia trascorso un lasso di tempo molto lungo tra il completamento della decorazione e l'arrivo del codice a Bagnoregio, testimoniato dalla nota sul contropiatto posteriore della bibbia: stando alle poche righe oggi leggibili solo grazie alla lampada di Wood, la bibbia a fine Duecento si trovava a Bagnoregio a uso di un Frater Bartolomeus, che fu membro del locale convento francescano. È possibile perciò partire dal presupposto che tanto la trascrizione del testo della Vulgata, ultimata entro il 1255, data l'assenza tra le pericopi di santa Chiara, canonizzata in quell'anno, quanto la tardiva decorazione del codice siano state portate a compimento in Italia. Nelle vicinanze di Bagnoregio, a Orvieto, se per i secoli XI e il XII il numero di manoscritti, miniati e non, comprova l'ipotesi di una o più officine scrittorie, ma sembra da escludere la presenza di un importante produzione libraria locale per il secolo successivo434. E anche per quanto riguarda Viterbo, non sono a oggi note fonti che testimonino per il Duecento l'attività di un centro

Busseyo, scriptor cancellarie attestato tra il 1514 e il 1532. La lettura di Avril consente quindi di aggiungere un tassello importante alla storia del codice, confermandone una collocazione romana precedentemente alle prime attestazioni del codice da parte di Pietro Ridolfi nel 1586, v. Repertorio Dei Notari Romani dal 1348 al 1927, dall‟Elenco di Achille Francois, a cura di Romina De Vizio, Roma, 2011, p. 127.

434 M. R. Caponeri, Dal documento al libro. Percorsi di archivio, in La civiltà del libro in Orvieto: materiali per lo studio della decorazione dei codici nei secoli XI-XV, Perugia 1991, pp. 19-41:20, 23.

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scrittorio, fosse questo legato a una fondazione conventuale o, piuttosto, una struttura gestita da professionisti laici. La città, trasformata in centro artistico e culturale internazionale di primo livello dalla presenza, per quanto intermittente, della corte papale, potrebbe aver offerto il giusto scenario per la decorazione della Bibbia di Bagnoregio. Per cause legate in prima istanza‒ma non unicamente‒alla contingente situazione politica, a partire dalla prima metà del secolo XIII fino a tutto il pontificato di Niccolò III (1277-1280), la corte, si insediò ventitré volte a Viterbo soggiornandovi in totale più di nove anni. Lo spostamento della corte coinvolgeva un gran numero di cardinali che raramente potevano allontanarsi dal luogo di residenza della curia, a causa del divieto imposto da Innocenzo III (1216) di assumere la direzione di una diocesi non suburbicaria. Lo status di Viterbo «città papale» giustificava certo la circolazione in città di illustri curiali non- italiani che attiravano artisti d'oltralpe e comunque l'immissione di culture straniere nel panorama artistico cittadino. Forse la commessa per la decorazione della Bibbia di san Bonaventura arrivò da uno dei cardinali della curia che in quegli anni accoglieva anche alcuni porporati di origine inglese, o forse da un membro delle numerose ed estese familiae cardinalizie, nelle quali non mancavano nomi di intellettuali e personaggi di spicco della cultura europea. Che cosa abbia provocato l'interruzione e la tardiva ripresa di questo progetto è l'altro nodo cruciale da sciogliere: si può forse pensare che l'apparato decorativo così lussuoso sia da mettere in relazione con la convinzione, diffusa in ambiente francescano almeno dal Cinquecento, che voleva la Vulgata della Bibbia di Bagnoregio trascritta dallo stesso Bonaventura: dopo il lungo silenzio sulle sorti del manoscritto, infatti, Pietro Ridolfi435, seguito pochi anni dopo da Alfonso Ciaconio436,

435 «[…] extat atiam Bibliam conscripta manu D. Bonaventurae in conventu Bagnoregii apud Fratres»; cfr. Petrus Rodulphus, Historiarum Seraphicae Religionis Libri Tres, I, Venetiae 1586, f. 94r

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afferma che nel 1586 il manoscritto si trovava nel convento di San Francesco a Bagnoregio, già venerato come codice scritto dal Santo.

Al di là di fantasiose ipotesi che vorrebbero risolvere la "dicotomia" Inghilterra Italia della Bibbia di san Bonaventura, quanto della decorazione del transetto nord di Assisi, con la proposta di un copista italiano437, l'ipotesi dell'arrivo in Italia di una squadra di artisti inglesi, forse al seguito di qualche facoltoso committente appartenente alla cura cardinalizia o degli altri inglesi attestati tra Roma e Viterbo nella seconda metà del Duecento438, è del tutto coerente con il ruolo di polo d'attrazione culturale, nell'introduzione delle forme del gotico al di qua delle Alpi, incarnato dalle due città. Non sarà un caso inoltre, che il codice che più si avvicina stilisticamente alla Bibbia di Bagnoregio, la cosiddetta Bible Richelieu, si trovava anch'esso in Italia, testimoniato almeno a partire dal secolo XV nel monastero dei Santi Naborre e Felice di Bologna439

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