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Introdurre un argomento come la storia del libro a Roma porta pressoché immediatamente a avvertire che per il Duecento e per il Trecento si è ben lontani dal disporre di tutti i dati necessari a scriverne i capitoli. Non si possiedono, ad esempio, registri notarili romani anteriori alla metà del secolo XIV, mentre sono andati dispersi gran parte degli archivi familiari e tutte le scritture di tipo contabile e societario187. Parallelamente, il percorso nella definizione dell‟identità grafica e figurativa del libro romano due e trecentesco è stato fin ora fortemente condizionato dalla difficoltà di individuare tendenze e orientamenti stilistici sicuri e riconoscibili, nonché dalla tesi di una presunta crisi culturale seguita, nel Trecento, all‟allontanamento della curia papale dalla città.

Purtroppo, il profilo del pubblico del libro a Roma rimane ancora oggi per lo più scarsamente delineato: la maggior parte della documentazione e delle fonti di vario tipo delle quali si dispone esaltano il ruolo della committenza pontificia, degli Ordini religiosi, dei cardinali di curia e dei loro familiares. Se per il Trecento, i cartulari notarili gradualmente si rivelano una fonte importante nella ricomposizione dei caratteri della cultura libraria romana188, per il Duecento la documentazione di

186 Si rimanda al Capitolo IV.

187 Per questo motivo, ad esempio, gli studi prosopografici sulla comunità inglese a Roma nel medioevo si concentrano sull‟ultimo quarto del secolo XIV e sul secolo successivo, vd. M. Harvey, The Notaries' Archives of Rome as a Source for English History, in Omnia Disce: Medieval Studies in Memory of Leonard Boyle O.P., cur. A. J. Duggan- J. Greatrex-B. Bolton, Aldershot 2005, pp. 71-78; EAD., The English in Rome, 1362 1420: Portrait of an Expatriate Community, Cambridge 1999.

188

E. Caldelli, Relazione presentata nell‟ambito del convegno Roma e il suo territorio nel medioevo. Le fonti scritte fra tradizione e innovazione (Roma, 25-29 settembre 2012).

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riferimento, non solo a Roma ma in tutto il Lazio, è costituita da inventari relativi al mondo ecclesiastico, testamenti di cardinali189 e scarne testimonianze di biblioteche di chiese e priorati. Alla metà del secolo, fu compilato l‟inventario dei 114 libri della chiesa di Sant'Andrea della Valle190, seguito poco dopo, nel 1276, dal testamento del cardinale Vicedomino Vicedomini che lascia i suoi 15 libri al nipote canonico di Sens, Filippo Vicedomini, al convento francescano e a quello domenicano di Piacenza191. Alcuni anni dopo, nel 1287, venne redatto il testamento del cardinale Conte Casati i cui libri saranno scortati dal priore del convento domenicano di Santa Sabina di Roma e dal frate guardiano del convento francescano di Santa Maria in Aracoeli al convento dei domenicani di Sant'Eustorgio e a quello dei francescani di San Francesco Grande di Milano192. Uno sguardo ai centri limitrofi, a Viterbo ad esempio, non solo geograficamente vicina a Roma, ma ad essa legata dalla presenza della corte pontificia, svela che gli attori della scena locale sono gli stessi che monopolizzavano la scena romana, ossia i cardinali, come Stefano Ungaro193, Enrico di Susa194 e Simone Paltanieri195, accanto ai quali si

189 A. Paravicini Bagliani, Le biblioteche curiali duecentesche, in Libri, lettori e biblioteche dell'Italia medievale: Fonti, utilizzazione del testo, cur. G. Lomabrdi- D. Nebbiai della Guardia, Roma-Paris 2000, pp. 263-275.

190 A. Goldmann, in «Zentralblatt für Bibliothekswesen», 4 (1887), pp. 140-141; T. Gottlieb, Über mittelalterliche Bibliotheken, Graz 1955, nr. 646, ; Nebbiai Dalla Guarda, Bibliothèques en Italie cit., p. 58.

191

Paravicini Bagliani, I testamenti cit., pp. 164-174; Nebbiai Dalla Guarda, Bibliothèques en Italie cit., p. 61.

192 Paravicini Bagliani, I testamenti cit., pp. 216-223; Dalla Guarda, Bibliothèques en Italie, pp. 54-55.

193

Il cardinale detta il suo testamento, nel quale sono inclusi diversi libri, nel 1270, vd. Paravicini Bagliani, I testamenti cit., pp. 131-132; Nebbiai Dalla Guarda, Bibliothèques en Italie op. cit., p. 61.

194 Il cardinale detta il suo testamento, nel quale sono inclusi diversi libri, nel 1271, vd. Paravicini Bagliani, I testamenti cit., pp. 133-136; Nebbiai Dalla Guarda, Bibliothèques en Italie cit., p. 56.

195 Il cardinale fece redigere il suo testamento tre volte, senza cambiare mai le disposizioni ivi contenute: il documento più antico fu dettato a Padova nel 1275, gli altri due, cui si fa menzione nel nostro testo, entrambi a Viterbo; cfr. Paravicini Bagliani, I testamenti cit., pp. 175-194; Nebbiai Dalla Guarda, Bibliothèques en Italie cit., 107-108.

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leva la figura del vescovo eletto di Toledo, Gonsalvo Gudiel, che nel dicembre del 1280 aveva portato con sé a Viterbo e che dovevano comporre una raccolta piuttosto imponente se è vero che oltre varie opere di autori arabi, il cardinale possedeva gli originali delle traduzioni di Michele Scoto tratte dai manoscritti orientali196. Anche per il primo Quattrocento, gli inventari fin ora pubblicati, restituiscono l‟immagine di una Roma in cui committenze e acquisti sono strettamente limitati agli esponenti ecclesiastici della società e anche quando la diffusione e il commercio librario crebbero e accelerarono grazie all‟invenzione della stampa, il peso delle biblioteche dei laici rimase, esclusi alcuni casi eccellenti197, sostanzialmente impalpabile198.

I meccanismi di formazione delle biblioteche curiali messe in luce dai testamenti assicurano, tuttavia, che i cardinali svolgevano un ottimo lavoro nel vivacizzare il mercato romano, anche in assenza della controparte

196 M. A. Alonso, Bibliotecas medievals de los arzobisops de Toledo, in «Razon y fe» 123 (1941), pp. 295-309: 305-306; J. M. Millas y Vallicrosa, Las traducciones orientales de los manuscritos de la Biblioteca Catedral de Toledo, Madrid 1942, pp. 18-19; A . Paravicini Bagliani, Le biblioteche curiali cit., pp. 269-270. L. Salvatelli, I codici e la cultura scientifica alla corte dei Papi tra XIII e primi decenni del XIV secolo, con particolare attenzione ai manoscritti miniati della biblioteca papale di Avignone, tesi di dottorato in Memoria e materia dell'opera d'arte nei processi di produzione storicizzazione, conservazione e musealizzazione, XXV ciclo, tutor: Prof.ssa S. Maddalo, Viterbo 2013, pp. 41-64; ID.,Suggestioni da una libraria cardinalizia di fine Duecento. I codici miniati scientifico filosofici di Gonsalvo Gudiel, in Memoria e materia: proposte e riflessioni, a cura di E. Anzellotti, C. Rapone, L. Salvatelli, atti della III e IV giornata di studi a cura del Dottorato in “Memoria e materia dell‟opera d‟arte” (Viterbo, 11 aprile 2013; 16 Aprile 2014), Gangemi Roma 2014, c.d.s..

197 Come quella del medico Paolo de‟ Celestini o dell‟avvocato Concistoriale Battista Brendi per le quali vedi rispettivamente v. G. Severino Polica, Libri e cultura scientifica a Roma alla metà del Quattrocento, in Aspetti della vita economica e culturale a Roma nel Quattrocento, Roma 1981 (Fonti e studi del Corpus membranarum italicarum, Ia Serie, 17), pp. 151-194, e M. Miglio, Brandi Battista, in Dizionario Biografico degli Italiani, XIV, Roma 1972, pp. 141-142.

198

C. Bianca, I libri a stampa nelle biblioteche romane, in Gutenberg e Roma. Le origini della stampa nella città dei papi (1467-1477). Catalogo della mostra (Roma, Museo Barracco, 13 marzo-31 maggio 1997, cur. M. Miglio - O. Rossini, Napoli 1997, pp. 113- 120; A. Modigliani, Cittadini romani e libri a stampa, in Roma di fronte all‟Europa al tempo di Alessandro VI. Atti del convegno (Città del Vaticano-Roma, 1-4 dicembre 1999), cur. M. Chiabò- S. Maddalo- M. Miglio- A. M. Oliva, Roma 2001, II, pp. 469-494.

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laica: le biblioteche custodite nelle loro domus erano il fulcro di una animata rete di scambi e prestiti che rendevano Roma uno snodo fondamentale nella circolazione libraria europea. Al vertice di questo sistema doveva trovarsi la biblioteca pontificia: in essa affluivano doni e omaggi ricevuti dal papa da parte di quanti venivano in visita alla corte, come pure tutti i volumi appartenuti ai cardinali deceduti prima di poter dettare testamento, ma nel primo Trecento subì tali dispersioni che i pontefici furono costretti sostanzialmente a rifondarla. Dei 567 libri che appartenevano a Bonifacio VIII (1294-1303), gli unici per i quali si dispone di un inventario nel Duecento199, pochissimi, divisi tra Firenze, Parigi e Città del Vaticano, si salvarono dal fallito tentativo di ricongiungimento con il tesoro papale custodito a Avignone200. La storia della collezione libraria papale dopo la morte di Bonifacio VIII è un racconto di continui spostamenti di ciò che ormai veniva definito

thesaurus antiquus da Anagni, a Perugia, a Assisi, a Lucca, nuovamente a

Assisi e infine a Roma201, e della formazione oltralpe, a Avignone, di un

thesaurus novus, francese. Le prime informazioni certe sulla presenza

negli ambienti della corte papale di manoscritti inglesi, dopo il ritorno del papa a Roma, sono legate a Eugenio IV (1431-1447), nella cui biblioteca,

199 Per tutti i pontificati dal 1277 al 1292, quindi da Niccolò III (1277-1280) a Niccolò IV (1288-1292), la camera apostolica fece redigere inventari dei libri posseduti dai papi, ma tali inventari non sono pervenuti, v. M. Jullien de Pommerel, La Bibliothèques de Boniface VIII, in Libri, lettori e biblioteche cit., pp. 487-506; A. Paravicini Bagliani, La biblioteca papale nel Duecento e nel Trecento, in Storia della Biblioteca Apostolica Vaticana. Le origini della Biblioteca Vaticana tra Umanesimo e Rinascimento (1447- 1534), I, Città del Vaticano 2010, pp. 73-108: 80.

200 Jullien de Pommerol, La bibliothèque cit., pp. 487-505 : 488-489.

201 Alla morte di Bonifacio VIII il tesoro papale si trovava a Anagni e fu spostato a Perugia per volontà del successore Benedetto XI (1303-1304). Il secondo inventario di cui si dispone fu fatto redigere nel 1311 da Clemente V (1305-1314), in previsione di un trasferimento dei beni di maggior valore da Perugia a Avignone; l‟inventario del 1327 e del 1339 furono entrambi compilati a Assisi, rispettivamente su iniziativa di Giovanni XXII (1316-1334) e di Benedetto XII (1334-1342). Da Assisi, sembrerebbero essere giunti a Roma alcuni codici trasportati con animali da soma e distribuiti da Urbano V (1362-1370) tra le chiese e i monasteri della città; Ibid., pp. 488-493.

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nota attraverso l‟inventario del 1443, compare un esemplare del De

considerazione e il De diligendo Deo di Bernardo di Chiaravalle (Città del

Vaticano, BAV, ms. Vat.lat. 659) di origine inglese, databile alla fine del secolo XII, probabilmente proveniente dalla raccolta personale del pontifice dal momento che non se ne trova menzione nel catalogo del predecessore Gregorio XII (1406-1415). Non è chiaro in che epoca il codice fece il suo ingresso in Italia, poiché ancora nel 1268 si trovava in possesso dei frati del convento vallis Dei202 che a f. 1r redissero la lista di

manoscritti presi in prestito tra il 1260 e il 1268. Nella biblioteca di quasi milleduecento volumi raccolta dal papa bibliofilo Niccolò V (1447-1455), al secolo Tommaso Parentucelli, in soli sette anni di pontificato, erano confluiti, i manoscritti di fattura inglese che erano appartenuti a Coluccio Salutati, ma per altre vie d‟acquisizione, il Parentucelli, celebrato ricercatore di esemplari antichi e moderni203, era entrato in possesso di altri due codici d‟Oltremanica che non figurano nell‟inventario del suo predecessore e che quindi probabilmente facevano parte della sua biblioteca personale: si tratta di una copia del De fide ad patrum di Fulgentius Ruspensis (Città del Vaticano, BAV, ms. Vat. lat. 448), decorato con iniziali calligrafiche a inchiostro rosso con delicate efflorescenze vegetali stilizzate, secondo i modi diffusi negli scriptoria inglesi di inizio secolo XII, e di un commento di Eustrazio all‟Etica aristotelica (Città del Vaticano, BAV, ms. Vat.lat. 2171) decorato da più semplici iniziali a filigrana.

Probabilmente codici offerti in dono e codici acquisiti grazie al diritto di spoglio avevano contribuito a costituire già nel secolo XIII un importante

202

Manfredi, I codici cit., p. 477, nr. 764.

203 M. Miglio, Storiografia pontificia del Quattrocento, Bologna 1975, p. 234; S. Maddalo, “Sacrorum Cura” e libro miniato a Roma nel primo Rinascimento, in Liturgia in figura. Codici liturgici rinascimentali della Biblioteca Apostolica Vaticana. Catalogo della mostra (Biblioteca Apostolica Vaticana, 29 marzo-10 novembre 1995), Città del Vaticano-Roma 1995, pp. 67-73.

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raccolta di materiale internazionale che non giaceva inutilizzato in qualche

armarium, ma che era a disponibile alla consultazione di un pubblico

selezionato204. D‟altra parte, a Roma, è la corte pontificia a rappresentare in città il principale fattore di attrazione di ultramontani: che si trattasse di cardinali con il loro seguito, di funzionari in servizio presso la curia come John di Salisbury205, di ecclesiastici o di agenti reali impegnati in missioni ufficiali, le strade di Roma venivano percorse ogni giorno da un gran numero di britannici, oltre che di francesi. Tutto porta a credere che dai tessuti, dalle oreficerie, dagli avori e dagli oggetti preziosi appartenuti a quei personaggi l‟ambiente artistico romano abbia tratto lo stimolo all‟apertura nei confronti del mondo gotico206

. L'avvento nella seconda metà del secolo di ben tre papi francesi, aveva infatti mutato considerevolmente l'aspetto della compagine cardinalizia, al punto che tra il 1261 e il 1264, circa il 40% del collegio cardinalizio parlava francese:

204

Paravicini Bagliani, Le biblioteche cit., pp. 273-274.

205 Parks, The English Traveller cit., pp. 114-115; A. Spiezia, Il pellegrinaggio inglese in Italia nel medioevo: Roma ed il Santuario di San Michele Archangel al Gargano (secc. VII-XIV), Tesi di dottorato a.a 2004/2005, p. 107.

206

Julian Gardner si è occupato sin dai tempi della tesi di dottorato rimasta inedita, del ruolo svolto dalla curia nello sviluppo del linguaggio gotico italiano: v. J. Gardner, The Influence of Popes' and Cardinals' Patronage on the Introduction of the Gothic Style into Rome and the Surrounding Area, 1254 - 1305, Pjil. Diss. Courtauld Institute, London 1969; Idem, Pope Nicholas IV and the Decoration of Santa Maria Maggiore, in «Zeitschrift für Kunstgeschichte», 36 (1973), pp. 1-50; Idem, Arnolfo di Cambio and Roman Tomb Design, «The Burlington magazine», 115 (1973), 420-439; Idem, Some cardinals' Seals of the Thirteenth Century, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 38 (1975), pp. 72-96; Idem, Patterns of Papal Patronage circa 1260 - circa 1300, in The Religious Roles of the Papacy, cur. C. Ryan, Toronto 1989, pp. 439-456; Idem, The Tomb and the Tiara: Curial Tomb Sculpture in Rome and Avignon in the Later Middle Ages, Oxford 1992; Idem, Il patrocinio curiale e l'introduzione del gotico. 1260- 1305, in Il gotico europeo op. cit., pp. 85-88; Idem, Legates, Cardinals and Kings. England and Italy in the Thirteenth Century, in L'Europa e l'arte italiana, Venezia 2000, pp. 74-93; Idem, Goldsmithswork, Manuscript Illumination and Ivories in the Rome of Bonifacio VIII, in Le culture di Bonifacio VIII, Atti del convegno organizzato nell'ambito delle celebrazioni per il VII Centenario della morte (Bologna, 13 - 15 dicembre 2004), Roma 2006, pp.163-179; Idem, French Patrons Abroad and at Home 1260-1300, in Rome across Time and Space, Cambridge 2011, pp. 265-277; Idem, The Architecture of Cardinals' Seals c. 1244 - 1304, in Pourquoi les sceaux? La sigillographie, nouvel enjeu de l'histoire de l'art, Actes du colloque (Lille, 23 - 25 ottobre 2008), Villeneuve d'Ascq 2011, pp. 437-450.

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sotto Clemente IV (1265- 1268) e Martino IV (1281-1285), furono nominati cinque cardinali francesi, durante il pontificato di Urbano IV (1261-1264) furono chiamati in curia il consigliere reale Guis Foucois, futuro papa Clemente IV, Simon de Brie, che diverrà papà Martino IV, Guglielmo de Bray; e non è senza significato per le riflessioni che si qui si propongono che, dall‟inizio del Duecento, avessero conquistato l'abito cardinalizio anche gli inglesi Stephen Langton (1206-1228), Robert di Courçon (1212-1219), Robert Somercote (1238-1241) John di Toledo (1244-1275), Robert Kilwardby (1278-1279), Hugh of Evesham (1281- 1287)207. Per meglio comprendere l‟apporto di questi personaggi alla vita culturale della curia andrebbero tenuti nel debito conto i viaggi e le numerose legazioni diplomatiche che li portavano in giro per le più importanti regioni d‟Europa, così come le prebende che li legavano alle fondazioni in tutto l‟Occidente. Esemplificativo il caso del cardinale Guala Bicchieri che nel corso delle missioni in Francia a in Inghilterra raccolse un tesoro poi interamente donato alle fondazioni vercellesi208. Due membri della famiglia Fieschi furono particolarmente attivi sul fronte internazionale e potrebbero aver giocato un ruolo nella prorompente diffusione della miniatura gotica a Genova tra la seconda metà del Duecento e il primo Trecento. Ottobono e il nipote Luca Fieschi, svolsero diverse ambascerie sia in Francia, sia Inghilterra. Il legame con queste terre non sembra essersi interrotto con la fine delle missioni. Ottobuono dispone che presso la chiesa di San Salvatore di Lavagna sia pronunciata

207 I predecessori dei cardinali inglesi duecenteschi furono Robert Pullen, professore di teologia a Exeter, Oxford e Parigi, creato cardinale da papa Lucio II (1144-1145) nel 1144; Nicholas Breakspear nominato da Eugenio III (1145-1153) e eletto nel 1154 papa con il nome di Adriano IV (1154-1159); Boso di St. Albans creato cardinale nel 1157 proprio da Adriano IV, suo zio, v. Schaeffer, Englishmen in Italy cit. pp. 353-354; 356- 360; 364-368; Parks, The English Traveller to Italy cit., p. 112.

208

In viaggio con il cardinale: Guala Bicchieri in Inghilterra; S. Castronovo, Il tesoro di Guala Bicchieri cardinale di Vercelli, in Gotico in Piemonte, cur. G. Romano, pp.165-239

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una messa in ricordo di Enrico III d'Inghilterra (item 10)209 morto nel 1272 e che egli aveva conosciuto in occasione della sua legazione tra il 1265 e il 1268; in onore di Thomas Beckett fa costruire un ospedale per i pellegrini inglesi nella zona detta de Sala (item 69). Nell'agosto 1276, Percivalle Fieschi, fratello di Ottobono, suddiacono e cappellano papale, nonché vicario imperiale in Toscana, intraprese una trattativa con Edoardo I d'Inghilterra in merito ad alcune pietre preziose ritrovate tra i beni del cardinale e che Enrico di Newark, procuratore del sovrano inglese presso la corte pontificia e arcivescovo di York dal 1296 sosteneva fossero proprietà della corona inglese210. Fieschi le avrebbe portate con sé nel 1268, di ritorno dalla sua legazione inglese. Allo stesso modo, tra i libri che egli destina a Sant'Adriano di Trigoso (item 57), potevano trovarsi manoscritti acquistati sul mercato librario inglese.

Non va dimenticato, poi, che la figura del cardinale era circondata da un numeroso e composito seguito di persone, con varie mansioni, che andavano a costituire la familia, parte integrante del collegio cardinalizio, quindi della vita della corte papale e di quei centri che la ospitarono. Un segno tangibile di queste presenze a Roma è una copia dell‟Arithmetica di Boezio (Paris, BNF, ms. Lat. 14065), dalla decorazione non particolarmente significativa, costituita esclusivamente da letterine filigranate a inchiostro di colore rosso e blu, ma che, insieme al ms. Lat. 16652 e ms. Lat. 7344° della stessa biblioteca, sembrerebbe essere stato copiato a Roma per il Richard di Furnival, da uno scriba e decoratore inglese al tempo in cui il colto francese faceva parte della familia del cardinale inglese Robert di Somercote, tra il 1239 e il 1241.

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A fronte di questa forte componente internazionale di stampo curiale, venne quasi completamente a mancare a Roma, o comunque assunse proporzioni ben più modeste rispetto ad altri centri analizzati, quella componente internazionale che altrove fu determinata dalla peregrinatio accademica. Nel Duecento e nel Trecento, l‟instabile rete di insegnamenti doveva rendere infatti una città come Roma di gran lunga meno attrattiva per uno studente straniero rispetto a Bologna o Padova, nonostante gli Ordini avessero organizzato proprie strutture annesse ai conventi, anche prima della fondazione dello Studium Urbis nel 1303: così, i domenicani presso Santa Sabina, dove era attivo probabilmente già nel 1265 uno

studium provinciale. Nel 1310 i Francescani avrebbero fondato presso il

convento di Santa Maria in Aracoeli, dove si erano insediati nel 1250, uno

studium generale “semplice”, ma Salimbene de Adam, afferma che già

prima del 1248, negli anni quindi in cui la comunità era insediata nel complesso di San Francesco a Ripa211, era sorto uno studium conventuale, dove fu appuntato lector di teologia Stephanus anglicus che a Roma morì212. Alcuni personaggi legati alla cultura universitaria europea ebbero rapporti con lo Studium curiae, sorto per volontà di papa Innocenzo IV (1243-1254) tra il 1244 e il 1245, nonostante il neonato istituto non fosse destinato, prima della bolla di Giovanni XXII del 1318213, al conferimento di gradi accademici e rappresentasse sostanzialmente un‟aggregazione di varie scuole che funzionavano in massima parte su base privata, piuttosto

211 Papa Gregorio IX (1227-1241) aveva concesso ai francescani in uso il complesso nel 1229, v. M. D'Alatri, Panorama geografico, cronologico e statistico sulla distribuzione degli Studia degli Ordini Mendicanti: Italia, in Le scuole degli ordini mendicanti (secoli XIII-XIV), Convegno del Centro di Studi sulla Spiritualità Medievale (Todi, 11 - 14 ottobre 1976), Todi 1978, pp. 49-72: 62.

212 Salimbene, Chronica cit., p. 315; A. G. Little, The Franciscan School at Oxford in the Thirteenth Century, «Archivum Franciscanum Historicum» 19 (1926), pp. 803–74: 814. 213

C. Frova- M. Miglio, «Studium Urbis» e «Studium Curiae» nel Trecento e nel Quattrocento: linee di politica culturale, in Roma e lo Studium Urbis, cit. pp. 26-39: 30.

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che una vera e propria università214. La carica più prestigiosa, e di conseguenza la più ambita, era quella di lettore di teologia, vero e proprio funzionario di curia, membro della familia papale, stipendiato dalla camera apostolica per le sue attività di docente. Tra i Francescani, John Pecham, William Gainsborough e un allievo non meglio identificato di Roberto Grossatesta sono ricordati, nel resoconto di Thomas di Ecclestone, per essere stati chiamati in qualità di lettori di teologia allo

Studium Curiae215.

Quella reticenza delle fonti che oscura in parte il primo secolo di vita dei conventi mendicanti romani, colpisce, come è facile immaginare, anche le biblioteche che vi dovettero essere fondate, al punto che ogni tentativo di ricostruirne la fisionomia due e trecentesca risulta pressoché impossibile. Della raccolta libraria costituita dagli agostiniani di Santa Maria del