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La costituzionalizzazione della partecipazione delle regioni alle fasi c.d ascendente e discendente del diritto comunitario (art 117, V comma, Cost )

Il processo di integrazione europea nella riforma costituzionale (La latitanza di una “clausola europea”)

3.2. La costituzionalizzazione della partecipazione delle regioni alle fasi c.d ascendente e discendente del diritto comunitario (art 117, V comma, Cost )

Le disposizioni indicate sub b) e c) appartengono in gran parte alla categoria delle norme costituzionali c.d. “bilancio”, volte a trasporre e trasfondere a livello costituzionale o, meglio, ad offrire, in altre parole, una copertura costituzionale alla situazione giuridica creatasi per una congerie di fattori derivanti dall’azione congiunta di riforme legislative e della giurisprudenza costituzionale.60

In particolare, costituisce il fulcro del riconoscimento delle prerogative regionali in tema di intervento nel processo di integrazione europea il quinto comma dell’art. 117 che stabilisce che “le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nelle materie

di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza”.

Tale disposizione offre per la prima volta un riconoscimento ed una copertura costituzionale al diritto-dovere delle Regioni di partecipare, nelle materie di propria competenza, alla c.d. fase “ascendente” del diritto comunitario e, per altro verso, a dare immediata e diretta attuazione ed esecuzione, nell’ambito della c.d. fase “discendente” agli atti dell’Unione.

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Per alcuni autori con tali disposizioni si intenderebbe dare stabilità ed irretrattabilità all’acquis comunitario delle regioni, sottraendolo alla mutevole volontà del legislatore ordinario in capo al quale viene a crearsi un vero e proprio obbligo di dare attuazione alle disposizioni costituzionali dotate di valenza programmatica. Cfr. Tania Groppi, Regioni e Unione europea, op. sup. citata. Beniamino Caravita, La Costituzione dopo la riforma del Titolo V, Giappichelli, Torino 2002, 123 L. Torchia, i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario nel nuovo Titolo V della Costituzione in Le rEgioni, n. 6 del 2001, 1211.

Come emerge dal dettato costituzionale la legge statale prevista dal quinto comma dell’art. 117 Cost. dovrebbe limitarsi a riguardare le procedure attraverso le quali possano esplicarsi i nuovi diritti costituzionalmente garantiti. Né la legge statale potrebbe indebitamente restringere e/o limitare l’attuazione delle disposizioni costituzionali né tantomeno definire arbitrariamente o restrittivamente i casi in cui la disposizione costituzionale debba trovare attuazione.

Occorre, alla luce delle predette considerazioni, valutare se le disposizioni poste dalla Legge n. 131/’03 e n. 11/’05 di attuazione del dettato costituzionale sul punto, pongano norme di procedura rispettose delle prerogative regionali o si traducano in una disciplina limitativa, ostativa e comunque riduttiva al pieno esplicarsi delle prerogative regionali.

Per comprendere la portata innovativa delle disposizioni introdotte ed avere delle ‘chiavi di lettura’ per risolvere i numerosi problemi interpretativi posti dalle prime è necessario ripercorrere, sia pure per accenni, gli sviluppi del dibattito dottrinale, nonché le tappe fondamentali dell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale in ordine al tema dei poteri comunitari delle regioni che hanno preparato il terreno per l’inserimento nell’ambito della riforma costituzionale, del V comma dell’art. 117.

L’indagine ricostruttiva è strettamente funzionale e finalizzata a comprendere il significato delle disposizioni introdotte e ad offrire le chiavi interpretative delle stesse. Con una premessa: il dato di fondo è la logica della continuità .

Non si registra una rottura, uno iato rispetto all’impianto normativo preesistente rispetto al quale le nuove disposizioni rappresentano un naturale sviluppo .

Prima di addentrarci nella ricostruzione della disciplina relativa ai poteri riconosciuti alle regioni in ordine all’attuazione della normativa comunitaria, occorre premettere che per fase discendente si intende la funzione di adeguamento dell’ordinamento interno alla produzione normativa di livello comunitario sia essa di

natura originaria ( trattati) ovvero derivata ( regolamenti, direttive, decisioni), nonché alle decisioni della Corte di giustizia delle Comunità europee.

Benché sussista diffusamente la convinzione del principio della c.d. indifferenza dell’ordinamento comunitario all’articolazione interna delle competenze dei singoli Stati membri e si ritenga per tale ragione che le istituzioni comunitarie non possano interferire negli assetti costituzionali di riparto delle funzioni normative ed amministrative dei singoli Stati aderenti all’Unione61, si evidenzia come in realtà le esigenze di costante adeguamento agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea possano comportare alterazioni al riparto delle competenze costituzionalmente garantito62.

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La Corte costituzionale con la nota sentenza n. 126/’96, pur affermando a chiare lettere l’esigenza per lo Stato, pur nell’attuazione delle norme comunitarie “di rispettare il suo fondamentale impianto

regionale” ha ribadito il fondamentale punto nevralgico costituito dalla responsabilità integrale ed

unitaria dello Stato che legittimerebbe l’esercizio di poteri sostitutivi in via suppletiva: “[…] poiché

dall’attuazione del diritto comunitario nell’ordinamento interno, di fronte alla Comunità europea (oggi Unione europea) è responsabile integralmente ed unitariamente lo Stato…a questo, - ferma restando ..la competenza in prima istanza delle Regioni e delle Province autonome- spetta una competenza, dal punto di vista logico di seconda istanza, volta a consentire ad esso di non trovarsi impotente di fronte a violazioni del diritto comunitario determinate da attività positive o omissive dei soggetti dotati di autonomia costituzionale […]”. Ad avviso della Consulta, lo Stato lungi dal porre in essere avocazione di

competenze costituzionalmente assegnate ad altri livelli istituzionali, sarebbe legittimato a compiere interventi repressivi o sostitutivi e suppletivi, in via preventiva, destinati tuttavia a rimanere cedevoli di fronte all’attivazione dei poteri regionali e provinciali normalmente competenti.

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Come è stato rilevato da alcuni Autori, tale interferenza sul riparto delle competenze normative tra Stato e regioni si è manifestata soprattutto in relazione alla fase discendente nel senso che talvolta la legislazione comunitaria ha imposto una vera e propria riallocazione (in deroga alle competenze interne) delle competenze attuative tra lo Stato e le Regioni.

La suddetta interferenza dell’ordinamento comunitario sul riparto costituzionale delle competenze, iniziata con le norme sui PIM (programmi integrati mediterranei) , è stata legittimata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 126/96, facendo salvo solo il rispetto del controlimite costituito dai principi costituzionali fondamentali ed inderogabili. Si rinvia sul punto a M. Cartaria-J.H.H. Weiler,

L’Italia in Europa . Profili istituzionali e costituzionali, Bologna, 2000, p. 199 ss.

A tale influenza ha contribuito in via concorrente anche la tendenza dello Stato, per arginare il rischio di esporsi all’inadempimento di fronte agli organi comunitari, ad intervenire con la propria normativa di dettaglio (anche di fonte regolamentare) nelle materie sottoposte alla potestà legislativa regionale. Tale

La principale causa giustificativa di tale fenomeno va rintracciata nella esclusiva responsabilità dello Stato sul piano sopranazionale nell’adempimento degli obblighi comunitari.

Il corollario di tale proposizione è consistito nell’improntare il rapporto tra livelli istituzionali di governo (ed in particolare il rapporto tra Stato-Regioni) all’insegna del coordinamento costante consentendo allo Stato, di occupare in maniera surrettizia e preventiva in caso di inerzia da parte delle Regioni gli ambiti di competenza legislativa, regolamentare e amministrativa o di esercitare poteri sostitutivi in caso di inadempienza e violazione.

4.2. Il dialogo a distanza tra Legislatore e Giudice costituzionale nella prospettiva

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