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Il principio di sussidiarietà quale (auspicabile) strumento per l’emersione dei livelli di governo regionale e locale nell’azione comunitaria

Tra i principi più frequentemente ricorrenti nei pareri del Comitato delle Regioni e suscettibili di qualificarne il contenuto oltre che di elevare il profilo politico dell’attività di tale organo vi è il richiamo alla sussidiarietà30, vessillo spesso issato dal Comitato a difesa delle proprie prerogative e a sostegno delle proprie rivendicazioni.

Fin dalla formulazione data a tale principio dal TUE, benché si faccia riferimento esclusivo, nell’individuare i rispettivi ambiti di azione e competenza, al rapporto tra Unione e Stati membri, invero, affiora il carattere strumentale della

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Per alcuni Autori si tratterebbe di un principio di natura programmatica che presenterebbe, tuttavia, quale importante effetto giuridico immediato, l’introduzione di limiti alla possibilità di interpretazione estensiva delle competenze comunitarie, arginando il proliferare incontrollato delle stesse con conseguente erosione delle prerogative regionali. Se la definizione in termini eminentemente finalistici di tali competenze ha aperto la strada al loro progressivo e incontrollato ampliamento, attualmente, proprio grazie all’effetto del principio di sussidiarietà, “la portata del criterio teleologico ed il principio di ‘prossimità’ nella definizione dei poteri comunitari non dovrebbe consentire letture così estensive delle attribuzioni europee” . Si rinvia, per tale interpretazione, a A. D’Atena, Il doppio intreccio federale: le Regioni nell’Unione europea, in Le Regioni n. 6/98 p. 1401 e ss.

sussidiarietà in vista della realizzazione di una equilibrata e piena integrazione coinvolgente tutti i livelli istituzionali.

E’ proprio grazie all’interpretazione e al richiamo offerti dal Comitato delle Regioni alla sussidiarietà, che tale principio acquista una connotazione più pregnante, volta a valorizzarne la portata nell’ottica di garantire l’esigenza di coinvolgimento degli enti regionali e locali nella gestione delle iniziative comunitarie31, in particolare nell’ambito del Fondo di coesione, dei fondi strutturali e delle aree urbane.

Il richiamo a tale principio è ricorrente nei pareri resi in materia di sviluppo economico e di coesione economico-sociale, nell’area dell’educazione e della cultura, nel campo della sanità pubblica, in riferimento alle reti transeuropee dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni ed in materia di agricoltura. Al di là dell’enunciazione del principio in relazione alla singola casistica, la elucidazione organica del principio di sussidiarietà è contenuta nel parere complementare ad hoc allegato al parere in merito alla revisione del Trattato sull’U.E., già a far data dal 1995, con il titolo “Applicazione del principio di sussidiarietà nell’Unione Europea”32. Con tale documento il Comitato ha evidenziato alla Conferenza intergovernativa la necessità di includere il riferimento esplicito agli enti locali e alle regioni quali terzo e quarto polo della sussidiarietà accanto agli Stati e all’Unione europea.

Nella motivazione offerta a sostegno della propria proposta il Comitato delle Regioni evidenzia come parallelamente al processo di costruzione dell’Europa,

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Il richiamo alla sussidiarietà diviene il leit motiv tramite il quale il Comitato delle Regioni evidenzia il ruolo centrale degli enti regionali e locali quali “attori culturali di base”. Si sottolinea come tale termine debba essere inteso nella sua accezione più ampia implicando una delega ai livelli istituzionali subastatali di numerose funzioni.

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Il testo proposto recitava: “[…] La Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà,

soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati né dagli Stati membri, né a livello degli enti locali o regionali, ove questi dispongano di competenze operative o decisionali in base al diritto interno agli Stati membri. […]”.

all’interno degli Stati membri si sia avviata e sia in corso a livello politico – istituzionale una profonda trasformazione nella distribuzione territoriale del potere, nel senso della federalizzazione o della regionalizzazione o comunque della tendenza crescente al decentramento amministrativo.

Ad imprimere al principio di sussidiarietà tale nuova essenza hanno contribuito nel corso dei lavori della Convenzione sul futuro dell’Unione due iniziative.

Innanzi tutto l’iniziativa emendativa dei membri italiani della Convenzione diretta ad introdurre nel testo del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa il seguente articolo: “L’Unione europea nel rispetto dei singoli ordinamenti degli Stati

nazionali, riconosce le forme di autonomia e decentramento territoriale esistenti e promuove la loro partecipazione alla vita dell’Unione anche attraverso la valorizzazione delle loro specificità. L’unione promuove lo sviluppo delle aree insulari e montane particolarmente disagiate”.

In secondo luogo, la risoluzione del Parlamento europeo, sul ruolo dei poteri regionali e locali nella costruzione europea, approvata il 14 gennaio 2003, nella quale si sono sottolineati il ruolo chiave assunto dalle collettività regionali e locali in un’Europa che non dovrebbe più basarsi sugli stati e sui cittadini ma che si affida al principio di sussidiarietà come criterio di legittimazione dell’intervento delle varie istituzioni e che necessita di un coinvolgimento e di una partecipazione delle collettività territoriali per realizzare il metodo democratico e per avvicinare l’Unione ai cittadini, nello spirito del Trattato di Nizza e del Libro Bianco sulla governance europea.

Solamente l’applicazione del principio di sussidiarietà nei termini sopra richiamati consentirebbe di implementare la percezione democratica del ruolo delle istituzioni comunitarie, favorendo la costruzione del sistema dal basso e incentivando il grado di accettazione del processo di integrazione, migliorando, da un lato, la qualità dell’azione europea in termini di efficacia, dall’altro impedendo involuzioni di tipo

“centralistico”, comportanti ingiustificata compressione dei diritti e di competenze dei livelli di governo substatali.

Il principio di sussidiarietà viene, dunque, ad essere interpretato e riformulato alla luce delle esigenze dello sviluppo democratico e della tendenza diffusa alla valorizzazione delle autonomie substatali, secondo una tendenza parallela pressoché in tutti gli stati membri, e non già in funzione statocentrica.

Esso finisce per rappresentare, pertanto, la risorsa principale per perseguire, accanto alla razionalizzazione, strumentale all’efficacia, della divisione del lavoro politico nel sistema dell’Unione, la democratizzazione di questa attraverso lo sviluppo del ruolo delle autonomie territoriali. 33

Tale evoluzione nell’interpretazione del principio di sussidiarietà di cui il Comitato delle Regioni si è fatto stimolatore e garante in un’ottica di partnership attiva con la Commissione, è stata in parte recepita ed elaborata nei lavori della Convenzione sul futuro dell’Unione ed ha trovato un aggancio testuale nella nuova formulazione offerta nel Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa sottoscritto in Campidoglio il 29 ottobre 2004.

Nell’attuale formulazione dell’art. I-2 “Principi fondamentali” si prevede che “in virtù del principio di sussidiarietà” l’Unione intervenga soltanto se e nella misura in cui

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Cfr. A. Papisca, Europa 80. Dalla Comunità all’Unione europea, Roma, Bulzoni editore 1975, p. 160 e ss. L. Vandelli, Il principio di sussidiarietà nel riparto di competenze tra diversi livelli territoriali: a

proposito dell’art. 3 B del Trattato sull’Unione europea, in Riv. It. Dir. Pubbl. com. 1993, p. 379 e ss; G.

Strozzi, Il ruolo del principio di sussidiarietà nel sistema dell’Unione europea, in Riv. It. Dir. Pubbl.

com. 1993 p. 596 e ss. Gli Autori sottolineano la necessità, affinché ci sia una piena attuazione del

principio di sussidiarietà, di un controllo preventivo e successivo della normativa comunitaria da esercitarsi, rispettivamente, dalla Commissione in sede di iniziativa e dalla Corte di Giustizia, quale garante ex post della legittimità comunitaria degli atti normativi dell’Unione rispetto ai principi enucleati nei Trattati, tra cui, appunto quello della sussidiarietà. In tal modo tale principio diviene una sorta di “faro” che, in virtù della propria applicazione trasversale getta luce su tutte le fasi dell’attività comunitaria dalla produzione normativa, orientando l’elaborazione delle politiche comunitarie, all’esecuzione e al controllo dei provvedimenti.

“gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente raggiunti dagli

Stati membri, né a livello centrale, né a livello regionale e locale […]”.

Grazie a tale formula, benché essa non contenga il riferimento al grado di autonomia politica attribuito ai livelli di governo substatale, le articolazioni interne degli Stati membri divengono interfaccia delle Istituzioni europee nella realizzazione degli obiettivi dell’azione comunitaria.

Invero, nonostante l’evidente apertura, i garanti dell’applicazione di tale principio restano pur sempre i parlamenti nazionali34.

Anche con tali evidenti limitazioni sottese alla nuova formulazione, nel Trattato costituzionale cominciano ad affiorare per la prima volta alcuni principi direttamente posti a presidio delle realtà substatali di governo . In tal senso depone la formulazione dell’art. I-5, intitolato: “ Relazioni tra l’Unione e gli Stati membri”, ove si prevede in capo alla prima l’obbligo di rispettare “ l’identità nazionale insita nella struttura

fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali”.

Tramite tale rinvio l’Unione aspira ad assurgere al rango di garante ultimo delle entità substatali in cui si articola l’autonomia politica interna degli Stati membri.

In una prospettiva de jure condendo, la menzione di tali livelli istituzionali fra i principi fondamentali del Trattato, ove entrerà in vigore la Costituzione europea, è il ragionevole preludio, ferma la perdurante vigenza del principio dell’indifferenza delle istituzioni comunitarie al modo in cui vengono ad atteggiarsi le articolazioni interne degli Stati membri, alla considerazione comunitaria dei livelli di governo regionale quali

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Diviene fondamentale a questo punto, al fine di consentire la piena partecipazione delle regioni al processo di integrazione comunitaria, la presenza nell’ambito dell’assemblea elettiva di una Camera delle Regioni, di cui allo stato l’Italia è sprovvista. Si vedrà di seguito come le istanze regionali siano filtrate attraverso il sistema delle Conferenze che per ovvie caratteristiche funzionali e strutturali non realizza quella rappresentatività sostanziale, oltre a non godere del sufficiente peso politico-istituzionale che è invece tipico di una Camera elettiva di rappresentanza.

interlocutori diretti dell’Unione e consentirà alle regioni italiane, come si vedrà di seguito, di aver un appiglio testuale per poter efficacemente attivare, sia pure tramite il filtro governativo, il nuovo strumento del ricorso alla Corte di Giustizia a tutela dei propri interessi in qualità di enti dotati di autonomia politica.

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