Costituzione Italiana – 3 Conclusion
2. La Costituzione Italiana
La parola “musica”, come è prevedibile, non compare nel testo della Costituzione Italiana; per trovare un primo spunto di ricerca in questo testo fondamentale dobbiamo riferirci pertanto all’insieme superiore, e cioè quello dell’arte, pur con le ambiguità che abbiamo già rilevato. La stessa parola “arte” si trova solo una volta in tutto il testo, e precisamente nel Titolo II che è quello riguardante i rapporti etico- sociali, all’art. 33, che riportiamo di seguito:
“Art. 33.
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.”(63)
Come si può notare, l’arte viene subito accomunata alla scienza; questo avviene a cagione del motivo principale che arte e scienza partecipano entrambe della tutela da parte dello Stato in materia di libertà di espressione. Inoltre, come sottolinea Massimo Stipo nell’Enciclopedia giuridica Treccani:
“L’esplicito riferimento alla ricerca scientifica, poi, contenuto nello stesso 1° comma dell’art. 9, assume il valore di una specificazione rafforzativa dovuta all’importanza che tali attività assumono nella società moderna”(64)
La costituzione italiana si occupa dell’arte (e della scienza) principalmente secondo due direttive: innanzitutto la tutela della libertà della stessa, intesa come libertà di espressione e di insegnamento; in secondo luogo si occupa di essa come branca dell’istruzione pubblica, che come tale necessita di essere regolamentata. All’interno di questa seconda accezione, si può considerare l’arte (e quindi la musica) come un elemento della cultura. L’articolo più rilevante della nostra costituzione riguardo alla cultura è l’art. 9:
“Art. 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”(65)
Se la Costituzione Italiana promuove lo sviluppo della cultura, e se consideriamo l’arte come una forma di cultura, e la musica come una forma di arte, allora ne possiamo dedurre che la Costituzione Italiana promuove lo sviluppo della musica. È chiaro che, per quanto plausibile, si tratta di una sorta di gioco di scatole cinesi; il problema reale però non è che la Costituzione Italiana non menzioni direttamente la musica, cosa che sarebbe forse davvero una pretesa eccessiva, ma che questo stesso gioco di rimandi, che è necessario fare sul suo testo, rimanga sostanzialmente lo stesso anche nella legislazione successiva.
(64) M. STIPO, voce Accademie e istituti di alta cultura, in Enc. Giur., vol. I, Roma, 2007, p. 1.
Nonostante il carattere generico evidenziato, ci è sembrato comunque significativa la citazione del testo costituzionale italiano al fine di evidenziare il fatto che la Repubblica Italiana, in virtù dei due articoli riportati, rientra appieno nella nozione di “Stato di cultura”, intesa come:
“[…] quello stato di democrazia classica che tutela la propria democraticità anche attraverso la garanzia degli istituti direttamente formativi della cultura in base al riconoscimento del peculiare rapporto che collega questa alla sua forma.”(66)
Questa non è cosa da darsi per scontata, e non sono così lontani i tempi in cui così non era, né si tratta di una conquista già raggiunta da tutte le nazioni del mondo. Ricordiamo, ad esempio, che lo Statuto albertino, e insieme ad esso molte altre Costituzioni ottocentesche, non menzionavano affatto lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica. Lo Stato Israeliano (del quale ci siamo occupati a causa dell’analisi dell’operato di Daniel Barenboim), ad esempio, non ha nessun riferimento
nella sua costituzione alle parole “arte, scienza, cultura, musica”(67).
(66) M. STIPO, voce Accademie e istituti di alta cultura, in Enc. Giur. vol. I, Roma, 2007, p. 1.
(67) Israele, come il Canada e la Nuova Zelanda, non ha un testo costituzionale unico, bensì una serie di leggi basilari (Basic Laws) che abbiamo consultato al sito:
3. Conclusioni
Alla luce di questa indagine sulle principali fonti del diritto italiano possiamo concludere che la legislatura italiana si occupa dell’espressione artistico-musicale principalmente sotto i seguenti profili: la tutela della libertà dell’espressione artistica; la tutela del diritto d’autore; la regolamentazione del concetto di “osceno”; le sovvenzioni statali agli enti pubblici di divulgazione artistica, quali gli enti lirici; la regolamentazione della figura e del lavoro dell’artista interprete o esecutore; l’istruzione scolastica.
Come abbiamo visto, la tutela e la conservazione del bene culturale è pure un tema ampiamente affrontato dalla nostra legislazione, ma esso interessa solo marginalmente l’ambito musicale, la cui maggior ricchezza non risiede in oggetti materiali ma in capacità, competenze e “situazioni”, mentre il bene culturale si identifica sostanzialmente con manufatti o comunque con oggetti tangibili.
Tali aspetti non sono stati approfonditi in questa sede in quanto irrilevanti ai fini della nostra indagine.
Per quanto riguarda la valorizzazione e la promozione del bene culturale, che è la questione che più ci interessa, sembra che la nostra legislatura non sia particolarmente avanzata, ma cominci tuttavia a muoversi in tale direzione.
“Di valorizzazione come funzione inerente alla gestione pubblica dei beni culturali e ambientali si è cominciato a parlare solo in tempi recenti […]. Può approssimativamente dirsi che la valorizzazione identifica un’area di pubblico intervento che va oltre i compiti della tutela conservativa: da questa prospettiva si coglie la sua inerenza ai nuovi orientamenti in materia culturale e ambientale, che si volgono a realizzare nella forma più compiuta quella vocazione dei beni
culturali e ambientali ad essere messi a disposizione della comunità sociale. […] La funzione valorizzante si disvela invece in correlazione all’essere i beni culturali e ambientali dei beni aperti alla fruizione collettiva, la cui attuazione richiede misure atte a consentire, agevolare ed accrescere le possibilità di accesso ai beni protetti, e quindi la percezione e l’apprendimento dei valori da essi custoditi.”(68)
In ogni caso bisogna purtroppo dedurre che la musica, in quanto estranea alla definizione di “bene culturale”, come abbiamo appena ricordato, rimane esclusa da questo discorso.
Avendo visto che nell’ambito italiano c’è una situazione di scarsa chiarezza definitoria e concettuale che rischia di portare di fatto a una diminuzione o addirittura ad una mancanza della tutela rivolta all’esperienza musicale, abbiamo ampliato il nostro sguardo verso il livello superiore del diritto europeo e dei trattati internazionali.
(68) P. G. FERRI, voce Beni culturali e ambientali nel diritto amministrativo, in Dig./ pubb., vol. II, Torino, 1999, p. 223.