Costituzione Italiana – 3 Conclusion
1. L’ordinamento giuridico della musica in Italia
Per quanto riguarda l’ambito giuridico, abbiamo dapprima consultato le principali fonti generiche del diritto, vale a dire le più importanti enciclopedie giuridiche, quali l’Enciclopedia del diritto edita da Giuffrè, il Digesto Italiano edito dalla Utet, e l’Enciclopedia Giuridica edita dall’Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani.
L’unica di queste fonti a contemplare la voce “musica” è l’Enciclopedia del Diritto edita da Giuffrè, che possiede una voce intitolata “Musica e canto”; si tratta peraltro di una trattazione quanto mai esigua, di nemmeno mezza pagina di lunghezza, totalmente priva di indicazioni bibliografiche. È significativo che l’incipit di tale breve capitoletto evidenzi come prima cosa la manchevolezza in questo settore da parte della pubblica amministrazione:
“È superfluo ricordare quale posto eminente abbiano musica e canto nella tradizione culturale del nostro paese, anche se all’unanime riconoscimento del contributo per tal mezzo dagli italiani recato all’affinamento dello spirito umano non ha corrisposto sempre, tra noi,
un adeguato grado d’attenzione dei pubblici poteri”(53)
Suona contraddittoria e perfino un po’ ridicola l’affermazione di quella che viene presentata come un’ovvietà, vale a dire l’importanza della musica e del canto nel nostro paese, seguita però dalla doverosa ammissione che di fatto così non è poiché i pubblici poteri non se ne occupano quanto dovrebbero; inoltre, se si conta che tutto questo figura in un misero paragrafetto di poche righe, non si capisce davvero in cosa risieda l’importanza che si vorrebbe considerare come universalmente attribuita alla musica.
A seguito di questa esamina dobbiamo constatare che la musica non trova quasi menzione in tali fonti, ed è necessario cercare una sua indiretta presenza rifacendosi ad altre voci.
Una voce che trova ampia discettazione e può sembrare alquanto significativa è quella di “Beni culturali e ambientali”, che vengono sempre citati in coppia. Sebbene inizialmente sembri in effetti essere pertinente, benché generica,
“In questo contesto, si intende per beni culturali i beni considerati importanti per l’archeologia, la preistoria, la storia, la letteratura, l’arte o la scienza (art. 1 conv. Parigi 14-11-1970).”(54)
dopo una più attenta disamina ci si rende però conto che la musica non sembra coinvolta in questa definizione, in quanto il bene culturale viene qui inteso principalmente come un bene fisico.
“La condizione giuridica di bene culturale si risolve nella soggezione ad una disciplina amministrativa di settore che tuttora trova la sua
(53) Voce a cura della Redazione Musica e canto, in Enc. dir., vol. XXVII, Milano, 1977, p. 389.
(54) P. G. FERRI, voce Beni culturali e ambientali nel diritto amministrativo, in Dig./ pubb., vol. II, 4 ed., Torino, 1987, p. 217.
collocazione organica nella cit. 1 n. 1089 del 1939, sulla tutela delle cose d’interesse artistico o storico. Ad una prima e schematica osservazione si constata che nel sistema di questa legge, i destinatari delle varie norme a cui si imputano obblighi o situazioni di soggezione a potestà pubbliche, vengono identificati attraverso un indice qualificante dato da un relazione del soggetto con cose. […] Anche quando la norma sembra regolare una attività (es., la esecuzione di ricerche archeologiche), la ragione determinante della disciplina risiede nel fatto che trattasi di attività potenzialmente idonea a mettere il soggetto in contatto con la cosa.”(55)
I beni culturali attinenti con la musica, sotto quest’accezione, potrebbero pertanto essere tutti quei beni tangibili e preziosi, come strumenti musicali antichi o partiture autografe di famosi compositori, che necessitano di protezione e conservazione e possono essere eventualmente musealizzati. Chiaramente quest’accezione di bene musicale non interessa la nostra ricerca che cerca piuttosto una promozione, da parte dello Stato, della pratica musicale collettiva.
In questo frangente non si fa menzione di distinzioni all’interno dell’etichetta di “beni culturali”, ma noi sappiamo che nel diritto internazionale, invece, si sta imponendo sempre più la distinzione fra bene culturale materiale e bene culturale immateriale; questa seconda tipologia sembra la più interessante ai fini di questa ricerca, e così non trovando un’adeguata trattazione nel diritto interno ci rifaremo ai trattati internazionali (vedi capitolo 3.3 La Convenzione Internazionale per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, UNESCO, Parigi 2003).
È necessario a questo punto fare una precisazione: bisogna rilevare che esiste nella lingua italiana, e di riflesso nella sua giurisprudenza, una certa confusione riguardo alla nozione di “arte”. Sebbene la musica sia a tutti gli effetti classificata come un’arte, sia secondo il senso comune, sia secondo la definizione italiana di tale vocabolo, così come la troviamo in tutti i maggiori vocabolari di lingua italiana:
“musica s.f. 1 l’arte di combinare insieme i suoni, secondo determinate leggi e convenzioni”(56)
cosicché non pare poter esserci alcun dubbio sul fatto che la musica sia un’arte, più confusa si fa la questione allorché la si affronti dall’altra parte e cioè rispetto alla definizione della parola “arte”, e questo risulta necessario giacché, come abbiamo visto, la parola “musica” raramente compare nelle fonti di diritto. Sarebbe ovvio a questo punto aspettarsi che l’arte comprenda in sé la musica, e in effetti così è, ma non in tutti i casi, bensì solo ad un livello generico di discorso. Leggiamo:
“arte s.f. […] 2 attività umana volta a creare opere a cui si riconosce un valore estetico, per mezzo di forme, colori, parole o suoni: l’arte della scultura, della pittura, della poesia, della musica; un’opera d’arte”(57)
Fin qui risulta tutto in regola, la musica, in quanto arte di combinare insieme i suoni, occupa il posto che le spetta all’interno della categoria “arte”; ma proseguendo nella classificazione, che mano a mano si fa più specifica, vediamo che magicamente la musica scompare:
“| arti maggiori, tradizionalmente, pittura, scultura e architettura; arti minori, l’oreficeria, la miniatura, la ceramica ecc. | arti figurative, belle arti, pittura, scultura e architettura; usato assol. al sing.: mostra d’arte; museo d’arte moderna; storia dell’arte | arte applicata, ogni forma d’arte che si proponga fini pratici, come l’abbellimento di oggetti di uso quotidiano | arte pura, libera da tesi o scopi morali, sociali, pratici | arte povera, movimento artistico nato intorno alla metà degli anni Sessanta […]”(58)
(56) Voce musica, in Dizionario di italiano, 3 ed., Milano, Garzanti, 1998, p. 1402. (57) Voce arte, in ivi, p. 159.
La musica pare scomparire laddove si cominci a fare un distinguo fra le varie forme artistiche, cosicché la parola “arte” finisce, in questa seconda fase, per identificarsi con le arti visive o con l’artigianato, con tutto ciò, in pratica, che possiede una valenza fisica. Questa esamina, che può parere ingenua, ci sembra invece fondamentale proprio in quanto non sembra ancora essere stata rilevata pienamente, e non nasce pertanto da un eccesso di pignoleria, bensì dalla constatazione di quella che è, a nostro avviso, una vera e propria lacuna linguistica, che finisce poi per provocare lacune molto più concrete anche nell’educazione, e conduce a relegare la musica ai margini delle discipline artistiche, privandola finanche di una adeguata tutela giuridica. Difatti, come abbiamo visto poc'anzi, anche la nozione di bene culturale finisce per identificarsi con la presenza di un “oggetto” artistico qualsivoglia, purché ben concreto e tangibile. La stessa “storia dell’arte” in quanto disciplina scolastica è ridotta al solo studio delle arti visive, nelle varie loro espressioni (architettura, pittura, statuaria etc.) cosicché si insinua nella mente dei giovani l’idea che l’arte sia ciò che si vede e che debba pertanto avere un corpo fisico ben definito. È vero che in alcune scuole resiste ancora la cosiddetta “educazione musicale”, ma ciò che stiamo ora esaminando non è quanto spazio è riservato allo studio della musica, bensì la sua classificazione: nella dicitura “educazione musicale” la parola “arte” è infatti scomparsa, e questo è significativo proprio perché anche in tutta la giurisprudenza che si occupa di beni artistici, di musica in realtà non c’è traccia.
Una certa confusione linguistica presente in ambito artistico viene peraltro rilevata anche da fonti più autorevoli, quali il Digesto Italiano edito dalla Utet, dove ad esempio alla voce “spettacolo” (una delle tante voci che abbiamo consultato cercando una corrispondenza con le attività musicali), l’autore cerca di portare egli stesso un po’ di chiarezza sulla definizione che se ne deve dare, confrontandola con altri termini che possono essere ad essa riconducibili, quali “manifestazione” e “rappresentazione”. Avendo precedentemente definito lo spettacolo come “manifestazione artistica o ricreativa presentata al pubblico.”(59), i cui elementi (59) C. DI MARCO, voce Spettacolo nel diritto amministrativo, in Dig./ pubb., vol. XIV, 4 ed., Torino, 1999, p. 464.
caratterizzanti sarebbero da individuarsi proprio come “la natura artistica o ricreativa della manifestazione e il pubblico che vi assisterebbe”(60), arriva a
determinarne l’appartenenza di questo sia al genere delle manifestazioni che a quello dei trattenimenti, costituendo di questi una specie particolare:
“Pertanto, sotto il profilo linguistico, esso costituisce una categoria delle rappresentazioni e dei trattenimenti. Nell’ambito della categoria generale delle manifestazioni, lo spettacolo si configura come una rappresentazione o un trattenimento di natura artistica o ricreativa, che si svolge davanti al pubblico”(61)
Tale precisazione, che era sembrata doverosa all’autore, non trova però riscontro nella giurisdizione, e difatti subito dopo viene espressa una lamentela al riguardo:
“Tuttavia il legislatore non ha avuto molto riguardo per la disquisizione in materia di individuazione concettuale del termine. Infatti spettacoli e trattenimenti sono considerati dalla legislazione alla stessa stregua.”(62)
Ci sembra pertanto auspicabile che, volendo la giurisdizione italiana occuparsi più approfonditamente dei temi artistici, come doveroso, vista anche la preminenza della nostra penisola nella storia dell’arte (anche dell’arte musicale!), si ponga innanzitutto come obiettivo la risoluzione delle ambiguità linguistiche e definitorie e si renda univoco ed agevole il loro utilizzo.
(60) Ivi. (61) Ivi.