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costruire l’innovazione fuori dall’accademia

Zoe Romano

WeMake, Milano

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DOI: 10.26324/2018RRICNRBOOK15

opensource

makerspace

fablab

citizenscience co-design open care open science

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Scienziati in affanno? Ricerca e Innovazione Responsabili (RRI) in teoria e nelle pratiche

che chi li ha prodotti si sia immaginato una pre- cisa fruizione. Significa anche che il mondo che ci circonda può essere esplorato, indagato, scoperto e modificato per raccoglierne dati, informazioni e conoscenza grazie anche all’utilizzo di strumenti tecnologici. I maker attingono alla cultura del fai- da-te e del software open source con un’attenzione particolare per la condivisione. Ciò che li caratte- rizza rispetto al classico mondo del fai-da-te tradi- zionale è l’utilizzo della rete e delle tecnologie di fabbricazione digitale per creare progetti e prodotti di nuova concezione di cui pubblicano spesso la documentazione per permettere ad altri di realiz- zarli e partecipare. A volte, proprio a partire dai loro progetti, fondano imprese per fare della loro stessa passione un lavoro.

Più che una professione o un’identità, l’essere maker è un approccio alla produzione di conoscen- za e di beni, che è trasversale e mette al centro, oltre alle persone, anche degli spazi di nuova concezio- ne chiamati Fablab e Makerspace. In questo conte- sto l’interdisciplinarità è protagonista involontaria; l’apprendimento esperienziale, soprattutto tra pari, è la linfa di cui ci si nutre collettivamente; l’educa- zione formale è un bagaglio bene accetto ma che non produce distinzioni a priori; l’inclusi-

vità è pratica quotidiana.

Fablab e Makerspace sono spazi di attiva- zione e trasformazione dove le tecnologie di fabbricazione digitale sono rese sociali, diventando gli strumenti intorno a cui di- verse community interagiscono per costrui- re il mondo che vogliamo abitare attraverso un percorso collettivo a cavallo tra l’online e l’offline, creando ponti di relazione vir- tuosa tra il mondo della ricerca e i cittadini.

L’approccio interdisciplinare e con bar- riere all’ingresso molto limitate favorisce il riconoscimento e il coinvolgimento di persone come potrebbero essere le Mary Anning contemporanee, che spinte da una necessità e una passione, possono contri-

buire allo sviluppo di conoscenza dal basso, con importanti esternalità positive nella società.

Fablab e Makerspace sono infatti abitati da citta- dine, artisti, ricercatrici, studenti, piccole imprese e professionisti che hanno l’esigenza di confrontarsi e accedere a tecnologie per costruire un loro per- corso di apprendimento interdisciplinare e infor- male che, inizialmente, ha l’obiettivo di soddisfare un loro bisogno o desiderio. Tale processo parte spesso da un’esigenza privata e personale. Come, ad esempio, l’esperienza di Antonino, diplomato al conservatorio, nuovo iscritto alla facoltà di inge- gneria elettronica e ipovedente (fig. 1). E’ entrato in contatto con WeMake qualche mese fa perché, impegnato nello studio dell’esame di elettronica, aveva sentito l’esigenza di trovare un modo più semplice per comporre gli schemi elettrici, che normalmente sono disegnati su un foglio utilizzan- do una simbologia iconica standard. Si era imma- ginato di farci realizzare i simboli attraverso una stampante 3d in modo da poterli avere in forma di tasselli tattili da comporre come un domino e rendere più semplice e rapide le sue esercitazioni. L’incontro con il nostro team e con il laboratorio ha permesso la creazione di un percorso diverso.

Fig.1: Progetto Ambra sviluppato da Antonino

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Invece di essere meri erogatori di un servizio (di disegno e stampa 3d) in risposta a un bisogno, è nato un percorso di formazione che ha portato An- tonino a imparare un programma di disegno vetto- riale che lo ha reso autonomo nella realizzazione di un kit fabbricato digitalmente utilizzando una macchina per il taglio laser.

Il progetto Ambra che, con i suoi circuiti per ipo- vedenti, insegnanti e pedagogisti, mira a rendere più semplice la progettazione di circuiti elettronici da parte di persone con difficoltà visive, grazie al fatto di avere un aspetto tattile è ora un progetto che a partire da una singola necessità, si è costru- ito un bagaglio di conoscenze e pratiche che, nel momento in cui sono condivise, possono essere re- plicate con il minimo sforzo, in qualsiasi parte del mondo. Questo può accadere perché i Makerspace non sono isolati ma hanno costruito un linguag- gio e dei processi che facilitano la condivisione attraverso strumenti condivisi. L’aspetto su cui poi abbiamo riflettuto insieme è che, in quanto ipove- dente, Antonino può accedere a dei finanziamenti per l’acquisto di devices commerciali che lo aiutano nella vita quotidiana (per esempio l’acquisto di un tablet), ma non può beneficiare di alcun supporto dal Servizio Sanitario Nazionale per realizzare un dispositivo specifico come è Ambra.

Nel 2016, con il progetto OpenCare2, finanziato

dalla Commissione europea, abbiamo avviato una sperimentazione nell’ambito della cura che mette al centro il co-design, le comunità e le tecnologie innovative open source. Con il concetto di cura in- tendiamo uno speciale tipo di interazione umana formata da persone - i care-giver - che danno at- tenzione e agiscono in favore di qualcun altro - il care-receiver. Ma anche tutta una serie di artefatti, prodotti o servizi che, in un determinato spazio e tempo permettono facilitano il lavoro di cura. Il co-design invece è un approccio che ha le sue ra-

2 Video su Opencare: https://www.youtube.com/watch?v=0hiOdVWSWDo&t=10s e https://www.youtube.com/watch?time_

continue=7&v=qNk2NBsRiFc .

dici nelle tecniche di progettazione partecipativa, a partire dagli anni ’60 che comprende il design partecipativo, la co-creazione e processi di proget- tazione aperti. Questa pratica progettuale può però assumere dei tratti ancora più significativi in am- bito tecnologico quando viene attivata inserendola nelle pratiche del movimento Open Source, che condivide con esso molti dei princìpi alla base di co-design, ma lo rende più avanzato perché ha la potenzialità di trasferirne i benefici a un pubblico più ampio. L’adozione ed evoluzione dei risulta- ti della co-progettazione creano infatti un sistema aperto di hardware, software e dati in continuo, sviluppo condivisibile online e potenzialmente accessibile globalmente. OpenCare è un progetto collaborativo che accoglie i bisogni di cura, co-pro- getta le possibili soluzioni con i cittadini e realizza prototipi open, condividendoli con le comunità. Il suo obiettivo è individuare le best practices attive oggi e fornire spunti ai policy maker per facilitare il moltiplicarsi di queste pratiche di innovazione dal basso. Bisogna evitare infatti che rimangano som- merse in una zona grigia in cui diventa complesso attivare una narrazione costruttiva con le istituzioni che rifletta su cosa significhi ricerca e innovazione responsabile in questo contesto, o cosa tali pratiche possono insegnare a chi fa questo di mestiere e non riconosce un approccio “dal basso”.

Il valore sociale della co-creazione è alimentato da aspirazioni verso la creazione di stili di vita più sostenibili a lungo termine e si declina esplorando domande aperte come ad esempio: «Come possia- mo migliorare la qualità della vita per le persone che vivono con una malattia cronica?». Quando si lavora a partire da questa visione condivisa gli esiti della ricerca non sono condizionati o eterodiretti perché l’esito è parte integrante della sfida e ha la necessità di procedere in concerto con una comu- nità più ampia, inclusiva, composta da istituzioni, imprese e cittadini che ne riconoscano il valore.

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Fablab e Makerspace sono spazi fisici aperti, orientati al coinvolgimento della comunità e pro- gettati per promuovere la partecipazione, la condi- visione delle conoscenze, la cittadinanza attiva e la collaborazione dei propri membri attraverso la spe- rimentazione e l’esplorazione in modalità hands- on. L’innovazione prodotta in questo contesto è sin dai suoi primi passi responsabile perché coinvolge diversi attori per raggiungere un risultato indipen- dente dalle necessità di mercato che sempre più spesso obbliga le aziende e i centri di ricerca ad esse collegati a fare delle scelte condizionate dal- la commerciabilità dei loro prodotti, badando alle esigenze dei loro finanziatori, piuttosto che al be- nessere della società nel suo insieme.

Come i caratteri mobili hanno democratizza- to la diffusione di cultura e informazione, così la fabbricazione digitale affiancata dall’approccio ma- ker e open source, sta liberando l’innovazione dal collo di bottiglia generato da monopoli di fatto, sia in ambito scientifico che tecnologico. Al centro, possono tornare le persone, libere di alimentare la conoscenza che andrà a costruire il mondo degli oggetti e delle soluzioni da cui saremo circondati tra qualche anno. Join the revolution!

Note bibliografiche, siti web e risorse in rete3 Envisioning the Future of the Maker Movement: https://www.asee.org/documents/papers-and-publi- cations/papers/maker-summit-report.pdf

Democratizing technology: pleasure, utility and expressiveness in DIY and maker practice: http:// dl.acm.org/citation.cfm?id=2481360

Journal of peer production - Shared Machi- ne Shops: http://peerproduction.net/issues/is- sue-5-shared-machine-shops/

The third wave of the maker movement: https:// medium.com/@ian.cole/the-third-wave-of-the-ma- ker-movement-f754f5a899c6

Free Innovation - Von Hippel: https://mitpress. mit.edu/books/free-innovation

Openness as a social praxis: http://firstmonday. org/ojs/index.php/fm/article/view/7073/6087

Sito di Wemake: www.wemake.cc

Progetto AMBRA: https://www.flickr.com/pho- tos/wemake_cc/albums/72157662113209943

Progetto OPENCARE: http://wemake.cc/open- care

Video “Opencare – Codesign Session 1”: ht- tps://www.youtube.com/watch?v=0hiOdVWSW- Do&t=10s

Video “In Pe’ prototype – Work in progress”: https://www.youtube.com/watch?time_conti- nue=7&v=qNk2NBsRiFc

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Nell’iniziare a presentare e discutere questo argo- mento è importante da subito condividere alcuni aspetti, tra questi: la “banale” constatazione che la salute è un bene prezioso per tutti e che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) di cui disponiamo lo è ancora di più; l’osservazione che tendenzialmente da “sani” si discute poco di malattie e si investe poco sull’alfabetizzazione sanitaria (health literacy); in- fine, la considerazione che il livello personale ed esperienziale con cui si discute di scelte sanitarie è importante ma complementare e diverso rispetto al livello collettivo che deve avere come riferimento dati e risultati attendibili, cioè la medicina basata sulle prove. Questo contributo tocca sinteticamen- te alcuni di questi aspetti in chiave propositiva, in- dividuando quanto ancora oggetto di discussione, e sottolinea al contempo l’importanza di fare ricerca e investimenti in questo settore di salute pubblica.

Il coinvolgimento della popolazione e dei pa- zienti è un fenomeno che si è visto espandersi dagli anni ‘90 del secolo passato con il riconoscimento della salute come un diritto, con la promozione della salute-prevenzione, con la discussione sulla giustizia sociale e dell’interesse ad avere una salute a portata di tutti. L’acquisizione e l’accettazione dei termini empowerment, involvement, health literacy, advocacy, e più recentemente engagement, hanno

stimolato e permesso una diversa concezione del rapporto cittadino-medico-struttura sanitaria, la sperimentazione di nuovi metodi e modelli di la- voro multidisciplinari e di partnership, una sempre maggiore disponibilità di informazioni e anche un associazionismo sempre più diffuso e organizzato. In questo panorama, e in concomitanza ad una maggior limitatezza delle risorse, anche la discus- sione relativa alla appropriatezza delle prestazioni, all’impatto e alla sostenibilità all’interno del SSN ha cominciato ad interessare popolazione, pazienti e loro rappresentanze oltre che, come ovvio, tutti coloro che sono direttamente coinvolti nelle attività dello stesso servizio. Per tutte queste ragioni la di- scussione sulle scelte di salute, di sanità e di ricerca deve essere informata e consapevole, collegiale e multidisciplinare, avendo comunque presente che: • non siamo un paese ad elevata alfabetizzazione

sanitaria, c’è poca domestichezza nell’affrontare i fatti con dati e numeri;

• la medicina è ancora spesso considerata una scienza esatta, il concetto di incertezza - non tut- to si sa in medicina! - è ancora poco discusso e famigliare, così come quello di medicina basata sulle prove; soffriamo, infine, di un certo crescen- te scetticismo verso la medicina e la scienza; • l’informazione a disposizione di popolazione e pa-

Coinvolgere la

popolazione nel dibattito