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Istituto di Ricerche Interdisciplinari sulla Sostenibilità (IRIS), Università d

Torino

DOI: 10.26324/2018RRICNRBOOK23

complessità

partecipazione pubblica

incertezza

innovazione

tran-scienza rinnovamento scienza post-normale

mattoni epistemici democrazia arte

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Scienziati in affanno? Ricerca e Innovazione Responsabili (RRI) in teoria e nelle pratiche

Con l’avanzare del nuovo millennio, si assiste a un’ulteriore transizione. Con l’affermarsi della ri- cerca DIY (fai da te)1 e della figura del tecnoscien-

ziato imprenditore, i confini tra il comprendere e il fare, tra il conoscere e l’agire diventano sempre più permeabili. In particolare, il fare, il costruire, il sintetizzare della tecnologia diventano strumen- ti di indagine epistemica autonomi, sostituendosi all’analizzare e al comprendere della scienza («ciò che non posso costruire, non lo capisco» diventa lo slogan ufficiale della biologia sintetica, Venter 2010). Non solo, ma con l’emergere delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione (la cosiddetta rivoluzione smart), anche la sfera nor- mativa delle decisioni sfuma e viene sostituita con la raccolta e l’analisi di informazione digitale, so- luzioni tecnoscientifiche concepite e presentate come esenti dalla sfera dei valori (Palmisano 2010).

In questo contesto, i termini “ricerca” e “innova- zione” evocano i confini moderni tra teoria e pra- tica, tra analisi e sintesi, tra scienza e tecnologia, ma li incarnano in modo intrinsecamente sfumato, riducendo sia le categorie epistemiche (della scien- za) che quelle normative (dei processi democrati- ci) a questioni eminentemente tecniche, al servizio della «crescita sostenibile di aziende e mercati » (EU 2010).

In che modo? Primo, per sostenere la dinamica paradossale di una crescita indefinita e accelerata dei consumi in un sistema chiuso e finito (il nostro pianeta), la ricerca e l’innovazione si propongono come libera espressione della creatività umana, per natura illimitata, in grado di scindere la crescita economica dal consumo materiale, migliorando l’efficienza nell’uso delle risorse naturali e da ul- timo sostituendole con degli artefatti tecnoscien- tifici sostanzialmente equivalenti e debitamente ottimizzati.

1 Dall’inglese Do It Yourself.

2 Esempio emblematico di questa narrazione apparentemente non ideologica è il volume di Kevin Kelly “The Inevitable” recentemente tradotto in italiano da Il Saggiatore (Kelly 2017).

Secondo, ricerca e innovazione sono invocate come gli unici strumenti in grado di controllare e persino estirpare alla radice la complessità, l’incer- tezza e i rischi di fallimento dei nostri sistemi di esi- stenza, mediante l’utilizzo di opportuni «proiettili d’argento», (Benessia e Funtowicz 2013) soluzioni tecniche in grado di proteggerci dalle conseguenze nefaste della nostra stessa potenza tecnoscientifica - dalla nano- e geo- ingegneria per controllare il cli- ma, alle tecnologie smart per tenere sotto controllo lo stato di salute del pianeta e dei suoi abitanti, agli organismi sintetici semplificati on demand, per nu- trirci e sanare l’inquinamento.

Terzo, ricerca e innovazione sono i mezzi per creare sempre nuovi modelli d’imprenditoria, per- corsi e mete di consumo, in grado di preservare la crescita in mercati iper-saturi di beni materiali e soffocati dalla competizione globale.

Naturalmente, affinché il modello proposto sia funzionale nel suo insieme, i cittadini delle eco- nomie emergenti, emerse e in declino, devono “far propri” i processi e i prodotti dell’innovazione, in senso non solo metaforico ma anche letterale. Questo significa che le aspettative riguardo ai beni dell’innovazione devono essere efficacemente nu- trite e i timori riguardo ai mali, contenuti.

In questi termini, l’innovazione non è dunque soltanto una soluzione “possibile” e “desiderabile” ma anche “necessaria”, per uscire dall’impasse nel- la quale ci troviamo. Come tale, è intrinsecamente positiva, e nelle modalità qui appena accennate, si configura come esente da considerazioni di valore, in altre parole, “inevitabile”2.

Diventa in questo senso interessante riflettere sulla ragione e sui possibili significati della terza e ultima parola dell’acronimo, l’aggettivo “responsa- bile”, con il quale la sfera normativa efficacemen- te estromessa rientra in scena, in una forma però

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controllabile e idealmente standardizzabile. In che senso?

L’idea di responsabilità può essere declinata in varie accezioni, ma nel governo dei processi e pro- dotti della scienza e della tecnologia – oggi dell’in- novazione – prevale il significato di saper prevedere in modo affidabile le conseguenze future, e agire di conseguenza, per limitare i possibili danni. In sostanza, il principio d’azione dello stato moderno consiste nell’idea che la previsione del futuro sia necessaria per legittimare l’azione pubblica nel presente.

Sin dagli anni Novanta, con l’emergere dell’idea della precauzione, tale principio si traduce essen- zialmente nella possibilità di valutare in modo og- gettivo l’incertezza riguardo al futuro attraverso la stima quantitativa delle probabilità di accadimento di eventi distinti e dei relativi rischi. In questa vi- sione, l’ideale separazione tra i fatti e i valori, che permette un’analisi oggettiva e univoca dell’incer- tezza, e la possibilità di quantificare la nostra rela- zione con l’ignoto, sono condizioni necessarie per poter agire “responsabilmente”.

Entrambi i presupposti ideali si rivelano sempre meno efficaci e applicabili nel confrontarci con la complessità della crisi sistemica in corso e con la potenza tecnoscientifica dei mezzi che utilizzia- mo per fronteggiarla. La consapevolezza dei limiti – teorici e pratici, epistemici e normativi – della previsione e gestione dei rischi per agire respon- sabilmente, è sempre più evidente. Alcune delle intuizioni filosofiche pionieristiche della fine del secolo scorso si fanno sempre più attuali e rilevan- ti. La trans-scienza di Alvin Weinberg, per la quale molte delle questioni sollevate dalle nostre inven- zioni tecnoscientifiche non possono essere risolte dalla scienza che le ha messe al mondo (Weinberg 1972). La scienza post-normale di Silvio Funtowicz e Jerome Ravetz, per la quale l’incertezza riguardo al futuro delle nostre innovazioni è irriducibile poi-

3 Per approfondire il tema della prospettiva artistica in questo contesto, si veda: http://alicebenessia.it/la-fotografia-e-

lesperienza-dellignoto.

ché intrinsecamente correlata con la posta in gioco della loro produzione e implementazione (Fun- towicz e Ravetz 1993).

Se prendiamo seriamente in considerazione i li- miti della nostra relazione con il futuro e la nostra imprescindibile soggettività, individuale e colletti- va, nel confrontarci con esso, ci rendiamo conto che l’aggettivo “responsabile” non può essere tra- dotto in una serie di procedure previsionali stan- dard, per poi essere applicato alla nostra innovazio- ne come un sigillo di garanzia.

In sostanza, per innovare responsabilmente il no- stro modo di vivere, la dimensione etica, politica e normativa insita nei nostri sistemi democratici può e deve essere recuperata, per elaborare nuovi prin- cipi d’azione, radicati nella dimensione del pre- sente (Strand e Funtowicz 2011). In questo senso, può essere utile confrontarci con uno dei significati originari della parola responsabilità, ossia l’«abilità di rispondere» (Beuys 2004). Se seguiamo la traiet- toria indicata da quest’ultima accezione, la ricerca artistica così come quella empirica delle culture in- digene ancora presenti, possono diventare efficaci strumenti di innovazione: rendendoci pronti a rea- gire in modo creativo ai cambiamenti imprevisti, e in grado di impegnarci per immaginare e produrre collettivamente le trasformazioni necessarie non solo al nostro benessere ma anche a quello degli altri viventi3 (Benessia et al. 2012).

In particolare, quando la ricerca, la pratica e la fruizione artistica si inseriscono in contesti di par- tecipazione pubblica, dalle aule universitarie ai centri di ricerca, dai musei d’arte e di scienze na- turali alle scuole di ogni ordine e grado, dai teatri alle piazze e ai sentieri di campagna, è possibile che si aprano dei varchi inattesi nella nostra per- cezione e comprensione della realtà, dunque nel nostro modo pensare, decidere e agire, come indi- vidui e collettività. L’arte pubblica può contribuire, in questo senso, a generare innovazione, intesa nel

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suo significato originario di rinnovamento: scalzan- doci dall’equilibrio del nostro quotidiano, confina- to nei margini della nostra disciplina lavorativa ed esistenziale, mettendoci in un contatto creativo e non difensivo con la complessità, l’incertezza e l’i- gnoto, fuori e dentro di noi, rendendoci più capaci di rispondere alle questioni pressanti della nostra epoca, dunque più responsabili.

Note bibliografiche, siti web e risorse in rete

Allenby, B.R. and Sarewitz D. (2011). The Tech- no-Human Condition, Cambridge: MIT Press

Benessia, A., Funtowicz, S.O., Bradshaw, G., Ferri, F., Ráez- Luna, E.F. e Medina, C. P. (2012) “Hybridizing sustainability: Towards a new praxis for the present human predicament”, Sustainabi- lity Science 7(1): 75-89. Doi: 10.1007/s11625-011- 0150-4

Benessia, A. e Funtowicz S. (2013). “Ottimiz- zare, sostituire e sconfiggere: i proiettili d’argento dell’innovazione. In “Jasanoff S., Benessia A. e Funtowicz S. “L’innovazione tra utopia e storia”. Torino: Codice Edizioni

Beuys J. 2004. What is art? Conversations with Joseph Beuys, Edited with essays by Volker Harlan. West Hoatly: Clairview Books

Bush, V. (1945). Science, the endless frontier. United States Office of Scientific Research and

Development, U.S. Govt. Print Office

de Solla Price D.J., (1963). Little science, big science and beyond, New York: Columbia Univer- sity Press

European Commission (2010). “EUROPE 2020: A Strategy for Smart, Sustainable and Inclusive Growth.” Communication from the Commission, COM(2010)2020

Funtowicz, S. e Ravetz, J. (1993). “Science for the post-normal age”, Futures, 31(7): 735-755

Kelly, K. (2017). “L’inevitabile: le tendenze tecno- logiche che rivoluzioneranno il nostro futuro”. Mila- no: Il Saggiatore

Merton, R.K., 1973 (1942). “The Normative Structure of Science”, in The Sociology of Science: Theoretical and Empirical Investigations. Chicago: University of Chicago Press

Palmisano, S. (2010). “Welcome to the decade of smart”. Royal Institute of International Affairs Cha- tham House, London, 12 January

Strand, R. e Funtowicz S. (2011). “Change and commitment”, Journal of Risk Research Vol. 14, No. 8, September 2011, 995–1003

Weinberg, A.M. (1972). “Science and trans-scien- ce”, Minerva, 10: 209-222

Venter, J. Craig (2010), “First Self-Replicating, Synthetic Bacterial Cell Constructed by J. Craig Venter Institute Researchers”, Press Release, Rock- ville (MD) − San Diego (CA), 20 Maggio 2010

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Già nell’attuale quadro finanziario 2014-2020, nel cui contesto si colloca il Programma Quadro (PQ) Horizon 2020 (H2020), sono state intrapre- se alcune iniziative da parte degli Stati membri dell’UE e della Commissione europea (CE) al fine di ottenere un migliore allineamento della ricerca e dell’innovazione con le esigenze sociali. Innan- zitutto la dimensione sociale non è stata solo af- frontata in una linea specifica - Science with and for Society (Swafs) - ma ha pervaso orizzontalmente tutte le attività di ricerca come componente essen- ziale e imprescindibile. Tale approccio nasce dalla necessità di una RRI che permettano a tutte le parti interessate a partecipare ai processi di ricerca e in- novazione di: 1

1) avere preliminare consapevolezza sulle conse- guenze delle loro azioni e sulle possibili opzio- ni disponibili;

2) valutare efficacemente i risultati e le opzioni in termini di bisogni sociali (e, aggiungerei, valori morali);

3) utilizzare tali considerazioni (1 e 2) come requi- siti funzionali per la progettazione e lo sviluppo di nuove ricerche, prodotti e servizi.

L’approccio della RRI dovrebbe essere una parte fondamentale del processo di ricerca e innovazio- ne e dovrebbe essere definito come un approccio collettivo, inclusivo e a livello di sistema. Questo

1 In qualità di responsabile.

almeno nelle intenzioni della CE, che è arrivata a menzionare specificamente la RRI nel Regolamen- to di H2020, all’articolo 14 dedicato alle azioni tra- sversali.

Affinché gli aspetti orizzontali - quelli che, per intenderci, hanno rilevanza socio-economica e politica - siano adeguatamente coperti in H2020, l’articolo 14 elenca una serie di key drivers, quali la RRI, Social Science and Humanities, Sustainable Development Goals, gender balance, solo per ci- tarne alcuni, che devono permeare tutte le attività scientifiche tematiche.

Il programma specifico di H2020, infatti, oltre a prevedere una linea dedicata a “scienza con e per la società”, sottolinea l’importanza delle comple- mentarità delle questioni trasversali tra le varie par- ti del Programma stesso, che dovrebbero integrare la RRI come un approccio trasversale, malgrado l’analisi condotta nel 2016 dal Gruppo di esperti del Programma Swafs abbia dimostrato che questo incorporamento è piuttosto debole ed eterogeneo. Dal Rapporto emerge infatti che fino ad ora i ri- cercatori hanno avuto poco coinvolgimento nella comprensione e nell’integrazione dei principi di RRI in H2020 e, in molti casi, non hanno una chiara comprensione di ciò che concretamente RRI voglia dire.

Probabilmente, per un’elevata attitudine etica

Beyond RRI – Verso il

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