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Sul finire dell’Ottocento, lo sviluppo turistico e l’energica svolta vissuta da Alagna e Riva Valdobbia, videro il centro di Alagna trasformarsi, sorsero numerose ville in stile liberty (come ad esempio Casa Smitt o Smith), destinate a locazione turistica.

Queste ville liberti si fusero con l’antica architettura Walser, infatti il Liberty ad Alagna, venne importato dagli alagnesi che in Francia e in Spagna avevano fatto fortuna, e si fonde in modo armonico con il legno e la pietra tipiche dell’architettura locale.

Già negli anni ’30 dopo la costruzione del rifugio Guglielmina al Col d’Olen, fu proposto un progetto che prevedeva l’installazione di un impianto a fune in grado di collegare il rifugio al paese, ma a causa di una mancanza di fondi il progetto rimase inapplicato.

Alcuni anni dopo, intorno al 1948, sempre con l’intenzione di collegare il centro di Alagna con il Col d’Olen, si costruì il primo impianto di risalita, l’ovovia del Belvedere inaugurata il 2 luglio 1950 da Alcide De Gasperi. Alla stazione di monte si trovava l’albergo Belvedere, costruito agli inizi del ‘900, fino ad allora era tappa fissa per gli escursionisti del Monte Bianco in estate, diviene la base della stazione sciistica.

L’impianto dell’ovovia del Belvedere fu chiuso nel 1971, dopo che un grave incidente in cui persero la vita quattro persone, ne compromise gravemente il funzionamento. L’anno successivo a causa delle copiose nevicate, l’albergo Belvedere, si sfondò sotto il peso della neve; chiudendo definitivamente l’espansione delle piste di sci verso Otro.

Un gioco che appassiona i giovani del posto era la discesa dal Belvedere in velocità, cercando di arrivare in paese prima che gli ovetti avessero compiuto un giro completo.

Considerato che gli ovetti viaggiavano alla velocità di 3 metri al secondo e il dislivello Alagna Belvedere era di 600 metri, si trattava davvero di tempo da record.

In quegli anni il comprensorio sciistico, grazie ai tre impianti di risalita e alle cinque piste principali, era diventata in fretta una stazione fiorente, tanto che aveva visto nascere varie attività legate allo sci (noleggio attrezzature da sci, una scuola di sci) e si prospetta un ulteriore ampliamento degli impianti.

Nel frattempo però, si era concretizzato il desiderio di collegare Alagna al Monte Rosa, con la nascita degli impianti di Punta Indren, che conducevano a 3260 metri. La funivia di Punta Indren, inaugurata il 1° maggio 1965, fu voluta dall’ingegnere Giorgio Rolandi, lungimirante imprenditore, che seppe capire il valore di un’opera che avrebbe poi stravolto l’economia del paese.

La sua costruzione segnò il passo tra il passato e il futuro di Alagna e Riva Valdobbia.

Rolandi progetta e finanzia questo progetto all’avanguardia e grandioso: Alagna-Zaroltu-Bocchetta delle Pisse-Punta Indren

_PARCO NATURALE ALTA VALSESIA

È importante sottolineare la presenza del Parco Naturale in prossimità dell’impianto sciistico, per avere un quadro generale della zona.

Istituito nel 1979, il Parco Naturale Alta Valsesia si caratterizza come parco alpino per eccellenza, sviluppandosi dagli 880 m di Fobello ai 4.559 m della Punta Gnifetti ed è pertanto il parco più alto d’Europa.

Il Parco ha un’estensione di 6.511 ettari

È conosciuto con il

Parco alpino per antonomasia, è dominato dalla presenza del massiccio del Monte Rosa e dei suoi ghiacciai che, in particolare nel territorio di Alagna, formano uno straordinario ed emozionante fondale alle escursioni.

I suoi confini occidentali e nordoccidentali corrono sullo spartiacque che separa la Valsesia dalla Valle di Gressoney, dal territorio elvetico e della Valle Anzasca. A est il suo confine coincide con la cresta alpina del massiccio del Monte Rosa, toccando i 4.559m della Punta Gnifetti.

Gran parte del parco risulta caratterizzato da una morfologia di tipo glaciale; infatti i ghiacciai che hanno costituito per secoli l’elemento predominante della Valsesia, formano tutt’oggi un suggestivo fondale nel territorio di Alagna, influenzando con la loro presenza, l’ecosistema del parco.2

2

Alta Valsesia –Scheda https://www.areeprotettevallesesia.it/it/

valsesia?idareaintervento=42#briciole

La gestione del territorio è affidata ai guardia parco, che hanno funzione di polizia giudiziaria ma anche di studio sull’area protetta, raccolta di dati, sviluppo dell’educazione ambientale.

Come riportato dal sito dell’Area Protetta Valle Sesia, il Parco Naturale Valsesia è caratterizzato da vegetazione propria del piano alpino e subalpino: si passa dai boschi di larice, alle praterie alpine e, ancora più in alto, alla specie pioniere degli ambienti più estremi. Nelle aree non interessate dai ghiacciai è presente la vegetazione tipica del piano montano, rappresentata da fitti boschi di faggio e abete bianco.

La fauna del parco è l’esempio più immediato di cosa vuol dire proteggere: stambecchi, camosci, marmotte, caprioli, galli forcelli, lepri variabili e non di rado l’aquila reale, rappresentano solo alcune delle specie presenti sul territorio e che si possono osservare durante un’escursione.3

3

Ibidem, Alta Valsesia –Scheda

https://www.areeprotettevallese-sia.it/it/valsesia?idareaintervento=42#briciole 0 500 1000 1500 2000

Legenda:

Parco Naturale Alta Valsesia

_RETE NATURA 2000

La rete di protezione Natura 2000 è il principale strumento della politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità. Si tratta di una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell’Unione, istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE

“Habitat” per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e di fauna minacciati, o rari a livello comunitario.

All’interno di queste aree le attività umane non sono escluse, in quanto queste zone, non sono riserve rigidamente protette.

La Direttiva Habitat intende garantire la protezione della natura tenendo anche “conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali” (Art. 2).

Soggetti privati possono essere proprietari dei siti Natura 2000, assicurandone una gestione sostenibile sia dal punto di vista ecologico che economico.

La Direttiva riconosce il valore di tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell’uomo e delle sue attività tradizionali ha permesso il mantenimento di un equilibrio tra attività antropiche e natura. Alle aree agricole, per esempio, sono legate numerose specie animali e vegetali ormai rare e minacciate per la cui sopravvivenza è necessaria la prosecuzione e la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o l’agricoltura non intensiva. Nello stesso titolo della Direttiva viene specificato l’obiettivo di conservare non solo gli habitat naturali ma anche quelli seminaturali (come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi utilizzati, i pascoli, ecc.).

Un altro elemento innovativo è il riconoscimento dell’importanza di alcuni elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di

connessione per la flora e la fauna selvatiche (art. 10). Gli Stati membri sono invitati a mantenere o all’occorrenza sviluppare tali elementi per migliorare la coerenza ecologica della rete Natura 2000.

La rete Natura 2000 è composta da:

ZSC/SIC – Zone Speciali di Conservazione/ Siti di Importanza comunitaria, i siti SIC vengono identificati dagli Stati Membri secondo quanto stabilito dalla Direttiva Habitat e successivamente vengono designati quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC).

ZPS – Zone di Protezione Speciale, istituite ai sensi della Direttiva 2009/147/CE “Uccelli” concernente la conservazione degli uccelli selvatici.

In Italia, i SIC, le ZSC e le ZPS coprono complessivamente circa il 19%

del territorio terrestre nazionale, e più del 7% di quello marino.4

4

https://www.minambiente.it/pagina/rete-natura-2000 0 500 1000 1500 2000

Legenda:

SIC ZPS

L’Europe Avalanche Waring Services, definisce una generica valanga come un movimento rapido di una massa nevosa, grande o piccola che sia.

Possono essere prodotte da cause naturali, in questo caso si avranno valanghe spontanee, oppure potrebbero essere prodotte dall’uomo sia volontariamente che involontariamente.

Le statistiche dimostrano che oltre il 90% dei casi, il distacco è provocato dagli infortunati stessi.5 È ormai noto che i cambiamenti climatici degli ultimi anni, hanno anche effetto sul rischio di distacco delle valanghe. Gli effetti del cambiamento climatico si hanno sulla contrazione della stagione di innevamento e gli spessori della coltre nivale, dovuta principalmente all’aumento della temperatura che, di conseguenza, innalza lo zero termico e le quote di innevamento soprattutto in autunno. Non solo, con il riscaldamento globale ci si attende l’intensificarsi di eventi estremi di precipitazione che porterebbero, a quote elevate, consistenti apporti nivali in inverno. Mentre, nella stagione primaverile, i forti incrementi delle temperature, potrebbero agire come meccanismo di innesco.

I fenomeni valanghivi si distinguono dai movimenti lenti del manto nevoso a causa di una perdita di stabilità. Il grado di stabilità (S) del manto nevoso è il risultato tra le resistenze (R) e le forze propulsive (T).

5

AA.VV., Alpinismo su ghiaccio e misto, I Manuali del Club Alpino Italiano- 14, Club Alpino Italiano, Milano, 2005, p.495

R > T

Nel caso in cui le resistenze superino le forze propulsive, il manto nevoso risulterà stabile.

R = T

In questo caso il manto nevoso è in condizioni di equilibrio precario.

R < T

Se le resistenze risultano essere inferiori alle forze propulsive, si avrà un manto nevoso in condizioni di instabilità.

L’aumento delle forze propulsive o forze attive può dipendere da vari fattori:

aumento della pendenza sovraccarico per cause naturali

apporto di neve dovuto a nuove precipitazioni, apporto di neve in seguito all’azione del vento,

apporto di acqua sia dovuta a fusione dei pendii sovrastanti, sia da precipitazioni meteoriche,

caduta di sassi, cornici, seracchi o valanghe.

sovraccarico provocato dal passaggio di persone.