• Non ci sono risultati.

La creazione della nunziatura apostolica permanente sul territorio polacco-lituano

La creazione del sistema statale moderno richiedeva l'istituzione di un efficace rete di contatti reciproci e di controllo tra i paesi, adatta alla sempre più dinamica situazione geopolitica dell’Europa. La diplomazia, al servizio dello stato moderno, permise di mantenere l'equilibrio politico tra i vari centri di potere, in alternativa alle soluzioni militari172.

La storiografia è d'accordo sul fatto che le origini della diplomazia moderna andrebbero cercate in Italia, in particolare a Milano, Firenze, Venezia e Roma173. Il Rinascimento italiano influì fortemente sul vivace scambio di informazioni e di contatti politici tra gli stati italiani, il papato e l'Impero. Per queste ragioni di natura politica, culturale ed economica, presso alcune corti italiane si istituirono le missioni diplomatiche permanenti174.

La diplomazia della Santa Sede aveva un carattere particolare. Non costituiva una rappresentazione meramente politica di uno stato moderno laico, ma si basava nella propria attività sull'antico modello dell’Europa cristiana175. Maria Antonietta Visceglia ha sottolineato che la

170 Olszewski, The Ideology, cit., p. 71; Tazbir, Polska przedmurzem Europy, cit., pp. 51, 85; Giuseppe Galasso, Le relazioni

internazionali nell’età moderna (secoli XV-XVIII), in «Rivista Storica Italiana», CXI/1 (1999), p. 25.

171 Lippomano a Gianpietro Carafa, Warszawa 12 X 1556, in ANP III, nr 114, p. 289.

172 Prodi, Diplomazia del Cinquecento, cit., pp. 30-31; Claudio Rosso, Burocrazia, fiscalità, diplomazia, in Storia d'Europa e

del Mediterraneo. Dal Medioevo all'età della globalizzazione. 5. Età moderna (secoli XVI-XVIII), vol. XII. Popoli, stati, equilibri di potere, a cura di Roberto Bizzocchi, Salerno Editrice, Roma 2013, p. 41.

173 Anderson, The Rise of Modern Diplomacy, cit., pp. 2-11; Frelek, Dzieje dyplomacji, cit., pp. 197-200. 174 Cardinale, Le Saint-Siège et la diplomatie, cit., pp. 22, 29.

175 H. D. Wojtyska ha giustamente sottolineato che «i contatti del papato medievale coi singoli paesi non possono essere definiti diplomatici, perché la commistione di sacro e profano nel concetto della Repubblica cristiana cancellò completamente le differenze tra la politica e la religione, tra lo Stato e la Chiesa» (orig. «średniowiecznych kontaktów między papiestwem i poszczególnymi krajami nie można nazwać dyplomatycznymi, gdyż przemieszanie sacrum i profanum w koncepcji Rzeczypospolitej Chrześcijańskiej zacierało całkowicie różnice między polityką i religią, państwem i Kościołem»). Soltanto il crollo delle strutture politiche medievali diede origine alla diplomazia pontificia in senso moderno. Cfr. Wojtyska, Papiestwo – Polska, cit., p. 19; Andretta, Cerimoniale e diplomazia pontificia nel XVII secolo, in

47

tradizione medievale dell’universalismo papale e della Res Publica Christiana influenzava ancora molto fortemente la linea politica della Santa Sede nel corso dell’età moderna: «Universalism was therefore important theoretically, linked to the doctrine of papal primacy and the pope’s possession of the keys to heaven, but the Papacy’s international policy was primarily exercised within the limits imposed by actual relations with States»176. La storica italiana ha notato che, nonostante l’impasse dell’attività della Santa Sede derivante dalla Riforma e dai problemi connessi al Concilio di Trento, nell’epoca della Riforma cattolica il papato riuscì a riconquistare la gran parte dell’antica autorità e prestigio. Rinacque in questo modo la valenza simbolica dell'universalismo papale177. Anche Heinz Schilling ha sottolineato che «the Early Modern Papacy displayed a remarkable capacity to adapt itself and its system to the new situation without renouncing its ‘two-souls’ status»178. Alle soglie dell'epoca moderna, il papa aveva infatti tutte le caratteristiche non solo di capo della Chiesa, ma anche di un monarca secolare. Questa doppia immagine è stata attentamente esaminata da Paolo Prodi, la cui impostazione ha dominato per decenni la storiografia in materia179.

Il carattere ibrido dello Stato Pontificio moderno, di natura sia laica che religiosa, costrinse quindi la Santa Sede alla creazione di un nuovo sistema di istituzioni, le quali avrebbero garantito a Roma la sua centralità in entrambi i campi. La realizzazione della rinnovata idea dell’universalismo papale fu in gran parte possibile proprio grazie a una fiorente rete diplomatica180. Grazie ad essa, una volta superata la crisi avignonese, la Curia romana non svolse più un ruolo passivo nelle relazioni internazionali; al contrario, grazie a un sistema di rappresentanze diplomatiche permanenti presso le varie corti europee, aveva la possibilità di intraprendere la propria iniziativa politica181.

L’affermazione delle rappresentanze diplomatiche permanenti dello Stato Pontificio fu un processo piuttosto lento, a causa del fatto che il papato per secoli dispose di un'articolata rete di legati sparsi per l’Europa, i quali svolgevano le loro missioni a breve termine e con uno scopo di volta in volta determinato. Stefano Andretta ha sottolineato il ruolo cruciale del sacco di Roma nel 1527 nel processo di sviluppo della diplomazia della Santa Sede nell’età moderna. Questo evento mostrò tutta la debolezza del papato nei confronti delle potenze europee. L'assenza di una reale

176 Visceglia, The International Policy of Papacy, cit., p. 26.

177 Ead., Il ceremoniale come linguaggio politico, in Cérémonial et rituel, cit., p. 120. 178 Schilling, The two Papal Souls, cit., p. 105.

179 Cfr. Prodi, Lo sviluppo dell’assolutismo nello Stato Pontificio, Pàtron, Bologna 1968; Id., Il sovrano pontefice, cit. 180 Feldkamp, La diplomazia pontificia, cit., p. 14; Bély, L'art de la paix, cit., p. 21.

181 Maria Teresa Fattori, Per una storia della curia romana dalla riforma sistina, secoli XVI-XVIII, in «Storia del cristianesimo», 35 (2014), p. 51.

48

forza militare degli stati italiani, e dello Stato Pontificio in primo luogo, spinse infatti a cercare di affermare la propria posizione internazionale e di influenzare il corso degli eventi politici in Europa attraverso la diplomazia182. Garret Mattingly ha definito questa tattica una «disperata improvvisazione» (desperate improvisation)183. Un ulteriore elemento che portò allo sviluppo e alla stabilizzazione delle nunziature apostoliche permanenti fu infine la riluttanza delle strutture ecclesiastiche locali nei confronti delle visite occasionali dei legati apostolici, soprattutto nel periodo della crisi del centralismo della Chiesa di Roma e nel corso della Riforma protestante. I legati venivano comunemente accusati di volere imporre la volontà del papa a livello locale. Quest'ultimo aspetto avrebbe condotto, secondo P. Prodi, all’affermazione finale dell’ufficio del nunzio apostolico permanente, in quanto gli ecclesiastici locali lo temevano meno del legato, a causa della continuità della sua missione e, di conseguenza, del suo più marcato inserimento nel contesto locale184.

Non si è conservato alcun documento ufficiale che sancisca l'istituzione della nunziatura apostolica permanente. Lo sviluppo delle missioni diplomatiche della Santa Sede avvenne via facti, come frutto dell’evoluzione di diversi tipi di legazioni medievali, in primo luogo delle collettorie185. Nonostante i termini nuntii Sancti Petri o nuntii sedis apostolicae comparissero nella nomenclatura della Curia romana fin dai tempi di Gregorio VII (1073-1085), la fioritura della diplomazia pontificia viene associata allo sviluppo delle strutture amministrative pontefice in età moderna. L'organo responsabile per il funzionamento della rete diplomatica della Santa Sede fu la Segreteria di Stato.

182 Andretta, Cerimoniale e diplomazia, cit., pp. 202-203.

183 Garret Mattingly, Renaissance Diplomacy, Penguin Books, London 1965, p. 155. 184 Prodi, Il sovrano pontefice, cit., pp. 309-310.

185 L'ufficio del collettore (lat. collector) apparve nel corso del XIII secolo, in concomitanza con le nuove esigenze finanziarie della Chiesa, dovute all’organizzazione delle crociate. In alcuni paesi, come in Francia o nell'Impero, il collettore fu una carica strettamente fiscale, con lo scopo di controllare la raccolta di tutte le tasse ecclesiastiche. In Inghilterra, in Spagna e in Polonia il collettore manteneva anche alcuni compiti politici e diplomatici. Alcuni storici, come Henry Biaudet hanno sostenuto la teoria che le nunziature apostoliche permanenti si fossero sviluppati proprio dalle collettorie. Secondo Mark Feldkamp, le nunziature e le collettorie dovrebbero invece essere studiate singolarmente, separando i loro compiti fiscali e politico-diplomatici. Luca Riccardi ha ritenuto che i collettori acquisirono delle funzioni diplomatiche, ma solo nei paesi lontani da Roma, dove i legati missi avrebbero accesso limitato. Ben presto, però, vennero completamente sostituiti dai nunzi permanenti. Un punto di vista più moderato è stato assunto da Paolo Prodi, Alonso Fernandes, Pasquale Villani e Mario Monaco. Secondo gli storici sopranominati, si possono notare stretti legami tra lo sviluppo delle nunziature e l’attività delle collettorie in Spagna, a Napoli e in Inghilterra; mentre nei casi polacco, veneziano, tedesco e francese, ebbero un ruolo preminente nell'istituzione delle missioni apostoliche permanenti l’esempio della diplomazia secolare e l’evoluzione dell’ufficio del legato. Cfr. Biaudet, Les nonciatures apostoliques, cit., pp. 60-63; Alonso Fernandes, Nuncios, colectores y legados pontificios en España de 1474 a 1492, in «Hispania Sacra», 10 (1957), pp. 33-90; Pasquale Villani, Origine e carattere della nunziatura di Napoli (1523-1569), in «Annuario dell’Istituto Storico Italiano per l’Età Moderna e Contemporanea», 9-10 (1957-1958), pp. 285-296; Michele Monaco, The “De officio

collectoris in Regno Angliae” by Pietro Griffi of Pisa (1469-1516), in Miscellanea historiae ecclesiasticae, T. 3, ed. by Derek

Baker, Nauwelaerts, Louvain 1970, pp. 175-183; Prodi, Diplomazia del Cinquecento, cit., pp. 132-136; Wojtyska, Papiestwo –

Polska, cit., pp. 15-16; Feldkamp, La diplomazia pontificia, cit., pp. 42-43; Riccardi, An outline of Vatican diplomacy, cit., p.

49

Le sue radici risalgono al pontificato di Martino V (1417-1431). La Segreteria di Stato venne creata per consentire al pontefice di agire rapidamente e prendere decisioni in modo indipendente dalla cancelleria della Santa Sede. Essa risultò necessaria per coordinare il flusso delle informazioni provenienti da varie nunziature europee e la redazione delle istruzioni per i singoli diplomatici pontefici. Al termine del pontificato di Clemente VII (1523-1534), la Santa Sede era rappresentata dai suoi nunzi presso le corti imperiale, spagnola, francese e veneziana186. In quel periodo, in Polonia venivano inviati ancora soltanto i legati missi, le cui missioni si svolgevano a tempo determinato, con uno scopo ben definito187.

Le prime norme legislative a proposito dell’istituzione di rappresentanze diplomatiche permanenti della Santa Sede vennero sancite solo nel 1562, durante il Concilio di Trento. La storiografia, tuttavia, concorda sul fatto che il momento chiave per la stabilizzazione e per lo sviluppo della nunziatura, in quanto istituzione diplomatica di carattere permanente, fu rappresentato dal pontificato di Gregorio XIII (1572-1585). Le riforme di papa Buoncompagni fecero parte di una tendenza post-tridentina al rinnovamento della Chiesa cattolica, sia in termini religiosi che organizzativi. Oltre alle nunziature già esistenti in Spagna, Portogallo, Napoli, Polonia, Venezia e presso la corte imperiale (le cosiddette nunziature pretridentine), Gregorio XIII istituì le nuove rappresentanze diplomatiche in Piemonte, Firenze, Gratz, Colonia, Lucerna e nei Paesi Bassi188. Ai nunzi apostolici vennero assegnate delle nuove facoltà, in cui possiamo distinguere tre filoni principali: prima di tutto, i compiti politici presso la corte, insieme alle attività di informazione, relativamente sia alla politica interna che a quella estera dello stato in cui si svolgeva la missione; in secondo luogo, le competenze in materia di religione e di amministrazione ecclesiastica, tra cui i

186 Pieper, Zur Entstehungsgeschichte, cit., pp. 1-24; Cardinale, Le Saint-Siège et la diplomatie, cit., p. 85; Blet, Historie de la

Représentation Diplomatique, cit., p. 219; Woś, Fonti per la storia, cit., p. 19; Anderson, The Rise of Modern Diplomacy, cit.,

pp. 40-41; Riccardi, An outline of Vatican diplomacy, cit., p. 103.

187 I legati missi costituivano la tipologia degli inviati papali più diffusa nella diplomazia pontificia medievale. Essi erano di solito dei vescovi, mandati presso le varie corti europee con missioni specifiche, finalizzate solitamente ad annunciare le disposizioni papali e vigilare sulla loro attuazione a livello locale. Una volta ottenuto il conseguimento dello scopo di quella data missione, venivano automaticamente licenziati e tornavano a Roma. Questo tipo di legazione diplomatica perse definitivamente la propria importanza con l'introduzione delle nunziature apostoliche permanenti. Wojtyska,

Papiestwo – Polska, cit., p. 31; Prodi, Il sovrano pontefice, cit., p. 308; Feldkamp, La diplomazia pontificia, cit., pp. 36-37.

188 Von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo compilata con sussidio dell’Archivio segreto pontificio e di molti altri

Archivi. Vol. IX: Storia dei papi nel periodo della Riforma e restaurazione cattolica. Gregorio XIII (1572-1585), Desclée, Roma

1925, pp. 47-49; Cardinale, Le Saint-Siège et la diplomatie, cit., p. 93; Wojtyska, Papiestwo – Polska, cit., p. 13; M. Caravale, M. Caracciolo, Lo Stato Pontificio da Martino V a Pio IX, UTET, Torino 1978, pp. 336-337; Blet, Historie de la Représentation

Diplomatique, cit., p. 275; Barbiche, Dainville-Barbiche, La diplomatie pontificale, cit., p. 566; Giordano, Uomini e apparati della politica internazionale del papato, in Papato e politica internazionale, cit., p. 132.

50

contatti diretti con l'episcopato locale; in terzo luogo, alcuni poteri in campo finanziario, come ad esempio la raccolta dei tributi ecclesiastici189.

Lo sviluppo della diplomazia pontificia medievale, il quale portò alla definitiva formazione delle nunziature apostoliche permanenti a cavallo fra XV e XVI secolo, fu quindi un processo lento e condizionato da una varietà di situazioni locali. Per quanto riguarda la nunziatura nello Stato polacco-lituano, secondo P. Prodi essa sarebbe nata come evoluzione di una collettoria, similmente ai casi francese e spagnolo. Tuttavia, Henryk Damian Wojtyska ha mostrato la fallacia di questa teoria, indicando i vescovi di Poznań come i tradizionali collettori locali, operanti sulle terre della Corona di Polonia sin dal Medioevo. Lo storico polacco ha spostato invece l'attenzione al ruolo dei legati papali, i quali nel tardo Medioevo comparvero spesso nelle terre polacche, in primo luogo come mediatori nel conflitto degli Jagelloni con l'Ordine Teutonico190. Wojtyska ha dimostrato che il predecessore diretto del nunzio nella Confederazione polacco-lituana fu quindi non il collettore, ma il legatus missus191.

La storiografia attribuisce l'inizio del processo di formazione della rappresentanza diplomatica permanente della Santa Sede presso la corte jagellonica alla missione del vescovo di Gualdarfiera, Zaccaria Ferreri, che arrivò in Polonia durante il regno di Sigismondo il Vecchio nel 1519192. La missione di Ferreri venne decisa da Leone X (1513-1521), in risposta al crescente interesse della nobiltà polacca nei confronti della Riforma e delle correnti religiose alternative al cattolicesimo. Essa costituì anche un tentativo di presentare al Jagellone la gravità del pericolo turco e la necessità di una rapida soluzione del conflitto della Polonia con l'Ordine Teutonico. Ferreri avrebbe dovuto intraprendere delle azioni per incoraggiare Sigismondo il Vecchio a partecipare alla nuova lega progettata dal papato contro l'Impero ottomano, ma le finalità della sua missione vennero ulteriormente complicate dalla morte dell’imperatore Massimiliano I. Con essa, la Santa Sede temette un conflitto tra la Polonia e la Moscovia, nella cui eventualità, tramite Ferreri, offrì la

189 Pizzorusso, Appunti sulle edizioni documentarie delle “Nunziature d'Italia”, in Gli archivi della Santa Sede, cit., p. 41. 190 Sulle relazioni del Regno di Polonia con l’Ordine Teutonico alle soglie dell’età moderna cfr. Marian Biskup, Polska a

zakon krzyżacki w Prusach w początkach XVI wieku: u źródeł sekularyzacji Prus Krzyżackich, Wydawnictwo Pojezierze,

Olsztyn 1983.

191 Wojtyska, Papiestwo – Polska, cit., pp. 29, 34; ANP I, p. 3; Blet, Historie de la Représentation Diplomatique, cit., p. 219. Secondo P. Prodi, nei casi di Venezia e della Polonia l’istituzione della nunziatura permanente fu fortemente associata al particolare carattere politico e religioso di entrambi i paesi. Cfr. Prodi, Diplomazia del Cinquecento, cit., p. 135.

192 Tygielski, Z Rzymu do Rzeczypospolitej, cit., pp. 7-8; Smołucha, Papiestwo a Polska, cit., pp. 178-180; Wyrozumski,

Historia publikacji akt nuncjatury apostolskiej w Polsce, in Nuncjatura Apostolska, cit., p. 49. La collana Acta Nuntiaturae Polonae inizia proprio con la missione del vescovo di Gardia Z. Ferreri. Sulla sua missione in Polonia (1519-1521) cfr.

Bernardo Morsolin, Zaccaria Ferreri. Episodio biografico del secolo decimosesto, G. Burato, Vicenza 1877, pp. 70-81; ANP I, p. 197-198; ANP II, pp. 1-134; Stöve Eckehart, Ferreri, Zaccaria, in DBI 46 (1996); Smołucha, Papiestwo a Polska, cit., pp. 175- 180.

51

propria mediazione193. Infine, il nunzio concentrò la propria attività sulla lotta nei confronti della Riforma, mentre il suo più importante successo politico fu quello di partecipare alla conclusione della tregua tra Sigimondo il Vecchio e l’Ordine Teutonico (compromesso di Toruń del 5 aprile 1521)194.

Per definire l’attività della diplomazia pontificia presso la corte jagellonica nel periodo dal 1519 al 1555 gli studiosi delle nunziature hanno opportunamente parlato di nuntiaturae minores195. Questo lasso di tempo fu caratterizzato dall’aumento della regolarità delle missioni diplomatiche pontificie in Polonia. Esse, tuttavia, mantennero ancora il carattere ad hoc e furono destinate soprattutto a vigilare sulle relazioni degli Jagelloni con l’Ordine Teutonico, mantenere viva l’idea della moderna crociata contro l’Impero ottomano, così come a tenere sotto controllo le dinamiche della diffusione della Riforma nell'Europa centro-orientale.

I progetti per l'istituzione di una nunziatura apostolica permanente sul territorio polacco- lituano vennero formulati negli anni Quaranta del XVI secolo, in relazione ai crescenti problemi connessi alla convocazione del concilio universale e alle preoccupazioni suscitate dall’eventuale convocazione di un concilio nazionale in Polonia196. Data l'ambivalenza religiosa di Sigismondo Augusto e la crescente diffusione del protestantesimo, la Chiesa cattolica polacco-lituana si sentì seriamente minacciata. I capitoli cattedrali e i vescovi si rivolgevano sempre più spesso a Roma, richiedendo l’invio di un rappresentante pontificio in Polonia, al fine di vigilare sulla situazione religiosa del paese197. Il vescovo di Verona L. Lippomano, considerato il primo nunzio apostolico sui territori polacco-lituani, venne inviato alla corte jagellonica nel 1555, allo scopo di presenziare alla Dieta di Piotrków, in cui si dovevano dibattere importanti questioni religiose. Tuttavia, a causa della morte di papa Giulio III (23 marzo 1555), e in seguito al breve pontificato di Marcello II (9 aprile - 1 maggio 1555), la partenza di Lippomano per la Polonia subì un notevole ritardo. Egli non riuscì dunque a partecipare alle deliberazioni di Piotrków, che ebbero luogo nel frattempo (a partire dal 12 maggio 1555). Come previsto a Roma, durante la dieta si svolse una vivace discussione sulla necessità della convocazione di un concilio nazionale. In considerazione di essa, l’episcopato

193 Baczkowski, Państwa Europy środkowo-wschodniej, cit., pp. 62-63.

194 Biskup, Gerard Labuda, Dzieje Zakonu Krzyżackiego w Prusach, Wydawnictwo Morskie, Gdańsk 1983, pp. 376-377; Biskup, "Wojna pruska" czyli wojna Polski z zakonem krzyżackim z lat 1519-1521, Wydawnictwo Pojezierze, Olsztyn 1991, pp. 442-455; Smołucha, Papiestwo a Polska, cit., p. 180.

195 ANP I, pp. 197-207; ANP II, passim; Tygielski, Z Rzymu do Rzeczypospolitej, cit., p. 7; Feldkamp, La diplomazia pontificia, cit., p. 49; Tygielski, Włosi w Polsce, cit., p. 117; Kopiec, Edycje akt nuncjatury, cit., pp. 190-191.

196 Wojtyska, Papiestwo – Polska, cit., p. 45; Blet, Historie de la Représentation Diplomatique, cit., p. 176; Józef Mandziuk,

Początki nuncjatury w Polsce, in «Studia Theologica Varsaviensia», 30/1 (1992), p. 43.

197 H. D. Wojtyska ha indicato in particolare i due vescovi di Cracovia: Samuel Maciejowski e Andrzej Zebrzydowski. Cfr. Wojtyska, Papiestwo – Polska, cit., pp. 35-39; Mandziuk, Początki nuncjatury, cit., p. 40.

52

polacco inviò a Roma il proprio rappresentante Franciszek Krasiński, il quale rassicurò che i vescovi avrebbero partecipato all’eventuale concilio nazionale soltanto con il consenso della Santa Sede. In questa occasione fu chiesto ancora una volta l’invio di un diplomatico papale in Polonia. Il 23 giugno 1555 il nuovo papa Paolo IV rinnovò quindi la nomina di Lippomano. Il nunzio raggiunse la Polonia nell'ottobre dello stesso anno198. La sua missione durò quasi due anni, il che ha permesso agli storici di identificare nel vescovo di Verona il primo nunzio permanente sul territorio polacco-lituano199.

Con l'Unione di Lublino, conclusa tra la Corona di Polonia e il Granducato di Lituania il 1° luglio 1569, la Confederazione polacco-lituana diventò il terzo paese europeo per superficie e il settimo per popolazione200. A quel punto, la Santa Sede dovette, ancora di più, fare i conti con questo potente conglomerato statale, soprattutto a causa della sua strategica posizione geopolitica201.

La nuova nunziatura in Polonia divenne così una delle più prestigiose missioni diplomatiche pontificie, inferiore soltanto alle nunziature di Madrid, Parigi e Vienna. Il suo rango era pari alle missioni di Bruxelles, Colonia, Lisbona e in Svizzera. Superava invece per prestigio le nunziature italiane. Al nunzio in Polonia vennero assegnati territori vastissimi, poiché presso le corti vicine, come quella moscovita o svedese, per ragioni religiose la Santa Sede non poteva inviare i propri diplomatici permanenti. Per questo, la suddetta nunziatura apostolica, oltre alle terre polacco- lituane, comprendeva di fatto anche il territorio moscovita, la Prussia, la Pomerania, la Livonia, la Svezia, la Finlandia e l'isola di Gotland202.

198 Sulla missione polacca del vescovo di Verona L. Lippomano (1555-1557) cfr. nota 19.

199 Wojtyska, Papiestwo – Polska, cit., p. 47; Woś, Fonti per la storia, cit., pp. 9, 33; Mandziuk, Początki nuncjatury, cit., pp. 43-44; Feldkamp, La diplomazia pontificia, cit., pp. 50, 73; Świderski, Dyplomacja papieska, cit., pp. 116-118. H. D. Wojtyska ha proposto una definizione molto accurata degli elementi necessari per poter definire una missione diplomatica