• Non ci sono risultati.

Formalmente, un interregno nella Confederazione polacco-lituana poteva verificarsi in due modi: attraverso la morte del sovrano, oppure, meno frequentemente, tramite la sua abdicazione o detronizzazione. Nel corso della seconda metà del XVI secolo, due volte abbiamo a che fare con la

si dimostrava disposto ad accettare l’eventuale scelta dello zar, o uno dei suoi figli, a condizione che si convertissero. In tale circostanza, nel caso del successo della candidatura moscovita, il cardinale Commendone avrebbe dovuto recarsi in missione a Mosca. Cfr. Graziani a Gallio, Wien 28 VII 1572, in Wierzbowski, Uchańsciana, vol. IV, cit., p. 25; ASV, Segr. di Stato, Pol. 2, Commendone a Gallio, Sulejów 12 IX 1572, p. 127; ASV, Segr. di Stato, Pol. 172, Gallio a Commendone, Roma [V 1573], p. 92; ASV, Segr. di Stato, Pol. 172, Gallio a Commendone, Roma [V 1573], p. 97; Zakrzewski, Stosunki Stolicy

Apostolskiej z Iwanem Groźnym, Carem i W. Księciem Moskiewskim, L. Paszkowski, Kraków 1872, p. 72. La candidatura

moscovita nel secondo interregno (1574-1575) ebbe la possibilità, per la sua vicinanza linguistica e culturale, di guadagnarsi un notevole sostegno, soprattutto tra i lituani (tanto più che durante il breve regno di Enrico di Valois la nobiltà si rese conto di quanti problemi potesse causare la mancanza di comprensione). La candidatura moscovita suscitò nuovamente grande interesse da parte della Santa Sede, ma sempre a condizione della conversione e del riconoscimento del primato papale. Cfr. Lauro a Enrico di Valois, Skierniewice 6 III 1575, in ANP IX/2, nr 254, p. 184, ead.: ibid., nr 256, pp. 189-193; Delfin a Gallio, Wien 11 VII 1574, in NBD III 7, nr 237, p. 552; Lauro a Gallio, Warszawa 10 X 1575, in Wierzbowski, Vincent

Laureo, cit., nr 71, p. 257; Wierzbowski, Uchańsciana, czyli zbiór dokumentów wyjaśniających życie i działalność Jakóba Uchańskiego, arcybiskupa gnieźnieńskiego, legata urodzonego, Królestwa Polskiego prymasa i pierwszego księcia, vol. V, Jakób Uchański, arcybiskup gnieźnieński, (1502-1581): monografia historyczna, J. Berger, Warszawa 1892, p. 572; Boris Floria, Rosyjska kandydatura na tron polski u schyłku XVI wieku, in «Odrodzenie i Reformacja w Polsce», XVI (1971), pp. 87-88,

91. Nel terzo interregno (1587), con la candidatura moscovita simpatizzò, ancora una volta, il primate S. Karnkowski, il quale sosteneva i piani della politica orientale e dell'espansione del cattolicesimo in questa direzione. Egli domandò al nunzio A. Di Capua se fosse in possesso delle facoltà per poter accogliere il tsarevich in seno alla Chiesa cattolica, nel caso di una sua elezione. Cfr. AG, ms. 59, fasc. L90-111, nr 95, Annibale Di Capua ad Alessandro Montalto, Warszawa 24 IV 1587; Dubas-Urwanowicz, Geneza układu politycznego podczas obrad konwokacji w trzecim „interregnum”, in «Barok: historia, literatura, sztuka», 18/1 (2011), p. 204. La candidatura moscovita al trono polacco-lituano veniva ogni volta trattata con rispetto, sia da parte della Santa Sede sia dai suoi diplomatici. Nonostante i rischi che comportava la scelta dello zar o di uno dei tsarevich, il papato, pur diffidente, fantasticava sulle possibilità della conversione di Moscovia e dell'offensiva comune contro i tartari e l'Impero ottomano. Inoltre, tale scelta avrebbe costituito una soluzione alla controversie politiche relative alla Livonia, eliminando la minaccia moscovita in Lituania. Cfr. Floria, Rosyjska kandydatura na tron, cit., p. 90; Karol Olejnik, Stefan Batory, Rytm, Warszawa 2013, p. 58.

239 Wojtyska, Papiestwo - Polska, cit., p. 34; Feldkamp, La diplomazia pontificia, cit., pp. 49-50; Smołucha, Papiestwo a

Polska, cit., p. 207.

65

morte del monarca (nel 1572 e 1586); mentre il secondo interregno fu determinato dalla fuga del re (assai problematica dal punto di vista politico-legale) e dalla sua successiva detronizzazione (1574- 1575).

Ogni volta, la Santa Sede era particolarmente interessata nella scelta del nuovo sovrano e nel mantenimento di buone relazioni politiche con lo Stato polacco-lituano. L'avvento di ciascun interregno portava inevitabilmente alla destabilizzazione politica e religiosa di tutta Europa centro- orientale, provocando gravi preoccupazioni da parte del papato. Inoltre, la vacanza del trono causava automaticamente l'indebolimento della situazione interna della Polonia, il quale poteva essere utilizzato dai nemici della Confederazione. A Roma si temeva soprattutto l'intervento della Moscovia e dell’Impero ottomano, che avrebbe potuto far precipitare la posizione della Chiesa cattolica nello Stato polacco-lituano. Si temeva inoltre una guerra civile tra i concorrenti per il trono e tra i partiti politici nobiliari241. Gli eventuali conflitti interni avrebbero danneggiato gli interessi del cattolicesimo in questa parte d’Europa, in particolare in un periodo di forte tensione religiosa, come era la seconda metà del XVI secolo. La Santa Sede cercava quindi di volta in volta la conclusione più rapida e più vantaggiosa per sè di ogni interregno, attraverso la scelta di un monarca cattolico, obbediente nei suoi confronti242. Inoltre, le elezioni dei re di Polonia venivano considerate a Roma come un'opportunità per rafforzare l'autorità papale sui territori polacco-lituani. Per questo motivo, per i periodi degli interregni, il personale diplomatico della Santa Sede veniva selezionato in modo particolarmente scrupoloso, cercando il massimo di adeguatezza ed efficienza243.

Il problema della successione degli Jagelloni nello Stato polacco-lituano interessò Pio V molto presto. Già nell’istruzione al nunzio G. Ruggieri, risalente alla seconda metà degli anni Sessanta del XVI secolo, il papa richiamava l’attenzione del suo diplomatico alla necessità di controllare tutti i movimenti politici di Sigismondo Augusto, che avrebbero potuto riguardare la questione della successione al trono244. Dal 1570, quando lo stato di salute del monarca polacco- lituano cominciò a deteriorarsi notevolmente, Pio V avviò una corrispondenza personale con Sigismondo Augusto sul tema della successione. In primo luogo, il papa rivolse al re un appello

241 ASV, Segr. di Stato, Pol. 3, Graziani a Commendone, Warszawa [I 1573], pp. 20-22.

242 Lauro a Gallio, Skierniewice 6 III 1575, in ANP IX/2, nr 253, p. 179, ead.: Wierzbowski, Vincent Laureo, cit., nr 45, pp. 152-154. Cfr. Hanna Osiecka-Samsonowicz, Polskie uroczystości w barokowym Rzymie 1587-1696, Instytut Sztuki PAN, Warszawa 2012, p. 169.

243 Commendone a Gallio, Sulejów 25 VI 1572, in Wierzbowski, Uchańsciana, czyli zbiór dokumentów wyjaśniających życie

i działalność Jakóba Uchańskiego, arcybiskupa gnieźnieńskiego, legata urodzonego, Królestwa Polskiego prymasa i pierwszego księcia, vol. IV, Poselstwa papieskie w Polsce, 1560-1581. Różne dokumenty z lat 1534-1592, J. Berger, Warszawa

1892, pp. 12-13.

66

perché facesse tutto il possibile affinché la decisione sulla successione non rimanesse nelle mani della nobiltà protestante. Con ciò, Pio V agì abilmente e con discrezione, non avendo mai accennato al problema della sterilità del monarca. Egli sottolineò soltanto che il problema della successione avrebbe dovuto essere risolto con un congruo anticipo, al fine di garantire la sicurezza sia della Confederazione che di tutta la cristianità. Il papa, non escludendo la possibilità che Sigismondo Augusto avesse un erede legittimo, suggerì al re di aspettare a designare come suo successore Giovanni Sigismondo Zápolya245, una mossa a cui il monarca polacco-lituano sembrava intenzionato. Pio V sottolineò che ufficializzare la sua successione avrebbe potuto inutilmente irritare l’imperatore Massimiliano II e il sultano Selim II246.

Della morte di Sigismondo Augusto, avvenuta a Knyszyn il 7 luglio 1572, il papa venne a sapere il 27 luglio, tramite il corriere inviato da Vienna dal nunzio presso la corte imperiale, Giovanni Delfin247. L'inizio del primo interregno nella Confederazione polacco-lituana causò una grande preoccupazione alla Santa Sede. Le inquietudini papali derivarono soprattutto dall’instabilità della situazione religiosa del paese. L'esistenza di un forte partito protestante minacciava una possibile scelta per il trono di un principe non cattolico. Ciò avrebbe inevitabilmente significato l'impossibilità di portare a termine la Riforma cattolica, da poco tempo intrapresa nei territori polacco-lituani, e, di conseguenza, la fine dell’influenza papale su questa parte d'Europa. Inoltre la morte di Sigismondo Augusto e l’incertezza sulla nuova elezione significarono per la Santa Sede la fine delle speranze nel sostegno della Confederazione alle attività della lega santa.

A Roma sorse l'idea di imporre una tassa speciale per il clero polacco-lituano, allo scopo di sostenere gli interessi del cattolicesimo di fronte alla prossima elezione. Infine si considerò però questo progetto irrealizzabile, temendo il malcontento e la divisione del clero e il suo scoraggiamento nei confronti della linea politica della Santa Sede durante l'interregno248. Al legato Commendone, presente allora in Polonia, il 30 luglio 1572 si inviò un corriere speciale con le nuove

245 Giovanni Sigismondo Zápolya (7 VII 1540 - 14 III 1571), figlio di Giovanni Zápolya e Isabella Jagellona, nipote di Sigismondo il Vecchio, fu l'anti-re d'Ungheria negli anni 1559-1571. Sulla base del trattato di Spira, firmato con l'imperatore Massimiliano II d’Asburgo, venne dichiarato principe di Transilvania (1570-1571) (Princeps Transsylvaniae ac partium

Hungariae). Era famoso per la sua tolleranza religiosa; egli stesso, al termine della propria vita, si convertì al luteranesimo,

al calvinismo, e, infine, all'unitarianismo. Manteneva inoltre buone relazioni con Costantinopoli; rimanendo vassallo del sultano, allo stesso tempo cercava di conservare buoni rapporti sia con l'imperatore che con la Santa Sede.

246 Pio V a Sigismondo Augusto, Roma 19 IV 1570, B. Czart., TN 79, pp. 99-101: «Ad hac autem aequissimas et honestissimas rationes, illud etiam accedit, quod cum non ita dudum serenissimus Transylvaniae princeps cognatus tuus è vivis exceoserit, tibi commodum non accideret innovandarum rerum inire consilia, earum praesertim, quae Christianorum principem et sanguine coniunctorum animos possint offendere, né crudelissimo Turcarum tyrannuo».

247 Gallio a Commendone, Roma 30 VII 1572, in NBD III 6, add. 14, pp. 447-448. Cfr. Bues, Die habsburgische Kandidatur, cit., p. 137.

67

istruzioni. A Commendone, del quale si sospettava che potesse essere già sulla via del ritorno in Italia, si ordinò il ritorno immediato nei confini dello Stato polacco-lituano, al fine di contribuire alla prossima elezione e di fornire alla Santa Sede tutte le informazioni necessarie per quanto riguardava l'interregno249. In vista dell'imminente lotta per il trono, la Curia romana era inoltre interessata alle notizie relative allo stato attuale dell'autorità della Santa Sede tra la nobiltà polacco- lituana. Il legato sottolineò che la battaglia per la successione avrebbe potuto rivelarsi un'occasione favorevole per il rinnovo e il rafforzamento del primato papale nella Confederazione250. Commendone assicurò che, nonostante le pesanti perdite causate dalla Riforma, si sarebbe potuti arrivare, mediante azioni diplomatiche appropriate, alla scelta di un re cattolico, utilizzando addirittura il sostegno del partito protestante. Nonostante queste rassicurazioni, Gregorio XIII fu preoccupato dalle voci sulle aspirazioni alla corona polacco-lituana da parte dei principi non cattolici, come Giovanni III Vasa e Ivan IV il Terribile. L'obiettivo principale del cardinale Commendone fu portare alla scelta di un monarca cattolico, meglio se proveniente dalla dinastia degli Asburgo. La Casa d’Austria fu considerata a Roma una garanzia dell'attuazione in Polonia di una linea politica simile a quella papale251.

Il nuovo regno di Enrico di Valois, a seguito dell’elezione del 1573, risultò estremamente breve. A Roma si capì, fin dall'inizio che la morte del re di Francia Carlo IX (prevista da mesi, a causa della cattiva salute del monarca francese) avrebbe probabilmente causato l'immediata partenza di Enrico per Parigi, complicando di nuovo la situazione politica dello Stato polacco-lituano252. I presentimenti romani risultarono fondati. Non sembra peraltro che la Santa Sede avrebbe intrapreso alcuna azione diplomatica nel caso in cui il trono cracoviense fosse di nuovo vacato. Soltanto dopo aver ricevuto l’informazione sulla morte di Carlo IX253, a giugno 1574, il papa decise di inviare nuovamente in Polonia l’ex-segretario e braccio destro del cardinale Commendone, l'esperto Anton Maria Graziani254 (anche se Graziani, ammalato, era da poco tornato in Italia). Questi avrebbe

249 Gallio a Commendone, Roma 30 VII 1572, in NBD III 6, add. 14, pp. 447-448.

250 ASV, Segr. di Stato, Pol. 2, Commendone a Gallio, Sulejów 26 V 1572, p. 46v; Commendone a Gallio, Sulejów 25 VI 1572, in Wierzbowski, Uchańsciana, vol. IV, cit., pp. 12-13.

251 Galeazzo Cusano a Massimiliano II d’Asburgo, Roma 2 VIII 1573, AT-OeStA/HHStA, StAbt, Italienische Staaten Rom Korrespondenz 43, fasc. 2, p. 162r. Cfr. Przezdziecki, Diplomatie et protocole, vol. I, cit., p. 18; Kuntze, Les rapports de la

Pologne, cit., p. 140; Tygielski, Z Rzymu do Rzeczypospolitej, cit., pp. 31-33.

252 ASV, Segr. di Stato, Pol. 172, Gallio a Graziani, Roma 19 VI 1574, p. 155.

253 Carlo IX morì il 30 maggio 1574, a Vincennes. La notizia della sua morte raggiunse Roma nella prima settimana di giugno.

254 Anton Maria Graziani (1537-1611) nacque a Sansepolcro, in una famiglia nobile. Conseguì la formazione giuridica presso l’Università di Padova, per poi recarsi a Roma, dove venne affidato alla protezione di G. F. Commendone, al cui servizio rimase per quasi 25 anni, accompagnandolo in tutte le sue missioni diplomatiche in Polonia e in Germania. In seguito all’elezione di Enrico di Valois, dopo il ritorno del legato Commendone a Roma, Graziani rimase temporaneamente in

68

dovuto portare a Enrico di Valois il breve con le condoglianze in occasione della morte del fratello, esortandolo a tornare rapidamente in Francia al fine di sistemare la questione della sua successione255. D'altra parte, la Santa Sede era preoccupata che il partito protestante nella Confederazione non si rafforzasse troppo in assenza del re256. Il papa preferiva quindi, che, partendo per Parigi, Enrico di Valois non abbandonasse del tutto il suo dominio polacco-lituano e cercasse invece di mantenere entrambe le corone:

La somma di quello che Nostro Signore desidera è che il Re quanto prima ritorni in Francia, perché altrimente troppo gran rischio corrono le cose di quel Regno et conseguentemente di tutta la Christianità. Vorebbe però Sua Beatitudine che il Re, se fusse mai possibile, partisse di costà senz'altra cessione o rinuntia dela Corona di Polonia, sì per i molti pericoli che porta seco una nuova elettione et sì per un'altro rispetto di poter con questa speranza di far elegger Mons. d'Alanson, suo fratello257.

Presto venne annullata la nuova missione di Graziani, essendo arrivata a Roma la notizia che il re era probabilmente già in viaggio per la Francia258. Nei primi giorni di luglio 1574, tramite le lettere dei nunzi in Polonia e nell'Impero, Lauro e Delfin, a Gregorio XIII arrivò la conferma di questi sospetti259.

A Cracovia, nel frattempo, subito dopo aver ricevuto la notizia della morte di Carlo IX, Lauro ottenne per ben due volte udienza da Enrico di Valois. In occasione della prima, che fu di carattere pubblico, e cioè in presenza dei Senatori, Lauro porse al re il breve concernente le condoglianze papali, congratulandosi, nello stesso tempo, per la sua acquisizione dei diritti al trono di Francia. Durante la susseguente udienza privata, il nunzio sottolineò quanto fosse importante dal punto di vista degli interessi della Santa Sede e di tutta la Repubblica cristiana che Enrico riuscisse a mantenere il dominio politico di entrambi i paesi. In seguito, Lauro presentò al re i propri progetti su come arrivare a questo scopo. Il monarca avrebbe dovuto tenere un contingente militare e la

Polonia, a curare gli interessi pontifici fino all’arrivo del nuovo nunzio V. Lauro. Graziani dedicò una biografia al suo protettore (De vita Ioannis Francisci Commendoni, cardinalis, libri quatuor, Parisiis 1647). Con l’avvio del pontificato di Sisto V, Graziani fu nominato segretario delle lettere latine, a servizio del giovane nipote A. Peretti de Montalto. Nel 1592 venne nominato vescovo di Amelia. Durante il pontificato di Clemente VIII venne utilizzato per le missioni diplomatiche miranti alla costruzione di una nuova lega santa, soprattutto per quanto riguarda l’adesione di Venezia. Cfr. Marcella Marsili, Graziani, Antonio Maria, in DBI, 59 (2002).

255 Gallio a Graziani, Roma 12 VI 1574, in ANP IX/1, app. 13, p. 371.

256 Gallio a Lauro, Roma 4 XII 1574, in ANP IX/2, nr 201, pp. 72-72, ead.: Wierzbowski, Uchańsciana, vol. IV, cit., p. 101. 257 Gallio a Graziani, Roma 12 VI 1574, in ANP IX/1, app. 14, pp. 372-373

258 Gallio a Graziani, Roma 19 VI 1574, ibid., app. 16, p. 380.

69

flotta francese a Danzica, garantendo in questo modo la navigazione sicura tra la Francia e la Polonia. A questo sarebbero servite anche le buone relazioni con la Danimarca. Agli occhi del nunzio, il possesso delle due corone avrebbe aperto ad Enrico di Valois la strada per un immenso potere politico, paragonabile a quello dell'imperatore Carlo V260.

Enrico di Valois fuggì da Cracovia nella notte dal 18 al 19 giugno 1574261. Considerato ciò, il problema di fondo sia per la nobiltà che per l'opinione pubblica internazionale, oltre che per la Santa Sede, diventò la questione della continuità del potere di Enrico nella Confederazione. Lasciando Cracovia, e assecondando i desideri del papa, il giovane re non depose la corona polacco-lituana. Già il 29 giugno 1574 Enrico indirizzò da Vienna le proprie lettere al Senato, annunciando il suo imminente ritorno in Polonia non appena fosse riuscito a garantirsi la successione in Francia. Chiese inoltre di inviare a Parigi un’ambasciata polacco-lituana, tramite la quale avrebbe potuto risolvere le più pressanti questioni di governo.

Si cercava quindi di capire come trattare il precedente della fuga del sovrano. Era possibile parlare di un interregno? Nel caso contrario, chi aveva il diritto a detronizzare il monarca fuggito? La dieta non si poteva radunare senza il re, il quale non era morto, ma solo fisicamente assente dal paese. Questa situazione diede origine a nuove turbolenze nello Stato polacco-lituano262. La mancanza di un precedente simile non consentì alcuna azione legale263. Di conseguenza, ancora una volta, nello Stato polacco-lituano iniziò un periodo di forte lotta politica interna, ancor prima che venisse ufficializzato l’interregno.

Durante la seconda metà del 1574, dopo la fuga di Enrico di Valois, l'atteggiamento della Santa Sede nei confronti dell’enigmatica situazione in Polonia può essere definito attendista; tanto più che anche il primate J. Uchański rifiutò di prendere la decisione di annunciare l'interregno. Uchański era del parere che, dato che il sovrano non era morto, ma solo fisicamente assente dal regno, si sarebbe dovuto aspettare il suo rientro per prendere una tale risoluzione. Se invece il monarca non avesse avuto intenzione di tornare a Cracovia, si sarebbe aspettata la sua abdicazione volontaria, la quale avrebbe dato via libera all’annuncio dell’interregno e della nuova elezione264. Questa irresoluta situazione preoccupava la Santa Sede di più di un interregno regolare. Il nunzio

260 Lauro a Gallio, Kraków 17 VI 1574, in ANP IX/1, nr 114, pp. 238-239, ead.: Wierzbowski, Vincent Laureo, cit., nr 16, pp. 55-58.

261 Cfr. De Caprio, Un Re “fugge”, viva il Re, cit.

262 Dubas-Urwanowicz, Koronne zjazdy, cit., p. 8; De Caprio, Un Re “fugge”, viva il Re, cit., p. 29. 263 Płaza, Wielkie bezkrólewia, cit., pp. 41-47.

264 Lauro a Gallio, Warszawa 16 VII 1575, in Wierzbowski, Vincent Laureo, cit., nr 63, p. 226. Cfr. Biaudet, Le Saint-Siège et

70

lamentava che «l’absenza del Re apporta maggior difficultà che l’interregno, nel quale si sa come s’ha da procedere secondo le leggi, il che non avviene ora»265. Secondo il nunzio, la partenza del re per la Francia avrebbe potuto essere considerata come la sua morte civile in Polonia. Lauro era preoccupato dalla feroce lotta politica della nobiltà, dalla crescente minaccia moscovita, dall’impossibilità della convocazione delle dietine particolari, nonché dall’incompletezza del Senato a causa della mancanza del sovrano266. Sempre più gravi problemi causava inoltre la quotidiana giurisdizione regia, anche in materie ecclesiastiche267.

L’annuncio formale del secondo interregno venne deciso soltanto durante l’assemblea nobiliare di Stężyca, la quale si svolse dal 12 maggio al 4 giugno 1575268. La proclamazione della detronizzazione di Enrico di Valois avvenne il 22 maggio, in base alle norme stabilite dalla dieta di convocazione, riunita precedentemente nel settembre 1574. Durante la convocazione venne presentato al re un ultimatum, il quale obbligava Enrico al ritorno nei confini della Confederazione entro il 12 maggio 1575, elencando le condizioni necessarie per mantenere il trono. Soltanto la mancata risposta da parte del sovrano spinse la nobiltà all’annuncio ufficiale dell'interregno e alla sua approvazione da parte del primate269. Esso venne poi pubblicamente ufficializzato a Cracovia il 15 luglio 1575270. In seguito a questi eventi, la Santa Sede abbandonò la tattica di promuovere le rivendicazioni di Enrico di Valois, focalizzando la propria attività diplomatica sulla nuova elezione, durante la quale Gregorio XIII decise di sostenere apertamente le candidature asburgiche271.

Il terzo interregno, così come il primo, si aprì con la morte del re. Stefano Bàthory spirò il 12