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Creta: origine autoctona o alloctona?

II. 4 Creta Proto-palaziale

In concomitanza con la costruzione dei palazzi si assiste ad una fioritura delle arti, grazie anche all’innovazione tecnica dell’utilizzo del tornio, che fa la sua comparsa nel MM IB. Grazie al tornio si sviluppò una produzione ceramica nota come ceramica di Kamares, poiché rinvenuta per la prima volta sul monte Ida, nella grotta sacra di Kamares. Il tornio ha permesso la realizzazione di pareti vascolari molto sottili, definite proprio per questo motivo eggshell, ossia “a guscio d’uovo”. Lo sviluppo dei palazzi ha dato di conseguenza vita ad una stratificazione della società che ha richiesto una serie di esigenze amministrative, tra cui la necessità di regolamentare gli affari del palazzo mediante l’utilizzo di sigilli. Attraverso lo studio della glittica, è possibile seguire anche l’evoluzione della società stessa, sia per via delle tecniche di produzione dei sigilli e sia per gli oggetti su cui sono stati impressi. Questi ultimi inoltre, possono essere considerati come veri e propri manufatti artistici. Ed è proprio grazie all’arte che possiamo notare i primi contatti tra Creta e le altre aree del Mediterraneo. A tal proposito possiamo menzionare la comparsa nella glittica del genio minoico202,

così ribattezzato da Evans. L’introduzione di questo animale fantastico nel repertorio figurativo minoico è da inquadrare nella sfera dei rapporti tra Creta e l’Egitto203. L’archetipo del

genio minoico è infatti la dea ippopotamo egiziana, Taweret, raffigurata con fattezze d’ippopotamo, criniera leonina e spina dorsale di coccodrillo. Come osservato da Evans204 e

successivamente elaborato J. Weingarten205, nelle prime

rappresentazioni il genio minoico manifesta diverse peculiarità di Taweret. È infatti ancora reso con il ventre gonfio e i seni sono evidenti. Tuttavia perde gli attributi peculiari dei prototipi egiziani e l’attenzione si focalizza

essenzialmente solo sulla figura206; Phillips ha messo in

202 P. REHAK 1995, pp.215-231. 203 J. WEINGARTEN 2012, pp. 371-378. 204 A. EVANS 1935. 205 J. WEINGARTEN 1991, pp. 1-16. 206 J. PHILLIPS 2008, vol. I, p. 166.

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evidenza l’elaborazione di una nuova forma, che presenta il

genio minoico con il corpo dalla forma ovoiale207. Lo sviluppo

della figura del genio minoico sull’isola di Creta si basa su confronti iconografici che, come si può notare, lo portano ad intraprendere un vero e proprio percorso di adozione nel

repertorio minoico208. Come ha osservato Blakolmel209 si può

notare che talvolta l’appendice dorsale del genio è dotata di prolungamenti molto simili a delle corna, nella fattispecie corna di agrimi. Quella definita “insect-agrimi variant” è il culmine dell’interiorizzazione minoica di un elemento del repertorio egiziano210 (fig. 1).

Fig. 1 - Evoluzione del Genio Minoico, disegni di F. Blakolmer (da F. Blakolmer 2015, p. 199) 207 J. PHILLIPS 2008, vol. 1, pp. 164-165. 208 F. BLAKOLMER 2015, pp. 197-220. 209 Ibidem. 210 F. BLAKOLMER 2015, pp. 200-201.

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I rapporti con le altre località possono essere ricostruiti grazie alla diffusione artistica dei manufatti, tracciando così anche le rotte commerciali (e non) battute dai Minoici.

A seguito degli scavi di Cnosso, venne rinvenuta la parte sottostante di una statuetta raffigurante Wsir211 (fig. 2), un non

ben precisato personaggio egiziano del Medio Regno212. La

statuetta potrebbe essere stata lasciata a Cnosso da una delegazione ufficiale egiziana ma, poiché il rinvenimento proviene da un contesto incerto, non si può del tutto escludere che sia parte di un ushabti e che provenga da una razzia perpetrata ai danni di una necropoli o di un santuario213. Le

ipotesi sulla presenza della statuetta nel palazzo di Cnosso sono tuttora molto discusse214.

Fig. 2 - Statuetta di Wsir, proveninte da Cnosso (da A. Evans 1921, ed. 2013, p. 288)

211 A. EVANS 1901.

212 A. EVANS 1921, (ed. 2013) pp. 287-289. 213 L. POMERANCE 1973.

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Di rimando, anche in territorio egiziano, vi sono tracce dei contatti; come ad esempio i rinvenimenti di ceramica di Kamares, sia d’importazione che d’imitazione. Quest’ultima in particolar modo è indice dell’importanza, oltre che dell’influenza, che la cultura minoica aveva raggiunto nel periodo proto-palaziale. I primi rinvenimenti di ceramica di Kamares in Egitto non provengono dall’area del Delta ma da Kahun215, nella regione del Fayyum. Furono rinvenuti a

seguito degli scavi effettuati da Flinders Petrie. Anche a Tell el-Dab’a sono stati rinvenuti frammenti di ceramica di Kamares, come ha reso noto Manfred Bietak216. Si tratta di

frammenti rinvenuti nell’area del giardino del palazzo risalente alla XIII dinastia (1780-1740 a. C.) corrisponente al MM II B217.

Altri frammenti provengono da siti dislocati lungo tutta la Valle del Nilo: El-Lisht, El-Haraga e dalla regione di Assuan218.

Sempre a questo periodo risale il Tesoro di Tôd, un deposito di fondazione rinvenuto durante gli scavi del tempio dell’antica Djerty, sulla riva orientale del Nilo, a circa 20 km a sud da Luxor. Il tesoro può considerarsi un unicum nel panorama egiziano, sia per la sua composizione e sia perché, sebbene sia un deposito di fondazione, fu deposto in un secondo momento da Amenemhat II, figlio e successore del fondatore219. Il motivo potrebbe essere la devozione filiale di

Amenemhat II post mortem nei confronti del padre Sesostri220,

oltre che un’offerta al dio Montu venerato nel tempio. I resti dell’edificio erano già noto da diversi secoli, ma la scoperta del tesoro risale solo al 1936, ad opera dell’archeologo franceseF. Bisson de la Roque.

215 J.-C. POURSAT 1999, p. 183.

216 J.-C. POURSAT Ibidem; cfr. L. BOMBARDIERI, G. GRAZIADIO, A. M. JASINK

2015, p. 114.

217 Cfr. A. HEIN 1994,1998; M. BIETAK, N. MARINATOS 2000, p. 40; R. S.

MERRILLEES 2003, pp. 137-138; M. BIETAK et alii 2008, p. 50.

218 B. KEMP – R. S. MERRILLEES, 1980. 219 G. PIERRAT 1994.

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Il tesoro è molto eterogeneo ed include coppe d'argento con tratti stilistici minoici, ad ulteriore prova degli scambi che interessarono il bacino mediterraneo all’inizio del II millennio a. C., oltre che lapislazzuli221. L’archeologo francese riportò

alla luce quattro casse di rame di diverse dimensioni, due più grandi e due più piccole, recanti l’incisione del nome di Amenemhat II. Sorprendentemente le casse più piccole recavano al loro interno, tra gli altri reperti, ben 153 vasi in argento. I vasi erano ripiegati su loro stessi a mo’ di buste, con i quattro lembi schiacciati, quasi sicuramente per ottimizzare lo spazio che sarebbero andati ad occupare nelle casse. I reperti sono stati rimodellati, ripristinando così il loro aspetto originario, sebbene restino visibili le pieghe.

Secondo Chapouthier222, esperto in oreficeria, sia la foggia che

le decorazioni di alcune coppe ricordano modelli minoici e micenei che qui sarebbero stati realizzati - forse per la prima volta - in metallo. Quasi tutte le coppe del tesoro di Tôd, in effetti, sono uniche nel loro genere, proprio perché fabbricate in argento223. Gli scavi effettuati a Cnosso hanno

effettivamente riportato alla luce vasi in ceramica molto simili agli esemplari in argento del tesoro di Tôd, sia per forma che per decorazione224. Il suolo egiziano potrebbe aver conservato

modelli metallici distrutti altrove. Le tazze presentano una varietà di stili225, ma probabilmente la maggior parte di queste

non era finalizzata all’utilizzo. Le pareti hanno infatti uno spessore inferiore ad 1 mm, sono quindi facilmente deformabili e il loro valore era dettato semplicemente dal peso dell’argento226. Le decorazioni e le varietà di gadroon verticali,

inclinati o a spirale (fig. 3), di alcuni dei 153 vasi permettono

221 Cfr. M. CASANOVA, G. PIERRAT-BONNEFOIS, P. QUENET, V. DANREY,

D. LACAMBRE 2008.

222 F. BISSON DE LA ROQUE- G. CONTENAU – F. CHAPOUTHIER, Institut

français d'archéologie orientale 11. IFAO, Le Caire, 1953.

223 M. BIETAK et alii, 1994, n 237, p. 210-211.

224 E. N. DAVIS 1977, p. 73-75; H. MATTHÄUS 1980, p. 250.

225 M. MENU, Analyse du trésor de Tôd, Bulletin de la Société Française

d'Egyptologie, 130, Paris, 1994.

226 Cfr. CH. DESROCHES-NOBLECOURT et alii, Un siècle de fouilles françaises

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di ipotizzare una vicinanza col mondo minoico, che potrebbe costituire oggi il loro valore principale.

Il condizionale resta però d’obbligo poiché le opinioni sono ancora discordanti e l’origine minoica, proposta sulla base delle analogie con la ceramica del MM IB e MM II, non è del tutto certa e accettata227. È stato tuttavia ipotizzato che la

presenza delle coppe dalla presunta origine minoica nel tempio di Tôd, potrebbe indicare l'uso di vasellame egeo in un contesto di culto egiziano228.

È infine recente la notizia del ritrovamento di un anello con sigillo a forma di scarabeo proveniente dall’Egitto. Il reperto fa parte di un corredo funerario rinvenuto nel corso di scavi sistematici a Petras, la più grande necropoli cretese.

Fig. 3 - Tesoro di Tôd, (© 2008 Musée du Louvre / Christian Décamps) Lo ha reso noto il Ministero della Cultura greco in un comunicato stampa del 10 settembre 2019:

“Κατά τη φετινή ανασκαφική περίοδο, προχώρησε η

ανασκαφή του Παλαιοανακτορικού Ταφικού

227 L BOMBARDIERI, G. GRAZIADIO,A. M. JASINK 2015, p. 114. 228 J. M. KELDER, S. E. COLE, E. H. CLINE 2018, p. 10.

84 Κτηρίου 9, το οποίο διαθέτει οκτώ δωµάτια και έναν ανοικτό χώρο στα δυτικά του. Εκτός του πλουσιότατου οστεολογικού υλικού, που περιελάµβανε και πρωτογενή ταφή, σηµαντικότατο εύρηµα ήταν ο αιγυπτιακός εισηγµένος σφραγιδόλιθος σε σχήµα σκαραβαίου, πολύτιµο εύρηµα για τις σχέσεις µινωικής Κρήτης και Αιγύπτου και για την απόλυτη χρονολόγηση της Παλαιοανακτορικής περιόδου.”229

Il materiale non è ancora edito, ma l’importanza del reperto è indubbia. Gli scavi che hanno permesso di individuare la necropoli risalente al Periodo pre e proto-palaziale (III millennio - metà II millennio a. C.), potrebbero rivelare altre preziose informazioni sui rapporti tra Creta e l’Egitto, come dichiarato dallo stesso Ministero.

229 Sito Ministero della Cultura, Grecia:

https://www.culture.gr/el/Information/SitePages/view.aspx?nID=2945&fbclid=I wAR3wmp6MYFRnCsoqhDaif7S8xyhLfSAeM7MB6AOn0R5ZJ56KqTYeqreUY1 U (u. c. 20/11/2019)

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II. 5 - Egitto: dal II periodo intermedio alla XVIII dinastia

Durante il Secondo Periodo Intermedio l’Egitto si ritrova nuovamente diviso e, per la prima volta, governato da sovrani non egiziani, gli Hyksos. Già durante la XII dinastia numerosi stranieri si erano stabiliti in Egitto poiché impegnati in attività commerciali, militari e artigianali in territorio egiziano. Contemporaneamente, a seguito di diversi sconvolgimenti politici che interessarono le aree di Siria e Palestina, si avviò un flusso migratorio nel paese, testimoniato soprattutto dalle

sepolture230. Alcuni capi locali riuscirono lentamente a

raggiungere l’indipendenza in piccole aree nel Delta e questo, a lungo andare, portò ad avere un’instabilità politica in Egitto che si tradusse in dinastie parallele e liste regali non univoche. Il Secondo Periodo Intermedio inizia di fatto con la presa del trono menfita da parte di uno straniero: è questo che sancisce la fine del Medio Regno. Le liste regali ci tramandano nomi di sovrani non egiziani che sui documenti ufficiali sono apostrofati come “sovrani di paesi stranieri”, in egiziano heka-

khaswt e in greco hyksos231. Stabilirono come centro del loro

potere Avaris e furono in totale sei sovrani, riconosciuti come faraoni d’Egitto e costituirono la XV dinastia. Quello che crearono potrebbe essere definito un impero commerciale più che fondato sul controllo diretto di un vasto territorio. Come già detto, Avaris rientrava nelle tratte commerciali siro- palestinesi e il doppio nome dei sovrani di questa dinastia, uno egiziano e l’altro semita, era finalizzato ad intrattenere rapporti con entrambe le etnie. Manufatti recanti i cartigli dei sovrani Hyksos furono rinvenuti in tutte le zone del Mediterraneo. Quando nell’area del Delta, oltre ai manufatti, vennero rinvenuti anche siti e fortificazioni con piante non egiziane ma molto affini a quelle siro-palestinesi del Medio Bronzo, il primo studioso a notarne le analogie fu Petrie

230 R. SCHULZ – M. SEIDEL 1999, p. 107. 231Ibidem.

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intorno al 1905232. La dinastia hyksos terminò solo per

l’intervento di Ahmose che, intorno al 1500 a. C., riuscì a sconfiggere i sovrani stranieri riunificando così l’Egitto e dando vita alla XVIII dinastia; l’avvenimento è considerato come l’inizio del Nuovo Regno. Iniziò una fase di riaffermazione della monarchia egiziana, con il conseguente consolidamento del potere.

Avaris è l’attuale Tell el-Dab’a, il sito è localizzato sul ramo Pelusio del Delta e, fino a quando i ritrovamenti di Tell el- Dab’a non hanno permesso di identificarla con l’antica capitale degli Hyksos, era opinione comune che fosse stata completamente distrutta con l’avvento della XVIII dinastia. Avaris, invece, non solo sopravvisse, ma ci ha regalato ulteriori prove dei contatti tra l’Egitto e Creta. Il suo

abbandono e il conseguente oblio furono dovuti

principalmente alle varie inondazioni nilotiche che, poco a poco, anche per via dei sedimenti portati dal fiume, ricoprirono il sito. Sebbene l’avvio degli scavi risalga all’ultimo venticinquennio dell’Ottocento, è solo nel 1942 che Labib Habachi, un egittologo egiziano, identificò con certezza il sito come Avaris, capitale hyksos. Tra il 2006 e il 2007 gli scavi effettuati dall’Istituto Archeologico Austriaco del Cairo hanno riportato alla luce tre edifici noti come F, G e J risalenti al periodo thutmoside e identificati come “reali” per via della loro architettura. Inoltre i frammenti di intonaco rinvenuti negli ambienti degli edifici F e G sono indubbiamente di ispirazione, se non addirittura di mano, minoica. L’analisi dei frammenti ha infatti consentito di risalire alla causa del distacco della decorazione parietale: la tecnica egea. Come nei siti cretesi e a Thera, la calce compatta era costituita da conchiglie di murice frantumate. Purtroppo tale composizione ne favoriva lo sfaldamento per via della dilatazione termica differente rispetto a quella del supporto murario, ossia i mattoni di fango. L’originaria decorazione parietale è stata purtroppo solo in parte ricostruita ma ci ha regalato

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l’immagine di una taurocatapsia, che ci rimanda inevitabilmente ai più famosi affreschi di Cnosso.

Non è possibile affermare con sicurezza se i contatti tra il Delta e Creta siano stati consolidati dagli Hyksos in chiave commerciale, quello che si pùò dire è che di sicuro i due territori sono stati in contatto e, inevitabilmente, si sono influenzati vicendevolmente.

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II. 6 - Creta Neo-palaziale

Con il periodo Neo-palaziale, MM III, Creta è all’apice del suo splendore. La prima fase può essere definita di transizione poiché ci si dedicò alla ricostruzione e alla ristrutturazione degli edifici dopo i danni dello sciame sismico. Almeno una parte delle scosse che interessò l’isola, può avere una connessione con l’eruzione di Thera, non è ancora chiaro però se Creta sia stata interessata anche da un maremoto e il dibattito è tuttora aperto.

L’organizzazione e la struttura architettonica dei palazzi nel MM III sono molto più articolate che in precedenza; il complesso palaziale più esteso è quello di Cnosso, che doveva dunque essere predominante rispetto alle altre realtà dell’isola. L’intensificarsi dei rapporti commerciali diede un maggiore apporto, e di conseguenza una maggiore diffusione, ai metalli, in particolar modo al rame e allo stagno. In questo periodo si intensificano anche le notizie riguardanti la lavorazione dell’avorio sia di elefante che di ippopotamo, che giungeva sull’isola già in età Pre-palaziale; le rotte commerciali utili per l’importazione dell’avorio erano quelle della Siria e, con ogni probabilità, quelle egiziane.

La questione della talassocrazia minoica è controversa; è però innegabile la preminenza che, almeno in ambito egeo, la popolazione acquisì durante il periodo Neo-palaziale. Inoltre le fonti alludono o menzionano direttamente la preminenza marittima e non dei Minoici. Esiodo nel frammento 103 Merkelbach-West parla di Minosse:

“Ed era il più sovrano di tutti i sovrani mortali, e sopra molte genti vicine regnava: ché suo

era lo scettro di Zeus: con quello imperava su molti”233.

Anche in Omero abbiamo riferimenti al mitico re di Creta, nell’Odissea si legge: "La grande città di Cnosso, dove Minosse

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amico intimo del grande Zeus regnò nove anni"234 ma, la

notizia più interessante la apprendiamo dall’Iliade. Minosse è il nonno di Idomeneo che, nel poema dell’ira di Achille, si

definisce ἄναξ di molte città di Creta ed è, a Troia,

“comandante supremo” degli Achei di Creta e sciagura per tutti i troiani235.

Il Μίνως, un breve dialogo attribuito a Platone la cui veridicità è però discussa, designa il sovrano cretese come esempio a cui

i legislatori devono rifarsi per essere giusti236. Bacchilide

invece, che ci riporta il mito di Ceo, menziona la flotta di

Minosse237. Diodoro Siculo allude alle colonie che i cretesi

avevano fondato in diverse località, oltre che alla potenza della

flotta minoica: “Minosse intanto, re de' Cretesi, che allora teneva

l'imperio del mare, avendo inteso, che Dedalo era fuggito in Sicilia, prese a far guerra a quest'isola; e messa insieme una grande armata navale, provveduta di ogni occorrente cosa, andò ad approdare alla plaga del territorio agrigentino, che da lui prese il nome di Minoa”238.

Quella che potremmo definire la fonte per eccellenza è Tucidide, il quale afferma che: “Minosse infatti, il più antico tra quelli di cui sappiamo per fama, si procurò una flotta ed ebbe il dominio sul mare ora Ellenico per gran parte e comandò sulle isole Cicladi e divenne primo colonizzatore della maggior parte di esse, dopo aver cacciato i Carii ed aver insediato come capi i propri figli; e la pirateria come è evidente, egli eliminava dal mare per quanto poteva, allo scopo che i tributi di più giungessero a lui”239.

In conclusione, quello che apprendiamo dalle fonti antiche è che, molto prima della guerra di Troia, Minosse aveva esercitato il proprio dominio sul mare Egeo. Lo storico della

234 OMERO, Odissea, XIX, v. 178 e sgg. 235 OMERO, Iliade,XIII, v. 450 e sgg

236 Cfr. PLATONE, Minosse, IX tetralogia.

237 Gli abitanti di Ceo, i Telchini, avevano fama di empietà e violenza, così Zeus

e Poseidone, vi si recarono sotto le mentite spoglie di viandanti. Furono cacciati da tutti in malo modo, ad eccezione di Dexithea. Per punizione, col suo tridente Poseidone colpì Ceo, che venne sommersa, ad eccezione della casa di Dexithea. La fanciulla andò poi in sposa a Minosse, figlio di Zeus, accorso da Creta con la sua flotta.

238 DIODORO SICULO, Biblioteca storica, IV, 79. 239 TUCIDIDE,Storie I, 4.

90 seconda metà del secolo scorso, C. G. Starr240, ritiene che quello

della talassocrazia sia un mito studiato a tavolino nel V secolo a. C. dagli ateniesi, in modo tale da legittimare la supremazia della polis nella Lega Delio-Attica, la confederazione marittima costituita da Atene in primis e da altre poleis durante la fase conclusiva delle Guerre Persiane. Un’altra possibile interpretazione data dallo storico vede invece un tentativo di spiegare la diffusione del toponimo “Minoa” in diverse località del Mediterraneo, sulla base delle ipotetiche conquiste ad opera di Minosse. Negli anni ’80 del secolo scorso l’archeologo greco Yannis Sakellarakis ha supposto che i documenti egiziani della XVIII dinastia, in particolare i documenti relativi al regno di Thutmosi III, che menzionano Keftiu, si riferissero alla talassocrazia minoica. Intendendo il potere esercitato da Creta anche come influenza politica e culturale241.

Tra i rinvenimenti cretesi di questo periodo, è di straordinaria importanza un coperchio in alabastro, con il cartiglio del faraone hyksos Khyan (fig. 4). Il coperchio proviene dagli scavi di Cnosso242 e risale forse al MM III243.

Fig. 4 – Coperchio in alabastro con cartiglio del faraone Hyksos Khya (da A. Karetsou 2000)

240 L. BOMBARDIERI, G. GRAZIADIO, A. M. JASINK 2015. 241 J.-C. POURSAT, 1999, pp. 184-185.

242 “Knossos” Report 1901, p. 64 e sgg; The Palace of Knossos in its Egyptian Relations

(Eg. Expl. F. Arch. Report) 1900-1, p. 37; A. EVANS 1909, p. 30.

91 Il problema relativo alla datazione del coperchio in alabastro

è molto articolato244 ed è stato usato anche per lo studio della

cronologia egea dell’Età del Bronzo245. Il coperchio proviene

da uno strato contenente cenere e carbone in cui Evans individuò frammenti di vasi in pietra e ceramica, che interpretò come appartenenti al MM IIIA246. L’importanza del

rinvenimento fu subito chiara, tanto che già nel 1909 veniva utilizzato come terminus post quem per l’inizio del TM da Diedrich Fimmen247. Il coperchio di Khyan potrebbe essere

l’oggetto chiave per avviare un allineamento tra le sequenze della cronologia storica egiziana e quelle della cronologia relativa egea248. Il dato fu però contestato pochè basato

probabilmente sulla confusione degli appunti sulle unità stratigrafiche registrate sui quaderni di scavo249. Palmer

sostiene che i frammenti a cui si fa riferimento siano in realtà databili al TM IIIA. Il contesto da cui proviene il coperchio in alabastro sarebbe misto, di conseguenza in reperto non può essere utilizzato per indagare la cronologia250. Phillips ha

invece sottolineato che non ci furono errori nelle annotazioni degli scavi e che la datazione riportata del MM III fu del tutto intenzionale, come dimostra una nota datata 3 aprile 1901251.

Il ritrovamento potrebbe attestare i contatti tra le due culture in un periodo socialmente e politicamente poco stabile per il bacino del Mediterraneo. Khyan fu infatti il faraone hyksos più attivo in politica estera, come dimostra la distribuzione assai elevata dei manufatti a lui riconducibili252. Non si può

però escludere che il coperchio sia giunto a Creta attraverso i traffici della rotta commerciale Siro-Palestinese, come già ipotizzato poco dopo il suo rinvenimento253. Se si accettasse

244 F. HÖFLAYER 2018, pp. 151-153.

245 Cfr: WARBURTON 2009; MELLER et alii 2013; MANNING 2014. 246 A. EVANS 1900/1; A. EVANS 1921, pp. 410-421.