• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2: I DISTRETTI INDUSTRIALI ITALIANI

2.3 L'evoluzione dei distretti industriali italiani

2.3.4 La crisi dei distretti

La crisi economica che ha colpito i mercati globali nel periodo 2008-2009 ha avuto un impatto negativo sulle prestazioni di un gran numero di imprese con sede nei distretti industriali italiani. Quest'ultima, unita ad alcuni fattori di criticità intrinsechi nel modello del distretto industriale, ha fatto sì che nella seconda metà degli anni 2000 il modello distrettuale conoscesse un periodo di minore forza.

Nel modello di sviluppo basato su piccole imprese e distretti industriali emergono alcune contraddizioni che derivano, spesso, dalle stesse condizioni che in molte circostanze ne determinano invece i punti di forza ed il successo. Si tratta dei limiti insiti nelle imprese di piccole dimensioni di avere una scarsa capacità innovativa causata proprio dallo loro forte specializzazione. Questa può sembrare una contraddizione con quanto affermato in precedenza, ma in alcuni casi “imprese troppo piccole, sotto-capitalizzate e sclerotizzate nella loro specializzazione, diventano incapaci di trasformare combinazioni prodotto/mercato un tempo di successo, e vengono via via superate o minacciate dalla concorrenza estera”

(Amatori e Colli, 1999, pag.320). Questo fenomeno può essere causato da quello che un tempo era un punto di forza: le abilità gestionali degli imprenditori. Questi ultimi, infatti, conoscono benissimo il territorio, il mercato del distretto, le tecnologie produttive a disposizione, i fornitori e i dipendenti. D'altro canto, però, capita spesso che la mentalità degli imprenditori distrettuali tenda ad essere conservativa, ancorandosi agli stessi modelli e strategie che nel passato avevano portato al successo. Questo non è un atteggiamento sbagliato a prescindere, ma lo diventa nel momento in cui porta a trascurare l’importanza che le innovazioni possono avere all'inteno dell’organizzazione, spesso a causa dei costi elevati che si sosterrebbero investendo in tali cambiamenti o perché gli imprenditori stessi non sono in grado di intuire e sfruttare le possibilità offerte dall'innovazione. Senza un minimo di strategia improntata all'innovazione l'impresa distrettuale rischia una risposta meno reattiva nei confronti dei cambiamenti del mercato e dell’ambiente economico.

Un ulteriore motivo della crisi risiede nella combinazione di due fattori: la forte concorrenza che gli imprenditori italiani devono affrontare da parte di produttori stranieri, che imparano velocemente le tecniche dei processi produttivi, e la caratteristica distintiva dei prodotti italiani, ossia il basso contenuto tecnologico degli output che possono essere facilmente riprodotti. Questi settori infatti, nonostante realizzino beni di ottima qualità, non dispongono di particolari caratteristiche tecnologiche che necessitano di tempo per essere acquisite. Le imprese manifatturiere, in passato, sono cresciute velocemente ed a basso costo ma questa evoluzione negli ultimi anni si sta riproponendo anche aldilà dei nostri confini, in paesi come Cina, Taiwan, Romania e Marocco. “Ma non è solo il mercato globale a rappresentare un temibile competitor, anche le grandi multinazionali si sono organizzate con estese linee di outsourcing” (Rullani, 2003), delocalizzando la produzione in quelle nazioni dove il costo della manodopera è molto basso.

Anche alcune imprese distrettuali italiane hanno provato ad intraprendere la via della delocalizzazione per razionalizzare i costi e per provare ad aggredire nuovi mercati protetti dalle importazioni. Soprattutto nei distretti del nord-est Italia sono proliferati accordi di collaborazione produttiva o investimenti diretti in aree soprattutto dell'est Europa. In alcuni casi, come quello dell'imprenditore Severi nel

distretto magliario di Carpi, in Emilia, il processo di delocalizzazione viene addirittura esasperato e l'imprenditore diviene sostanzialmente un importatore, commercializzando prodotti provenienti dall'Asia e facendo sì che l'azienda mantenesse un buon livello di fatturato e profitti, nonostante una diminuzione della qualità del prodotto. Questo esempio paradigmatico è utile però a capire il rischio che le imprese distrettuali potrebbero incontrare, che è quello appunto di perdere quella caratteristica impronta di Made in Italy e di causare, contemporaneamente, a causa dei sempre più frequenti accordi con partner esteri, un impoverimento del tessuto artigianale locale che progressivamente perde stimoli ed “impoverisce le economie esterne marshalliane” (Onida, 2004, pag.114).

Sempre per quanto riguarda le esportazioni, da non sottovalutare è anche il fatto che il dollaro negli anni sia divenuto una moneta più debole dell'euro, causando un notevole calo nelle esportazioni verso gli Stati Uniti. Negli anni '80 e '90, spesso, la Banca d'Italia decideva di abbassare il valore della lira (immettendo una maggiore quantità di moneta nel sistema economico) proprio per favorire le esportazioni del

Made in Italy. Questo ovviamente non è più possibile a seguito dell'adozione da parte

dei Paesi dell'Unione Europea della moneta unica ed è uno degli argomenti utilizzati da quei movimenti politici che invocano l'uscita dall'Euro del nostro Paese.

Anche il mutamento del mercato del lavoro deve essere annoverato tra i fattori di difficoltà per le imprese distrettuali. L'offerta di lavoro giovanile sempre più scolarizzata e poco attratta verso quelle professioni considerate “manuali”, unita alla ridotta disponibilità delle imprese nel sostenere costi di formazione ed addestramento specifico del personale, ha portato alla diminuzione progressiva di tutte quelle professionalità artigianali e specializzate ed alla difficoltà nel riprodurre quella destrezza e capacità lavorativa in quei lavoratori che non hanno “respirato” il sapere contestuale interno al distretto.

Nella risposta, o non risposta, dei distretti industriali alla crisi, inoltre, è importante il ruolo della governance, sottolineato già come uno degli aspetti caratteristici nel precedente paragrafo, che può avere però un aspetto negativo quando le istituzioni locali, designate come abbiamo visto a costruire scenari economicamente positivi per i distretti, creano invece effetti opposti, a causa di una

gestione miope delle risorse, attuando provvedimenti politici inefficienti o, peggio ancora, attraverso gestioni opportunistiche della “cosa pubblica” caratterizzate magari da corruzione. Un esempio, come vedremo più specificamente nel terzo capitolo, è il distretto calzaturiero di Capannori, dove le politiche adottate dalle istituzioni locali non sono risultate efficaci per il rilancio di un settore che risulta essere oggi in grande difficoltà, dopo essere stato per anni il fiore all'occhiello della piccola impresa lucchese.