• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2: I DISTRETTI INDUSTRIALI ITALIANI

2.3 L'evoluzione dei distretti industriali italiani

2.3.5 Gli ultimi anni, condizioni per la ripresa

Nel 2009 è nato l'Osservatorio nazionale dei distretti italiani12, che rappresenta una sorta di banca dati ufficiale distrettuale ed è realizzata da una collaborazione tra la Federazione dei distretti italiani e Unioncamere. Dal 2014 la partnership con Unioncamere passa dalla Federazione Distretti Italiani a Unionfiliere, l’associazione di Unioncamere alla quale partecipano le Camere di commercio dei territori interessati allo sviluppo delle filiere e dei distretti, che ha assorbito la Federazione. Ogni anno da allora l'osservatorio presenta un rapporto basato sullo studio di un campione di 100 distretti industriali, con lo scopo di monitorare costantemente lo stato di salute del sistema distrettuale italiano, i cambiamenti in atto nel territorio e cercare di fornire soluzioni agli elementi di criticità del sistema.

Appare evidente anche secondo questi rapporti che negli ultimi cinque anni siano avvenuti alcuni cambiamenti in parte dei territori, per quanto riguarda il numero di imprese, la loro organizzazione ed i livelli di occupazione. Aumento della delocalizzazione produttiva, crisi di manodopera specializzata, nuova interpretazione di quel legame con il territorio che “ha in parte perso quel carattere di trampolino di lancio e di nicchia da difendere come negli anni più luminosi” (Osservatorio dei distretti italiani, Rapporto 2014), ma resta ancora in gran parte il fulcro di quella comunità che genera competenze caratteristiche e che spesso diventa un brand riconoscibile all’estero.

Dall'ultimo rapporto datato 201413 emerge comunque un miglioramento del

12 http://www.osservatoriodistretti.org/

13 http://www.osservatoriodistretti.org/sites/default/files/Rapporto_2014_OsservatorioNazionaleDistr etti.pdf

clima economico per le aziende dei distretti rispetto agli ultimi anni, con alcune indicazioni circa un rafforzamento di questa tendenza nel corso dei prossimi anni. Nonostante questi indicatori non assicurino un veloce recupero delle posizioni perse durante la crisi a causa della concorrenza, a tratti sleale, dei produttori asiatici, i dati sembrano comunque confermare il perdurare di quell'“effetto distretto” di cui abbiamo parlato in precedenza e grazie al quale, in passato, queste aree hanno dimostrato la capacità di una maggiore resistenza in periodi congiunturalmente difficili e di anticipare le fasi di ripresa rispetto al resto del tessuto produttivo. Nonostante questi periodi di difficoltà, infatti, i distretti restano una forza dinamica, in grado di compensare o attutire gli effetti della recessione. Le performance sui mercati esteri, nonostante tutto, rimangono le fondamenta sulle quali si regge gran parte dell’impalcatura distrettuale e, di conseguenza, dell’intero tessuto manifatturiero del nostro Paese. Infatti secondo gli ultimi dati risalenti al 2013, il 42% delle imprese analizzate ha indicato di avere incrementato le esportazioni, a fronte del 32,8% del 2010.

Dall'analisi di questo rapporto, e di quelli degli anni precedenti, vengono individuate quelle priorità che il legislatore, sia esso lo Stato o le istituzioni locali, deve tenere in grande considerazione per preservare, rafforzare o ricostituire la competitività dei sistemi distrettuali:

colmare il gap sulle infrastrutture di comunicazione e sulle applicazioni digitali;

• rendere fisco e apparato burocratico vicini alle imprese, e non ulteriore ostacolo alla crescita;

• velocizzare e ridurre i costi della giustizia civile;

• rendere più forte il dialogo fra un mondo del lavoro che ha subito forti cambiamenti ed un’offerta formativa non sempre in grado di generare le competenze che servono al mercato, con ulteriori conseguenze negative sul versante occupazionale.

Anche nei distretti industriali, infatti, il lavoro rappresenta la reale emergenza, portando alla luce un duplice problema: la mancanza di possibilità lavorative per le giovani generazioni ed il pericolo di espulsione di occupazione molto specializzata

che, successivamente, incontrerà maggiori difficoltà a reintegrarsi nel mercato del lavoro. Senza perdere di vista le persistenti problematiche sul versante del credito, visto che senza finanziamenti da banche ed altri istituti le imprese distrettuali rischiano di avere forti ripercussioni sui processi di investimento e di innovazione, indispensabili per sfruttare nuove nicchie di mercato.

Un altro tema importante è l'enfasi posta sulla sostenibilità ambientale, che può divenire un fattore strategico in un'ottica di diminuzione dei costi. Secondo un un’analisi elaborata da Confartigianato e contenuta nel 3° Rapporto dell'Osservatorio14, "la diffusione delle tecnologie green nei distretti industriali appare come un fenomeno in costante crescita". Questi nuovi investimenti "verdi" riguardano per il 53,8% dei casi impianti e tecnologie per ridurre i consumi energetici. Soltanto in Veneto, a partire dal 2009, oltre 35.000 aziende (il 10% a livello nazionale, il 24% del totale regionale) hanno effettuato investimenti in tecnologie a maggior risparmio energetico ed a minor impatto ambientale. "Possiamo citare un distretto più “tradizionale” come la concia di Arzignano, ma anche quelli delle energie rinnovabili di Belluno, il distretto Refricold che produce frigoriferi e climatizzatori dall’elevato risparmio energetico ed il fenomeno della riconversione in chiave green del distretto del legno" (Osservatorio nazionale dei distretti italiani, 2012).

Infine, imprescindibile rimane il rapporto con il proprio territorio. Coltivare i propri interessi in patria deve tornare ad essere un'importante risorsa strategica, senza dimenticare l'importanza delle relazioni con l'estero ma anche senza cedere a miopi logiche di delocalizzazione. Alimentare le eccellenze produttive da cui trae origine quel Made in Italy che attrae clienti in tutto il mondo ed un'efficace e coraggiosa politica di investimenti nel rinnovamento delle infrastrutture, devono essere condizioni necessarie per uno sviluppo positivo nel futuro. In un paese moderno, inoltre, l'azienda deve ambire a svolgere anche un ruolo sociale, in quanto occupando le persone del posto si aiuta la ripresa e si evitano le problematiche che derivano dall'utilizzo di mano d'opera a basso prezzo in altri paesi, in termini soprattutto di qualità del prodotto e di perdita del "sapere contestuale".

Le aziende del Made in Italy, inoltre, sono tra quelle che meglio hanno resistito alla crisi e, avendo ancora dei mercati in crescita, possono fare da traino per la ripresa. In particolare nel settore del lusso italiano (ovvero principalmente quei prodotti di alta moda destinati ad una clientela molto limitata numericamente ma estremamente disposta a spendere) c'è un insieme di elementi di cultura, gusto e design che ancora oggi continua ad avere un enorme appeal nei consumatori, in particolare stranieri. Ed è anche grazie a queste aziende, che in grande maggioranza si annidano nei distretti industriali italiani, che si possono sviluppare ulteriori condizioni per il rilancio del nostro sistema economico.

CAPITOLO 3 – I DISTRETTI INDUSTRIALI DEL