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CRISI FINANZIARIA CHE DIVENTA CRISI ECONOMICA

“Diminuisce la copertura della pensione in rapporto all‟ultimo stipendio” Metodo di calcolo applicato

IV. L’IMPATTO SULLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE (II E III PILASTRO)

IV.I CRISI FINANZIARIA CHE DIVENTA CRISI ECONOMICA

Nella Relazione congiunta per il 2009 sulla protezione e l‟inclusione sociale, la Commissione europea aveva già manifestato una certa preoccupazione circa le conseguenze della crisi economica che sarebbero ricadute nel breve termine sull‟economia europea, gravando in maniera decisiva sul mercato del lavoro, e nel medio-lungo termine con effetti importanti sui sistemi di protezione sociale, in primis sulle pensioni74.

Una crisi, scoppiata negli Stati Uniti nel 2007, a causa della gravità dei mutui

subprime, degli effetti della bolla immobiliare e poi quella speculativa, crisi

inizialmente di tipo finanziario, dove le reazioni dei mercati palesano in tempi istantanei le criticità delle imprese e subiscono pesantemente gli shock economici, in particolare gli scandali che hanno visto cedere all‟improvviso potenti colossi finanziari, che poi in realtà ha trascinato per mano una crisi di tipo economico.

All‟interno dei sistemi pensionistici, dunque, si cominciano a porre problemi di “asset tossici”, a riguardo dei quali, però, la Commissione europea rassicura gli investitori, riaffermando la solidità dei sistemi previdenziali europei.

74 Crisi economica: quali effetti sulle pensioni europee e italiane. Marzo 2009. Disponibile su

Ovviamente non potendo pensare che la realtà previdenziale non sia minimamente influenzata dalla crisi economico-finanziaria, è necessario che gli Stati membri si attivino con politiche di equilibrio e risanamento del settore.

In particolare viene messa a dura prova la sostenibilità di lungo periodo dei sistemi pensionistici in quelle nazioni in cui il debito pubblico è più accentuato e la crescita economica ha già dato importanti segni di rallentamento.

In generale gli effetti della crisi finanziaria si distinguono in base alla tipologia del regime pensionistico vigente all‟interno di ciascun Stato membro: i regimi a ripartizione, in sigla PAYG ovvero Pay-As-You-Go, sono quelli che maggiormente risentono della recessione economica, in quanto alimentati dai contributi dei lavoratori attivi, ed insieme all‟aumento del debito pubblico possono palesare esigenze di riadattamento maggiore; quelli a capitalizzazione, invece, subiscono in maniera più diretta le oscillazioni negative del mercato, in particolar modo quando l‟impostazione è a “prestazione definita”, che al termine dovrà compensare la situazione di deficit finanziaria scaricandola sul contribuente ed, infine, ancora più colpiti sono i regimi a contribuzione definita, in sigla DC, Defined Contribution, in cui l‟aderente si accolla in toto la rischiosità dell‟investimento.

Quest‟ultimi, rappresentano ad oggi comunque un elemento secondario del sistema previdenziale europeo, in cui la copertura è garantita per la maggior quota dalla prestazione pubblica. In ogni caso logiche di lyfestyle o lyfecycle, di tradizione britannica, permettono di addossare la maggiore rischiosità al primo periodo di contribuzione, in cui l‟aderente è giovane, con spostamenti automatici, programmati nel tempo, verso forme d‟investimento meno volatili e più conservative che mirino alla capitalizzazione del montante maturato.

Dunque a partire dalla fase di recessione economica che ha colpito l‟eurozona nel secondo trimestre del 2008, per effetto di quella dei mercati americani, l‟Italia ha risentito pesantemente della crisi internazionale e sebbene ci fossero stati dei segnali di ripresa tra la fine del 2010 ed i primi mesi del 2011, nell‟economia si è già verificata un‟altra battuta di arresto. Il mercato del lavoro è stato il primo a pagarne le conseguenze, con un aumento del tasso di disoccupazione e un calo del tasso di occupazione che scoraggia sempre più i lavoratori.

Inoltre gli enormi disavanzi pubblici, costituiti da un debito pari al 120% del PIL nel 2011, contribuiscono a rafforzare il clima di sfiducia nei confronti del nostro Paese, oggetto di speculazioni, come di altri Stati membro in cui il debito sovrano è in grave difficoltà, quali Grecia, Spagna e Portogallo.

Il percorso verso il riordino dei conti pubblici è stato compiuto per riacquisire autorevolezza e stima anche sui mercati finanziari, che come è stato accennato sono strettamente collegati. Però la soluzione portata a termine è stata attuata a discapito delle famiglie, che si sono viste ancora una volta erodere il proprio potere di acquisto, tramite alcuni interventi sulle entrate statali quali l‟aumento dell‟IVA e delle accise sul carburante e l‟introduzione dell‟IMU, quale imposta sulla prima casa.

Allora bisogna arrendersi all‟evidenza che la crisi dei mercati economici non si è tradotta solo in un disequilibrio della finanza statale, ma ha inciso ed incide tutt‟ora a livello di singolo cittadino.

Si sono aggiunti, infatti, tagli al sistema sanitario e a quello assistenziale, nonché drastici adeguamenti compiuti sulle prestazioni pensionistiche, forse ora controbilanciati da una serie di liberalizzazioni messe in campo per dare uno slancio propulsivo all‟economia.

Speriamo che a breve emerga qualche segnale di miglioramento che attenui l‟evidenza delle disuguaglianze che si sono create, confermate dai dati forniti dall‟Istat che

registrano una percentuale pari a 18,2% degli italiani a “rischio povertà” ed il 6,9% in

condizioni di “grave deprivazione materiale”75.

Infatti a questo titolo sono state messe in atto nel periodo 2008-2011 una serie di misure anti-crisi, come il potenziamento della tutela in caso di disoccupazione o sospensione del lavoro, l‟estensione del sussidio per le famiglie più povere, l‟introduzione della “social card”, gli incentivi ai consumi (es. automobili ed elettrodomestici), ecc.

Però la fotografia della realtà è che “la crisi ha gravemente inciso sui redditi delle

famiglie italiane riducendo drasticamente le loro capacità di risparmio” 76, che nel 2011

sono scese del 0,70%, insieme al potere di acquisto che è diminuito di 0,5 punti percentuali (dati Instat).

In Italia, come si è accennato, l‟attuale situazione di crisi, viene aggravata dal progressivo invecchiamento della popolazione e dall‟andamento negativo dell‟occupazione, causando appunto un dissesto nelle casse statali.

L‟urgenza di bilancio nel sistema previdenziale, realizzato tramite l‟unificazione gestionale dell‟erogazione delle pensioni e l‟omogeneizzazione della normativa vigente sui vari regimi che il legislatore ha voluto compiere (si rimanda al Decreto Salva

Italia), dopo una produzione di leggi disorganica perdurata per anni, manifesta

l‟esigenza prima di tutto di giustizia nelle prestazioni ma si muove sempre nella direzione di una razionalizzazione nell‟utilizzo delle risorse finanziarie pubbliche.

Nel nostro Paese, che non può più ignorare e nascondere la sua debolezza finanziaria, una riforma di tale sistema pensionistico era più che necessaria, mentre si ha meno da temere circa l‟impatto della crisi finanziaria sul comparto dei fondi pensione, in quanto la copertura della previdenza integrativa registra uno dei minor livelli della comunità e, piuttosto, rimane un filone tutto da sviluppare.

Alla luce delle difficili condizioni economiche che si stanno infliggendo agli italiani, non sarà dunque banale l‟incentivo della previdenza complementare, che diventerà fondamentale nel portare a termine la sfida lanciata da Bruxelles di ottenere un adeguato livello di tutela previdenziale con tassi di sostituzione in riduzione, soprattutto in conseguenza alle nuove misure drastiche introdotte dall‟ultima riforma del tema pensionistico.

Anche se bisogna tener conto che, come ha affermato il ministro Fornero ad aprile 2012, riferendosi agli interventi attuati dal nuovo governo sul sistema previdenziale

alla fine del 201177: “La riforma delle pensioni è stata considerata troppo severa, ma

al contrario è quella che più ha allontanato lo spettro della crisi finanziaria, cioè l‟impossibilità di pagare stipendi e pensioni”.

Riassumendo, come descrive la Relazione Annuale 2011 della Covip78, si è osservato

che l‟attuale crisi è sopravvenuta negli ultimi anni attraverso tre fasi:

- una prima fase caratterizzata da una crisi finanziaria, che ha vissuto a novembre del 2008 il crollo dei mercati azionari mondiali e i successivi salvataggi ad opera di istituzioni pubbliche di potenti società finanziarie, che hanno avuto una forte incidenza sul rendimento dei fondi complementari, a capitalizzazione e ancor più su quelli a prestazione definita, relativamente alla loro componente azionaria;

- una seconda fase di crisi economica, segnata da una forte recessione economica, seconda solo a quella degli anni ‟30 del 1900, nella quale, in

75

Borgi, E., L’impatto delle misure anti-crisi e la situazione sociale e occupazionale. Università Carlo Cattaneo – Università Bocconi. Disponibile su <www.eesc.europea.eu>.

76 Scotti, S., In Italia, stipendi e pensioni falcidiati dalla crisi: -12%. 17 Aprile 2012. Disponibile su

<www.usirdbricerca.info>. Vengono riportate le parole del vice direttore generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola.

77 Crisi/Fornero: Riforma pensioni ha allontanato spettro default. Torino. TMNews. 21 Aprile 2012. 78 Relazione Annuale 2011. Covip. Pag. 11-13.

particolare nel 2009, ne ha subito le conseguenze l‟intero sistema pensionistico, generale ed integrativo;

- una terza fase, in corso di svolgimento, piegata da una crisi fiscale, ovvero situazioni di grave deficit pubblico che viene condannato dai mercati finanziari all‟insostenibilità nel lungo termine e dunque vede politiche restrittive a correzione, che a loro volta, però, quasi in un circolo vizioso, rallentano in qualche modo l‟economia. Il giudizio dei mercati si riflette pesantemente sui sistemi pensionistici, in particolare il valore dei portafoglio dei fondi complementari, tramite una misurazione giornaliera delle variazioni relative agli spread tra i vari titoli di stato dei Paesi della Comunità Europea.

L‟impatto della crisi finanziaria sulle forme di previdenza complementare, in particolare i fondi pensione, potrebbe rivelarsi, però, per molti sorprendente: infatti, nonostante la fase di turbolenza negativa dei mercati finanziari, tali forme di investimento hanno dimostrato un rendimento positivo; i dati ufficiali relativi all‟andamento dei fondi negoziali nei primi nove mesi del 2012 riportano una crescita media del 6,2%, che suddivisa nei vari comparti risulta essere pari a: 5,6% “garantito”, 2,4% obbligazionario, 6,2% obbligazionario misto, 7% bilanciato, 8,6% azionario79.

Dunque, a parità di contribuzione, nel confronto tra i risultati offerti dalla rivalutazione prevista per chi ha scelto di mantenere il Tfr in azienda, la sua destinazione ad una forma complementare appare vincente.

D‟altro canto, la crisi dei debiti sovrani e la volatilità delle Borse lungo il corso del 2011 hanno influito forse in misura maggiore sulle performance dei fondi pensioni aperti (-2,4%) e dei Pip legati a polizze Unit Linked (-5,7%), rispetto a quella del Tfr

(+3,5%)80,. Comunque già a partire dal 2012 si intravedono i primi segnali di ripresa

non solo per i fondi negoziali (+3,7%), ma anche per fondi aperti (+4,8%) e Pip (+6,2%).

Osservando, invece, gli effetti della crisi prettamente di tipo economico, si colgono direzioni diverse a seconda che si tratti di forme collettive o individuali.

Confortante è la variazione positiva maturata dai fondi aperti che hanno registrato un aumento del 2,1% in quanto ad iscrizioni, superati notevolmente dalla rincorsa dei Pip pari al 15,2%, mentre risulta forse preoccupante quella dei fondi negoziali che hanno perso quasi l‟1%, pur offrendo costi minori per l‟aderente ed avente chiari intenzioni di finalità senza lucro.

La Covip, sempre nella Relazione 2011, affronta in tono preoccupato la problematica della sospensione contributiva che segna circa il 20% dei lavoratori (pari a 1,1 milioni ca), in particolare quelli che non prestano lavoro subordinato che risultano iscritti a fondi aperti81.

Questi comportamenti, dovuti alle difficoltà economiche del periodo, andranno, però a pregiudicare gravemente la consistenza della pensione integrativa e quindi sull‟adeguatezza a quelle che saranno le reali esigenze da sostenere.

Identico risultato si ottiene a fronte dell‟intensificarsi della frequenza delle richieste di anticipazione della posizione complementare, pur rientrando nel perimetro legittimato dal legislatore stesso.

79 Ferrante, G., Le cautele non devono fermare l’iniziativa. Disponibile su <www.previnforma.it>. 80 Lo Conte, M., Fondi pensione, la crisi fa interrompere i versamenti. 24 Maggio 2012. Disponibile su

<www.ilsole24ore.com>. Come afferma il presidente della Covip Antonio Finocchiaro.

81 Lo Conte, M., Fondi pensione, la crisi fa interrompere i versamenti. 24 Maggio 2012. Disponibile su