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IL MANCATO DECOLLO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

“Diminuisce la copertura della pensione in rapporto all‟ultimo stipendio” Metodo di calcolo applicato

VI. IL DESTINO DEL II E III PILASTRO

VI.I IL MANCATO DECOLLO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

E‟ stato osservato come la tutela previdenziale sia realizzata nel nostro Paese tramite

un sistema battezzato a “struttura binaria”144, che si definisce tramite l‟interrelazione

e l‟integrazione di due componenti: una pubblica ed una privata.

Analizzando le questioni relative al servizio pubblico analizzate dal medesimo studioso, sembra logico che l‟impostazione del sistema di protezione sociale possa essere formulato su due alternative principali: su “prestazioni elevate”, di carattere universalistico e dunque sostenute con un‟accentuata fiscalità, che impone all‟intera collettività un forte senso di responsabilità e dunque ripone sullo Stato aspettative di massima efficienza, oppure su “prestazioni minimali”, con una pressione fiscale proporzionale e perciò ridotta, volte a coprire i bisogni strettamente essenziali e concentrandosi pertanto solo sulla fascia più povera della popolazione.

Da sempre la tutela offerta dal sistema pensionistico statale italiano si è contraddistinta per gli elevati livelli di copertura offerta, che raffigurava la figura dello Stato in un atteggiamento tendenzialmente paternalista.

Le tenaglie della crisi economico-finanziaria che stanno affliggendo il nostro Paese da alcuni anni, ed in particolare la situazione di forte deficit del bilancio statale, dovuto al mantenimento di prestazioni molto generose in uno scenario sociale e demografico radicalmente cambiato, fanno sì che oggi si comincino a privilegiare invece logiche di maggior razionalità economica. Tali adattamenti manifestatisi nel sistema previdenziale, che da qualche tempo ha visto l‟ingresso di una matrice privatistica, la previdenza complementare, rischia però di sottovalutare il ruolo centrale dello Stato sociale, che si rifà al principio solidaristico.

Bisogna tener conto, d‟altro canto, che le potenzialità dello Stato si possono estendere, ovviamente, solo fino a dove glielo consentono le sue risorse finanziarie. Appare dunque come soluzione ideale e risolutiva di un‟ipotetica situazione conflittuale, un sistema globale caratterizzato da responsabilità individuali che affiancano quelle collettive, nella costituzione del cosiddetto welfare mix, disegnato attorno ad un perno centrale rappresentato dallo Stato ma che vede realizzarsi un maggior coinvolgimento del circuito privato,

La struttura a tre pilastri, ricordata all‟inizio del nostro elaborato, ricalca proprio tale concezione: un pilastro pubblico, un pilastro complementare collettivo (fondi pensione di categoria e fondi pensione aperta ad adesione collettiva) e un pilastro integrativo individuale (fondi pensione aperti ad adesione individuale e polizze assicurative previdenziali).

Al di là dell‟importanza appena sottolineata, permane in Italia ancora una scarsissima adesione alla componente privata.

Il mancato decollo del sistema complementare è dovuto a diverse ragioni: in prima battuta all‟inadeguatezza dell‟incentivazione fiscale, che non ha permesso l‟esonerazione della tassazione del reddito destinato ai fini previdenziali, nonostante gli interventi correttivi introdotti dal D. Lgs. n. 585/1993 e Legge n. 335/1995, che hanno innalzato il livello della detassabilità dei contributi a carico dei lavoratori e i limiti della deducibilità dei contributi a carico dei datori di lavoro.

Infatti è prevista un‟imposta sugli importi erogati dal fondo pensione (max. 15% -

min. 9%, invece pari al 23% in caso di anticipazioni non per spese sanitarie) che si

aggiunge alle ritenute alla fonte che incidono sui redditi di capitale a titolo di imposta sostitutiva sui rendimenti del patrimonio gestito (11%).

Sulle forme complementari è stato dunque accollato un iniquo sistema di “doppia tassazione”: vengono tassati prima i redditi, in termini di interessi maturati sulle somme versate dai contribuenti che serviranno poi a pagare le loro pensioni future e poi anche la pensione erogata, quando nel resto dell‟Europa non è così, cioè la tassazione viene fatta in via esclusiva a carico della cassa previdenziale oppure del pensionato.

A questo si somma un problema di onerosità del sistema di gestione delle risorse, in quanto, non essendone consentita per legge la gestione diretta, l‟ente erogatore si deve per forza affidare ad investitori istituzionali, quali sgr e sim, con i quali è necessario stipulare delle convenzioni per l‟amministrazione degli accantonamenti. Inoltre non è da trascurare la diffidenza dei lavoratori subordinati verso un sistema impostato in modo da sfavorire le prestazioni loro garantite, facendo loro percepire le pensioni come una sorta di gioco d‟azzardo sul loro valore reale al momento di bisogno, ovvero la vecchiaia.

In ultimo, essendo l‟autonomia collettiva la fonte preminente delle forme complementari, di fatto viene dato più potere a quelle istituzioni che comunque ripropongono principi che ancora una volta riconducono agli interessi dell‟economia e della comunità generale, sminuendo quelli individuali. In ogni caso, in un momento di

destabilizzazione e crisi generale come quello del panorama italiano le organizzazioni sindacali stesse subiscono una diminuzione del loro potere contrattuale.

Di fronte all‟emergere di inedite forme di emarginazione sociale (precarietà del lavoro, utilizzo ammortizzatori sociali e carriere lavorative estremamente mobili e frammentate), non si può, però, ignorare la necessità di adottare soluzioni che mirino a garantire un rapporto che si avvicini all‟equivalenza tra contributi e prestazione, in contrapposizione a promesse pubbliche sempre più incerte.

Anche se il senso di sfiducia verso il futuro rimane davvero forte145: il 45% del

campione intervistato, composto da 2.400 lavoratori, si attende una vecchiaia con problemi economici, per il 21,5% l‟incertezza del contesto storico non dà la possibilità di esprimersi circa le loro condizioni future e solo l‟8% sa di poter contare su buoni redditi tali da rendere serena la sua vecchiaia.

Manca fiducia anche nella previdenza complementare, che appare una materia davvero ancora poco conosciuta, in alternativa alla quale le preferenze degli intervistati si muovono per il 70% su forme di risparmio diverse (investimenti immobiliari o sottoscrizione in via autonoma di strumenti finanziari).

Significativo il quadro delineato dal sondaggio Censis-Covip circa le motivazioni del mancato decollo della previdenza complementare:

 insufficienza di risorse finanziarie da destinarvi (41%);  mancanza di fiducia (28%);

 convinzione di essere ancora troppo giovani per aderirvi (19%);

 preferenza per il mantenimento del Tfr presso il datore di lavoro (9%).

Per concludere, emerge che tra i giovani dilaga la mentalità del rimandare il problema ad un domani; rimane indiscutibile, relativamente alla disciplina complementare, la necessità di informazione, che peraltro deve essere precisa e di qualità; non è più ignorabile nemmeno l‟urgenza della conoscenza della propria posizione pensionistica futura reale; non sembra per nulla sconfitta la sottovalutazione dell‟utilità delle forme pensionistiche complementari.