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Il mito della guerra tra invasione, occupazione e ritirata Grecia, Jugoslavia e Russia nei manuali di storia

Paragrafo 5. La partecipazione italiana alla campagna di Russia (estate-autunno 1941); il disastro dell‟ARMIR (inverno 1942-1943)

3. La crisi del regime

Le difficoltà emerse già all‟inizio delle operazioni militari producono un effetto negativo anche sul fronte interno. Nel Promemoria per il Duce, relativo al mese di dicembre 1940, i Carabinieri segnalano che “[…] Non si sono finora notate pubbliche esplosioni di collera e molti affermano che ciò sia dovuto, più che a spirito di disciplina, al timore di incorrere in gravi sanzioni; ma oltre l‟osservazione superficiale si intravede facilmente che in ogni ceto v‟è una situazione di grave malumore, che prendendo le mosse dai sacrifici sopportati dal popolo con comprensione delle necessità, invoca la punizione dei responsabili, la eliminazione della cause dei dannosi eventi ed in particolar modo un mutamento d‟indirizzo nella condotta della guerra”.285

Anche i numerosi rapporti dei fiduciari della Polizia politica registrano, in varie città, “gli umori della popolazione sempre più neri”286; “il più vivo pessimismo”287; “l‟ira contro l‟impresa che ci ha messo in tanti guai, considerata dai più come un inutile flagello”288.

Proprio dall‟attività dei circa settemila “censori” (militari e civili) che esaminano una notevole quantità di lettere (quasi dieci milioni solo nel 1940), si intuisce che comincia a incrinarsi il meccanismo del consenso.

Finora, l‟adesione al fascismo si è manifestata soprattutto nelle manifestazioni pubbliche e di massa; nelle organizzazioni e nelle strutture sottoposte direttamente o indirettamente al controllo del Partito. Anche il dissenso ha avuto una dimensione pubblica, individuale o di gruppo, ma è stato prontamente represso per via giudiziaria (Tribunali ordinari e Tribunale speciale289) e amministrativa (Confino di Polizia290 e internamento291).

285 ACS, Segr. Part. Del Duce, Carteggio ris. (1922-1943), b. 164, fasc. 23, citato da Renzo De Felice, Mussolini

l‟alleato I. L‟Italia in guerra (1940-1943), 2. Crisi e agonia del regime, cit., p. 731.

286 ACS, Min. Int., Polizia Politica (1928-1944), fasc. Genova, Relazione fiduciaria in data Genova 6 dicembre

1940, in Simona Colarizi, L‟opinione degli italiani sotto il regime, cit., p. 343.

287 ACS, Min. Int., Polizia Politica (1928-1944), fasc. Trento, Relazione fiduciaria in data Rovereto 23 dicembre

1940, in idem.

288 ACS, Min. Int., Polizia Politica (1928-1944), fasc. Napoli, Relazione fiduciaria in data Napoli 4 gennaio

1941, in idem.

289 Il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato è istituito con la Legge 25 novembre 1926, n. 2008

(Provvedimenti per la difesa dello Stato). Entra in funzione nel 1927 e viene soppresso nel luglio 1943, a seguito della caduta del fascismo. Durante questo periodo svolge la seguente attività. Processati: imputati (5.619), condannati (4.596), assolti (988). Uomini: 5497, donne: 122, minori: 697. Condanne. Anni: 27.735; mesi: 5; giorni: 19. A morte: 42. Condanne a morte eseguite: 31. Per una informazione particolareggiata vedi: Adriano Dal Pont e altri, Aula IV. Tutti i processi del Tribunale speciale fascista, Anppia, Roma 1961. Vedi anche

Adesso, invece, affiorano considerazioni personali, espresse non solo dagli antifascisti, veri o presunti, ma anche da tanta gente comune. L‟adesione alle direttive e alle parole d‟ordine del regime comincia a venire meno.

Dopo l‟attacco alla Grecia, quando la guerra immaginata diventa guerra reale, si diffonde il pessimismo.

“Contro la mia natura ed abitudine sono diventato, dal 28 ottobre in qua, tremendamente pessimista, non vedo la fine, dubito ormai di tutto e di tutti. Si commettono tali corbellerie e leggerezze, che mettono un tono cupo, tragico alla situazione […] E‟ dannoso che i soldati facciano della politica, ma è molto, molto più dannoso che i politicanti, orecchianti, dilettanti, facciano, ed impongano la guerra […]. Noi siamo diventati sbruffoni, fanfaroni, bleff; ci vantiamo di cose inesistenti, e così oggi siamo ridotti allo stato attuale: zero via zero = zero. […] Certo è doloroso assistere impotenti a tanta rovina”292.

La guerra crea forti disagi al fronte293 ma anche tra la popolazione, a causa della

situazione alimentare294 e dei bombardamenti295. Ed è proprio la guerra l‟elemento

destabilizzante. Per il Paese e per il Regime.

Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L‟Italia dissidente e antifascista, La Pietra, Milano 1980. Infine, per una comparazione di questi due testi vedi: Luciano Casali, E se fosse dissenso di massa? Elementi per un‟analisi

della “conflittualità politica” durante il fascismo, in “Italia contemporanea”, luglio-settembre 1981, n. 144, pp. 101-120.

290 Il Confino di Polizia è istituito con r.d.l. 6 novembre 1926, n. 1848 (Testo Unico delle Leggi di Pubblica

Sicurezza) che confluisce nella Legge 25 novembre 1926, n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato). Nel periodo 1926-1943 si contano 12.330 confinati politici. Vedi: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L‟Italia al

confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, La Pietra, Milano 1983. In particolare, sulla condizione delle donne al Confino,

vedi: Alessandra Gissi, Un percorso a ritroso: le donne al confino politico 1926-1943, in “Italia contemporanea”, marzo 2002, n. 226, pp. 31-59.

291 L‟internamento civile (libero o in località; in campi di concentramento) di italiani e di stranieri va distinto

dall‟internamento militare e dal Confino di Polizia. “Nell‟ottobre del 1940 gli internati stranieri erano già 4251 (di cui 1839 “ariani” e 2412 ebrei) e quelli italiani 1373 (di cui 331 ebrei). A quattro mesi dall‟ingresso in guerra, perciò, tra italiani e stranieri, erano già stati internati dal ministero dell‟Interno 5624 civili. Nel 1941 si registrò un certo rallentamento nelle comminazioni, ma nonostante ciò, nel novembre 1942, l‟ammontare degli internati raggiunse un totale di 11.735 persone (4366 italiani e 7369 stranieri) e, nell‟aprile 1943, quello di 19.117 (12.285 italiani e 6832 stranieri”, in Carlo Spartaco Capogreco, I campi del duce. L‟internamento civile

nell‟Italia fascista (1940-1943), Einaudi, Torino 2004, pp. 65-66.

292 Roma, 13 gennaio 1941, Aurelio Lepre, L‟occhio del Duce, cit., pp. 39-40.

293 “[…] se avrò la possibilità di ritornare a casa vi racconterò del famoso esercito italiano, che qui noi lo

chiamiamo l‟esercito di Franceschiello, una cosa così pietosa non lo mai vista. Speriamo che venga una decisione altrimenti noi qui molliamo tutto e andiamo con i Greci”, Posta militare, 23 febbraio 1941, Ivi, pp. 44- 45.

294 “Qui è un vero purgatorio; non si trova niente da mangiare né farina, né pasta, né riso, né olio, né lardo

I rapporti dei fiduciari denunciano il peggioramento dello spirito pubblico. La popolazione è sottoposta ai bombardamenti e alle privazioni alimentari. La reazione giornaliera di pane è di 200 grammi. Molti generi di prima necessità risultano di difficile reperimento. Il costo della vita è in continuo aumento mentre i salari sono fermi al livello dell‟anteguerra. Certo, si tratta degli effetti provocati dalla guerra, amplificati però da una crisi di sistema. Ci si è accorti, infatti, della debolezza, della incapacità, della superficialità, della inadeguatezza delle strutture dello Stato; della corruzione, del clientelismo, dell‟avidità dei profittatori, annidatisi anche nelle strutture del Partito. La colpa di tutto questo è attribuita al Fascismo che ha trascinato in guerra un Paese impreparato. Ormai, “negli ambienti elevati […] si desidera e si invoca da moltissimi che le cose del Fascismo continuino ad andare, come provvidenzialmente, si dice, vanno di male in peggio sulla china per la quale stanno già ruzzolando. Si dice che questo sarà l‟unico modo di potersi liberare del Fascismo, che viene definito una cancrena; e nessuna voce autorevole – ripeto – all‟infuori delle poco ascoltate gerarchie – sorge apertamente a contrastare il travolgente disfattismo che si estende a macchia d‟olio”296.

La crisi investe, già da tempo, anche il Partito. “Basta girare qualche ora in città per rilevare che moltissimi tesserati non si degnano di portare il distintivo del Partito. Il 28 ottobre e il 4 novembre, nei giorni in cui era obbligatorio indossare l‟uniforme fascista, la maggioranza dei tesserati non ottemperò a tale ordine. Molti sono coloro che non rispondono alle chiamate dei Gruppi Rionali; quasi tutti cercano di disinteressarsi alla vita di Partito”297. E‟ evidente, ormai, la inarrestabile corrosione delle basi di massa del fascismo.

Il mito del Duce, però, sembra resiste. Molti hanno ancora fiducia in Mussolini e credono nella sua buona fede, nel suo impegno per il popolo298. La guerra crea disagi e

295 “[…] Nella notte dall‟11 al 12 del corrente mese siamo stati in cantina dalle 10.30 fino alle 1.30 e poi dalle

2.15 fino alle 4.30 al mattino di domenica. Con questo freddo, ti dico io che divertimento, e poi per le bombe non si è mica niente sicuri in grotta cioè in cantina ma solo pel riparo dei proiettili di cannoni di difesa antiaerea, i quali sono molti e volano da tutte le parti e molto volentieri si infilano per le finestre e vanno a finire nei letti e fanno tutto a pezzi. Ci sono dei bambini che diventano pazzi di paura secondo come sono più o meno sensibili”, Torino, 19 gennaio 1941, Ivi, pp. 41-42.

296 ACS, Min. Int., Polizia Politica (1928-1944), Relazione fiduciaria in data Firenze 10 ottobre 1941, in Simona

Colarizi, L‟opinione degli italiani sotto il regime, cit., pp. 365-366.

297 ACS, Min. Int., Polizia Politica (1928-1944), Relazione fiduciaria in data Genova 18 novembre 1940, Ivi, p.

354.

298 “[…] Credi pure, A., che Mussolini fa provare dei grossi dispiaceri. Ma si comprende che lui non lo fa perché

vuol male al popolo, no, lo fa per il bene dei poveri […] lo fa per arricchire di più il popolo italiano poi che è ricca di bracci e povera di terra. A., mi sono spiegata bene? Allora se non lo sapevi perché combattono ora lo hai saputo da me, che sono meno competente di me”, Lettera del 29 dicembre 1940. Aurelio Lepre, L‟occhio del

difficoltà di ogni genere, ma “[…] si sopporta tutto con rassegnazione, perché si ha illimitata fiducia nell‟amato nostro Duce. Egli solamente è veramente tutto il popolo, ed è peccato che non tutti siamo degni di Lui”299. Qualcuno accusa le autorità periferiche300. Altri ancora denunciano comportamenti dolosi301 ma “[…] si va avanti colla fiducia e la ferma speranza che il Duce rimedierà a guerra finita a tante palesi ingiustizie […]”302.

Esistono, tuttavia, anche opinioni di segno opposto. Mussolini è definito “farabutto” ed è ritenuto responsabile della guerra: “[…] L‟ha meditata e voluta unicamente per ambizione personale, e si constata che non è riuscito a soddisfare nemmeno questa ambizione e che anzi non ha riportato che scacchi e umiliazioni. Tutti con voce unanime – a quel che sento – stigmatizzano con parole di fuoco la condotta e l‟operato del Duce, contro il quale si lanciano imprecazioni e maledizioni”303.

I malumori registrati dalla censura non creano particolari preoccupazioni da parte delle autorità. La situazione rimane ancora sotto controllo ma è opportuno intervenire.

Nel Direttorio Nazionale del P.N.F., riunitosi il 3 gennaio 1942, Aldo Vidussoni, da poco nominato Segretario del Partito304, si rivolge al Duce con la tradizionale retorica che per

circa vent‟anni ha segnato la vita politica del regime. Nell‟indirizzo di saluto, pone l‟accento sul popolo, che tenacemente resiste e fermamente crede nel suo Capo e nella vittoria, e sul Partito, sull‟instancabile opera dei suoi dirigenti, sulla abnegazione dei suoi gerarchi. Tutto marcia e marcerà, dice Vidussoni, secondo gli ordini: “Il nostro programma di lavoro è

299 Napoli, 20 novembre 1941, Ivi, pp. 115-116.

300 “[…] I nostri figli si amalano e pure noi dalla debolezza, è meglio allora che piazzino delle mitragliatrici e la

facciano finita tutta in una volta piuttosto che vivere così. Sai che ti dico io, che ci vorrebbe il Duce in ogni Paese e città per vedere che belle cose fanno i nostri illustrissimi Prefetti, vedresti che lui li metterebbe a posto”, Ferrara, 19 settembre 1941, Ivi, pp.114-115.

301 “[…] Troppa camorra e troppi disonesti, perché da mangiare in Italia ce n‟è, e molto; succede che appena ci

mettono le mani le autorità, la roba sparisce ed i prezzi aumentano. Povero Duce, come è stato fregato e come si continua a fregarlo ancora: tutti gli fanno vedere asso per figura e nessuno ha il coraggio di dirgli la verità, Finale Ligure (Savona), 24 novembre 1941, Ivi, pp. 116-117.

302 Calolziocorte (Bergamo), 5 agosto 1941, Ivi, p. 113.

303 ACS, Min. Int., Polizia Politica (1928-1944), Relazione fiduciaria in data Firenze 4 ottobre 1941, in Simona

Colarizi, L‟opinione degli italiani sotto il regime, cit. p. 401.

304 Il 26 dicembre 1941, Aldo Vidussoni è nominato Segretario del Partito Nazionale Fascista. Ha appena 27 anni

e le reazioni sono vivaci e numerose. Scrive un informatore dei tedeschi: “La nomina di Vidussoni sollevò soltanto un‟unanime ondata di ridicolo tra i fascisti e gli antifascisti, i quali si trovarono d‟accordo per la prima volta […] Questo ragazzo, che anche i veri fascisti continuano a non prendere sul serio – e perciò anche il partito che egli rappresenta – è circondato da altri giovani di nessun colore politico, privi di idee e soprattutto di contatti con la situazione attuale … La loro propaganda è a livello scolastico, e lascia indifferenti i fascisti, mentre produce effetti del tutto contrari in altri ambienti”, In: Frederik William Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Einaudi, Torino 1963, p. 221.

questo: obbedire al vostro comando, servire con tutte le nostre forze, e, se necessario, col nostro sangue, la causa della rivoluzione fascista, allo scopo supremo: vincere! Duce! Dateci la consegna!”305.

Le parole del Segretario del Partito rispecchiano la volontà del Duce. Mussolini, infatti, cerca un legame più stretto con il popolo e per raggiungere questo obiettivo è necessario impegnare il Partito, avere sedi di fascio gremite giorno e notte, gerarchi sempre pronti a discutere. Bisogna dare l‟esempio del coraggio e dell‟assiduità al lavoro306. In più

occasioni ribadisce queste nuove parole d‟ordine. Vuole ordinare la vita degli italiani e forse pensa che questo basti per uscire da una situazione che comincia a manifestare segni di cedimento. “Quindi il gerarca deve rispettare l‟orario. Io da venti anni tutte le mattine a quell‟ora sono al mio tavolo: si sa subito dove mi si può trovare. Quindi regolarità nella vita, regolarità nel lavoro”307. Insiste su questi interventi educativi “perché abituano gli italiani ad

abbandonare la vita pittoresca, disordinata di un tempo. Dobbiamo diventare disperatamente un popolo serio”308. La sua visione sembra però oscillare tra una sorta di riconoscimento del

carattere degli italiani309 e l‟esaltazione delle conquiste, passate e future310; tra la “sacralità”

del fascismo e l‟”immoralità”, di cui lo stesso Mussolini ha responsabilità dirette o indirette311.

Quando, infatti, individua delle “anomalie”312, non va oltre un richiamo a

provvedimenti generici da attuare in un futuro assai vago e lontano, mentre, invece, già il

305 Opera Omnia di Benito Mussolini, cit., vol. XXX, pp. 152-153, nota.

306 Opera Omnia di Benito Mussolini, cit., Vol. XXXI, Ai Segretari federali della Toscana, pp. 12-21. 307 Opera Omnia di Benito Mussolini, cit., Vol. XXXI, Ai Segretari federali del Veneto e dell‟Alto Adige, pp.

24-25.

308 Idem.

309 “Gli stranieri ci calcolano sempre della gente che non arriva mai in orario, che ha sempre imprecisione nel

linguaggio, negli impegni, che è e non è, che fa il giro di valzer”, Opera Omnia di Benito Mussolini, cit., Vol. XXXI, Ai Segretari federali dell‟Emilia, p. 33.

310 “Noi diventeremo il primo popolo d‟Europa […] avremo la forza di imporre il nostro imperialismo

all‟Europa, perché la prima parola è partita da noi”, Ivi, p. 34; “[…] noi abbiamo risposto per primi in maniera soddisfacente agli interrogativi più angosciosi che hanno sempre tormentato l‟umanità, e la prova sta nel fatto che ora sta attuandosi sul piano universale; l‟Europa e il mondo hanno adottato la nostra dottrina. Tutti ci copiano”, Opera Omnia di Benito Mussolini, cit., Vol. XXXI, Ai Direttori dei quotidiani inquadrati nell‟ente stampa, p. 42.

311 “Le organizzazioni del Partito coprono troppa gente, troppi interessi”, Opera Omnia di Benito Mussolini, cit.,

Vol. XXXI, Ai Segretari federali della Lombardia, p. 49.

312 “[…] Vi sono quelli che non riescono a guadagnare come una volta. Taluni però guadagnano di più; li

presente è incerto e instabile. E quando dichiara che sono imminenti tempi difficili per i profittatori e per coloro che guadagnano troppo sulle forniture belliche, sostiene anche che non si farà condizionare da ciò che dice il cosiddetto uomo della strada. Eppure, il fenomeno della corruzione non è un‟invenzione dei mormoratori e dei calunniatori.

Nella relazione particolare su Roma preparata dai Carabinieri e allegata al Promemoria per il Duce sulla situazione nel mese di settembre 1942, si legge: “[…] Di fronte al crescente disagio economico che va ogni giorno maggiormente imponendo il sacrificio (frutto per le masse impiegatizie ed operaie di prolungati pazienti sacrifici e rinunzie) l‟opera del governo, diretta a risolvere i grandi problemi nazionali del momento, viene seguita con scarsa convinzione, perché la corruzione e l‟affarismo sono giudicati dalle masse fenomeni talmente diffusi e radicati, da rendere impossibile la loro eliminazione qualora le sfere direttive non vengano prima epurate a fondo, in modo esemplare”313.

Come appare evidente, c‟è ormai una contraddizione insanabile. Da una parte, le solide certezze del fascismo314; dall‟altra, un mondo che crolla.

Il 23 ottobre 1942 inizia la terza e ultima battaglia di El Alamein. L‟artiglieria inglese prepara l‟attacco finale con un bombardamento incessante. Poi, entrano in azione i carri armati e la fanteria. L‟impatto è violento. La difesa italo-tedesca, però, regge. Dopo una settimana, gli inglesi sferrano un nuovo attacco. Il 4 novembre è la giornata decisiva. Gli Italiani e i Tedeschi sono battuti. L‟armata di Rommel non esiste più. I resti dell‟Afrika Korps ripiegano verso occidente “col sole alle spalle e il viso rivolto alla notte”. Il fronte africano è ormai crollato.

“L'Asse accusa 25mila fra morti e feriti e 30mila prigionieri. Nel grigiore di un mattino di novembre le campane di Londra che non erano cadute dai campanili, le campane mute dal '40 e che erano pronte a suonare l'allarme per l'invasione, suonano per la vittoria di El-Alamein. L'Africa, Suez e il petrolio dell'Iraq restano inglesi. Mussolini non entrerà in Alessandria d'Egitto “con in pugno la spada dell'Islam” e dei ragazzi italiani caduti fra le dune di sabbia rimarranno solo il ricordo e le ossa in un bianco sacrario”315.

313 ACS, Segr. Part. Del Duce, Carteggio ris. (1922-1943), b. 174, fasc. 42, citata da Renzo De Felice, Mussolini

l‟alleato I. L‟Italia in guerra (1940-1943), 2. Crisi e agonia del regime, cit., p. 724. Sul fenomeno della corruzione e sulle vicende giudiziarie di numerosi esponenti del fascismo, vedi Mario Guarino, I soldi dei vinti.

La dolce vita della casta fascista e la fame per milioni di italiani. Documenti inediti sul Ventennio tra corruzione, ruberie e omicidi. L‟elenco dei “profittatori del regime”, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2008.

314 “Ora noi abbiamo la certezza, si può dire matematica, della vittoria”, Opera Omnia di Benito Mussolini, cit.,

Vol. XXXI, Ai Segretari federali dell‟Emilia, p. 34; “[…] La guerra sarà lunga e noi la vinceremo, è matematico; così come il teorema di Pitagora […]”; Ivi, Ai Direttori dei quotidiani inquadrati nell‟ente stampa, p. 43.

315 Marco Innocenti, il Sole 24 ore.com, 20 settembre 2008. A circa 14 km. da El Alamein si trova il Sacrario

Anche il fronte interno sta per cedere. La popolazione italiana è provata dai continui bombardamenti ed è sempre più stanca della guerra.

La sera del 22 ottobre 1942 Genova viene attaccata da un centinaio di bombardieri inglesi che sganciano diverse tonnellate di bombe. Fra la popolazione si contano 39 morti e 190 feriti. Nella notte del 23, il bombardamento è meno preciso ma molto più esteso. A Savona muoiono 35 persone. Genova viene colpita ancora il 6, il 7, il 13 e il 15 novembre.

Nel tardo pomeriggio del 24 ottobre viene bombardata Milano, appena tre minuti dopo l‟allarme. Anche qui vengono sganciate tonnellate di bombe. L‟attacco si ripete nella notte tra il 24 e il 25. Altre bombe, altre distruzioni, altri incendi. Il bilancio è di 175 morti.

Torino viene bombardata il 18 novembre. Gli attacchi si ripetono il 20 e il 28. E ancora l‟8, il 9 e l‟11 dicembre. Complessivamente, sono distrutte circa 1.900 abitazioni (oltre 300.000 sono gli sfollati), e una settantina di impianti industriali. “I giornali naturalmente non hanno fatto descrizioni dettagliate, ma purtroppo la città di Torino è passata attraverso un inferno di cui ogni descrizione non renderebbe che una pallida idea della realtà. Abbiamo vissuto delle notti di vero terrore ascoltando per delle interminabili ore, con gli occhi dilatati dal terrore, il boato delle bombe che innumerevoli apparecchi susseguentisi a ondate ininterrotte sganciavano su tutti i punti della città illuminata a giorno dagli incendi provocati da migliaia di spezzoni incendiari. Le vittime non si contano […]”316

Ai morti e ai danni materiali si aggiungono i disagi provocati dalla disorganizzazione dei soccorsi, la rabbia per l‟inefficienza della difesa antiaerea, l‟amara constatazione della inadeguatezza dei rifugi. I Carabinieri di Genova segnalano che “ è stata da tutti notata l‟insufficienza della difesa antiaerea, che ha consentito al nemico di attuare il suo proposito delittuoso senza essere seriamente disturbato”317, mentre i Carabinieri di Torino rilevano che

“è stato severamente commentato il mancato intervento della nostra caccia, che non si è alzata da nessuno degli aeroporti della zona, permettendo così agli aerei nemici di scorazzare, indisturbati, in pieno giorno e di dare addirittura la caccia all‟uomo con mitragliatrici a bassa quota”318.

Battaglione Guastatori del Genio, operante in Nord Africa nel 1942. All‟interno del Sacrario sono custoditi i resti

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