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Dal 25 luglio all’8 settembre 1943 Tra rotture e continuità

La caduta del fascismo nei manuali di storia

5. Dal 25 luglio all’8 settembre 1943 Tra rotture e continuità

Il colpo di Stato, “deciso” da Vittorio Emanuele III, pur tra mille paure, incertezze e ripensamenti, è stato avviato. La macchina burocratico – militare si è messa in moto.

Già alle ore 20.30, Carmine Senise, di nuovo capo della Polizia, trasmette le prime indicazioni ai questori e ai responsabili dell‟Ovra: “ Riassumo la carica di capo della Polizia. Nell‟inviare a tutti, funzionari, impiegati, ufficiali et agenti mio cordiale saluto, sono sicuro compirete come sempre tutto vostro dovere per la patria e per il re. Ordine pubblico non deve essere assolutamente turbato: provvedete pure ove occorra con debite cautele fermo quegli elementi fascisti e squadristi capaci anche a fini patriottici turbare ordine pubblico. Assicurate a vista”408.

Nello stesso tempo, si dispone l‟attuazione dei piani OP che prevedono l‟istituzione di Tribunali militari e il passaggio dei poteri civili e di polizia all‟autorità militare.

L‟intenzione è quella di tenere sotto stretto controllo l‟ordine pubblico e neutralizzare la reazione fascista, ritenuta probabile e dagli esiti imprevedibili. In realtà, vengono eseguiti pochi arresti409. Alcuni nell‟immediato (Cavallero), altri dopo qualche giorno o anche a

distanza di un mese ( Buffarini – Guidi, Soddu, Starace, Muti, Bottai, Galbiati, Teruzzi, Scorza). Pavolini e Farinacci riescono invece a nascondersi nell‟ambasciata tedesca.

La temuta reazione, soprattutto quella degli uomini più fedeli a Mussolini e delle organizzazioni militari del regime, però, non c‟è. Sono emblematici, da questo punto di vista, i casi di Scorza, segretario del Partito, e di Galbiati, Capo di Stato Maggiore della Milizia.

Dopo aver esaltato, fino a pochi giorni prima, il Duce, il Partito, il Regime, già il 27 luglio Scorza scrive a Badoglio: “Eccellenza, dopo due giorni di silenzioso lavoro, ritengo di poter considerare esaurito il compito di persuasione e di disciplina tra i fascisti impostomi dalla mia coscienza, come sacro dovere di soldato, in seguito al cambiamento di governo. Vi

408 Gruppo di ricerca per la “Raccolta generale di fonti e notizie e rappresentazione cartografica della storia

d‟Italia dal 1943 al 1945”. Coordinamento della ricerca: Luigi Ganapini, Massimo Legnani, L‟Italia dei

quarantacinque giorni. Studio e documenti, Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione, 1969,

p. 192.

409 Nel corso di un incontro, il 19 luglio 1943, Carmine Senise ed il Duca Acquarone preparano un elenco di

gerarchi fascisti da arrestare al momento del colpo di Stato, “[…] elenco assai ristretto, perché vi furono compresi soltanto quei pochi che, lasciati in libertà, potevano essere realmente pericolosi: gli altri avrebbero pensato da se stessi a togliersi dalla circolazione, tanto poco sentita era la fede che in quel tempo li animava!”, Carmine Senise, Quando ero capo della Polizia, cit., p. 198.

rimetto copia delle due dichiarazioni da me presentate al Gran Consiglio e resto in attesa delle vostre decisioni circa il Partito”410.

Maggiori preoccupazioni desta, invece, il comportamento della Milizia. Diversi ufficiali sono orientati verso un‟azione di forza ma Galbiati, dopo essersi consultato con alcuni generali, telefona, la sera del 25 luglio, al sottosegretario agli Interni Albini e gli comunica che la Milizia rimane fedele al Re e alla Patria. L‟indomani, Badoglio comunica che la Milizia diventa parte integrante delle forze armate della nazione ed è posta sotto il comando del generale Armellini.

La collaborazione degli uomini del fascismo con il nuovo governo è immediata e significativa, soprattutto perché proviene da parte di chi ha ricoperto incarichi di responsabilità. E‟ proprio di Albini l‟idea di avvisare uno per uno i prefetti prima di diramare il comunicato relativo alle “dimissioni” di Mussolini e così fornire le prime indicazioni per il mantenimento dell‟ordine pubblico.

Anche Chierici offre la propria collaborazione e ad Ambrosio e Badoglio che lo invitano a non voler creare difficoltà risponde: “Ma quali difficoltà? Voi sapete che io sono stato un fedele funzionario delle Stato, così come sono stato un leale soldato: conosco pertanto il mio dovere, che è quello di obbedire agli ordini del Governo che Sua Maestà il re ha nominato. Per le consegne eccomi a vostra disposizione! Sono pronto a passarle subito, seduta stante”411. Poi, compila una lista di persone da arrestare e la porta a Senise, nuovo capo della Polizia.

Lo stesso Maresciallo Graziani fa pervenire al Ministro della Real Casa Acquarone un messaggio in cui conferma la lealtà e la devozione al Sovrano.

La temuta reazione fascista, dunque, non c‟è412. Il crollo del fascismo appare incruento

e si manifesta solo qualche sporadico episodio di violenza. Non c‟è il clima di tragedia che ci si aspetta dopo vent‟anni di regime.

410 La lettera di Scorza è riportata da Mario Zamboni, Diario di un colpo di Stato 25 luglio – 8 settembre 1943.

Le drammatiche vicende dell‟estate del ‟43 che portarono alla caduta del fascismo: avvenimenti, retroscena, episodi poco noti o ignorati, raccontati fedelmente da chi li visse in prima persona. Prefazione di Renzo De

Felice, Newton Compton editori, Milano 1990, p. 159.

411 Ivi, p. 146.

412 “Gerarchi grandi e piccoli, non seppero fare altro, infatti, che eclissarsi e sottrarsi così all‟ira popolare, ben

contenuta del resto dalla forza pubblica […] Starace dichiarò di essere da tempo contrario a Mussolini e chiamò in testimone proprio il Maresciallo Badoglio; Buffarini andò a riparare a Valla Torlonia e di lì telefonò lui stesso al Questore mettendosi a sua disposizione, forse per sfuggire alle prevedibili violenze della folla; dei Ministri, parte aveva votato contro Mussolini nel Gran Consiglio; altri, come Benini e Polverelli, vennero da me a dichiarare i loro sentimenti di fedeltà al Re e alle istituzioni; il segretario federale di Roma, Colasanti, fece altrettanto; eguale dichiarazioni mi fece il comandante dei moschettieri del duce, Marchese d‟Avet; Bardi, vice segretario del fascio di Roma, fece la stessa cosa col Questore di Roma. Il famigerato Pollastrini, capo delle

“Un regime di vent‟anni crollò senza resistenza; sparirono i fedelissimi, i moschettieri del duce legati a lui secondo il giuramento per la vita e per la morte, i gerarchi stivalati e dal cipiglio feroce. Né mai si vide forse nella storia di una nazione da una parte tanta prova di generosità, e anche, se si vuole, d‟ingenuità (non un fascista pagò in quell‟occasione con la vita le proprie colpe) e dall‟altra tanta prova di viltà d‟animo: i maggiori gerarchi fecero ressa all‟ambasciata tedesca per trovare scampo presso l‟alleato, si contesero i posti sugli aerei in partenza, dimostrarono che l‟insistenza di Starace “per una perfetta efficienza fisica” aveva servito se non altro a dar loro un fiato inesauribile nella fuga, compiuta a rompicollo, verso i luoghi più impensati, senza preoccuparsi di ciò che si lasciavano alle spalle e tanto meno del loro duce”413.

In questo clima di fuggi fuggi generale si segnala il suicidio del senatore Manlio Morgagni, da diciannove anni presidente dell‟Agenzia Stefani. E‟ un gesto estremo compiuto dopo aver appreso la notizia delle dimissioni di Mussolini. Forse è poco. Forse è tanto, rispetto ai tanti estremisti della prima ora.

La reazione provocata dalla caduta del fascismo è di stupore e anche di incredulità. La notizia comincia a diffondersi nelle case, poi nelle strade, quindi nelle città e all‟interno del Paese. I sentimenti sono contrastanti ma prevale un senso diffuso di gioia e di liberazione, accompagnato dalla speranza che al crollo del regime segua anche la fine della guerra.

Censori e informatori sono ancora al lavoro e registrano gli umori e le manifestazioni della popolazione. C‟è chi esulta e chi teme vendette; chi scende per strada a manifestare e chi si nasconde. C‟è, soprattutto, il desiderio di rompere con il passato e dare sfogo alla rabbia per le sofferenze e i soprusi subiti negli ultimi vent‟anni. “Tutti si aggirano per la città sui camion e motocarri cantando bandiera rossa e a morte il Duce e tutto il fascismo. Ora di prepotenti fascisti come erano prima non se ne vedono più”414.

Sono tante e contrastanti le sensazioni che si manifestano nelle ore immediatamente successive alla notizia della destituzione di Mussolini. C‟è chi gioisce (“Mi trema la mano nello scrivere la grande novità che già sapete, pensando che ora si vivrà meglio con tanta pace

squadre d‟azione e di tutta la delinquenza fascista di Roma, per poco non morì dalla paura: rinchiuso dentro palazzo Braschi, circondato dalla folla che voleva dare l‟assalto, non fece che invocare disperatamente per telefono il suo arresto e quello dei suoi degni compagni rinchiusi con lui nel palazzo […] I prefetti fascisti rimasero tutti al loro posto, pronti a servire il nuovo Governo: non uno di essi, non uno, mostrò il più lontano desiderio di essere collocato a riposo. Moltissimi anzi fecero premura in senso opposto”, Carmine Senise,

Quando ero capo della Polizia, cit., pp. 206-207.

413 Roberto Battaglia, Storia della Resistenza italiana. 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945. Nuova edizione,

Giulio Einaudi editore, Torino 1964, p. 63.

(sebbene in guerra) senza essere circondati da quei farabutti che ci hanno dissanguato per 23 anni, quasi un‟esistenza, una vita intera, solo con tormenti e stenti di tutti i generi”415); c‟è chi prova emozioni indefinibili (“Già ieri sera per le strade la gente faceva chiasso, sembrava impazzita dalla gioia. Stamattina nessuno si è recato al lavoro, tutta la città è imbandierata, si fanno cortei con il ritratto di Badoglio. P. mio, credimi, non so se dalla gioia o per la pena che mi ha fatto il Duce ho pianto”416); c‟è anche chi prova già un senso di nostalgia (“Oggi sono

inebetita, non so più reagire, ma stamane difendevo moderatamente in tutto che potevo il nostro Duce, per il quale tutti sentiamo un po‟ di nostalgia”417); e c‟è chi avverte tristezza e

rabbia per quanto è accaduto (“Scusa se non sono allegro, ma, dopo quanto ha comunicato la radio degli avvenimenti romani, ho come un nodo che mi chiude la gola e non so dire e pensare che una cosa: vigliacchi! Perché certamente è stato vigliaccamente tradito, non si saprà da chi ma tradito […] E poi qui si vede una gazzarra schifosa, ributtante e provocante di individui non qualificabili che seguivano e difendevano il Fascismo per guadagno, speculazione, interesse ed oggi si affrettano a liberarsi del distintivo paventando chissà cosa. Ed è gente che ha giurato e firmato! Esseri più spregevoli del lurido negro, meritevoli solo di uno sputo”418).

Anche all‟interno dell‟Esercito si registrano sentimenti contrastanti e reazioni differenti. Da una parte, si vive con soddisfazione quanto è accaduto (“Caro papà, come già ai appreso dai giornali delle dimissioni del duce, per noi è stata una grande gioia non solo che hanno finito quelli del suo contorno di trattarci a noi del Reggio Esercito da pezze da piedi, noi non si contava più niente, si aveva sempre degli insulti […]”419); dall‟altra, si continua a manifestare fedeltà a Mussolini (“Ieri ho parlato al battaglione per dirgli la triste notizia. E‟ stata una scena indimenticabile. Tutti avevamo le lacrime agli occhi ed abbiamo inneggiato al Duce, che è e rimarrà il nostro Capo spirituale”420).

Le reazioni sono, dunque, molteplici e riguardano anche Vittorio Emanuele III.

“ Il Re afferma che non vuole recriminazioni e invita a inchinarsi di fronte alle ferite che ha procurato. Chi ha avuto, ha avuto. E chi ha rubato o profittato, conserva […] Chi ha

415 Roma, 26 luglio 1943, ivi, p. 191.

416 Asti, 26 luglio 1943, in Aurelio Lepre, L‟occhio del Duce, cit., p. 190. 417 Pollio (Como), 26 luglio 1943, ivi.

418 Merano (Bolzano), 26 luglio 1943, ivi, p. 191. 419 Parma, 28 luglio 1943, ivi, p. 194.

redatto il proclama avrebbe dovuto pensare che in ogni italiano vi è il sospetto che anche il Re abbia le sue gravi colpe, e che egli cerchi di togliersi, così, tranquillamente, le sue responsabilità”421.

Dopo vent‟anni di dittatura, esercitata da Mussolini e sostenuta dal Re, il fascismo sembra cadere senza far rumore. Sembra essere questa la sensazione comune di chi vive quegli eventi in quel momento (“Certo è che la fine del regime fascista è stata una sgonfiatura senza nessunissima gloria; io, che veramente non ci ho mai creduto a tutte quelle storie, non ne sono stupito, però aspettavo una fine un po‟ più teatrale!”422) e di chi li ricorda a distanza

di tempo (“Credo che mi sbalordì quello sciogliersi di qualcosa che pareva potente. Di colpo il fascismo, il governo, il re si rivelavano non buoni o malvagi ma poveracci, deboli, imbroglioni, non avevano saputo né previsto, quel che la gente sussurrava era vero. Le aquile e gli allori che mi pareva già molto avere tacitamente scostato erano meno che cartapesta […] Del regime avevo avuto un‟idea di gigantismo, un moloch da tener lontano ma su fondo di Wagner e della Quinta di Beethoven, se doveva procombere sarebbe venuto giù come un obelisco. Invece era una mediocre resa dei conti che ci lasciava alla deriva, non una mareggiata, uno stagno. Un afflosciarsi senza decenza”423).

Alla notizia delle dimissioni di Mussolini, la gente si riversa nelle strade. Si tratta, perlopiù, di manifestazioni spontanee. E‟ un momento di festa. C‟è aria di libertà, ritrovata dopo tanto tempo, ma non c‟è un clima da resa dei conti, anche se vengono rimossi e distrutti i simboli del regime fascista, i monumenti, le statue. Il ritratto del Duce è sostituito da quello di Badoglio, posto accanto a quello del Re che rimane nella stessa posizione, quasi a raffigurare il nuovo scenario all‟insegna della continuità.

E‟ proprio questa la preoccupazione (e l‟intenzione), soprattutto del Sovrano. Gestire il cambiamento e assicurare un passaggio indolore, come se si trattasse di un semplice avvicendamento di governo. L‟iniziale disorientamento e il subitaneo riallineamento di molti fascisti, in realtà, facilitano il compito. La collaborazione e la ricollocazione offerte già nelle prime ore, all‟indomani del 25 luglio, sono preziose. Tutto sembra procedere regolarmente e

421 Stresa Borromeo (Novara), 27 luglio 1943, ivi, p. 193.

422 Lettera da Basilea del 6 agosto 1943, ACS, MI, DGPS, Agr, ctg. A5G, seconda guerra mondiale, b. 32, f.

“Bolzano”, in Pietro Cavallo, Italiani in guerra, cit., p. 385, nota 8.

lo stesso atteggiamento di Mussolini si rivela, almeno apparentemente, “arrendevole” o, comunque, non di intralcio nelle operazioni di “restaurazione monarchica”424.

Bisogna, però, fronteggiare il turbamento dell‟ordine pubblico che proviene soprattutto dai grandi centri del nord dove iniziano, dopo l‟immediata euforia, i primi scioperi e le prime manifestazioni organizzate. Notizie allarmanti giungono anche dal resto del Paese e, pertanto, vengono impartite severe disposizioni in chiave repressiva. Occorre agire con la massima energia, anche con l‟uso delle armi, per impedire quelle che ora vengono definite dimostrazioni sovversive.

Nella giornata del 27 luglio, il ministro dell‟Interno trasmette un primo telegramma ai prefetti e al questore di Roma. Il testo di riferimento è la circolare425 predisposta dal generale

Mario Roatta426 il giorno prima.

424 Il 25 luglio, Badoglio scrive a Mussolini, subito dopo l‟arresto di quest‟ultimo. “Il sottoscritto, Capo del

Governo, tiene a far sapere a V.E. che quanto è stato eseguito nei Vostri riguardi è unicamente dovuto al Vostro personale interesse, essendo giunte da più parti precise segnalazioni di un serio complotto verso la Vostra Persona. Spiacente di questo, tiene a farVi sapere che è pronto a dar ordini per il Vostro sicuro accompagnamento, con i dovuti riguardi, nella località che vorrete indicare”, in Piero Pieri, Giorgio Rochat,

Pietro Badoglio, Unione Tipografico – Editrice Torinese, Torino 1974, p. 777. Mussolini risponde con una

lettera: “26 luglio 1943, XXI, ore 1.00 – 1. Desidero ringraziare il maresciallo Badoglio per le attenzioni che ha voluto riservare alla mia persona. 2. Unica residenza di cui io posso disporre è la Rocca delle Camminate, dove sono disposto a trasferirmi in qualunque momento con la mia famiglia. 3. Desidero avvicinare il maresciallo Badoglio, anche in ricordo del lavoro in comune svolto in altri tempi, e assicurarlo che da parte mia non solo non gli verranno create difficoltà di sorta, ma sarà data ogni possibile collaborazione. 4. Sono contento della decisione presa di continuare la guerra con la Germania, così come l‟onore e gli interessi della Patria in questo momento esigono. 5. Faccio voti che il successo coroni il grave compito al quale il maresciallo Badoglio si accinge per ordine ed in nome di S.M. il re del quale, durante 21 anni sono stato leale servitore e tale rimango. W. L‟Italia. F.to Mussolini”, in Mario Zamboni, Diario di un colpo di Stato, cit. p. 154.

425 “Presi gli ordini dal Comando Supremo comunico et dispongo: 1) nella situazione attuale, col nemico che

preme, qualunque perturbamento dell‟ordine pubblico anche minimo, et di qualsiasi tinta, costituisce tradimento et può condurre, ove non represso at conseguenze gravissime; qualunque pietà et qualunque riguardo nella repressione sarebbe pertanto delitto. 2) poco sangue versato inizialmente risparmia fiumi di sangue in seguito. Perciò ogni movimento deve essere inesorabilmente stroncato in origine. 3) siano assolutamente abbandonati i sistemi antidiluviani, quali i cordoni, gli squilli, le intimazioni et la persuasione et non sia tollerato che i civili sostino presso le truppe intorno alle armi in postazione; 4) i reparti devono assumere e mantenere grinta dura et atteggiamento estremamente risoluto. Quando impiegati in servizio di ordine pubblico, in sosta aut in movimento, abbiano il fucile at pronti et non a bracciarm; 5) muovendo contro gruppi di individui che perturbino ordine aut non si attengano prescrizioni autorità militare, si proceda in formazione di combattimento et si apra fuoco a distanza, anche con mortai et artiglieria senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro truppe nemiche. Medesimo procedimento venga usato da reparti in posizione contro gruppi di individui avanzanti. 6) non est ammesso il tiro in aria; si tira sempre a colpire come in combattimento. 7) massimo rigore nel controllo et attuazione di tutte le misure stabilite da noto manifesto. Apertura immediata del fuoco contro automezzi che non si fermino alla intimazione. 8) i caporioni et istigatori dei disordini, riconosciuti come tali, siano senz‟altro fucilati se presi sul fatto, altrimenti siano giudicati immediatamente dal Tribunale di guerra sedente in veste di Tribunale straordinario. 9) chiunque, anche isolatamente, compia atti di violenza et ribellione contro le forze armate e di polizia aut insulti le stesse et le istituzioni venga passato immediatamente per le armi. 10) il militare che, impiegato in servizio ordine pubblico compia il minimo gesto di solidarietà con i perturbatori dell‟ordine, aut si ribelli, aut non obbedisca agli ordini, aut vilipenda superiori e istituzioni, venga immediatamente passato per le armi. 11) il comandante di qualsiasi grado che non si regoli secondo gli ordini di cui sopra, venga immediatamente deferito al Tribunale di guerra competente che siederà e giudicherà nel termine di non oltre ventiquattro ore. Confido che i comandanti – consci della gravità dell‟ora, e che da falsa pietà, lentezza et irresolutezza, potrebbe derivare la rovina della patria – daranno e faranno dare la più ampia esecuzione at quanto sopra disposto. Si tratta di imporsi subito con rigore inflessibile. Attendo assicurazione telegrafica. Firmato:

Gli effetti delle disposizioni sull‟ordine pubblico non tardano a manifestarsi e il 28 luglio toccano il punto più alto con le stragi di Bari e di Reggio Emilia.

A Bari, il prefetto e il questore vietano lo svolgimento di una manifestazione a favore della destituzione di Mussolini e forniscono vaghe rassicurazioni circa l‟interessamento delle autorità centrali per la defascistizzazione della Gazzetta del Mezzogiorno e la liberazione dei detenuti politici. Sia pure non autorizzato, si forma un corteo di circa duecento manifestanti costituito in maggioranza da giovani studenti sul quale le forze dell‟ordine aprono il fuoco uccidendo 12 persone e ferendone 39 (di queste 5 moriranno in seguito negli ospedali)427.

Alle Officine Meccaniche Reggiane di Reggio Emilia, i dodicimila lavoratori intendono sfilare per le vie della città. I soldati cercano di impedirlo e quando un ufficiale ordina di aprire il fuoco, sparano in aria. E‟ lo stesso ufficiale a utilizzare una mitragliatrice e a provocare 9 morti e 30 feriti.

Le manifestazioni si susseguono a partire dal 25 luglio fino a tutto il mese di agosto e sono abbastanza diffusi gli scioperi nelle industrie: Racconigi (CN), Verzuolo (CN), Avigliana (TO), Borgaro (TO), Carignano (TO), Carmagnola (TO), Castellazzo (TO), Ciriè (TO), Collegno (TO), Condove (TO), Moncalieri (TO), Nole Canavese (TO), Orbassano (TO), Pinerolo (TO), S. Mauro T. (TO), Settimo T. (TO), Torino, Venaria (TO), Biella (VC),

Generale Roatta”, in Gruppo di ricerca per la “Raccolta generale di fonti e notizie e rappresentazione cartografica della storia d‟Italia dal 1943 al 1945”. Coordinamento della ricerca: Luigi Ganapini, Massimo

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