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La guerra dichiarata nei manuali di storia

2. La guerra combattuta

La dichiarazione di guerra è stata consegnata ma bisogna attendere ancora prima di “scendere in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie”.

Tutti si aspettano l‟occupazione immediata di Malta, vista la posizione strategica dell‟isola all‟interno del Mediterraneo, ma ciò non accade e il mancato inizio delle operazioni militari genera incredulità tra gli stessi alleati. La reazione dell‟addetto militare giapponese è di stupore e disorientamento: “Dal mio punto di vista l‟Italia doveva essere pronta a conquistare Malta e io pensavo che ciò sarebbe accaduto nel momento stesso, se non prima, in cui veniva dichiarata la guerra. Ma Mussolini annunciò nel pomeriggio del 10 che avrebbe iniziato le ostilità la mattina dell‟11… e questa fu la mia prima sorpresa: perché avvertire il nemico con tanto anticipo? Poi venne l‟11, il 12, il 13, il 14 e ancora io attendevo che fossero iniziate le operazioni contro Malta. A questo punto cominciai a temere di non essere all‟altezza del mio compito. Tutto ciò era per me incomprensibile”148.

Intanto, l‟aviazione inglese bombarda Torino (il 12 giugno) e Genova (il 14 giugno). Pochi sono i danni ma molte le perplessità sull‟efficienza della difesa contraerea 149.

La guerra vera e propria inizia il 21 giugno contro un esercito francese già sconfitto dalle armate di Hitler. E‟ una “pugnalata alla schiena” (Franklin Delano Roosevelt); un “colpo inferto a uno che si trova sul letto di morte” (Gaetano Salvemini)150 o, forse, più semplicemente, è “l‟ingloriosa guerra dei tre giorni (21-24 giugno)”151. In appena tre giorni,

infatti, appare evidente la differenza tra la “parola d‟ordine categorica e impegnativa per tutti, che trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all‟Oceano Indiano” e i fatti in tutta la loro crudezza e drammaticità; tra le mirabolanti previsioni di successo e l‟esiguità della “conquista”. Incuria diffusa, assenza di addestramento di interi reparti, mancanza di munizioni e di carburante,

148 Citato da Arrigo Petacco, La nostra guerra 1940-1945. L‟avventura bellica tra bugie e verità, Mondadori,

Milano 1996, pp. 15-16.

149 “Negli anni Cinquanta sul colle della Gran Guglia (in fondo alla val Germanasca, a breve distanza dal

confine) si poteva ancora vedere la campana che una vedetta doveva suonare per segnalare il passaggio di aerei francesi a una caserma mille metri più in basso, dove c‟era il telefono per avvertire la contraerea di Torino. Non c‟è da stupirsi se gli inglesi potevano agire indisturbati”, Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943.

Dall‟impero d‟Etiopia alla disfatta, Einaudi, Torino 2008, p. 248, nota 12.

150 Giorgio Bocca, Storia d‟Italia nella guerra fascista 1940-1943, cit., p. 169.

151 Giovanni De Luna, La seconda guerra mondiale, in La Storia, vol. IX L‟età contemporanea, tomo 4. Dal

insufficienza delle linee telefoniche (una sola tra il Comando delle operazioni sul campo e Roma), pezzi di artiglieria obsoleti (impiegati nella prima guerra mondiale), equipaggiamento dei soldati inefficace e deleterio (divise estive di tela che causano numerosi casi di congelamento) sono il prodotto di una militarizzazione politica e ideologica quasi ventennale; 50 km. di territorio oltre confine costituiscono, invece, il bottino esiguo e deludente di una prova ancor più deprimente. E tutto questo al prezzo di 642 morti, 616 dispersi, 2631 feriti, 2151 congelati. I francesi, invece, hanno avuto 37 morti, 42 feriti, 150 dispersi.

Dopo l‟intervento militare sul fronte francese, si cerca di sfruttare la posizione di vantaggio sul fronte africano dove si registra una superiorità numerica delle truppe italiane (presenti in Libia, Etiopia e nel Dodecanneso) rispetto a quelle inglesi (presenti nel territorio egiziano).

Il 28 giugno 1940, proprio quando Badoglio dà l‟ordine di concentrare tutte le forze a est, muore, nei pressi di Tobruk, colpito per errore dall‟aviazione italiana, Italo Balbo152. Il

governatore della Libia viene subito sostituito dal maresciallo Rodolfo Graziani il quale, però, rinvia continuamente l‟inizio dell‟offensiva fino a quando Mussolini, ormai infastidito, gli ordina di sferrare l‟attacco contro gli inglesi. E‟ quanto avviene il 13 settembre. Dopo pochi giorni, le forze italiane sono in territorio egiziano e, con poche perdite (91 morti, 270 feriti), occupano Sidi el-Barrani. Ma, l‟entusiasmo per la vittoria conseguita da quello che viene subito definito “il più attrezzato esercito coloniale del mondo” dura poco e il 9 dicembre inizia la controffensiva inglese che in breve tempo porta non solo alla riconquista di Sidi el- Barrani ma anche all‟occupazione di buona parte della Cirenaica e alla cattura di 38.000 italiani.

Il maresciallo Graziani si è dimostrato incapace di gestire la situazione. Il 12 dicembre 1940 scrive a Mussolini: “[…] Concludendo, Duce, la salvezza della Libia è oggi affidata alla volontà del nemico. Vorrà esso spingersi oltre Tobruch o si arresterà volontariamente su questo obbiettivo? Vorrà diluire i suoi contingenti d‟Egitto nella conquista e mantenimento di tutta la Libia o, preoccupandosi di una eventuale complicazione balcanica, preferirà mantenere tutte le sue forze dirette ad Oriente? O ritardare e sospendere per il momento l‟avanzata in Libia per riprenderla a cose colà chiarite? A questi sottili fili del destino Duce, ripeto, è oggi legata la sorte della Libia”153.

152 Sull‟episodio, e sui sospetti di complotto, vedi: Folco Quilici, Tobruk 1940. Dubbi e verità sulla fine di Italo

Balbo, Mondadori, Milano 2006. Sull‟aereo, insieme a Italo Balbo, si trovano altri passeggeri, tra cui Nello

Quilici, padre dell‟autore.

153 Ufficio Storico dell‟Esercito, La prima offensiva britannica in Africa settentrionale, vol. I, p.325. Citato in:

Il 17 dicembre contatta ancora Mussolini per dirgli che, per quanto sia spiacevole da riconoscere, bisogna ricorrere all‟aiuto della Germania.

E così, il 12 febbraio 1941, Erwin Rommel, nominato da Hitler comandante dell‟Afrika Korps, giunge a Tripoli. I risultati non si fanno attendere e, tra marzo e aprile, la Cirenaica viene riconquistata. Il duce, rassegnato, deve per il momento rinunciare ai progetti ambiziosi della “guerra parallela”.

Nello stesso periodo, gli Inglesi predispongono una vasta operazione contro l‟Africa Orientale Italiana e, dopo una serie di vittorie, costringono il viceré d‟Etiopia, Amedeo d‟Aosta, ad avviare le trattative per il passaggio dei poteri. E‟ una pesante sconfitta, non solo militare ma anche politica. Il 5 maggio 1941, il Negus Hailé Selassié, in esilio dal 1936 a seguito dell‟occupazione italiana dell‟Etiopia154, fa il suo ingresso in Addis Abeba155.

L‟Impero di Mussolini è durato appena cinque anni.

maresciallo Graziani fa spicco nella mediocre schiera con il suo italiano da fureria, l‟umorismo involontario, la boria di chi si pone, essendo una nullità, a misura della storia, il peggio del peggio dell‟esercito e della società italiani, peggio del classismo conservatore del gruppo piemontese e dell‟arditismo fascistico alla Muti. Graziani è la piccola borghesia agraria, sfruttatrice di sottoproletari, incolta e retorica, permeata di patriottismo astratto, disponibile ad ogni esperienza totalitaria, spavalda nel successo, pallida e lacrimosa nell‟avversità”.

154 Proclamazione dell‟Impero. Discorso del 9 maggio 1936: “Ufficiali! Sottufficiali! Gregari di tutte le Forze

Armate dello Stato, in Africa e in Italia ! Camicie nere della rivoluzione ! Italiani e italiane in patria e nel mondo! Ascoltate! Con le decisioni che fra pochi istanti conoscerete e che furono acclamate dal Gran Consiglio del fascismo, un grande evento si compie: viene suggellato il destino dell'Etiopia, oggi, 9 maggio, quattordicesimo anno dell'era fascista. Tutti i nodi furono tagliati dalla nostra spada lucente e la vittoria africana resta nella storia della patria, integra e pura, come i legionari caduti e superstiti la sognavano e la volevano. L'Italia ha finalmente il suo impero. Impero fascista, perché porta i segni indistruttibili della volontà e della potenza del Littorio romano, perché questa è la meta verso la quale durante quattordici anni furono sollecitate le energie prorompenti e disciplinate delle giovani, gagliarde generazioni italiane. Impero di pace, perché 1'Italia vuole la pace per sé e per tutti e si decide alla guerra soltanto quando vi è forzata da imperiose, incoercibili necessità di vita. Impero di civiltà e di umanità per tutte le popolazioni dell'Etiopia. Questo è nella tradizione di Roma, che, dopo aver vinto, associava i popoli al suo destino. Ecco la legge, o italiani, che chiude un periodo della nostra storia e ne apre un altro come un immenso varco aperto su tutte le possibilità del futuro: l. - I territorî e le genti che appartenevano all'impero di Etiopia sono posti sotto la sovranità piena e intera del Regno d'Italia. 2. - Il titolo di imperatore d'Etiopia viene assunto per sé e per i suoi successori dal re d'Italia. Ufficiali! Sottufficiali! Gregari di tutte le forze Armate dello Stato, in Africa e in Italia ! Camicie nere ! Italiani e italiane ! Il popolo italiano ha creato col suo sangue 1'impero. Lo feconderà col suo lavoro e lo difenderà contro chiunque con le sue armi. In questa certezza suprema, levate in alto, o legionari, le insegne, il ferro e i cuori, a salutare, dopo quindici secoli, la riapparizione dell'impero sui colli fatali di Roma. Ne sarete voi degni? (La folla prorompe con un formidabile: “Si!”). Questo grido è come un giuramento sacro, che vi impegna dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini, per la vita e per la morte ! Camicie nere ! Legionari ! Saluto al re !”

155 Prima di entrare in città, pronuncia questo discorso: “In questo giorno che né gli angeli del cielo né gli uomini

sulla terra avrebbero potuto prevedere, io debbo una gratitudine inesprimibile al Dio d'amore, che mi ha messo in grado di essere presente in mezzo a voi. Oggi è il principio di un'era nuova nella storia dell'Etiopia [...]. Poiché è cosi, non rendete male per male. Non commettete nessun atto di crudeltà, come quelli che il nemico ha commesso contro di noi fino ad oggi. Non offrite al nemico l'occasione di infangare il buon nome dell'Etiopia. Noi prenderemo le sue armi e faremo che ritorni per la strada da dove è venuto”. Citato da Arrigo Petacco, La

E‟ un duro colpo per il regime fascista e per il prestigio militare. Le ripercussioni sull‟andamento della guerra sono notevoli ma la vera svolta è costituita dalla campagna di Grecia. L‟impatto che questa ha sullo “spirito pubblico” e sullo stesso fascismo è enorme, “superiore a quello di qualsiasi altra vicenda della guerra, tanto da costituire […] il vero momento di inizio della crisi del regime tanto nel suo rapporto con il paese quanto nei suoi rapporti ed equilibri interni”156.

Il 15 ottobre 1940 Mussolini convoca a Palazzo Venezia Ciano (Ministro degli Esteri), Badoglio (Capo di Stato Maggiore Generale), Soddu (Sottosegretario alla Guerra e Sottocapo di Stato Maggiore generale), Roatta, (Sottocapo di Stato Maggiore dell‟Esercito), Visconti Prasca (Comandante delle Forze in Albania), Jacomoni (Luogotenente Regio in Albania) per definire le modalità dell‟attacco alla Grecia. Non sono stati invitati i Sottosegretari e Capi di Stato Maggiore della Marina e dell‟Aeronautica, Cavagnari e Pricolo, i quali hanno fatto sapere a Badoglio di essere in disaccordo. Anche Hitler è fortemente contrario157. Ma

Mussolini è categorico. E‟ alla ricerca di una rivincita, dopo gli insuccessi iniziali e dopo l‟occupazione della Romania da parte degli alleati tedeschi, i quali non lo hanno neppure informato. Dice che darà le dimissioni da italiano se qualcuno troverà difficoltà a battersi contro i greci.

Mussolini ostenta sicurezza ma le difficoltà, in realtà, esistono. Sono state indicate in una relazione preparata dal SIM (Servizio d‟Informazione Militare), tanto ampia, quanto ignorata.

Negli ambienti politici e militari prevale invece una diffusa euforia (approssimazione, superficialità, faciloneria, timore di contraddire il Duce ), accompagnata da qualche timida perplessità che nulla toglie, però, alla decisione finale. L‟invasione della Grecia è ritenuta facile.

156 Renzo De Felice, Mussolini l‟alleato I. L‟Italia in guerra (1940-1943), 2. Crisi e agonia del regime, Einaudi,

Torino 1996, p. 728. Secondo Federico Chabod, già nel 1939 il consenso non esisteva più: “Così l‟Italia viene trascinata nella seconda guerra mondiale, cioè nella catastrofe. Le vicende della guerra, dal canto loro, non fanno che allargare, giorno per giorno, il profondo abisso che s‟è scavato fra il paese e Mussolini. La preparazione militare è soltanto un bluff: i soldati compiono benissimo il loro dovere, ma sono male armati, male equipaggiati (l‟avventura di Grecia, nell‟autunno 1940, basta a dimostrarlo). Il popolo comincia allora a chiedersi: “Dov‟è la potenza militare di cui s‟è tanto parlato? Dove sono gli otto milioni di baionette vantati da Mussolini? E‟ un altro bluff: lo stato corporativo è stato un bluff; anche la preparazione militare lo è”. Nel 1939 il consenso non esisteva più; ora anche il prestigio del capo e del regime crolla. Il fascismo cadrà a pezzi, come un congegno le cui molle si sono spezzate”, Federico Chabod, L‟Italia contemporanea (1918-1948), Einaudi, Torino 1961, pp. 99-100.

157 Vedi la lettera che Hitler indirizza a Mussolini, subito dopo l‟inizio dell‟attacco alla Grecia, riportata in Mario

“Lo spirito delle truppe è altissimo, l‟entusiasmo è al massimo grado”; lo stato d‟animo della popolazione in Grecia “appare molto profondamente depresso”; per quanto riguarda i soldati greci, “non è gente che sia contenta di battersi”. L‟operazione “è stata preparata fin nei minimi dettagli, ed è perfetta per quanto è umanamente possibile”; “è stata preparata in modo da dare l‟impressione di un rovescio travolgente in pochi giorni”158. Poco

importa se nel corso della stessa riunione emerge che qualche problema potrebbe sorgere da una rete stradale mediocre; da una quantità enorme di mulattiere; dalla presenza di colline alte, aspre e brulle e di una catena montuosa di duemila metri di altezza.

Il Duce ha già stabilito la data dell‟attacco (il 26 ottobre) e questa non può essere posticipata neanche di un‟ora. Bisogna agire senza indugi. “Per la responsabilità che mi assumo in questa vicenda vi dico di non preoccuparvi eccessivamente di quelle che possono essere le perdite, pur essendo sollecito, dal punto di vista umano, per la vita di un solo soldato. Dico ciò perché alle volte un capo si ferma in considerazione delle gravi perdite subite”159. Badoglio, invece, è perplesso. Sostiene che per occupare la Grecia occorrono tre

mesi. Riesce ad ottenere solo una proroga. Due giorni. Così, il 28 ottobre 1940 iniziano le operazioni militari160 ma dopo due giorni l‟offensiva si blocca, dopo tre inizia il contrattacco

greco e dopo neppure dieci giorni il Comando italiano dà l‟ordine di ritirata. Ancora una volta emergono le deficienze militari in termini di preparazione, comando, approvvigionamento, logistica.

Mussolini cerca di correre ai ripari e, il 9 novembre, sostituisce Visconti Prasca con Soddu. Il 4 dicembre, dopo essere stato attaccato da Farinacci con una serie di articoli sul quotidiano Regime fascista161, Badoglio si dimette.

L‟esito negativo delle operazioni militari produce dei contraccolpi anche sul “fronte interno”.Un informatore romano riferisce al ministero della Cultura popolare che

158 Opera Omnia di Benito Mussolini, cit., vol. XXX, pp.18-24. 159 Ivi.

160 E‟ abbastanza singolare la nota presentata dal Governo italiano a quello greco con la quale si accusa

quest‟ultimo di venir meno ai doveri della neutralità a vantaggio delle forze armate britanniche e di condurre un‟azione provocatrice e terroristica tesa a creare disordini alla frontiera con l‟Albania. Nella nota si dichiara che “questo non potrebbe portare che ad un conflitto armato tra l‟Italia e la Grecia, conflitto che il Governo italiano ha tutta l‟intenzione di evitare” e si chiede di poter occupare alcuni punti strategici del territorio greco per tutta la durata del conflitto con la Gran Bretagna. Il Governo greco deve dare immediatamente alle autorità militari gli ordini necessari perché l‟occupazione possa avvenire in maniera pacifica. La nota viene consegnata alle ore 3 del 28 ottobre 1940, poche ore prima dell‟invasione. Vedi: Mario Montanari, L‟Esercito italiano nella campagna di

Grecia, Stato Maggiore dell‟Esercito. Ufficio Storico, Roma 1991, 2ª edizione, pp. 831-832.

161 Vedi l‟articolo “Dopo il discorso del Duce zavorra… piccolo borghese” del 22 novembre 1940, in Mario

Montanari, L‟Esercito italiano nella campagna di Grecia, cit., pp. 845-846 e la risposta apocrifa di Badoglio a Farinacci, in ivi, pp. 847-848. Al posto di Badoglio viene nominato il generale Ugo Cavallero.

“gli umori del pubblico della Capitale che da alcuni giorni erano particolarmente cattivi, si sono fatti ora ancor peggiori; ed eguali notizie si rilevano da persone che giungono a Roma dalle varie Provincie d‟Italia. Questi pessimi umori sono determinati dalle notizie che circolano sempre peggiori sui fatti militari in Albania […] Il pubblico commenta assai aspramente queste voci; e dice che i fatti sono gravissimi e dolorosi in sé e per sé, ma che peggiore è la figura morale che fa il nostro Paese, il quale mostrerebbe di non essere capace di battere una piccola nazione come la Grecia […] Si dice dal grosso pubblico che i soldati sono ottimi, ma che invece sarebbe difettantissima, scadente tutta la parte che riguarda l‟organizzazione, l‟armamento e gran parte dei Comandi; che si fanno le cose con eccessiva leggerezza, che si danno troppi posti anche di comando a persone che non ne hanno i meriti, che troppo le raccomandazioni terrebbero il posto del merito reale. E così si costruirebbero organizzazioni che ad un serio, grave collaudo non riescono a resistere. In tutti gli ambienti, dove più e dove meno, si odono discorsi vivacissimi del genere e fatti anche in termini e con tono niente simpatici per il Regime”162.

Di ben altro tenore è l‟intervento che Mussolini pronuncia il 18 novembre 1940 di fronte alle gerarchie provinciali del P.N.F.

“Gli atti di valore compiuti da ufficiali e da soldati italiani dell‟Esercito sui fronti terrestri sono tali da inorgoglire legittimamente la nazione […] E‟ la Marina che tutela le nostre linee di comunicazione mediterranee ed adriatiche, in modo così efficace che la Marina nemica non è riuscita ad interromperle e nemmeno a disturbarle. L‟Aviazione italiana è sempre, e più di sempre, all‟altezza del suo compito. Essa ha dominato e domina i cieli […]”163. Mussolini prosegue il suo intervento dicendo che “Un forte popolo come l‟italiano non teme la verità; la esige. Ecco perché i nostri bollettini di guerra sono la documentazione della verità”164. Poi, passa all‟attacco della Grecia. “Dopo un lungo pazientare, abbiamo

strappato la maschera a un paese “garantito” dalla Gran Bretagna; un subdolo nemico: la Grecia. E‟ un conto che attendeva di essere saldato [...] I greci odiano l‟Italia come nessun altro popolo”165. Quindi, lancia l‟affondo finale. “C‟è qualcuno fra di voi, o camerati, che

162 ACS, Min. Cultura Popolare, Gabinetto, b.191. Citato da Renzo De Felice, Mussolini l‟alleato I. L‟Italia in

guerra (1940-1943), 2. Crisi e agonia del regime, cit., p.729, nota 1.

163 Opera Omnia di Benito Mussolini, cit. vol. XXX, pp. 32. Tra il 3 e il 7 novembre le truppe italiane in Epiro

sono state costrette a ritirarsi oltre il confine albanese (L‟Italia ha occupato l‟Albania nel mese di aprile 1939). Nella notte tra l‟11 e il 12 novembre, gli Inglesi hanno attaccato la flotta italiana nel porto di Taranto e hanno bombardato Durazzo dal mare.

164 Ivi, p. 33. 165 Ivi, p. 35.

ricorda l‟inedito discorso di Eboli, pronunciato nel luglio 1935, prima della guerra etiopica? Dissi che avremmo spezzato le reni al Negus. Ora, con la stessa certezza assoluta – ripeto assoluta – vi dico che spezzeremo le reni alla Grecia”166.

In realtà, la situazione è assai diversa da quella prospettata.

Così scrive, già il 4 dicembre 1940, il Tenente Colonnello Fornara, Capo dell‟Ufficio Operazioni del Comando Superiore in Albania: “La Campagna contro la Grecia fu impostata sul presupposto che la Grecia abbandonasse le armi e che la nostra azione potesse ridursi ad un movimento logistico. Quindi: forze del tutto insufficienti; schieramento lineare e fronti amplissime; Comandi sforniti di personale e di mezzi; organizzazione logistica rudimentale riferita ai porti, alle strade, agli automezzi, alle scorte, e più di tutto la convinzione di dover affrontare una marcia militare anziché una battaglia […]”167.

A tutto questo si aggiungono anche i casi di fuoco amico. “Segnalo che gli apparecchi Macchi 200, che ieri si sono distinti nel mitragliare le nostre truppe di prima linea, oggi si sono distinti nel mitragliare le nostre retrovie”168.

Né le roboanti parole del Duce né le deboli armi dell‟Esercito riescono, dunque, a conquistare la Grecia. Bisogna aspettare l‟intervento risolutivo dei tedeschi169. Nell‟aprile del

1941, le forze dell‟Asse, in poco tempo, conquistano la penisola ellenica.

166 Ivi, p. 36.

167 In: Mario Montanari, L‟esercito italiano nella campagna di Grecia, Ufficio Storico dell‟Esercito, Roma

1991, p.329. Per quanto riguarda le condizioni in cui i soldati italiani sono stati mandati a combattere, è utile riportare una telefonata tra il Generale Roberto Bencivenga e il Generale Bollati intercettata e trascritta dal Servizio Speciale Riservato: “Roma, 11 maggio 1941, ore 14,45 […] BOLL. – Certo. Ma figurati: E‟

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