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Gli aspetti principali dell’operato di Celso Costantini in Cina

3.8. L’arte cristiana cinese

Come abbiamo precedentemente avuto modo di apprendere, al momento dell’assegnazione dell’incarico di Delegato Apostolico Costantini non possedeva una preparazione specifica in ambito missionario e dovette affidarsi in gran parte alla lettera apostolica Maximum Illud di Benedetto XV, sulla relazione di mons. De Guébriant scritta al ritorno dal suo viaggio

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COSTANTINI, Con i Missionari in Cina, Vol. II, cit., p.109.

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Cfr. MARSON, Orioldo, Celso Costantini e il cristianesimo in Cina. Ricerche e documenti sulla

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in Cina, sull’opera di padre Leon Joly e sul confronto diretto con padre lazzarista Vincent Lebbe.

A queste letture e a questi incontri, oltre che al suo buon senso ed indubbio spirito di iniziativa, si ispirò all’opera di riforma dell’azione missionaria in Cina, di cui Costantini avvertì immediatamente la necessità e che si concretizzò in alcune importanti iniziative, dall’opposizione al senso di superiorità culturale degli europei nei confronti dei nativi alla formazione del clero indigeno, alla costituzione di una gerarchia locale, dalla convocazione nel 1924 del primo Sinodo cinese alla soluzione della secolare questione dei “riti cinesi”.

Se nel campo piuttosto delicato della liturgia Costantini agì ma non scrisse nulla, in quello artistico scrisse molto. Certamente era nota la predisposizione verso tale argomento, che gli derivava dall’essere stato egli stesso un artista ed uno studioso di arte cristiana.

In qualità di fondatore della rivista “Arte Cristiana” Costantini aveva già avuto modo di affrontare il problema della rappresentazione della fede cristiana nei contesti culturali extraeuropei. Al suo arrivo in Cina manifestò la sua ferma volontà, affinché, nel costruire nuove chiese nei paesi di missione, si tenesse presente lo stile locale piuttosto che quello occidentale.

Nel contesto del volume intitolato “L’arte cristiana nelle missioni”, Costantini si produce in attente considerazioni in riguardo alle posizioni della Chiesa cattolica nei confronti dell’arte cristiana cinese. Al fine di comprendere tale questione, quindi, preferisce distinguere la cronostoria dell’attività missionaria cristiana in Cina in quattro distinti periodi: il periodo primitivo, che si dipana dall’arrivo dei primi missionari nestoriani in Cina (VII secolo) sino alla fine del XIII secolo, con l’arrivo di Giovanni da Montecorvino; il secondo periodo, compreso tra l’arrivo di Giovanni da

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Montecorvino sino al 1368, anno che segnò la caduta della dinastia Yuan; il terzo periodo, che si apre con l’avvento dei Gesuiti nel corso della fine del XVI secolo e si chiude con la consacrazione dei primi sei vescovi cinesi, avvenuta nel 1926; il quarto periodo, dalla data della fondazione della Chiesa con Gerarchia indigena sino ai giorni nostri.

Il primo periodo nestoriano viene rappresentato, sostanzialmente, dalla stele nestoriana di Xianfu del 781, essendo ben pochi i ritrovamenti datati in tale periodo. Trattasi di un manufatto monolitico, alto circa tre metri, che costituisce la più antica testimonianza dell’insediamento in Cina del cristianesimo. Eretta nell’anno 781 in uno dei monasteri nestoriani della regione, è coperta da 1750 caratteri cinesi e 70 parole siriache. La porzione anteriore, alla cui sommità è presente una croce, indica con nove ideogrammi il contenuto: “Memoriale della propagazione in Cina della

religione della luce venuta da Daqin”. Il testo, inoltre, tratteggia la dottrina

cristiana e contiene anche alcuni riferimenti di stampo buddista.

Le missioni ebbero inizio con Giovanni da Montecorvino, il quale raggiunse Pechino nel 1294, in quel periodo denominata Qanbaliq e dominata dalla dinastia mongola degli Yuan. La caduta della dinastia nel 1368 pose fine alle Missioni cattoliche: di questo periodo risultano rimanere pochi lasciti.

Il terzo periodo, che inizia con l’arrivo dei Gesuiti in Cina (fine XVI secolo) e si conclude con la nomina dei primi vescovi cinesi nel 1926, si dipana per un arco di tempo pari ad oltre tre secoli. Questi anni furono caratterizzati dalle conquiste coloniali di Spagna e Portogallo e l’azione dei missionari viene vista come un’attuazione della politica coloniale. La diffusione della Religione Cattolica in questo periodo si differenzia lungamente da quella dei secoli passati, non cercando l’integrazione con gli

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elementi locali, quali la lingua, la cultura e l’arte, ma improntata nel mantenimento di un carattere estero, di religione straniera.

Con l’arrivo del Delegato Apostolico in Cina, nel 1922, egli sentì che i tempi erano mutati, e fosse ormai il momento di stabilire una gerarchia locale stabile. Costantini sollevò il problema dell’arte cristiana cinese, sostenendo che l’arte occidentale in Cina rappresentasse un errore di stile e che la connotazione estranea dell’iconografia contribuisse a conservare il pregiudizio secondo il quale la Religione Cattolica era una religione straniera. Inoltre riteneva con convinzione che l’arte cinese offrisse delle buone possibilità di adeguamento alle necessità stilistiche iconografiche cattoliche.

Costantini riteneva che fosse necessario che ogni artista locale conoscesse la tradizione d’arte e di immagini cristiane, lasciando spazio all’interpretazione secondo i canoni della propria tradizione artistica. Il risultato di questo processo avrebbe condotto ad una “nuova” arte cristiana:

Non basta prendere una donna cinese, dal viso atteggiato di modestia, e vestirla con l’abito dell’imperatrice o con quello della deessa Kuan-Hyn45

per farne una Madonna. Né basta imprimere alle gronde del tetto di una

45 Avalokiteśvara, in cinese 觀 音 Guānyīn, chiamata anche anche 觀世音 Guānshìyīn, rappresenta,

nel Buddhismo Mahāyāna, il bodhisattva della grande compassione. Guānyīn 觀音 è un'abbreviazione di Guānshìyīn 觀世音, nel suo significato di:

guān (觀): termine cinese che rende il sanscrito vipaśyanā nel significato meditativo di

osservare, ascoltare, comprendere;

shì (世): termine cinese che rende il sanscrito loka quindi la "Terra", ma originariamente riportava anche il significato di yuga (ciclo cosmico) e quindi rende anche il termine saṃsāra, il ciclo sofferente delle nascite e la "mondanità" che provoca questo ciclo;

yīn ( 音): termine cinese che rende numerosi termini sanscriti che significano suono, voce,

melodia, rumore e termini simili. Accanto a shì ( 世 ), il doloroso saṃsāra, yīn( 音 ) acquisisce il significato di "suono del doloroso saṃsāra" quindi di lamento, espressione della sofferenza.

Pertanto, Guānshìyīn ( 觀 世 音 ) significa letteralmente: "Colei che ascolta i lamenti del mondo", il bodhisattva della misericordia.

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residenza o di una chiesa quel moto all’in su, che è proprio dei tetti cinesi, per fare dell’architettura cinese. No; l’arte è ben più profonda cosa. Cristianizzare l’arte indigena significa rinnovarla ab intus, darle innanzitutto un’anima nuova.46

Costantini riteneva che il rispetto nei confronti delle diverse culture fosse significativamente minore allorquando il Cristianesimo veniva identificato con la cultura occidentale stessa; in modo particolare laddove l’evangelizzazione aveva seguito la colonizzazione, come in America nel XVI-XVII secolo ed in Asia ed Africa, nel XIX e XX secolo.

Si rendeva pertanto di fondamentale importanza cancellare dall’immaginario collettivo l’associazione tra missionario e colonizzatore, nesso ancora presente, e non a torto, presso la popolazione cinese e non solo. Tale necessità avrebbe dovuto indurre i missionari occidentali ad

astenersi dall’imporre edifici ed immagini sacre di stile

europeo/occidentale.

L’arte aveva il compito di stimolare il dialogo fra le diverse culture, come documentato in passato dai Gesuiti del Seicento e Settecento, Matteo

Ricci ed in particolare Giuseppe Castiglione47 (1688-1766), il quale visse

46 Celso COSTANTINI, L’arte cristiana nella missioni. Manuale d’arte per i missionari, Città del Vaticano, 1940, cit., p. 87.

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Giuseppe Castiglione il cui nome in cinese è Láng Shìníng 郎 世 宁 (1688–1766) fu un gesuita, missionario e pittore italiano, vissuto in Cina. Nato a Milano, Castiglione studiò pittura; nel 1709 divenne gesuita e nel 1715 partì come missionario in Cina.

Inizialmente, il suo modo di dipingere realistico ed occidentale fu apprezzato dall'imperatore Qianlongnon, ma in seguito egli apprese la tecnica del dipinto tradizionale Cinese e la sua abilità d'artista ebbe largo seguito, al punto che Castiglione lavorò per molti anni come pittore di corte dipingendo svariati soggetti. Egli creò un genere unico nella pittura tradizionale Cinese, il suo stile fu una agglomerato di pittura europea e d'estetica della migliore società cinese del XVIII secolo.

Oltre a dipingere progettò anche i Palazzi in stile Occidentale all'interno dei giardini del Vecchio Palazzo Estivo dell'imperatore Qianlong, e a lui è attribuita la realizzazione dei 12 bronzi che ornavano la fontana zodiacale di Yuanming Yuan, disegnata da Michel Benoist.

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alla corte imperiale in qualità di pittore, assumendo uno stile artistico di stampo cinese.

Costantini approvava, dunque, l’imparzialità degli stili artistici ed architettonici, né pagani né cristiani in quanto tali, ma tutti ugualmente utili alla fede, esattamente come l’utilizzo dell’idioma locale.

Il Delegato Apostolico fu attivo anche all’interno dell’Università Cattolica di Pechino “Fu Ren”, all’interno della quale fu attivata un’Accademia d’arte dedita all’insegnamento dell’arte cinese pura.

Notevole significato fu attribuito al rapporto che Costantini stabilì con il pittore Luca Chen. Nel 1929, a seguito delle positive impressioni suscitate da una mostra del pittore, questi fu ufficialmente invitato alla Delegazione apostolica; tale occasione fu propizia per parlare della religione cristiana, mostrando diversi dipinti di artisti cristiani. Un dipinto di Filippo Lippi, raffigurante Maria in ginocchio accanto a Gesù neonato, fece particolare impressione sul giovane pittore, tale da portarlo a produrre la propria versione cinese della medesima scena e tale da influenzare due generazioni di pittori cinesi cristiani.

Nel 1932 il pittore si fece battezzare, assumendo il nome di Luca e, non molto tempo dopo, fu nominato professore presso l’Università Cattolica di Pechino, mentre una larga schiera di suoi allievi dipinsero tutte le scene del "Vangelo" in versione cinese. Tale evento assume particolare importanza poiché si trattò del primo cinese, con i suoi allievi, che si occupò della figura del Cristo con tale consapevolezza; tema che, in precedenza, i pittori "Gesuiti" del XVIII secolo non avevano posto al centro delle loro opere.

Purtroppo, con l’avvento al potere di Mao Zedong, l’Università fu chiusa. Molti artisti si recarono all’estero e il loro "maestro", Luca Chen,

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rimasto in Cina, fu una delle vittime della "Rivoluzione Culturale". Molte opere sue e dei suoi "discepoli" si possono vedere oggi in varie "collezioni" pubbliche e private italiane, tra cui il "Museo Popoli e Culture" del "Pime" di Milano.

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CAPITOLO IV