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La questione della lingua liturgica nella strategia di Celso Costantin

Il problema della lingua liturgica

4.2. La questione della lingua liturgica nella strategia di Celso Costantin

Orioldo Marson, professore presso l’ISSR (Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova), nel 1994 pubblicò uno scritto inedito di Costantini all’interno del quale viene trattata la questione della lingua liturgica; la redazione di tale scritto, risalente agli anni 1938-1944, dimostra inequivocabilmente come il Delegato Apostolico ebbe chiara, fin dai primi anni della sua missione in Cina, la necessità di favorire l’introduzione della lingua cinese nel culto.

La certezza che anche i suoi colleghi condividevano le sue opinioni rafforzò le convinzioni del Delegato Apostolico. In modo particolare, tali esternazioni furono condivise in occasione dei colloqui che egli intrattenne nell’estate del 1928 con mons. Mario Giardini, Delegato Apostolico in

Giappone e con padre Paolo Manna51, Superiore Generale del Pontificio

Istituto Missioni Estere.

Sull’incontro tra padre Paolo Manna e Costantini vi è ancora un foglio contenuto all’interno dell’archivio, che reca l’intestazione: Pechino 1929. Da tale scritto su può percepire chiaramente l’importanza che Costantini attribuiva all’utilizzo della lingua cinese nella liturgia:

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Padre Paolo Manna nacque ad Avellino il 16 gennaio 1872. Il 27 settembre 1895 ricevette l’incarico di missionario nella Birmania Orientale e vi lavorò a tre riprese per un decennio. Dal 1909 in poi, per oltre quarant'anni, si dedicò con passione, a diffondere l'ideale missionario tra il popolo ed il clero. Nel 1916 fondò l'Unione Missionaria del Clero. Nel 1924 venne eletto Superiore Generale dell'Istituto Missioni Estere di Milano.

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“Nel 1928 il p. P. Manna, ardente anima di apostolo, venne in Cina. Scambiammo molte idee sul problema missionario. Riassumo qui il nostro pensiero circa la liturgia in lingua cinese […]

La liturgia è espressa in una lingua morta, assolutamente estranea ed intellegibile per il popolo cinese. Innalziamoci ad una visione ampia di tutto il problema; abbiamo davanti a noi una massa che compone quasi un quarto dell’umanità. E’ possibile pensare che li convertiremo, facendoli, dirò così, pensare per il nostro latino? Perché non ci avvicineremo a loro, usando nella liturgia la loro stessa lingua? […] I fondamenti della Chiesa cattolica sono solidamente piantati in Cina, specialmente ora che si stabiliscono le Missioni coi Vescovi cinesi. Era difficile persuadere i cinesi che la religione cristiana è cattolica finché essi vedevano che da secoli tutte le Missioni in Cina erano dirette da stranieri. […] Se l’adozione della lingua volgare cinese concorrerà ad affrettare la conversione della Cina, perché non si oserà di proporre la questione alla S. Sede? Essa poi deciderà”.

Al termine delle sue missioni in Oriente, Padre Paolo Manna, redasse un manoscritto molto esaustivo e di grande valore storico, al cui interno vennero affrontate le spinose tematiche del rinnovamento della strategia missionaria.

Sia Costantini che Manna erano convinti che un grande ostacolo alla conversione del popolo cinese fosse rappresentato dal metodo in cui la religione veniva diffusa, e, in particolare, dalla barriera linguistica rappresentata dalla lingua cinese.

Un primo importante passo era già stato compiuto con l’elezione dei Vescovi cinesi, ma era ora necessario compiere un ulteriore sforzo per ottenere risultati significativi. Era necessaria la massima prudenza per trattare una questione così delicata e fu proprio per questo che Costantini

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non pubblicò scritti sull’argomento; condusse, invece, per lungo tempo un’azione decisa di sensibilizzazione della Curia Romana, in particolare dopo il suo ritorno a Roma e nel lungo periodo in cui fu segretario della Congregazione de Propaganda Fide, dal 1935 al 1953.

L’argomento centrale dello scritto sulla questione della liturgia in lingua volgare, è costituito dallo studio della missione dei Gesuiti in estremo Oriente nel XVI-XVII secolo e, di quelle che furono le circostanze che portarono alla promulgazione del 'Breve' di Paolo V, del 27 giugno 1615, mediante il quale fu concesso l’uso del cinese nella liturgia e, delle cause della sua mancata applicazione nei decenni successivi.

Tale documento, di cui Costantini venne a conoscenza intorno al 1937, rappresentò per il Delegato una grande fonte di ispirazione, ed un punto di partenza per il suo lavoro; egli iniziò infatti a raccogliere tutto il materiale disponibile su tale scritto al fine di poter condurre su di esso uno studio particolareggiato, con l’obiettivo di giungere ad una riforma che avrebbe consentito l’utilizzo della lingua cinese.

Studiando la genesi del 'breve' pontificio, Costantini si rese così conto che il bisogno di tradurre testi biblici e liturgici in cinese era stato avvertito fin dai primi missionari in quelle regioni, come dimostravano i tentativi isolati di Giovanni da Montecorvino nel XVIII-XIV secolo, ma soprattutto che le ragioni che a suo tempo avevano sollevato la questione dell’utilizzo della lingua volgare nella liturgia in Cina, all’inizio del Seicento, ad opera dei missionari gesuiti, all’inizio del XX secolo restavano più che mai valide.

Perseguendo l’obiettivo di costituire un clero nativo, i Gesuiti si erano infatti resi conto non solo che la lingua latina era di difficile apprendimento da parte dei cinesi, ma che un’insufficiente conoscenza

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della lingua e della letteratura cinese sarebbero state altrettanto gravi per i sacerdoti che aspiravano a mantenere una certa autorevolezza di fronte ai propri concittadini. A quel tempo la questione poté trovare risoluzione, grazie anche al parere favorevole del Cardinale gesuita Roberto

Bellarmino52, mediante la concessione di un indulto del Sant’Ufficio e

grazie al 'Breve' papale sopra menzionato.

Tuttavia, ad eccezione dell’utilizzo del copricapo, il 'Breve' non trovò, di fatto, concreta applicazione, in parte a causa delle difficoltà terminologiche che rallentarono le traduzioni, in parte per i successivi

provvedimenti pontifici e della Congregazione, che portarono

all’accantonamento, nel 1787, dei provvedimenti adottati, con il conseguente ritorno alla formazione dei chierici cinesi in esclusivo idioma latino.

Analizzando tali avvenimenti passati, Costantini iniziò a chiedersi se i tempi fossero finalmente maturi per giungere all’applicazione di quel documento. Egli non pensava ad una riforma radicale della liturgia e, si limitò a proporre una soluzione pratica, benché provvisoria, per le missioni. Fatta eccezione per una ristretta élite, formatasi a Roma, che doveva conoscere la lingua della chiesa, l’abolizione dello studio del latino avrebbe permesso a tutti gli altri chierici di dedicarsi in modo più approfondito all’apprendimento della lingua e della letteratura cinese, di utilità sociale senz’altro maggiore; inoltre l’introduzione del volgare nella liturgia avrebbe permesso anche alla popolazione di avvicinarsi alle cerimonie religiose.

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Roberto Francesco Romolo Bellarmino (Montepulciano, 4 ottobre 1542 – Roma, 17 settembre 1621) fu un teologo, scrittore e Cardinale italiano, venerato come santo dalla Chiesa cattolica e proclamato Dottore della Chiesa.

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Costantini si aspettava orientamenti concreti da parte della Chiesa, che, effettivamente, giunsero negli anni successivi: il primo il 9 maggio 1941 ed il secondo l’8 luglio 1942. Tali decreti concedevano, su richiesta di Propaganda Fide, l’utilizzo del volgare nel rituale romano per la celebrazione dei sacramenti alle Missioni in Nuova Guinea, Cina, Giappone, Indocina, India e Africa.

Con il decreto emanato il 12 aprile 1949, venne finalmente concesso l’utilizzo della lingua cinese anche nella celebrazione della messa. La messa poteva essere tradotta, ma con il testo latino a fronte; il Canone

romano53 doveva restare in latino, salvo le parti da recitarsi ad alta voce; i

chierici dovevano almeno saper comprendere il latino della messa e le traduzioni dovevano essere supervisionate da Roma.

Purtroppo però, proprio nel momento in cui Costantini stava per vedere coronata la sua fatica, non poté goderne: l’avvento della rivoluzione

comunista cinese impedì l’applicazione delle nuove direttive.54

4.3. Controversia sulla traduzione del termine Catholica Religio