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Gli aspetti principali dell’operato di Celso Costantini in Cina

3.6. La permanenza in Cina e le aspre critiche frances

La notizia dell’elezione della Delegazione Apostolica, nel 1922, destò grandi preoccupazioni da parte del governo francese, che temeva di poter perdere parte dei propri interessi all’interno del territorio cinese. Per questo motivo Costantini tenne a precisare da subito che la sua missione non aveva carattere diplomatico bensì religioso e che sarebbe stata di natura temporanea.

Pur rassicurata, la Francia, all’arrivo di Costantini a Canton, si propose di accompagnare il Delegato nel suo ingresso in Città, ma Costantini declinò l’invito, poiché era ben intenzionato a mantenere la sua indipendenza, chiarendo, sin dal suo arrivo, la propria libertà di azione. I Missionari tuttavia, non si dimostrarono particolarmente entusiasti dell’arrivo del Delegato Apostolico poiché in cuor loro erano seriamente preoccuparti di poter perdere i privilegi acquisiti fino ad allora.

Papa Pio XI, il 1° agosto del 1928, inviò una lettera in cui, rallegrandosi per la fine della guerra civile nel paese, si augurava vi fosse presto la pace, affinché il popolo cinese potesse al più presto raggiungere il benessere sociale ed il progresso. Con tale lettera la Santa Sede si poneva come la prima autorità che trattava con la Cina in un piano di parità.

Nel gennaio del 1929 Costantini si recò presso il Governo cinese a Nanchino per una visita di cortesia. I due eventi non fecero che accrescere la preoccupazione della Francia, che criticò apertamente ed aspramente il Delegato Apostolico. Tali critiche accusavano Costantini di non essere sufficientemente deciso nei confronti del Governo cinese: secondo tale tesi

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a causa di tale atteggiamento si verificarono episodi spiacevoli, come il saccheggio o addirittura l’omicidio, che videro coinvolti i missionari.

Altra critica riguardava il fatto che Costantini avesse acconsentito

all’insegnamento dei «Tre principi del popolo»40

nelle scuole cattoliche. Il terzo rimprovero era inerente al fatto che Delegato Apostolico avesse aiutato il clero cinese ad occupare le missioni che in passato erano state gestite dai missionari stranieri. Il periodo compreso tra il 1929 ed il 1933 fu contrassegnato da continue proteste ufficiali e contestazioni del governo francese contro l’azione di Costantini. Gli ultimi anni della sua permanenza in Cina furono turbati da conflitti e polemiche che riguardavano anche alcuni ambienti missionari. A scatenare reazioni ostili furono soprattutto i tentativi di giungere ad un accordo tra Roma e Nanchino nonché la sua intensa attività di promozione del clero cinese.

Tali attacchi, cui si aggiunsero i problemi di salute di Costantini, lo portarono più volte a chiedere di essere sollevato dal suo incarico. Egli chiedeva di provvedere alla sua sostituzione sia per ragioni di salute sia perché riteneva che un nuovo Delegato Apostolico, non gravato da conflitti e polemiche, avrebbe potuto senza dubbio lavorare meglio ed ottenere maggiori successi.

Un terreno sul quale Costantini si scontrò spesso fu quello della stampa cattolica pubblicata in Cina. Già nel corso degli anni venti Costantini aveva cercato spesso di prendere provvedimenti volti a correggere l’impostazione “anti-cinese” di molti periodici missionari, curati da religiosi europei e pubblicati principalmente in lingua francese.

Se infatti da un lato il Delegato Apostolico incoraggiò la prosecuzione di tali pubblicazioni d’altro canto ammonì duramente i

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I «Tre principi del popolo» ossia nazionalismo, democrazia e benessere del popolo, furono alla base del pensiero politico di Sun Yat-sen.

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redattori di quei periodici missionari all’interno dei quali venissero espresse posizioni irriverenti od ostili nei confronti della Cina ed in particolar modo verso il clero cinese.

In seguito al tentativo condotto da Costantini per stabilire dei contatti diretti tra Santa Sede e Cina, nel 1930, si era verificata un’aspra campagna contro di lui all’interno della stampa francese. In particolare, il Journal de

Shanghai il 6 febbraio 1929, aveva pubblicato un articolo che riportava

critiche irriverenti verso la diplomazia vaticana e verso mons. Costantini. Posizioni affini furono assunte anche dal Journal de Pekin.

Mons. Costantini si adoperò tenacemente per smentire molte delle false notizie pubblicate dal giornale contro di lui e contro la Chiesa in Cina. Egli mandò una formale protesta al Ministro di Francia in Cina, chiese a tutti i missionari di revocare l’abbonamento a questo giornale e cercò di evitare che tale polemica avesse un’eco sui giornali di lingua cinese. Pur infastidito da questa campagna il Delegato Apostolico la considerava però controproducente prima di tutto per la Francia stessa, che con questo comportamento non faceva che alienarsi le simpatie dei missionari e dei cattolici cinesi, aumentando ulteriormente l’atteggiamento anti-francese già ampiamente diffuso in Cina.

I cambiamenti verificatisi in quegli anni all’interno della curia romana così come negli interlocutori di Costantini contribuirono a mettere ulteriormente in difficoltà il Delegato Apostolico.

Dal febbraio 1939, Eugenio Pacelli successe al card. Gasparri nell’incarico di segretario di Stato e Van Rossum venne a mancare nel 1932. I loro successori si dimostrarono meno favorevoli ad una autonomia della Chiesa cinese.

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In tale periodo, infatti, in Italia si stava sviluppando il Fascismo e l’economia dell’Europa era in forte recessione. Il nuovo Segretario di Stato Pacelli ritenne di dare importanza prioritaria alle relazioni interne all’Europa. Proprio per tale motivo i difficili rapporti di Costantini con la Francia avrebbero potuto costituire un ostacolo ai rapporti della Santa Sede con la Francia.

Sia le opposizioni, sia lo stato di salute, sia il cambiamento di personale in Vaticano ebbero certamente il loro peso sulle dimissioni del Delegato Apostolico in Cina.

All’inizio del 1933 Costantini si congedò in maniera definitiva dalla Cina, ma continuò costantemente a seguire le vicende del paese che egli tanto aveva amato, specialmente in seguito alla nomina di segretario di

Propaganda Fide. 41