5.1 L’usus scribendi di Francesco Micheli del Padovano
L’ortografia degli scritti del Micheli è stata stabilita sulla base di testimonianze autografe: l’intero manoscritto Firenze, Biblioteca Medicea Laurenzia, Plut. 26.19 (Tractatus de s.
Francisco ad plebem Veronensem) e quattro delle cinque lettere attualmente conservate
presso l’Archivio di Stato di Firenze (fondo Med. Av. Princ. VII, 191; XX, 635 e 680; CXXXVII, 928). Le consuetudini grafiche del Micheli sono così state rilevate e accolte nella presente edizione.
L’autore non usa i dittonghi oe e ae, neppure nella forma grafizzata con la cediglia (ę), nonostante il dittongo fosse stato di nuovo introdotto da Coluccio Salutati e fosse ormai recepito dagli umanisti. La cediglia non viene usata neppure per la c (ç): scrive zelus, non
çelus, come talvolta fanno i copisti.
Davanti al –que enclitico, scritto unito alla parola che lo precede, Micheli usa la m: laudumque, tandemque, normamque; scrive m, e non n, anche davanti a –quam (nonnumquam; quamquam) e a –que non enclitico (plerumque, utrumque), così come pure prima della c di –cumque (quicumque, qualescumque); usa la m anche davanti alla d di –dam e -dem (quemdam, eumdem); inoltre scrive m anche davanti alla d di quomdam o comdam.
Pertanto l’autore non segue la regola di Prisciano per le assimilazioni (secondo cui davanti alle lettere c, d, t, q, f non si si deve scrivere m, bensì n), norma ortografica raccomandata anche da Giovanni da Genova e da Giovanni Tortelli nel suo De orthographia.
Davanti alla lettera p e alla lettera q, Micheli usa generalmente la m: circumstantie,
quempiam, quamvis, circumvenientem.
L’autore fa uso del nesso mn in forme regolari (damnum, autumnus) o irregolari (tyramno); usa correttamente il nesso mpt (redemptionis, contemptum, sumptus, temptare) e il nesso nct (defuncti, sancta, iuncta, cunctis).
Scrive a e ab rispettivamente davanti a parola che inizia con consonante (a Deo) o con vocale o h (ab infantia; ab hominibus); abs è usato solo per abs te e per il composto absque. Viene utilizzata sempre la forma ex, contro la forma e, sia davanti vocale e h, sia davanti consonante (ex his; ex institutione; ex desiderio), eccetto che nei tipi e contrario, e contra.
In alcuni casi si nota l’assenza irregolare della lettera h (pulcritudinem, pulcro, ortum), la sua presenza anomala (hedificiorum, sepulchrum, humerus) o un suo cambio di posizione all’interno della parola (hanelitus per anhelitus); scrive margherita, ma anche margaritis; scrive giustamente lacrimarum senza h; usa alla maniera classica la lettera h all’interno di parole come vehementi, prohibet, detraherem; scrive di solito helemosina; scrive floccipendo, come se fosse un unico termine, e non flocci pendo.
La lettera y viene utilizzata anche dove non richiesto (dyalogorum, dyaconi, dyabolus,
hyems, epytaphio); non usa la y ma la semplice i per misticus (invece del più corretto mysticus) e misteria (invece di mysteria, forma regolare); scrive giustamente immo, ma
talvolta anche ymmo o imo.
In rari casi è usata la lettera k (ricorre solo una volta karissimus invece di carissimus, ma è scritto sempre kalende invece di calende; talvolta scrive anche Karolus Magnus).
Micheli usa in modo regolare il nesso ph (philosophus, propheta); talvolta lo omette in favore della semplice f, come in blasfemus; scrive correttamente i composti del verbo iaceo (obicio; reicio; deicio). Inoltre utilizza existimamus, non extimamus; monstrare, non
mostrare; scrive correttamente assumo (nel senso di ‘assumere’) e presumit; utilizza capud in
luogo della forma corretta caput.
Riguardo all’uso di ti e ci dinanzi a vocale, notiamo molte forme corrette secondo il modello classico; così il Micheli scrive giustamente amicitia, letitia, peritia, notitia, stultitia,
iustitia, oratio, patienter, pretium, vitium, negotium, annuntio, beneficia, mendacium, officium, supplicium, iudicium, specialem; in altri casi utilizza ti dove sarebbe richiesto il
nesso ci, come in conditio (nel senso di ‘condizione’).
Usa correttamente il nesso ct al posto dell’esito assimilato tt, che talvolta ricorre tra i copisti: lectione, fictilibus, contractavit, delicta, tractari; usa il nesso ct anche in luogo della semplice t: auctor, non autor o author; cuncta, non cunta; punctum, non puntum.
Nei termini composti con prefissi costituiti da preposizioni, l’assimilazione tra l’ultima consonante della preposizione e la consonante seguente non si verifica sempre; porto alcuni esempi: tra i composti con ad si trovano adtestatur (senza assimilazione della d alla t) e
admirabilis (senza assimilazione della d alla m), ma anche assumens, ascribitur (con
assimilazione della d alla s); tra i composti con ab: absolutus, absconditum, absentia (senza assimilazione della b alla s); tra composti con in: inradiat, inremunerata (questi composti non presentano mai l’assimilazione della n alla r); tra i composti con ob: obtestor, observantiam (senza assimilazione della b alla t); tra i composti con sub: subditur, substinuit (senza assimilazione della b alla d), ma anche suppeditant (con assimilazione della b alla p); inoltre la q attrae la d di quidquid, che diventa quicquid; ma la c non assimila la d di idcirco.
Micheli usa le forme nil, nichil o nihil; le forme mihi o michi; le forme littera, litera,
lictera; inoltre scrive Ieronimus o Hieronymus.
Scrive inoltre Oratius per Horatius; Bonifatius e non Bonifacius; Ruffinus o Rufinus per
Ruphinus; Ysaias, Christus, Iesus; scrive secondo il modello classico, senza consonanti
geminate, imaginatione, oportuit, reperio, ma anche oportunus (a cui è preferibile la forma con la doppia p) e il non classico quatuor; per comendare e cominantibus ricorre più spesso alla m scempia; usa invece le doppie consonanti per le forme regolari occultus, tollerans,
abbatem, offenderem, colligendis, acceleraret, repellere, e per la forma irregolare suppremos.
I numeri vengono espressi o in lettere, o in cifre; vengono usate le cifre romane prevalentemente nell’indicazione dell’anno nelle date; negli altri casi vengono utilizzate
spesso le cifre arabe, generalmente anche per indicare i libri di un’opera o le sue ripartizioni (capitoli, quaestiones, distinctiones, ecc.).
5.2 Norme osservate per l’edizione
Si è intervenuti per regolarizzare e rendere coerente l’ortografia, osservando le norme seguenti: le lettere u e v sono state distinte secondo l’uso moderno; le abbreviazioni sono state sciolte; i segni diacritici (come la dieresi in aër, poëta), l’uso di maiuscole (Deus, Ecclesia) e miniscole (septembris) e la punteggiatura sono stati adeguati ai criteri attuali. Per le integrazioni congetturali sono state usate le parentesi angolari: < >; per le espunzioni congetturali si è ricorsi alle parentesi quadre: [ ].
Sulla base dell’usus scribendi di Francesco Micheli, sono stati operati i seguenti interventi: eliminazione dei dittonghi ae e oe, anche grafizzati come e con cediglia (ę), in favore della e semplice; sulla base dell’ortografia solitamente adottata dal Micheli sono state effettuate le seguenti operazioni sul testo: rispetto dell’alternanza a / ab, e / ex e dell’uso di
abs; rispetto delle forme ortografiche dei composti di iaceo; sostituzione della z alla c con
cediglia (çelus > zelus) correzione di geminazioni (revellavit > revelavit; opportunus >
oportunus; grammatica > gramatica) e di scempiamenti (solicitudo > sollicitudo; comunis > communis); alternanza dei nessi intervocalici ci / ti (iusticia > iustitia; preciosus > pretiosus; supplitium > supplicium; speties > species); alternanza dei nessi ct / tt (amictere > amittere; hattenus > hactenus); mantenimento del nesso ct in determinati casi (auctor, tracto) o sua
sostituzione con t scempia (lectitia > letitia); mantenimento del nesso nct, come in defunctus,
sanctus, coniunctus; l’assimilazione delle preposizioni in posizione iniziale nei termini
composti viene conservata o eliminata a seconda degli usi dell’autore; si mantiene la y laddove sia usata dal Micheli con una certa costanza (Ytalia, dyabolus, dyalogus, hyems,
tyramnus); la lettera h viene utilizzata secondo le abitudini dell’autore; si conserva inoltre il
nesso ph (propheta, philosophus); la k viene mantenuta solo in kalende. In quomdam e
comdam e davanti le lettere c (-cumque), d (-dam, -dem), p, q (-que enclitico e non; -quam)
viene usata la m e non la n nei casi riportati nel paragrafo precedente.
L’ortografia dei testi editi criticamente è stata corretta in base all’usus scribendi dell’autore, secondo quanto già rilevato nel paragrafo precedente; le consuetudini grafiche del Micheli sono state estese anche ai derivati delle parole prese in considerazione, o ai termini primitivi da cui derivano, o ai vocaboli di derivazione comune, o più in generale a quelle parole che presentano gli stessi nessi vocalici, consonantici o sillabici; così scriveremo
perpulcre (data la forma pulcritudinem, senza h), inregularis (date le forme non assimilate in inr-, come inradiat, inremunerata), demonstrabit (data la forma monstrare, non mostrare), abbatias (data la forma abbatem, con la b geminata), patientia (data la forma patienter, col
Nel caso di parole che il Micheli usava scrivere in modi diversi, sono state incluse nel testo critico le forme ortografiche più ricorrenti, ad esempio: immo piuttosto che ymmo; nihil piuttosto che nil o nichil; mihi piuttosto che michi; littera piuttosto che litera o lictera;
comdam piuttosto che quomdam; Hieronymus piuttosto che Ieronimus; Salomon piuttosto che Solomon.
5.3 L’usus scribendi dei copisti
Tra i fenomeni grafici rigrardanto il modus scribendi dei copisti che hanno vergato i testimoni delle opere del Micheli, ricorrono soprattutto i seguenti: scambi vocalici in sede interna, ad esempio di e per i (indescreto per indiscreto), di e per o (prepterea per propterea), di o per u (defonctionis per defunctionis), di a per o (philosaphus per philosophus), di e per a (seperata per saparata); scambi consonantici in sede interna (flondescere per frondescere;
dinimuto per diminuto; siribilem per risibilem); fenomeni di epentesi, ad esempio di occlusiva
bilabiale sorda nel nesso tra nasale bilabiale e nasale dentale (autumpnus, sompnus); esempi di assimilazione per i nessi di occlusiva velare sorda e occlusiva dentale sorda, assimilati in occlusiva dentale sorda geminata (ottobris per octobris); cambiamento dell’occlusiva velare sonora in sorda (grecis per gregis); uso di x al posto della sibilante sorda geminata (profexor invece di professor); omissioni di occlusiva velare sorda nella sibilante palatale (obsenos per
obscenos) o il fenomeno inverso (inscipiens per insipiens); omissioni di occlusiva velare
sorda nel nesso tra occlusiva velare sorda e occlusiva dentale sorda (autoritate, santissimum,
ampletantur); inutili geminazioni vocaliche (hiis per his) o consonantiche (huiusscem, invigillent, asscribitur); fenomeni di sonorizzazione di occlusiva dentale sorda (velud per velut); l’uso, in fine di parola, della nasale bilabiale al posto della nasale dentale (forsam per forsan); uso anomalo di h (cohoperaretur, habunde) ed y (Chrystus, lachrymas).
Tutti i testimoni presentano un certo numero di forme ortografiche irregolari (spesso hiis per his o per iis; sempre plebeus per plebeius; sempre langor per languor; talvolta sapientum per sapientium; sempre vendico per vindico; sempre Galienus per Galenus, ma in questo caso la prima forma era quella comunemente adottata ai tempi dell’autore). Pertanto, nell’esaminare l’ortografia di alcuni copisti che hanno trascritto opere del Micheli, mi limito ad indicare le differenze tra l’ortografia dei singoli testimoni e quella dell’autore, segnalata qui sotto tra parentesi tonde (la scelta delle opere da esaminare è stata fatta in modo da prendere in considerazione tutti i copisti che ci hanno tramandato almeno uno scritto del francescano):
5.3.1. I copisti di L, Ma, P nel De insensata cura mortalium
L – Uso della e semplice in luogo dei dittonghi ae e oe; forme ortografiche diverse da quelle del Micheli: composti con circum: circuncisum, circuncidimus, circustantium (Micheli esprime sempre il circum- iniziale); dehicimus (deicimus), Redentionem (Redemptionem),
lachrimas (lacrimas), Iohamnem (Iohannem), inocentia (innocentia), peremnibus
(perennibus), negociis (negotiis), tyranni (tyramni), habundantius (abundantius), profetam (prophetam), satisfatione (satisfactione), repperiuntur, repperire, repperitur (le forme di questo verbo in Micheli presentano sempre la p scempia, ad eccezione naturalmente del perfetto repperi e dei suoi composti), amictamus (amittamus)
Ma – Uso della e con cediglia (ę) in luogo dei dittonghi ae e oe; forme ortografiche diverse da quelle del Micheli: lachrimosa (lacrimosa), quanvis (quamvis), irrationalibus (inrationalibus), punto (puncto), negociatores (negotiatores), Geenne (Gehenne),
definentem (diffinentem), servuus (servus), tyranni (tyramni), charitas (caritas), lachrymas (lacrimas), Batiste (Baptiste)
P – Uso della e con cediglia (ę) in luogo dei dittonghi ae e oe; forme ortografiche diverse da quelle del Micheli: deiicimus (deicimus), quanvis (quamvis), habundantius (abundantius),
profetam (prophetam), satisfatione (satisfactionem), repperiuntur, repperire, repperitur
(le forme di questo verbo in Micheli presentano sempre la p scempia, ad eccezione naturalmente del perfetto repperi e dei suoi composti), charitas (caritas), amictamus (amittamus), lachrymas (lacrimas), Batiste (Baptiste)
Inoltre tutti e tre i testimoni si distaccano dall’ortografia del Micheli nei seguenti casi:
abprobriis (obprobriis), quondam (quomdam o comdam), nunquam (numquam), tolerat
(tollerat), quanquam (quamquam), quecunque (quecumque), qualescunque
(qualescumque), spetialem (specialem), tentationis (temptationis)
5.3.2. Il copista di Mu nel De quibusdam astrologorum parvi pendendi iudiciis Il testo è abbastanza corretto dal punto di vista ortografico.
Mu – Uso della e con cediglia (ę) in luogo dei dittonghi ae e oe; forme ortografiche diverse da quelle del Micheli: utilizzo della lettera n davanti alla d in casi come eundem (eumdem),
eorundem (eorumdem), quorundam (quorumdam); tuttavia il copista scrive quibuscunque, quempiam, cultumque; diabolus (dyabolus); altre differenze rispetto l’usus scribendi del
Micheli riguardano forme irregolari usate sporadicamente accanto alle forme corrette:
comunis (communis), revellavit (revelavit), inextimabilia (inexistimabilia), obstentandam
(ostentandam), supplitium (supplicium), mendatio (mendacio), immaginem (imaginem),
5.3.3. I copisti di B, La, R3 e S nella lettera Ad sanctissimum summum pontificem Nicolaum
papam V epistola congratulatoria
B – Questo è il testimone dell’opera più scorretto dal punto di vista ortografico e il più lontano dall’usus scribendi del Micheli: acciepisse (accepisse), lectitia (letitia),
defonctionis (defunctionis), inneunte (ineunte), groria (gloria), extimamus (existimamus), mectet (metet).
La – Uso dei dittonghi ae e oe. Alcune forme ortografiche diverse da quelle solitamente utilizzate dal Micheli: comuni (communi), unquam (umquam), eterno (etherno).
R3 – Uso della e semplice in luogo dei dittonghi ae e oe. Il testimone è portatore di alcune varianti ortografiche irregolari o non usate dal Micheli (cohoperaretur, chatholicam,
difinivit, desyderabiliores), ma pure di diverse forme corrette, usate anche dall’autore
(laddove tutti gli altri testimoni hanno opidum, asumpsit, benefitiis, benefitio, pontifitii,
benefitiorum, appostolice, il testimone riccardiano ha rispettivamente oppidum, assumpsit, beneficiis, beneficio, pontificii, beneficiorum, apostolice).
Tutti i testimoni presentano le forme condam (comdam), quondam (quomdam), plerunque (plerumque), unquam (umquam), comuni (communi), habunde (abunde). Oltre a queste, L presenta anche la forma velud (velut).
5.3.4. I copisti di Mo e R1 nella lettera Ad magnificum Petrum Cosme de Medicis funebris
epistola (per la morte del fratello Giovanni)
R1 – Uso della e semplice in luogo dei dittonghi ae e oe. Questo è il testimone più scorretto dal punto di vista ortografico – opportunis, etternam, inpediant, hyatus, quomodocunque,
imo (immo), plerunque, scellerum, coscientia, groliam, retius (rectius), laberinto, schopulos, inprecabatur, appostolorum, ansietates, ansium, adoloscentiam, sollecitudines
(sollicitudines), aquirit (acquirit), chonsilia, rengna, inpretermisse, inpunitatem, legittime,
inpendit, faciundum (faciendum), commoda, cotidie (quotidie), attingisse (attigisse), quanvis, Agustinum, humeris, quotiencunque, reprensibilior, resurectio, affliggimur, deiicimus, conquieschunt, accersitis, asistentes, perfectta.
Mo – Uso della e con cediglia (ę) in luogo dei dittonghi ae e oe; forme ortografiche diverse da quelle del Micheli: lachrimis (lacrimis), qualencunque (qualemcumque), plerunque (plerumque), irruerit (inruerit), nanque (namque). Tuttavia il testo è ortograficamente abbastanza corretto.
5.3.5. Il copista R2 (Bartolomeo Fonzio) nella lettera a Piero de’ Medici per la morte del padre, Cosimo il Vecchio
R2 – Il testo è corretto dal punto di vista ortografico. Il copista, ovvero l’umanista Bartolomeo Fonzio, usa la e cedigliata (ę) in luogo dei dittonghi ae e oe; talvolta in questi casi usa anche la e semplice. A causa della brevità dello scritto, non ho trovato differenze degne di nota con l’ortografia di Micheli.
5.3.6. Il copista di RM nel Christianarum Institutionum liber
RM – Il testimone è abbastanza corretto dal punto di vista ortografico. Il copista usa la e semplice al posto dei dittonghi ae e oe e della e cedigliata (ę). In alcuni casi l’ortografia si discosta da quella del Micheli: il copista scrive ymago (imago), quandocunque (quandocumque), quarundam (quarumdam), opporteat (oporteat), ma usa anche umquam,
tamquam.
5.3.7. Il copista di R4 nello Speculum christiane probitatis
R4 – Uso della e con cediglia (ę) in luogo dei dittonghi ae e oe; forme ortografiche diverse da quelle del Micheli: ymago (imago), ecternum (ethernum), unquam (umquam), axistentes (assistentes), quocunque (quocumque), complettens (complectens).
5.3.8. Il copista di T nella Pro devotissima matrona Marina Foscarina funebris oratio
La lettera è abbastanza corretta e si discosta dagli usi dell’autore in pochi casi, soprattutto nell’utilizzo di dittonghi e cediglie (segnalo qui sotto, tra parentesi, le forme usate dal Micheli):
T – Uso sia del dittongo ae (con un forte nesso tra le lettere: æ), sia della sua forma grafizzata come e con cediglia (ę); forme ortografiche diverse da quelle del Micheli: honus (onus),