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TRATTATI BRE

1. LETTERE AI PONTEFIC

Ep. 1 — Lettera gratulatoria per l’elezione di Niccolò V

Il testo è tramandato da cinque testimoni: L = Firenze, Biblioteca Nazionale, ms. Landau-Finaly 152, ff. 60r-62v; R3 = Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 928, ff. 31v-36r; La = Firenze, Biblioteca Medicea

Laurenziana, ms. 52.15, ff. 17v-21v; S = Siena, Biblioteca Comunale, ms. H.VI.31, ff. 111v-116v; a questi codici, già conosciuti da Riccardo Pratesi, possiamo ora aggiungerne un quinto, attualmente conservato negli Stati Uniti (Pennsylvania): B = Bryn Mawr, Bryn Mawr College Library, Special Collections, ms. 41 (olim Gordan ms. 54). Esistono due redazioni della lettera: una prima redazione, presente in L, e una successiva, riveduta e ampliata, riportata dagli altri testimoni. I codici che tramandano l’epistola sono tutti quattrocenteschi. A parte L (la lussuosa raccolta di alcuni trattati, lettere e discorsi del francescano), tutti gli altri codici presentano una serie di testi uguali, disposti peraltro nello stesso ordine: una silloge di orationes gratulatoriae per Niccolò V (scritte da Giannozzo Manetti, Poggio Bracciolini e il Micheli), seguita dall’oratiuncula di Leonardo Bruni per Martino V, a cui fanno seguito due lettere anepigrafe: la prima è diretta all’imperatore Federico III, la seconda al Concilio di Basilea (le epistole sono entrambe scritte a nome dei Fiorentini e attribuite a Bruni); in R3

questa sequenza di scritti è preceduta da un discorso funebre di Antonio Pacini, mentre in S occupa interamente la sez. 2, mentre le rimanenti sezioni del codice (composito) contengono varie opere, dalle Rime di Dante, a excerpta dai Vangeli, ai Dialogi di Luciano in traduzione latina, ecc. La sez. 2 del testimone senese appartenne ad Alessandro Tegliacci, forse un parente del Luigi Tegliacci amico del Micheli. L’epistola al pontefice è datata 22 marzo 1447, raptim da Firenze (Niccolò V fu eletto e incoronato papa rispettivamente il 6 e il 19 marzo dello stesso anno); quindi i codici devono essere posteriori a questa data (per il testimone S, che è un codice composito, questo è valido solo per la sua sez. 2, ovvero la sezione che contiene la lettera del Micheli). Dal fatto che l’epistola è datata, possiamo dedurre che non si tratti di un discorso tenuto alla presenza del pontefice, ma di una vera e propria lettera inviata a Niccolò V per mezzo di altri. Tommaso Parentucelli viene elogiato per l’erudizione e le virtù che ha dimostrato di amare nel corso di tutta la sua vita. Pratesi ha pubblicato solo alcuni brani della lettera (PRATESI, Francesco Micheli, continuazione, cit., pp. 75-76), ritenendola di scarso valore storico.

Il giudizio Pratesi che ho appena ricordato è certamente condivisibile, ma è anche vero che nella lettera gratulatoria per Niccolò V possono essere messi in rilievo alcuni elementi non del tutto secondari per la biografia di Parentucelli. Innanzitutto Micheli parla del papa come di un uomo di nascita e condizione modesta: «Quamquam et natu et patria et statu fuisses a principio favoribus destitutus …»; sappiamo che Parentucelli non era di estrazione nobile, ma la critica si è posta la questione dello stato economico e sociale della sua famiglia, chiedendosi se questo fosse privilegiato o disagiato. Subito dopo il Micheli, rivolgendosi ancora al neoeletto pontefice, afferma: «improbo tamen labore ipsius opes atque munera tibi merito vindicasti», descrivendo così Parentucelli come un uomo che si è fatto da solo, contando unicamente sui propri sforzi e sulle eccezionali virtù possedute divino munere sin dall’infanzia. Queste argomentazioni si possono ricollegare con il tema della predestinazione di Tommaso al pontificato, questione cardine nella costruzione ideologica dell’immagine del papa e della figura che questi voleva lasciare di sé ai posteri, tanto da essere centrale anche nella biografia pontificia scritta da Giannozzo Manetti a breve distanza dalla morte dello stesso Niccolò V (questa biografia è edita in IANNOTII MANETTI De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis, edizione critica e traduzione a cura di A.MODIGLIANI, Roma 2005).

quidam fuisse ferunt tui futura predicentium genitorum, quod profecto adusque nostra hec secula si venires, coram Deo et hominibus magnus esses». Da quanto mi risulta, questa è l’unica testimonianza nota — oltre quella di Manetti — che colleghi (peraltro a così breve distanza dall’elezione pontificia) la predestinazione di Parentucelli al pontificato con un presagio legato ai genitori e al momento della nascita. La lettera del Micheli quindi sembra già influenzata dall’immagine ideologicamente costruita di Niccolò V; un’immagine che percorre tutto il pontificato, delineata già pochi giorni dopo l’elezione al soglio di Pietro, anzi molto probabilmente ancora prima di questa, nella ricerca dei consensi necessari per accedere alla somma dignità ecclesiastica (si veda quanto siano vicini, sotto questo aspetto, due testi che si collocano all’inizio e alla fine del pontificato niccolini: l’oratio di Manetti per l’elezione di Niccolò V e la biografia ‘ufficiale’ del pontefice, scritta dallo stesso Manetti e composta e divulgata già poco dopo la morte di Parentucelli). Infine occorre notare come Micheli collochi la nascita di Parentucelli senza dubbio a Sarzana: «O fortunatissimum igitur Sarzane oppidum!»; al contrario Giannozzo Manetti dirà che Tommaso nacque a Pisa (Thomas cognomento Saraçanensis, qui postea Nicolaus papa quintus dictus est [...] Pisis

feliciter nascitur:MANETTI, De vita ac gestis, cit., I.1, p. 5), generando una certa confusione

tra gli storici, che dopo aver dibattuto la questione, sono giunti però alla conclusione che la città natale di Parentucelli sia proprio la cittadina della Lunigiana, allora governata dai Visconti, che la ressero fino al 1407. Giovanni Sforza ha già discusso ampiamente del luogo d’origine di Tommaso e dei suoi affini, concludendo giustamente che «è provato fino all’evidenza essere sarzanese la famiglia de’ Parentucelli» (SFORZA, Ricerche su Niccolò V, cit., p. 82) e che sembra «fuori affatto d’ogni dubbio che Niccolò V sia nato a Sarzana» (Ibid., p. 81). Sappiamo inoltre che i Parentucelli, famiglia paterna del pontefice, discendevano da

Parentucellus, nonno di Tommaso e camerlengo del comune di Sarzana nel 1366, mentre

Andrèola, madre di Tommaso, apparteneva alla famiglia dei Tomei, originaria di Fivizzano, ma ormai radicata anch’essa a Sarzana (sulla famiglia di origine di Niccolò V vedi A. CRUGNOLA PIZZUTO - M. MARCHINI, Le famiglie Parentucelli, Calandrini e Tomeo della

Verrucola Bosi a Sarzana fra il XIV e il XV secolo, in Niccolò V nel sesto centenario della nascita. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Sarzana 8-10 ottobre 1998, a cura di F.

BONATTI e A.MANFREDI, Città del Vaticano 2000, pp. 595-609).

1.1 Nota al testo

La collazione tra i testimoni ha rivelato l’esistenza dei seguenti errori significativi nella tradizione manoscritta dell’opera (le lettere minuscole tra parentesi tonde rimandano alle corrispondenti note dell’apparato filologico che correda l’edizione del testo):

Esempi di errori del solo B (assenti in L La R3 S): (§ 5) – ante invece di a te

(§ 5) – grecis invece di gregis

Esempi di errori del solo L (assenti in B La R3 S):

(ak) omesso ac statu; (am) in te invece di <tue> vite; (ao) omesso ad fastigium; (av) omesso insuper; (ax) tantaque undique invece di tantaque; (az) omesso undique; (bb) omesso adeo; (bc) omesso et admirabilia; (bg) omesso et pene incredibili; (bo) verum invece di rerum; (bq) debeam invece di debuerim; (br) omesso ex te memorabilia simul

atque permiranda; (ch) omesso optata; (ci) omesso beatissime et [ac in La] sanctissime

Pater; (cj) omesso devotissimi et; (ck) omesso uno caritatis affectu; (cm) omesso domine; (cs) omesso ipsam; (db) omesso et fastigium; (dg) omesso sed de benedictionibus seminat et metet; (dh) omesso ego; (di) solum invece di solium

(Ma la natura delle molte omissioni segnalate sembrano indicare che L sia portatore di una redazione diversa del testo rispetto agli altri testimoni, con piccole differenze dovute a motivi di stile).

Esempi di errori del solo La (assenti in B L R3 S): (f) – omesso valuerunt

(j) – divi invece di divina (k) – meritis invece di metiris (w) – omesso qui timent Dominum (cf) – ignare invece di regnare

Esempi di errori del solo S (assenti in B L La R3): nessun errore Esempi del solo R3 (assenti in B L La S)

(§ 4) – agendi invece di aggredi

Esempi di errori comuni ai soli B L (assenti in La R3 S): (c) – ut invece di et

Esempi di errori comuni ai soli B R3 S (assenti in L La): (ce) – omesso certe

Esempi di errori comuni ai soli B La R3 S (assenti in L):

(ax) – omesso undique (in realtà sembra non sembra trattarsi di una vera omissione, ma di una variante stilistica, perché undique ricompare più avanti nella stessa proposizione, dopo nove parole)

(cf) – esse invece di est (cx) – omesso etiam (df) – omesso enim (dj) – omesso obnixe (dn) – omesso mensis

Esempi di errori comuni a tutti e cinque i testimoni (B L La R3 S): (§ 2) – omesso muneribus

(§ 4) – omesso tue (§ 4) – omesso ut (§ 6) – omesso tui (§ 6) – omesso sine

Questi errori comuni a tutti i testimoni sono stati corretti con integrazioni congetturali segnalate nel testo tra parentesi angolari.

1.2. Lo stemma codicum

Gli elementi raccolti consentono di ricostruire il seguente stemma codicum:

ω

α

L

a

S

L R

3

B

I testimoni B, La e R3, oltre ad avere degli errori propri, sono accomunati, insieme a S, da errori congiuntivi (e da un gran numero di varianti), che consentono di ricostruire la famiglia α. Gli errori separativi di La contro S e di S contro La, così come quelli di B contro R3 e di R3 contro B, nonché e la mancanza di errori di S contro B e R3 ci portano a disegnare uno

stemma codicum in cui da α sono derivati due rami, uno dei quali conduce a La, l’altro a S, da

cui poi sono derivati B e R3. Il testimone L (la lussuosa silloge delle opere del Micheli) presenta un solo errore congiuntivo con B e nessun altro errore congiuntivo con gli altri testimoni. Inoltre L presenta diversi errori separativi nei confronti degli altri testimoni e sembra portatore di una redazione leggermente diversa dell’epistola del Micheli (si tratta di piccoli interventi che sembrano frutto di una revisione stilistica). Il testimone L appartiene ad un ramo della tradizione manoscritta diverso da quello della famiglia α; quindi in B l’errore presente anche in L (ut invece di et) è stato originato probabilmente in modo indipendente da quest’ultimo. Il testimone B è degli anni 1450-’60 ed è successivo alla sez. 2 di S (codice composito), da cui deriva. Il testimone L è databile agli anni il 1466-‘69 (ma il terminus

antequem — trattandosi di un codice di dedica dell’autore — può essere spostato fino alla

data di morte del Micheli, che secondo alcuni biografi sarebbe deceduto nel 1480), ed è quindi successivo alla sez, 2 di S e quindi ad α. Inoltre La R3 e S, come si è gia detto, non possono essere anteriori al marzo del 1447, dato che contengono — come si è già detto — alcune orationes gratulatorie per l’elezione pontificia di Parentucelli (eletto e incoronato rispettivamente il 6 e il 19 marzo dello stesso anno).

Nessuno dei testimoni noti può considerarsi a monte di L (la lussuosa silloge di opere del Micheli) per quanto riguarda la tradizione manoscritta della lettera gratulatoria al papa. La collocazione temporale di La, il codice che appartenne alla Badia di S. Salvatore a Settimo, è più incerta, ma — come si è già detto — il testimone è sicuramente quattrocentesco, successivo all’elezione di Niccolò V e ad α, che sta a monte anche di S, e di conseguenza di B.

Inoltre, dato che B e R3 derivano da S, sono stati eliminati dall’apparato filologico questi due testimoni come codices descripti.

[f. 60r] Eiusdem fratris Francisci Ad sanctissimum summum pontificem Nicolaum papam

V epistola congratulatoria incipita

1. Siquid, Beatissime Pater, de rerum tuarum magnitudine hac brevi oratione dixero, quod ad tuam vel laudem, vel gloriam magis pertinere videatur, pro solita prudentiab in Eum referas, etc in Eius semper perseverato timore, a quo — Iacobi testimonio — omne datum optimum fluit perfectumque donum1 descendere perpetua experientia constat. Omnium quidem tuorum nostri temporis predecessorum, quorum hec recordatur etas, nobis ceterorum ornamenta considerantibus ideo obligatissimus iudicaris: ceteris etsi multa ac magna sunt pontificibus divino munere distributa, tibi torrente velut innundanted confluunt copie gratiarum. Sentiunt namque et, beneficiis tuis aucti, intelligunt familiariter, qui tibi assistere aut quomodolibete convivere valueruntf, et qui tui regiminis atque clementieg sunt gratiam consecuti, te preter secularium summam peritiam litterarum aliarumque virtutumh multitudinem non solum divine scientie habitum induisse, quibus humana omnia aci divinaj metirisk, sed cum expostulante Salomonel a suppremism sedibus sapientiam accepisse, ut tibi assisteretn et magnis aco gravibus cooperaretur in rebus. Eius quidem instituto et religionem accurate vereri, christiani cultus mores instruere,p summi pontificii iura defendere, catholicam veritatemq in lucem educere et in primis Deum timere a puero didicisti. Quo quid beatius consequi potueris, nemo sapientium hominum potest excipere.

2. Tantam, pastor sanctis|[f. 60v]sime, rex ille sapientissimus Salomonr timoris Domini vim esse diffinivit, ut absque Ipsiuss timore neque iustum neque sapientem neque beatum fieri

a In L

a, e S la rubrica iniziale recita: Magistri Francisci de Paduanis de Florentia Ordinis Minorum, theologi

excellentissimi, ad Nicolaum quintum summum pontificem epistola congratulatoria incipit. Lege feliciter.

b prudentiam S; prudentiam con m espunta L a c ut L d inmundante La e quandoque L a S f om. L a; voluerunt S g om. atque clementie L

a S

h virtutumque aliarum invece di aliarumque virtutum L a S i et La S j divi L a k meritis L a l Salomonea L; Solomone L a S m supremi L a n assistere La o atque L a S p componere L a S

q seguito da multum admodum L a S r Solomon S

s eius absque invece di absque ipsius L a S

posse decerneret2. Initium quoque et radicem, augmentum et plenitudinem sapientie, gloriam et coronam exultationis3 in timore Domini collocavit. Cuius fructus abt eo desiderabiliores fiunt, quod viro timenti Deum gaudium sui, letitiam suorum, longitudinem dierum4, pacem, salutem, religiositatem et replentes omni ex parte thesauros longa et gravissima disputatione in Ecclesiastico volumine pollicetur5. Neque superstitem virum Deum timentem iisu prosequitur cumulatum fieri donis, sed et suppremos eius defunctionis dies populorum benedictionibus replet, et famam longeva ac felici perpetuitate corroborat. In viam itaque mandatorum Dei cum te ipsum divini timoris beneficio ab ineunte etate traduxeris, propterea quod minime a nobis quasi ex nobis Pauli doctrina cogitare sufficimus, ut videant omnes non immortalibus solum future beatitudinis <muneribus> viros Deum timentes ordinatos fore, sed et presentis vite iocundioribus donis amplificandos preter ceteras plurimas, quas in te admirantes vix numerare sufficimus, illam te video benedictionis gratiam consecutum, quam sanctus ille Propheta in psalmo predicat Deum timentibus esse concessam: «Beati — inquit — omnesv qui timent Dominumw, qui ambulant in viis Eius»6; et ut tibix, celebratissimey pontifex, felicitatis politice rationem aperiat, qua spe te fretum in timore Domini permanentem prosequitur.

3. «Labores manuum tuarum quiaz manducabis, beatus es et bene tibi erit»7. Nam velut corporalium negotiorum manus instrumenta dicuntur, sic virtutibus opera laude dignaaa conficimus, quibus — ut | [f. 61r] est apud Aristothelem in Ethicis — fruimur,8 prout subtilius tui theologi primo Sententiarum libro describunt. His itaqueab virtutibus quia te humanis divinisque rebus studiosissime composuisti, quemadmodum tuarum amplissima virtutum merita longe faciunt lateque videri et quamdiu vera religione timueris, amaveris et colueris Deum, omnia tibi cooperabuntur in bonum; in bonum — inquam — presentis et future felicitatis. Non enim semper duris asperisque rebus divina predestinatione dicuntur electi, sed quosdam, velut David regem et ceteros huiusmodi in Dei timore firmatos, Spiritus Sancti gratiam novimus provexisse, ut quibusdam, velut gradibus, ex hac integra felicique vita ad gloriam promoveantur eternam. Et quamquam beatam acac iocundam presentis peregrinationis sole virtutes efficiant, tamen sicutiad Salomoni, pro regni sui gubernatione divina presidiaae petenti, omnia felicis vite commoda concessa leguntur, propterea quod recte novit spiritualia temporalibus anteponere donis, sic tibi, cum virtutibus — quas rebus mortalibus intelligis

t om. ab L a S u

his La S

v omnes inquit invece di inquit omnes L a S w om. qui timent Dominum L

a x ubi invece di ut tibi L

a y celebratisse L

z

om. quia La S

aa digna laude invece di laude digna L a S ab seguito da vir L

a ac atque L

a

ad sicuti tamen invece di tamen sicuti L a S ae presidia divina invece di divina presidia L

preferendasaf quarumqueag suffragiis gratiarum ac dignitatum variis titulisah te perlustravit Altissimus — omnia velut instrumenta concessa sunt, que iocundam hanc vitam etiam communi opinione conficiunt: honores, fama, gloria, pax tantaque etiam ex tempore opum ubertas, quantam tuarum exigebat claritudo virtutum.

4. Quamquam autemai et natu acaj patriaak fuisses a principio fortune favoribus destitutus, improbo tamen labore ipsius opes atque munera merito tibial vendicasti. Ipse enim labor — quoad fieri potest — omnia vincit9, quoniam domat omnia virtus. Quibus in rebus tantum <tue> viteam amplitudinis splendorem omnes aspiciunt, ut sempiterna memoria | [f. 61v] videaris gloriam superasse. Quid plura? Et ne ulla tibi postremum virtutum premia deessent aut cuiusvis culmen honoris, queso intellige quomodo ad sacerdotii summi seu pontificii apicem divina Providentia te nuper assumpsit, ut enarrent in te omnes mirabilia Eius. Ipsa enim pauperem facit et ditatan, humiliat etao sublevat, et ignobilia atque mundi infirmaap plerumque eligitaq, ut fortia queque confundat. Profecto, beatissime pater, a Domino factum est istud — et est mirabile in oculis nostris — ut tua sicar lux candelabro superposita10 per excellentissima virtutum opera christiano huic generi luceas, <ut> alliciantur ceteri preclaras res aggredi bonamque spem sibi crebroas proponere, et si quempiam eventum Deus adversum dederit, etiam generose perferre.

5. Audeo nempe, felicissime pastor, etiam dicere quod melior profecto viris probis est dignitas etiamat sine vita, quam vita absqueau dignitate. Memineris, oro, quanta nunc claudendi celosav et aperiendi, ligandi animas atque solvendi tibi sitaw collata potestas, quantaque undiqueax iustitia et clementia tuus ipseay sedis apostolice tronus sitaz roborandus, ne quispiam a te inultam expectet iniuriam aut quandoque iustitiam sibiba deesse diffidat. Ad te igitur, velut ad humanissimum christiani gregis pastorem, patrem quidem misericordiarum totiusque consolationis nostre uberem largitorem, liber omnium sit accessus. Quid enim eos aut timere

af preferendas intelligis invece di intelligis preferendas L a S ag quarumve La S ah seguito da sic L a S ai vero L a S aj et L a S ak seguito da ac statu L a S al

tibi merito invece di merito tibi La S am in te invece di <tue> vite L an dicat L

a

ao seguito da ad fastigium L a S

ap infirma mundi invece di mundi infirma L a S aq

extollit La S

ar pene incredibilis invece di sic L a S as crebro sibi invece di sibi crebro L

a S at om. etiam L a S au sine L a S av seguito da insuper La S aw sit tibi invece di tibi sit L

a S ax om. undique L

a S

ay ipse tuus invece di tuus ipse L a S az seguito da undique L

a S

ba sibi iustitiam invece di iustitiam sibi L a S

aut exoptare oportet, qui te iustum, sapientem, clementem et ceteris virtutum opibusbb ornatissimum divino munere susceperunt? Divino — inquam — munere id factum esse constat, si tue ab infantie cunabulis brevi quodam epilogo tui nunc usque clarissimabc gesta pensentur. Oraculum quidam fuisse ferunt tui futurabd predicentium geni|[f. 62r]torum, quod profecto adusque nostrabe hec secula si venires, coram Deo et hominibus magnus esses. Quam cumbf postea magnitudinem de tua excellentibg virtute incorrupta vox benebh iudicantium in lucem educeret et ille comdam colendissimebi verius sancte memorie Nicolaus11, cardinalis tituli Sancte Crucis, permultum experiretur acbj comprobaretbk, abunde novit et censuit qualem quamquebl celebrem te nosbm habituri essemus; eamdemquebn veritatem nimirum nunc felicissimus rerumbo exitus probat.

6. Tanta et ego etiam atque etiam te novi virtutumbp gloria prestare, ut nec umquam a tua inclita debeambq laude cessare. Verum ut singulabr unico verbo complectar, tu tantobs magnus es animo, ut nihil usque modo dixeris aut egeris, nisi solum que tue vite dignitas atque gloria postularit. O fortunatissimum igitur Serezanebt 12 oppidum, terram profectobu promissionisbv! pro tuis memorandissimis operum meritis nunc et in posterumbw ab omnibus nuncupandum. O fortunatissimos etbx eius confines! qui tuis ex optimis studiis a Domino sic perlustranturby; felicissimi suntbz etca omnes christianicb cultores, qui talem ac tantum meriti suntcc habere pastorem. Horumcd siquidem servire ac tuo obedire imperio, certece <tui> regnare estcf ac

bb

seguito da adeo La S bc seguito da et admirabilia L

a S bd futura tui invece di tui futura L

a S

be adusque nostra profecto invece di profecto adusque nostra L a S bf

tu La bg

seguito da et pene incredibili La S bh seguito da vidi L

a

bi colendissime comdam invece di comdam colendissime L a S bj et L a S bk comprobare L bl quantumque L a S bm nos te invece di te nos L

a S

bn eam profecto invece di eandemque L a S bo verum L

bp

virtutum te novi invece di te novi virtutum La S

bq debuerim L; debeam a tua inclita invece di a tua inclita debuerim L a S br seguito da ex te memorabilia simul atque permiranda L

a S bs tanto tu invece di tu tanto L

a S bt Serzane L a S bu nempe La S bv repromissionis L a S

bw omni quidem tempore invece di nunc et in posterum L a S bx et opulentissimos invece di fortunatissimos et L

a S

by a Domino perlustrante admodum refertos, qui tuis ex optimis studiis sic ditantur invece di qui tuis ex optimis

studiis a Domino sic perlustrantur La S bz sumus L a S ca seguito da nos L a S cb Christi L a cc sumus L a S cd existimamus L a S

tranquillo statucg etch securitate potiri. Proptereaci unitatem nobis dabis et pacem, utcj unanimesck uno ore unoque Dei cultu immortalem ipsum Deum nequecl glorificare cessemus, qui tot dona — hoc etiam <sine> fine — concessit.

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