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criteri di valutazione e la suddivisione de' capitoli, ogni

Nel documento Scritti vari di economia : serie seconda (pagine 137-157)

suo diritto e interesse sono pienamente tutelati. Alla menzogna eventuale nella risposta rimedia il Codice penale. Siamofuori dell'orbita economica o commerciale.

Le Società commerciali hanno in realtà sempre simultaneamente u n a pluralità di bilanci : non già che ciò dicano ; per lo più non rendono nemmeno conto che così sia ; e, a fortiori, non redigono e non comunicano al pubblico u n a effettiva pluralità di bi-lanci. Ma la pluralità simultanea dei bilanci si ha nel fatto che l'ufficio addetto alla contabilità, oppure l'ufficio di segretariato generale, o la direzione, hanno degli specchi i quali contengono, a fianco delle attri-buzioni di valore che sono riportate nel bilancio uffi-ciale, quello cioè che le assemblee sono invitate ad approvare, delle annotazioni le quali o maggiorano o attenuano i valori del bilancio ufficiale. I n società prudenti, cioè, in società le quali danno agli azionisti attuali meno di quello che avrebbero diritto di avere, in ragione del giudizio che attualmente può darsi della situazione finanziaria, e che quindi vengono a favorire gli azionisti futuri, cioè quelli che godranno di bilanci futuri, le annotazioni suddette portano ognora a maggiorazioni dei valori del bilancio ufficiale, ossia quest'ultimo contiene in molti capitoli delle ri-serve non palesi. È frequente che queste annotazioni abbiano per fondamento una lite di cui le sorti, sem-pre imsem-prevedibili, minacciano, in caso di esito sfa-vorevole, l'ammontare dell'attivo che un diritto rap-presenta nell'ipotesi in cui la lite non vi fosse. Pos-sono anche concernere il fatto inverso, cioè,

contem-piare le speranze, ritenute fondate, cioè di realizza-zione assai probabile, dei risultati attivi di u n a lite, di cui l'esito negativo non intacca la valutazione del bilancio ufficiale. Ma non raramente contengono attri-buzioni di valore, maggiori di quelle del bilancio ufficiale, fondate sulla previsione clie le attività s'ab-biano da realizzare in condizioni fin da ora già pro-babili, più vantaggiose di quelle formulate nel bilancio ufficiale, in ragione dell'andamento del mercato, del-l'epoca in cui si effettuerà il realizzo, o di conven-zioni (cartelli) con altre aziende circa il loro realizzo, o di effetti di contratti o di trasformazioni in corso in aziende nelle quali è interessata quella che sta redigendo il proprio bilancio. È questo bilanciosegreto, ossia, sono queste annotazioni riservate alla direzione della azienda, il posto nel quale, mediante svaluta-zioni, si formano delle riserve clandestine per i danni che possono derivare da garenzie assunte — risconti — per i gravami che possono derivare da contratti di lunga durata — locazione di opera e di cose — per il debito che i>uò nascere dall'obbligo di versare ulte-riori decimi in partecipazioni sottoscritte; ecc.

È dunque ovvia la reale esistenza simultanea di più bilanci. È però anche ovvio che non a tutti, non in ogni occasione, havvi l'obbligo e havvi la con venienza di far conoscere tutti i bilanci simultanei ! Ho mostrata l'esistenza di una pluralità di bilanci anche quando il fine del bilancio è uno solo. Infatti, nel caso che ho analizzato si t r a t t a v a di fare un bilancio avente la finalità di determinare l'ammontare del « precedente dividendo ». Adesso mostrerò che a for-tiori abbiamo una pluralità di bilanci, quando, come avviene generalmente, dobbiamo realizzare mediante il bilancio fini diversi, cioè ottenere risposte a quesiti diversi.

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Ciò che maschera all'occhio il fatto che i bilanci sono risposte a una pluralità di quesiti è questo : che, a seconda del genere di azienda di cui si t r a t t a , u n certo genere di quesito è ognora il più importante, il primo che si affaccia, quello al quale una risposta eventualmente errata più preme che non venga data, perchè gravida di disastro : e questo quesito è allora il solo che si vede e il bilancio che ad esso risponde quello che unicamente si suppone necessario.

È evidente che, per ogni società commerciale, è un quesito la determinazione del dividendo. Questo fine interessa i soci. Non sono, infatti, soci che per questo fine. D u n q u e ogni società h a un^primo genere di bilancio, fatto, come si è visto, non in una, ma in più versioni, che risponde al quesito dei dividendi.

Ma in talune società, per quanto possano premere ai soci i dividendi, primeggia un altro interesse, cioè quello dei consumatori dei prodotti della società. Questi consumatori spesso possono avere veste giu-ridica di creditori, ma non vanno confusi con coloro che sono creditori per aver contribuito a formare il capitale dei soci : sono veri consumatori, come qualche esempio chiarirà. Supponiamo una società di assicu-razioni sulla vita. Ci sono gli azionisti ; ci possono essere portatori di obbligazioni, o veri creditori, con varia veste ; ma ci sono, poi, gli assicurati, i quali non sono definiti con esattezza, quando si conside-rano soltanto come debitori dei premi e creditori della somma assicurata ; essi sono i consumatori del pro-dotto che la società assicuratrice fabbrica.

Or bene, per fas aut nefas, per ragione vera o sup-posta di moralità pubblica, per consuetudine o legge, il jus dei consumatori è qui jus fondamentale e il bilancio che spiega alle autorità tutorie e a loro stessi la loro situazione è il bilancio principale. Ma, costoro,

che cosa inai vogliono sapere ? U n a cosa apparente-mente semplicissima, cioè q u e s t a : se la somma (lei premi, a quel modo come è investita, saprà far fronte, a ogni scadenza di oneri derivanti da assicurazioni contratte. Ma i premi sono necessariamente investiti nel modo più vario, in immobili, in effetti pubblici, in obbligazioni, e azioni di società industriali e com-merciali, in prestiti, ecc., e subiscono continuo tra-sformazioni da un genere d'investimento in un altro per sfuggire al ribasso del tasso dell'interesse, per sfuggire a rischi commerciali e industriali, per rea-lizzare il soprareddito di corsi vantaggiosi, per evi-tare il deprezzamento della moneta avente corso legale, ecc., ecc. Si t r a t t a dunque di valutare, in occasione di ogni bilancio, la corrispondenza di u n carico, che non è attuale, con u n a attività, che puro non è attuale, corrispondenza che vuoisi non già globale, ma seriale. Si t r a t t a anche di tener conto delle varia-zioni probabili nel valore del danaro in un lungo periodo di tempo, cou che già le valutazioni in danaro attuale vanno corrette con coefficienti adeguati, o devono comprendere una rettifica di questo genere. Or bene, non è ovvio che il bilancio che deve rispon-dere al quesito se le riserve formate con i premi ba-stano pei rischi, richiede un sistema di valutazioni che almeno in p a r t e sarà tutt'altro del bilancio che deve rispondere al quesito se equilibrati i diritti degli azionisti attuali con quelli dei futuri, dopo soddisfatti i diritti dei creditori e coperte le pretese legittime dei consumatori (come definiti) si debba dare agli azio-nisti attuali tanto, o più o meno di tanto ?

Certo, la determinazione dei dividendi non può farsi che dopo assicurata la corrispondenza tra premi e rischi. Ma questa è capace di margini più o meno ampi e un bilancio ad uso di dividendi può anche

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mancare, come nel caso eli u n a società mutua, in cui ogni eventuale dividendo andrebbe in riduzione dei premi e ogni perdita in esacerbimento dei premi. E quando v ' h a un bilancio per la determinazione dei dividendi, questo è comprensivo di altri criteri, ag-giunti a quelli del bilancio che determina l'equilibrio del peso passivo e delle risorse attive. Aggiungasi, finalmente, che la determinazione dei dividendi non è un fatto contabile, o non è necessariamente u n fatto contabile, ma un fatto giuridico che emana dall'as-semblea, alla quale serve solo come informazione il complesso dei conti, mentre gli altri bilanci di cui si è parlato sono fatti contabili esclusivamente, cioè fatti ai quali il bilancio tecnico dà u n a risposta.

Vediamo u n altro esempio. Nelle banche di depo-sito e sconto è ora pure tendenza di considerare come fondamentale e primeggiante il diritto o l'interesse dei consumatori, cioè, di certi consumatori.

Nel caso delle banche di deposito e sconto i con-sumatori sono di due specie : i depositanti e i clienti che scontano. Il favore pubblico, la legge, le tene-rezze dell'autorità t u t o r i a , sono per la prima specie. D a lì la necessità, spesso imposta per legge, di u n bilancio che risponda al quesito : possono essere tran-quilli i depositanti ? quanto trantran-quilli ? Molto, poco, ab-bastanza 1 Anche qui, questi consumatori non sono pie-namente definiti, cioè definiti ai fini di ogni discus-sione, se si considerano soltanto come creditori del-l'azienda. Si sono venute formando delle aziende a t u t t o uso e consumo loro, che hanno quasi il carat-tere di opere pie, poiché mancano gli azionisti ; non c'è dividendo e quindi nemmeno bilancio redatto in vista del quesito che è insito nel dividendo ; tali sono le casse di risparmio, tali tendono ad essere le casse postali. Or bene, di nuovo, chi non vede che le

fazioni vanno fatte con riguardo al line dei bilanci di queste aziende e che quelle società di deposito e sconto che lianno azionisti, che hanno altri creditori, oltre i depositanti, h a n n o anche altri bilanci da redi-gere, con altra finalità.

E sarà anche il caso di chiedere ai difensori della regoletta del costo o dei prezzi correnti per la reda-zione dei bilanci, che cosa diventa questa regoletta quando la si volesse applicare alle società di assicu-razione e alle banche di deposito e sconto, segnata-mente alle Casse di risparmio, con l'intento di avere u n a risposta soddisfacente per i consumatori, come definiti !

Ma oltre bilanci conformi agli interessi dei consu-matori, possono pure occorrere bilanci conformi agli interessi dei veri creditori, ossia dei creditori in senso ristretto. Questi vogliono sapere una cosa sola : in che misura coprono le a t t i v i t à , per noi disponibili, il nostro credito. Non si t r a t t a per loro di avere un bilancio di liquidazione coatta. A loro preme di lasciare i termini delle scadenze quelli che sono, la gerarchia dei crediti quella che è , i diritti dei consumatori quelli che sono, ma, poi, di sapere che cosa l'attivo può rendere in valuta legale per la copertura effet-tiva e piena del loro credito. Solo in questa misura, condizionata se vuoisi, reclamano un bilancio di li-quidazione.

I fini di un bilancio si possono distinguere in tre categorie : primo : i fini che la legge impone ; secondo : i fini economici che vuole raggiungere il proprietario dell'azienda; terzo : i fini che i terzi hanno il diritto di pretendere che siano realizzati—e allora già trovansi nel primo gruppo — o che hanno interesse che siano r e a l i z z a t i , — e allora saranno ieraticamente rispettati in quanto rientrano nella seconda categoria, cioè in

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quanto h a w i un qualche interesse, per parte di un proprietario illuminato, a ciò che siano soddisfatti ; imperocché a lui può premere la condotta dei terzi, del pubblico, dei creditori, dei concorrenti, affinchè minor ostacolo o maggiore giovamento egli abbia nella sua politica economica.

Or bene, può esservi incompatibilità tra gli elementi di u n a di queste categorie e quelli di u n ' a l t r a , e può anche esservi incompatibilità t r a gli elementi di u n a stessa categoria.

Il caso più imbarazzante s'ha quando la incompa-tibilità risiede negli elementi stessi della prima cate-goria, cioè, nelle esigenze della legge.

E accade facilmente e spesso che la legge postuli cose contraddittorie, quando vuole molte cose.

8. La nostra legge ha le seguenti disposizioni con-cernenti le attribuzioni di valore. Fondamentale è 1' art. 89 del Codice di commercio , che dispone che 1' atto costitutivo , o lo statuto sociale , vono contenere le norme con le quali i bilanci de-vono essere formati e gli utili calcolati, e altresì indicare il valore dei crediti o degli altri beni conferiti.

Con questa disposizione, la quale, in mancanza di altre, lascia al proprietario piena libertà di scelta delle norme più confacenti al suo interesse, ma le cristallizza fino a modificazione dello statuto da un'as-semblea generale (1), il diritto dei terzi è tutelato dal solo diritto alla notorietà di questi criteri.

(1) Una modificazione di norme contenute nell'atto costitu-tivo richiede sempre la maggioranza dell'art. 158. a mono che lo stesso atto costitutivo o lo statuto non dispongano altri-menti. Ergo, anche una modificazione dei criteri di valutazione, se questi criteri sono contenuti nell'atto costitutivo, richiedo la maggioranza di cui a l l ' a r t . 158, a meno di disposizione con-traria dello statuto o dell'atto costitutivo. All' incontro, una

Mn questa garenzia è precisamente sufficiente. Essa rende il bilancio intelligibile pei creditori, o per quelli che sono disposti a diventarlo, e se quanto viene loro detto dal bilancio non basta perchè si deci-dano, si asterranno dal fare credito al proprietario. Questa disposizione è perfettamente ragionevole e utile nei riguardi del proprietario, dovendo necessa-riamente essere diverse le norme di valutazione delle varie società a seconda delle loro finalità economiche e del genere di beni che producono o vendono, o ebe comperano e vendono. La legge non avrebbe utilmente potuto dare norme comuni per una infinita varietà d'imprese, e non avrebbe potuto dettare t a n t e norme diverse quante sono le diverse specie di so-cietà, perchè queste specie non possono essere definite, e se potessero esserlo, la definizione non avrebbe vita per più di un istante, perchè i loro caratteri sono in continua fluttuazione. È chiaro a occhio e croce che i criteri di valutazione di Società di compera e ven-dita di beni immobiliari, di società imprenditrici di costruzioni edilizie, o di bonificamento, di Società di credito mobiliare, di Società di credito ipotecario, di Banche di depositi e sconti, di Banche di emissione, di Società esercenti trasporti marittimi o terrestri, di Società che fabbricano filati o tessuti, che fabbri-cano ferro o acciaio, che macinano grani, che produ-cono zucchero, che assicurano contro la

morteeeon-modificazione delle norme di valutazione, se questo sono con-tenute nello statuto (e non già nell'atto costitutivo) non ricliiede la maggioranza dell'art. 158, ma basta quella usualo dell'arti-colo 157, a meno di disposizione contraria nello statuto o nel-l'atto costitutivo. Questa diversità di esigenze nei due casi non ha altra ragione d'essere che la disattenzione del legisla-tore nel formulare le leggi.

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tro i danni, clie esercitano miniere, clie sfruttano i prodotti del mare, ecc., richiedono t u t t e quante nor-me di valutazione distinte e questo altrettanto nello interesse dei terzi quanto nell'interesse proprio (vedi, ante, n. 4). E la sola funzione utile della legge non versa nella invenzione di norme di valutazione, ma nella prescrizione di suddivisioni del bilancio in ca pitoli di cui venga data la definizione (1). Il così detto « modulo » fornisce la garenzia che quelle posizioni che esso contiene ottengano una risposta concreta. Il modulo funge da qnistionario, da esaminatore. Nè ad esso possono sostituirsi le regole generali di una buona contabilità. Le regole della contabilità hanno u n a finalità propria, che esse raggiungono, questa cioè, di dare quella situazione bilanciata che può ottenersi chiudendo i conti che sì possono chiudere, dopo di aver impostato come conti creditori o debi-tori quelli che lo sono. Ma utili e perdite possono derivare da obbligazioni che non figurano nei conti, e i conti che figurano nei libri non possono t u t t i chiudersi. Donde la conseguenza che una situazione finanziaria può non risultare da conti tenuti a regola d ' a r t e ! (2).

E la sola cosa singolare in t u t t o questo è che trat-tasi di u n fatto ovvio , noto a ogni commerciante... e che pure occorre ricordare a coloro che vogliono migliorare la nostra legge.

(1) La definizione dei capitoli non presenta alcuna difficoltà, poiché, qualunque essa sia, è sempre buona quando è chiara. Il pubblico ha solo bisogno di sapere che cose, che diritti, comprendano i capitoli a, 6, c . . . .

(2) Vedi le belle osservazioni di G. RAE in proposito : The

country banker, his clienti, cures, and work. Murray, London,

Ma la disposizione dell'art. 89, elie lascia il pro-prietario dell'azienda libero di scegliere le norme di valutazione, purché le renda pubbliche nello statuto, 0 nell' atto costitutivo, o nelle modificazioni legal-mente fatte subire allo statuto o all' atto costitu-tivo, questa disposizione ritiensi che sia fiancheg-giata da qualche altra che restringa la libertà del proprietario entro uno steccato. La principale di queste limitazioni si vuole, di solito, che sia quella contenuta nell'art. 176, che dispone c h e : il bilan-cio deve dimostrare con evidenza e verità gli utili realmente consegniti e le perdite sofferte. M a , quali sono « gli utili realmente conseguiti "2 » Si direbbe che il legislatore avesse in proposito un concetto molto chiaro , poiché all' art. 147 rende gli ammini-stratori responsabili « della reale esistenza dei di-videndi pagati ». Ora, una definizione di ciò che il legislatore italiano intendesse per utili reali non può cercarsi che dai seguenti tre articoli.

Havvi l'art. 181 che definisce gli « utili reali » essere quelli di un « bilancio approvato » : « Non possono essere pagati dividendi ai soci, se non per utili conseguiti secondo il bilancio approvato ». È evidente che, in virtù della dizione di questo articolo, è il bilancio quello che rende gli utili « utili real-mente conseguiti », e non è la realtà degli utili, non è una qualche loro estrinseca od autonoma realtà, quella che rende il bilancio vero o non vero. In altri termini, le attribuzioni di valore che leggonsi nel bilancio sono il prkis : una operazi one contabile, o aritmetica, ne ricava la cifra eventuale degli utili, 1 quali sono reali quando sono conformi alle resultarne del bilancio. D u n q u e : in questo articolo, nessuna norma per le valutazioni.

riten-f ' ' : "

,v.-A T T R I B U Z I O N I D I V ,v.-A L O R I 1 2 5 goiio definisca la realtà degli utili. Infatti, interdice

agli amministratori, ecc., e punisce la distribuzione d'interessi (dividendi non prelevati sugli utili reali, se concorse in questo fatto la loro scienza e l'una o Valtra delle seguenti circostanze : clie non vi fossero bilanci, o che non ne rispettassero le risultanze, o che i bilanci fossero formati fraudolentemente. Da ciò si ricava logicamente che sono utili reali, ai sensi della legge, quelli che gli amministratori sanno tali, ovvero non sanno non esser tali, e che risultano conformi ai bilanci, quando questi bilanci non sono fraudolenti. Di nuovo, ci pare difficile disconoscere c h e la legge ha voluto che la realtà degli utili fos-se una fos-semplice derivazione dalle valutazioni del bi-lancio , valutazione lasciata all' apprezzamento del proprietario, purché questo fosse basato su bilanci esibiti all'assemblea e approvati da essa e questi bi-lanci non fossero fraudolenti.

Rimane l'art. 803 che dice : gli amministratori sa-ranno puniti « se hanno d a t o ai soci dividendi mani-festamente non sussistenti ed hanno con ciò dimi-nuito il capitale sociale ». La definizione della realtà degli utili sta nella condizione posta dalla legge che il capitale non abbia da diminuire per il fatto della distribuzione di dividendi. È utile reale l'attivo che supera la somma del capitale e di quel passivo che non è capitale. Questa la definizione. Ma come venne valutato il capitale ì Come 1' attivo ? La legge di nuovo t a c e , lasciando al proprietario ogni libertà che non diventa manifesta frode e che sia rispettosa delle forine volute dalla legge.

A quando la distruzione anche di questo monu-mento dell'antica nostra sapienza dagli Epigoni?

9. Ma im bilancio, u n inventario, come contiene molte valutazioni, così contiene pure prezzi, prezzi

reali di mercato. E non è maggiore l'errore di colui che, là dove non v ' h a posto che per una valutazione, sostituisce un prezzo, dell'errore in cui cade chi là dove vi è stato un vero prezzo, sostituisce una valu-tazione, sia la sua, sia quella d'un perito, sia quella d ' u n magistrato. I casi di pseudo-valutazioni sono molti e frequenti, e v'è pericolo che diventino ognora più frequenti, tornandosi ai giorni nostri a credere nell'esistenza di « prezzi giusti », di « prezzi equi », assegnabili da periti, da probi-viri, da magistrati, da leggi e regolamenti emananti da un superiore politico. Qui faremo cenno, come già avvertimmo, di un solo caso, di un caso qualsiasi, a scopo di contrasto con le « valutazioni », che sono l'argomento del nostro studio.

Sono manifeste pseudo-valutazioni, ed invece prezzi

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