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CAPITOLO 2 CASO STUDIO: LA CODIFICA IN EAD DEL FONDO

2.3 Metodologia 50

2.3.6 Criticità e riflessioni 80

Le criticità incontratesi durante il periodo di lavoro di ricerca alla BHVP non sono state poche. In primo luogo quelle più banali e legate alla pratica di utilizzo e in secondo luogo, ma solo come cronologia di riflessione, quelle legate all’aspetto intellettuale del lavoro.

Come già descritto nei paragrafi precedenti, una limitazione del lavoro di ricerca è stato rappresentato dagli strumenti e dall’impossibilità anche di effettuare degli aggiornamenti o delle installazioni gratuite di applicativi utili, senza dover sottostare a un iter burocratico che spesso ha portato a lunghe attese, rallentando il lavoro

e, in alcuni casi, impedendo delle azioni. Non poter avere a disposizione la visualizzazione web della codifica man mano fatta, ha certamente lasciato delle riflessioni aperte oltre a necessitare di modifiche strutturali quando la visualizzazione non sarà quella desiderata dalla Biblioteca.

La possibilità di svolgere il periodo di ricerca presso la BHVP nasce, inoltre, dalla volontà della biblioteca, pioniera tra le biblioteche pubbliche parigine, di iniziare ad utilizzare l’EAD come standard per la descrizione delle sue collezioni di manoscritti e poter così implementare costantemente il catalogo collettivo dei manoscritti, fornendo un visibilità maggiore ai suoi fondi. Essendo questa, quindi, una prima esperienza nel campo da entrambe le parti oltre che, volendosi dimostrare e creare una base per i successivi lavori di codifica, l’esperienza della codifica del fondo Jean Cocteau ha subito non poche variazioni, ha posto in essere numerosi quesiti.

La codifica del fondo Cocteau voleva essere non solo una sperimentazione dell’EAD per la biblioteca, ma una base di riferimento per le successive codifiche di altri fondi. Si è lavorato quindi cercando di dare una struttura che potesse, in linea di massima, accogliere in maniera sufficientemente completa ma non eccessivamente elaborata, ogni codifica successiva, in vista di un costante e continuo abbandono dei classici mezzi per la classificazione utilizzati sino ad oggi.

Il lavoro è stato quindi organizzato a priori, sulla base della versione dell’inventario presente, delle esigenze di divulgazione e delle esigenze e preferenze della biblioteca stessa. Esso però, ha subito numerosi cambiamenti, anche man a mano che i lavori del gruppo delle

bonnes pratiques andavano avanti. Si è cercato sempre di rispettare le

pratiche in elaborazione dal gruppo, seppur facendo alcune scelte più selettive dovute a specifici casi e necessità.

Una problematica da non sottovalutare è una modifica sul piano intellettuale per la facilitazione della pratica di codifica. Per meglio esplicare il problema in questione va detto che le modifiche apportante all’inventario del fondo e la sua impostazione mano a mano data, si sono sempre di più “imposte” per cercare di poter dare una struttura quanto più possibile semplice alla stessa codifica. L’idea infatti di semplificare la struttura dell’inventario nasce per cercare di facilitare il lavoro di persone che, avendo lavorato da sempre con metodi classici, si trovano spiazzate o comunque in difficoltà ad affrontare questa nuova modalità di lavoro.

Questa logica di semplificazione permette si di avere una struttura chiara e lineare dell’inventario ma impone, in alcuni casi, delle scelte che limitano, a volte in maniera significativa, la fruizione e il recupero dell’informazione. Inoltre, il lavoro intellettuale degli addetti all’inventariazione rischia di indirizzarsi verso una visione esclusivamente pragmatica dell’attività nell’ottica di una semplificazione del lavoro di codifica. Il lavoro intellettuale potrebbe quindi, in questa visione, diventare una conseguenza del lavoro di codifica, invertendo la funzione che una codifica standardizzata vuole invece avere: essere, cioè, un supporto capace di rendere le informazioni interscambiabili e interoperabili .

L’inserimento di una nuova metodologia di lavoro all’interno di un istituto va infatti monitorata e supportata affinché non diventi uno svantaggio anziché essere un miglioramento.

La Francia, rispetto a molte altre nazioni tra cui l’Italia, si trova ad affrontare la problematica della normalizzazione cercando di dare anche un supporto all’applicazione. Le guide di buone pratiche sono infatti non delle regole “teoriche”, ma dei consigli per facilitare l’utilizzo di uno standard che viene caldamente consigliato in tutta la

nazione. Questo tipo di supporto dà certamente un aiuto essenziale nella pratica di utilizzo ma nel contempo, non solo in Francia ma in tutti i contesti di riferimento, va considerata la problematica della “nozioni di base” e di quanto l’inserimento di una nuova pratica in un quadro non ancora pronto possa compromettere il valore intellettuale.

L’integrazione di nuove metodologie ha certamente bisogno di tempo, ma soprattutto ha bisogno di una formazione costante e specialistica oltre che, dove possibile, di una semplificazione delle interfacce di lavoro utilizzate, per permettere un approccio più facilitato.

L’editor utilizzato dalla BHVP per le sue caratteristiche di visualizzazione, voleva infatti essere soprattutto un supporto, anche se come un qualunque editor XML necessita di una conoscenza di base minima che permetta di comprendere le logiche e riuscire a rimediare a degli errori. Aiuterebbe certamente molto la presenza di maschere di lavoro create appositamente e che allontanino, quanto più possibile, dai problemi legati all’XML, che non necessariamente competono a figure come quelle presenti in una biblioteca storica.

Il problema ovviamente non va riferito solo alla BHVP, ma il caso studio specifico ha permesso di arrivare a delle riflessioni che non sono lontane da altri ambienti e contesti

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