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Le criticità del MAC e della soft law in relazione ad una adeguata protezione sociale.

La Strategia Europa 2020.

2.2. Le criticità del MAC e della soft law in relazione ad una adeguata protezione sociale.

Poiché il MAC non è riconducibile ad un definito sistema giuridico, è stato oggetto di critiche fondate sull’idea che “il ricorso alla soft law, contrariamente all’armonizzazione, rappresenta una fuga da impegni vincolanti, quindi un abbandono del metodo dell’integrazione attraverso il diritto”188. Si intravede, pertanto, una crisi della inderogabilità, la quale “non è tanto crisi di tecnica regolativa, ma, essenzialmente, crisi di contenuti o, se si preferisce, di eccedenza delle tecniche regolative invalidanti e sostitutive rispetto a contenuti che si suppongono superati o quanto meno non più bisognosi di quelle tecniche”189, logica conseguenza della confusione che, a

livello europeo, regna tra metodi, tecniche regolative e contenuti (i diritti, le concrete tutele), laddove, nei sistemi nazionali, tale distinzione è molto più marcata: i diritti sociali indisponibili sono connessi a norme inderogabili. Tale disarmonia potrebbe essere superata solo in presenza di poche regole leggere, in grado di dare sostegno e impulso all’azione dei legislatori nazionali, all’interno di un quadro normativo uniforme a livello europeo190. Il MAC si ricollega, invece, alla teoria della gestione di impresa in quanto caratterizzato: dal coinvolgimento plurale di stakeholders pubblici e privati, nell’esercizio dei poteri di governance191; dalla prevalenza del principio

187 Zappalà L., Flexicurity e valorizzazione delle capability: l’impulso alla ri-regolazione del

lavoro a termine, cit., 13.

188 Sciarra S., Diritto del lavoro e diritto sociale europeo. Un’analisi delle fonti, cit., 16.

189 Cester C., La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del lavoro, in

Giornale dir.lav. e relazioni ind., 2008, 347.

190 In questo senso, Gottardi D., Atti del primo seminario sui temi europei, promosso dal

Ministero del lavoro e tenutosi presso il CNEL su Flessibilità e sicurezza nel mercato del lavoro. Il Quadro Europeo dell’11 dicembre 2006.

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dell’efficacia, inteso come la capacità di individuare e perseguire un obiettivo, attraverso la misurazione delle proprie azioni in rapporto alla concreta fattibilità del progetto, definito attraverso una comunicazione dialogica con gli altri interessati, e senza il ricorso a determinazioni di autorità, che potrebbero far scaturire atteggiamenti non collaborativi da parte degli altri stakeholders, bloccando l’operabilità del progetto.

L’assunzione di indicatori economici e statistici e l’impiego di tecniche inusuali di governance, riprese dalla teoria della gestione di impresa192,

rappresentano strumenti “alieni” alla formazione europea del diritto del lavoro, ma sono anche pericolosi perché relativizzano il discorso dei diritti193.

Si configura, nel territorio indefinito della soft law, un dirottamento verso derive non solo linguistiche, ma anche regolative194, di cui il MAC è esempio

nella sua caratterizzante difficoltà di misurare gli adempimenti e, dunque, l’assenza di sanzionabilità di comportamenti definiti attraverso di esso. Diversamente, si attribuisce al MAC un valore aggiunto nella costruzione delle politiche nazionali: con la Strategia Europa 2020, il MAC si prospetta come il parametro migliore per la condivisione di valori costituzionali che ispirano l'integrazione europea195.

Posizione non condivisibile data la fragilità operativa del MAC riscontrata in relazione alle forme di tutela volte al contrasto della povertà e dell’esclusione sociale; materia la cui delicatezza avrebbe meritato maggiore attenzione da parte dell’Unione europea, attraverso un duplice percorso: da un lato, evitando che gli Stati membri, agendo in totale autonomia, predisponessero misure tendenti ad una progressiva riduzione dell’area di tutela assistenziale;

192 Cfr. Perulli A., I concetti qualitativi nel diritto del lavoro: standard, ragionevolezza, equità,

in Dir. Lav. Merc., 2011. III, 403 e ss., ricostruisce il problema della quantificazione del diritto – secondo termini economici- come causa del depotenziamento delle aspirazioni che stanno alla base dei diritti sociali.

193 Caruso B., Occupabilità, formazione e “capability” nei modelli giuridici di regolazione dei

mercati del lavoro, cit., 80; nello stesso senso, Sciarra S., relazione all’incontro Il lavoro,

organizzato dall’Osservatorio costituzionale presso la Luiss dell’11 giugno 2004, resoconto a cura di Rossi M., Bollettino 2004, 6 e in http://static.luiss.it/semcost, la quale osserva che, in riferimento al MAC, “i giuristi sono, invece, più cauti … perché [vi è stato uno spostamento] all’indietro dell’interesse pubblico, dai diritti alle politiche”.

194 Nania R., relazione all’incontro Il lavoro, organizzato dall’Osservatorio costituzionale

presso la Luiss dell’11 giugno 2004, resoconto a cura di Rossi M., Bollettino 2004, 6 e in http://static.luiss.it/semcost

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dall’altro lato, ipotizzando un intervento di hard law dell’UE, periodicamente aggiornato grazie ad un uso più incisivo del MAC.

Intervento auspicabile in un immediato futuro, considerato che l’Europa si sta muovendo ad una doppia velocità non solo inaccettabile, ma socialmente tragica196: mentre le politiche fiscali sono regolate da una rigida

armonizzazione normativa, gli obiettivi concernenti la solidarietà e la coesione sociale sono stabiliti da norme di soft law, che non vincolano gli Stati destinatari e la cui osservanza non può essere oggetto di verifica della Corte di Giustizia, ponendo un vero ostacolo alla giustiziabilità del metodo e delle azioni che da esso discendono197.

Ne consegue che gli Stati membri, pur di rispettare i vincoli di risanamento del proprio bilancio imposti dall’UE, agiscono negativamente sulla spesa pubblica, riducendo le risorse finalizzate alla sicurezza sociale, con l’abbattimento dei livelli di tutela198, al punto di incrementare le situazioni di disagio economico e, talvolta, di povertà assoluta, a livello individuale, familiare e anche aziendale. Ciò conduce alla trasformazione del ruolo dell’Unione europea “da promotrice della lotta alla povertà, a fattore di ridimensionamento del welfare, da agente della solidarietà pan-europea a vettore di una nuova austerity incurante di primari valori costituzionali interni e sovranazionali di natura sociale”199. Tale aspetto è gravato dal doppio circuito delle politiche comunitarie che viaggia ad una doppia velocità, indotta dalle norme contenute negli artt. 151 e 115 del TFUE.

196 Bronzini G., Le politiche europee di lotta alla povertà e di contrasto dell’esclusione sociale:

un deficit di effettività, luglio 2011, in http://www.astrid-online.it/rassegna

197 Sciarra S., relazione all’incontro Il lavoro, organizzato dall’Osservatorio costituzionale

presso la Luiss dell’11 giugno 2004, resoconto a cura di Rossi M., cit, la quale sottolinea che l’aspetto più indefinito resta quello delle sanzioni.

198 A tal proposito, si segnala la sentenza della Corte di Giust UE, 26 novembre 2014, cause

riunite C-22/13-da C-61/13 a C-63/13-C-418/13, Mascolo e altri c. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in http://curia.europa.eu/juris/document che, seppur limitatamente al problema del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, al punto 110, afferma con fermezza che “sebbene considerazioni di bilancio possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e possano influenzare la natura ovvero la portata delle misure che esso intende adottare, esse non costituiscono, tuttavia, di per sé, un obiettivo perseguito da tale politica”. Per analogia, Corte di Giust UE, 24 ottobre 2014, causa C-220/12, Thiele Meneses c. Region Hannover, punto 43, in http://curia.europa.eu/juris/document

199 Bronzini G., Le politiche europee di lotta alla povertà e di contrasto dell’esclusione sociale:

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L’art. 151 del TFUE – collocato nel Titolo X Politica sociale del Trattato – pone il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e di una adeguata protezione sociale tra gli obiettivi che l’UE e gli Stati membri si impegnano a realizzare, considerando la competitività dell’economia dell’Unione, come conseguenza del funzionamento del mercato interno, che dovrà favorire l’armonizzarsi dei sistemi sociali. A ben vedere, si tratta però di una “petizione di principio […] sprovvista di risvolti regolativi”200, laddove, ai sensi dell’art. 115 del TFUE, il mercato unico è regolato attraverso il ricorso allo strumento delle direttive, volte al ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri.

La relazione tra il metodo aperto di coordinamento e la flessibilità in materia di lavoro ha avuto un esito non atteso, che ha prodotto rilevanti conseguenze anche sulla configurazione dei diritti sociali.

Questi ultimi, infatti, non sono più vincolati al singolo rapporto di lavoro, ma riguardano la posizione della persona del lavoratore all’interno del mercato del lavoro201, espressione dell’idea di sicurezza dell’occupazione, e non del singolo posto di lavoro. La problematica si è proposta in relazione all’estensione dei regolamenti UE di sicurezza sociale202 a favore dei

lavoratori non standard. La difficoltà di estendere la tutela securitaria a favore delle fasce occupazionali più deboli è direttamente connessa ai limiti di tutela previdenziale presenti nei singoli sistemi nazionali, basati sul modello del lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, precludendo l’accesso alla tutela virtualmente consentita dai regolamenti. Ciò ha provocato gravi vuoti di copertura assicurativo-sociale a carico dei lavoratori atipici; vuoti che non possono essere colmati con un semplice intervento di coordinamento dell’Unione europea, intrinsecamente inidoneo a garantire una protezione transnazionale a rapporti di lavoro collocati ai margini dei circuiti di protezione sociale nazionali. Si avverte, sotto questo profilo, l’esigenza di un intervento di armonizzazione minima da parte dell’Unione

200 Ricci G., La costruzione giuridica del modello sociale europeo (con una postilla sul MSE al

tempo della crisi), cit, 8.

201 Sciarra S., relazione all’incontro Il lavoro, organizzato dall’Osservatorio costituzionale

presso la Luiss dell’11 giugno 2004, resoconto a cura di Rossi M., cit.

202 La normativa sul coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale è oggi

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europea, al fine di introdurre standard minimi comuni di tutela in tutti gli Stati membri, soprattutto in vaste aree sismiche dei mercati interni, come quella rappresentata dal lavoro atipico203. Il MAC non ha il potere di fissare tali standard di tutela, colmandone le relative lacune, perché il suo fine è quello di “rendere comunicanti e sincronici tra di loro sistemi di sicurezza sociale che restano fondamentalmente determinati e definiti a livello nazionale”204 . Pertanto, se un lavoratore atipico non riesce a maturare tutti i requisiti per il godimento di una data prestazione previdenziale, a causa della frammentarietà del proprio percorso occupazionale, la normativa di coordinamento non può intervenire in senso compensativo. Ne consegue che, se da un lato, la scelta è quella di ampliare lo spettro di tutela dei sistemi di sicurezza sociale, non si può, in fase applicativa, svuotare di significato la categoria dei diritti sociali, pena l’emersione di una grave contraddizione dell’intero ordinamento. Pertanto, il metodo aperto di coordinamento potrebbe sostenere il progresso in ambito sociale, ma con una lentezza inenarrabile perché affidato a dei meccanismi che sono altrettanto lenti quanto l’automatismo della mano invisibile sul piano economico205.

Il MAC riflette il declino delle politiche regolative tradizionali e riconduce al centro del palcoscenico comunitario gli Stati membri, con il conseguente rilancio del metodo intergovernativo206.

Davanti a questa situazione, il modello della soft law permetterebbe alla Commissione europea di riprendere il bandolo della matassa, monitorando attentamente le politiche degli Stati membri; senonché, la tecnica della soft law presenta una serie di rilevanti criticità, in ordine alla legittimazione del soggetto, alla sua funzione, all’effettività dei contenuti

.

203 Giubboni S., Il lavoro atipico nei regolamenti europei di sicurezza sociale, in RDDS, 2013,

4.

204 Ibidem, 709-710. Ad avviso dell’Autore, la tecnica del coordinamento è incapace di

assicurare adeguati livelli di tutela nello spirito dell’art. 34 della CDFUE.

205 Allegretti U., relazione all’incontro Il lavoro, organizzato dall’Osservatorio costituzionale

presso la Luiss dell’11 giugno 2004, resoconto a cura di Rossi M., Bollettino 2004, 6 e in http://static.luiss.it/semcost

206 Pinelli C., relazione all’incontro Il lavoro, organizzato dall’Osservatorio costituzionale

presso la Luiss dell’11 giugno 2004, resoconto a cura di Rossi M., Bollettino 2004, 6 e in http://static.luiss.it/semcost

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Fin dalle prime applicazioni, alla regolazione tramite soft law è stato imputato un deficit di legittimità, nel senso che non è facile individuare il soggetto istituzionale che formalmente ha adottato l’atto, assumendosene la responsabilità. Si è così delineato un problema relativo all’assenza di trasparenza e di democraticità207, in senso opposto alla tendenza generale di

responsabilizzazione dei pubblici poteri. L’adozione corale di un atto comunitario, logica conseguenza di più soggetti deputati alla definizione normativa dello stesso (formazioni sociali, ONG, attori istituzionali) e, soprattutto, l’assenza di vincolatività dell’atto adottato, relegano la questione della legittimità in secondo piano rispetto all’analisi della funzione svolta dalla soft law.

Sotto quest’ultimo profilo, si discute se abbia un carattere ricognitivo o normativo: se le si attribuisce una funzione meramente ricognitiva, ne consegue che l’atto adottato si limita a riconoscere uno status quo ante, ad accertare la validità di un fatto già accaduto, determinando l’assenza di un qualunque potere regolativo dell’atto; la funzione normativa attribuisce, invece, all’atto di soft law la capacità di innovare l’ordinamento, disponendo del potere di regolare gli eventi futuri, e non limitandosi alla descrizione di ciò che è avvenuto.

Sulla questione non esiste una risposta univoca, universalmente valida, perché la funzione in concreto esercitata dalla tecnica della soft law dipende da tre variabili: - la condivisione dell’obiettivo, come conseguenza finale di tecniche di mediazione politica; - il grado di vincolatività dell’atto; - la mediazione svolta dalla politica, dalla Commissione europea, dalla tecnostruttura di riferimento, nel rispetto delle specificità nazionali.

Se l’obiettivo assume una rilevanza primaria per l’Unione europea, ne discende che la tecnica della soft law svolge una funzione normativa, in grado di dirigere l’azione degli Stati membri verso il fine ultimo; al contrario, la funzione ricognitiva è esercitata per la realizzazione di un obiettivo secondario o non sostenuto da un alto livello di condivisione. I due profili,

207 Caruso B., Il diritto del lavoro tra hard law e soft law: nuove funzioni e nuove tecniche

normative, WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”, 2005, 39, 11 in http://csdle.lex.unict.it/Archive/WP

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normativo e ricognitivo, si sovrappongono continuamente e il medesimo atto esercita, nel contempo, entrambe le funzioni che si possono differenziare solo in relazione agli effetti prodotti sulla fattispecie da regolare. La condivisione di un obiettivo per comunanza di ideali è preferibile alla “condivisione imposta”, logica conseguenza della tecnica dell’hard law, ma l’una non esclude l’altra e, soprattutto, non esclude che le due modalità di condivisione possano agire contemporaneamente su piani diversi.

Il problema si rende particolarmente evidente nell’attuazione dell’idea di occupabilità, cioè il diritto del singolo a ricercare un’occupazione corrispondente alle proprie decisioni, alle proprie competenze, alle proprie capacità, al proprio stile di vita. Data l’elasticità del concetto, le diverse prospettive applicative possono essere il prodotto di strumenti normativi di armonizzazione ovvero di coordinamento tra le scelte operate a livello nazionale, elaborate sulla base dei principi dell’Unione europea.

Strettamente connessa all’attribuzione del valore normativo di un atto adottato mediante una tecnica di soft law, si apre la questione dell’effettività dei relativi contenuti208, ossia il livello di cogenza dell’atto stesso, rilevandone tre diversi aspetti: l’effetto “virulento” della soft law sull’acquis sociale comunitario, intendendo con questa espressione la piattaforma comune di diritti e di obblighi che vincolano insieme gli Stati membri nel contesto

208 In tema di lavoro e di sicurezza sociale, la questione viene indirettamente affrontata dalla

Corte di Giust. UE, 5 novembre 2014, causa C-311/13, Tumer c. Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen (Consiglio di amministrazione dell’Istituto di gestione delle assicurazioni per i lavoratori-UWV), in www.europeanrights.eu. Confermando il valore vincolante della norme di hard law, la Corte, dispone che le disposizioni della Dir. n. 80/987/CEE del 20 ottobre 1980, devono essere interpretate nel senso che ostano ad una normativa nazionale sulla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, secondo la quale un cittadino di un Paese terzo che non soggiorna legalmente nello Stato membro interessato non è considerato un lavoratore subordinato, legittimato a richiedere una prestazione di insolvenza in forza dei crediti salariali non pagati, in caso di insolvenza del datore di lavoro. Affermando il fine sociale della Dir.n. 80/987/CEE, garante di una tutela minima a tutti i lavoratori dell’Unione, la Corte precisa che gli Stati membri possono, in via eccezionale, escludere dal campo di applicazione della citata direttiva i diritti di alcune categorie di lavoratori, qualora sia loro assicurato, in ambito statale, un livello di tutela equivalente a quello della direttiva, così come previsto a norma dell’art. 1.2 della Dir.n. 80/987/CEE.

Nel caso de quo, un lavoratore era stato escluso dalla tutela avverso le ipotesi di insolvenza del datore di lavoro, perché sprovvisto di un valido titolo di soggiorno, ritenuto, invece, condizione necessaria dall’art. 3.1 della legge sulla disoccupazione dei Paesi Bassi.

Vd. anche Corte di Giust. UE, 11 novembre 2011, causa C-435/10, Van Ardennen, in www.europeanrights.eu.

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dell’Unione europea, in ambito sociale; la carente incidenza regolativa; e, di conseguenza, la contaminazione deregolativa209.