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Verso la società della conoscenza.

Sommario: 1.La naturale instabilità della società della conoscenza; 2.L’instabilità della conoscenza e il valore della persona; 3.La visione etica della società della conoscenza; 4. La fisionomia e le criticità della società della conoscenza; 4.1.Dalla

digital divide alla digital exclusion: una criticità di particolare rilevanza; 5. La centralità della persona nella prospettiva futura della società della conoscenza.

1 La naturale instabilità della società della conoscenza.

Il valore della persona riportato al centro delle realtà occupazionali e, più in generale, sociali, attraverso i percorsi concettuali sommariamente descritti, postula un ruolo attivo del lavoratore, soprattutto quando si parla di società della conoscenza. Tale espressione individua il fondamento del sistema economico e produttivo contemporaneo dell’Unione europea, perché il sapere, invece del capitale materiale, diventa una risorsa indispensabile per la crescita economica, anche attraverso la diffusione della tecnologia nella gestione delle informazioni486.

L’instabilità, intesa come la tendenza al cambiamento frequente in un ridotto spazio temporale, è la caratteristica principale della società della conoscenza nella quale il flusso informativo e la diffusione telematica dello stesso determinano la continua variazione dell’assetto prima esistente, anche e soprattutto nelle realtà lavorative che quotidianamente si rapportano con il valore produttivo della conoscenza487. La società riflette allora la dinamicità

486 La rilevanza della persona umana e dei suoi processi di apprendimento è già insita nella

parola informatica, composta da due termini tra loro irriducibili: informazione e automazione. Quest’ultima “sostituisce ed elimina il lavoro umano e lo rende residuale”, con un apporto secondario nel funzionamento delle macchine nel ciclo produttivo. L’informazione è, invece, “il prodotto del lavoro umano, finalizzato alla creazione e allo scambio di novità: vive di lavoro umano, non lo distrugge”, in Bagnara S., Lavoro e sistemi formativi nella società della conoscenza, cit. Lo stesso Autore precisa che “l’automazione rappresenta forse una condizione per raggiungere la società della conoscenza, ma non la caratterizza”, in Bagnara S., Lavoro, persone e scuola nella società della conoscenza, cit., 1.

487 Si distingue la conoscenza (tecnica, sociale, estetica) che confluisce nella produzione della

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del processo conoscitivo, che non raggiunge mai uno stato di stasi, ma “ogni tipo di conoscenza viene continuamente riscritta non solo per nuove scoperte, ma anche per nuove interpretazioni”488, considerando che si è in presenza di un modello aperto ai mutamenti, dove niente è ancora consolidato e definito489, dove le merci si trasformano in segni, a loro volta

capaci di creare profitto, se manipolati nel modo appropriato490.

La naturale instabilità della conoscenza si riflette anche sulle forme organizzative, da quelle micro a quelle macro, dai piccoli contesti aziendali alle relazioni sociali più complesse. Il dispiegarsi di un flusso informativo continuo e sempre nuovo, eterogeneo nei contenuti e nelle manifestazioni, non può essere incanalato in strutture organizzative regolari e gerarchiche, dove l’affermazione si basa sul comando e sull’autorità. Il canale conoscitivo richiede, invece, un’organizzazione a rete491, in grado di assicurare la “continuità della comunicazione di tutti con tutti”492, attraverso un processo di autoalimentazione costante, che produce una triplice conseguenza: una crescita rapida della rete di comunicazione; la creazione di importanti e numerose opportunità di sviluppo, all’interno dello spazio sociale in perpetua evoluzione; l’elevato rischio di esclusione a danno di coloro che non possiedono tutti gli strumenti di accesso alla rete493. Sorge, quindi, la

necessità di adottare politiche pubbliche che garantiscano alla comunità di

al consumatore, alla destinazione finale della merce. Vi è una generale tendenza alla standardizzazione della conoscenza tecnica necessaria alla produzione di merci primarie, mentre per la conoscenza finalizzata alle merci secondarie o di lusso assume importanza fondamentale il giudizio e l’esperienza individuale. Nonostante tutto, vi è la spinta verso la standardizzazione della conoscenza tecnica (il come fare), in Appadurai A., Il futuro come fatto culturale, Milano, 2013, 64 e ss

488 Bagnara S., Lavoro, persone e scuola nella società della conoscenza, cit., 1.

489 Pucci T., Il diritto all’accesso nella società dell’informazione e della conoscenza. Il digital

divide, 2002, in www.ittig.cnr.it

490 Appadurai A., op.cit., 78 e ss. Secondo l’antropologo indiano, tutto ciò conduce

“all’irrazionale desiderio di dominare il mercato di alcune merci, alla ricerca controintuitiva di formule magiche per prevedere i mutamenti di prezzo, all’isteria collettiva controllata”, manifestando, insomma, la tendenziale instabilità della società della conoscenza.

491 Rullani E., L’economia della conoscenza nel capitalismo delle reti, in Sinergie, 2008, 76,70:

la rete è la trama che nasce dall’auto-organizzazione di soggetti che, insieme o singolarmente, investono per creare, rafforzare, estendere il reciproco legame. La rete esprime una condizione di interdipendenza che le parti non cercano di sciogliere o di semplificare, ma di governare in modo da essere riprodotta in un tempo diverso, senza che sussista un obbligo o una condizione di irreversibilità in grado di ostacolare la libertà di movimento o di scelta dei soggetti coinvolti.

492 Bagnara S., Lavoro, persone e scuola nella società della conoscenza, cit., 1. 493 Pucci T., op.cit.

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appartenenza la possibilità di disporre liberamente degli accessi alla rete, per garantire il bene comune della conoscenza.

La Strategia Europa 2020, riprendendo la precedente Strategia di Lisbona, focalizza l’attenzione proprio sul valore dei beni comuni, che possono essere sia materiali che immateriali; tra questi ultimi si annoverano l'ambiente come ecosistema, le acque interne, le infrastrutture e i servizi di pubblica utilità; ma anche la sicurezza, la solidarietà, la fiducia sociale e, ovviamente, la conoscenza.

Come ha sostenuto il Premio Nobel Elinor Ostrom494, la conoscenza assurge a patrimonio fondamentale della comunità. In questa prospettiva, la Strategia di Lisbona affronta il tema della conoscenza adottando un approccio pratico: la teoria della conoscenza come bene comune viene integrata con gli obiettivi strategici di competitività concorrenziale e di rilancio economico dell’Unione europea sui mercati internazionali, sostenendo l'occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale. La conoscenza acquista, quindi, il valore di bene strategico, la cui realizzazione è fondamentale per la crescita individuale e del capitale sociale; inoltre, le scoperte tecnologiche e l'incremento della sua forma intangibile (digitale) attribuiscono alla conoscenza la qualifica di bene necessario per lo sviluppo "sostenibile" della comunità495; mentre, la non-digital Europe costituisce un costo considerevole per l'Unione europea496.

Secondo una proiezione nel lungo periodo, l’UE potrebbe aumentare il suo PIL del 4%, promuovendo un rapido sviluppo del mercato unico del digitale entro il 2020, che corrisponde a quasi 500 miliardi di euro497. Il

494 Ostrom E. - Hess C., Studiare i beni comuni della conoscenza, in Hess C. - Ostrom E. (a

cura di), La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, Milano, 2007, 11. Ostrom E., Governare i beni collettivi, Venezia, 2006, spec. pp. 11 ss.

495 Decaro M., Introduzione – Cronaca di un decennio nell’Unione europea, tra governance e

gevernment, in Decaro M. (a cura di), Dalla Strategia di Lisbona a Europa 2020, 2011, in www.fondazioneadrianolivetti.it; Su queste basi, il Consiglio europeo della primavera del 2007 definirà la libertà di circolazione della conoscenza come la quinta libertà, che si aggiunge alle tradizionali quattro libertà di circolazione (dei beni, dei servizi, delle persone e dei capitali).

496 European Policy Centre – EPC, Nuova strategia del single market al servizio dell'economia

e della società europea, Final Report, marzo 2010, 44, reperibile in www. epc. eu /dsm / 2 / Study _ by_ Copenhagen. Pdf.

497 Decaro M., Introduzione – Cronaca di un decennio nell’Unione europea, tra governance e

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raggiungimento di questo importante obiettivo è condizionato dal fatto che i singoli Stati membri condividano le regole della sostenibilità del progetto di rendere l’Europa un’area digitalmente progredita.

In questo scenario, la funzione della Strategia di Lisbona è stata quella di aver dato un decisivo impulso alla politica europea per l'innovazione e la ricerca, recepito, poi, dal Trattato di Lisbona del 2007: l'art. 179, comma 1, del TFUE dispone che “l'Unione si propone l'obiettivo di rafforzare le sue basi scientifiche e tecnologiche con la realizzazione di uno spazio europeo della ricerca nel quale i ricercatori, le conoscenze scientifiche e le tecnologie circolino liberamente, di favorire lo sviluppo della sua competitività, inclusa quella della sua industria, e di promuovere le azioni di ricerca ritenute necessarie ai sensi di altri capi dei trattati”498. Il Trattato di Lisbona fornisce

così una base giuridica alla strategia dell'economia della conoscenza, lanciata nel 2000 dal Consiglio europeo, integrata nel 2002 dallo spazio europeo della ricerca e riaffermata dal Consiglio europeo del 2007, come la quinta libertà del mercato499. Si tratta di un esempio evidente di reciproca influenza tra il processo di crescita economica e l’affermazione del diritto dell’UE, attraverso il quale si attribuisce una prima solida veste giuridica al bene comune europeo della circolazione della conoscenza500.

498 L’art. 179 del TFUE ha modificato l'art. 163 del TCE: qui, infatti, si faceva riferimento

all'"obiettivo di rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell'industria della Comunità, di favorire lo sviluppo della sua competitività internazionale e di promuovere le azioni di ricerca ritenute necessarie ai sensi di altri capi del presente trattato"; con il nuovo art. 179 del TFUE si parla anche della necessità di "realizzare uno spazio europeo della ricerca nel quale i ricercatori, le conoscenze scientifiche e le tecnologie circolino liberamente"

499Commissione europea, Comunicazione Un mercato unico per l'Europa del XXI secolo, del

20 novembre 2007 [COM(2007) 724 definitivo – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale] in http://europa.eu/legislation_summaries/internal_market/internal_market_general_framework/ l70004_it.htm “Fare della conoscenza e dell'innovazione la quinta libertà - Inizialmente fondato su prodotti di base e manufatti, il mercato unico deve integrare maggiormente i servizi che occupano un posto sempre più importante nell'economia della conoscenza. Deve valorizzare il potenziale offerto dalle nuove tecnologie a vantaggio di una quinta libertà, ossia la libera circolazione della conoscenza e dell'innovazione”.

500 Decaro M., Introduzione – Cronaca di un decennio nell’Unione europea, tra governance e

198 2 L’instabilità della società della conoscenza e il valore della persona.

La naturale instabilità della società della conoscenza non deve, però, tradursi con il senso di inadeguatezza del singolo individuo, data la difficoltà di gestire il proprio lavoro e, più in generale, la propria vita nella mutevole interazione con le dinamiche sociali.

A tale proposito, occorre sviluppare la capacità di rielaborare continuamente il presente, nel quale il bisogno formativo diviene la manifestazione di un’esigenza della persona: quella di disporre degli strumenti necessari per svolgere un ruolo attivo nella attuale dimensione sociale e occupazionale; ruolo che può avere delle specificità in relazione al lavoro prestato, ma che riguarda essenzialmente l’idea di cittadinanza attiva perché si tratta di un nuovo modo di concepire la vita e di pensare il proprio futuro, delineando un cambiamento culturale di tale portata da innescare una radicale trasformazione antropologica della persona, che conduca alla creazione di “una società che rende gli uomini più capaci di scorgere sé stessi ed il mondo sociale in cui vivono”501.

La valorizzazione del lavoratore, nella sua dimensione umana e in quella professionale, richiede necessariamente un lavoratore formato, ossia consapevole dei propri diritti e dei propri doveri e, anche, altamente specializzato nelle sue mansioni, come manifestazione di autenticità personale502, fondata sulla conoscenza di sé stessi come mezzo di

informazione della realtà esterna. La crescita del lavoratore come persona e come risorsa produttiva per l’azienda non può percorrere tracciati diversi, in base ad esigenze puramente economiche: lo sviluppo della seconda è inesorabilmente identificabile nella crescita personale del lavoratore, e nel rispetto della sua dignità.

La visione globale della conoscenza, insita nell’espressione società della conoscenza, richiede la partecipazione di tutta la collettività, perché il potenziamento delle competenze possedute riguarda tutti i cittadini e tutti i

501 Gouldner A.W., op.cit., 112. 502 Gouldner A.W., op.cit., 86.

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lavoratori503. Si delineano i contorni di una nuova arena di partecipazione

politica504, dove si incontrano le istanze degli attuali componenti, dei

soggetti attivi, e di coloro che ne sono esclusi; dove si afferma un nuovo concetto di ricchezza, non basata sulla proprietà o sulla disponibilità fisica di beni materiali, ma determinata dalla possibilità di accedere ai beni, ai servizi ed alle informazioni, che consentono l’acquisizione della conoscenza.

Nella cornice della società della conoscenza, il lavoro si presenta come architrave della vita sociale505; la relazione tra i due termini è di forte e

reciproco condizionamento delle modalità di organizzazione della vita individuale e collettiva, contribuendo all’identificazione delle moderne soggettività sociali.

Nella società del lavoro, il valore della persona e il suo spessore morale erano diretta conseguenza della quantità e della qualità della sua partecipazione all’attività di produzione506. Si delinea la prima differenziazione rispetto alla società della conoscenza, nella quale prevale la regolazione individuale del rapporto di lavoro, alla ricerca della massimizzazione del tornaconto personale507, in virtù del concetto centrale di competenza come patrimonio

conoscitivo del singolo.

Mentre nella società del lavoro, i meccanismi occupazionali si basano sull’idea di subordinazione come accettazione del superiore potere datoriale, nella società della conoscenza rilevano le capacità della persona a corrispondere efficacemente alle necessità funzionali del complesso sistema di produzione. Ne discende che non sono ipotizzabili criteri regolativi dell’accesso al lavoro uniformi e codificati, basati sul possesso di professionalità definite e statiche, piuttosto prevalgono modalità di

503 Allulli G., op.cit., 5.

504 Pucci T., Il diritto all’accesso nella società dell’informazione e della conoscenza. Il digital

divide, 2002, in www.ittig.cnr.it

505 Chicci F., Lavoro e vita sociale: le dense ambivalenze della società flessibile, cit.

506 Ibidem; l’Autore spiega che “la società del lavoro è dunque quell’arco temporale

all’interno del quale la cittadinanza come portato di diritti e titolarità sociali, si è costruita e organizzata attraverso la disposizione, più o meno docilmente convogliata, delle energie sociali nella forma del lavoro salariato”.

507 Chicci F., Lavoro e vita sociale: le dense ambivalenze della società flessibile, 2010, in