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La progressiva estensione applicativa del MAC e il suo ridimensionamento.

La Strategia Europa 2020.

2.1. La progressiva estensione applicativa del MAC e il suo ridimensionamento.

La funzionalità di questo metodo è riconosciuta dal Trattato di Lisbona, che ne ha esteso l’applicazione ad alcuni settori, inizialmente esclusi, ma che

166 Abignente A., Fonti, principi, concretizzazione. Spunti di riflessione sul dibattito intorno ai

diritti sociali nel sistema comunitario, in I diritti sociali tra ordinamento comunitario e Costituzione italiana: il contributo della giurisprudenza multilivello, WP C.S.D.L.E.“Massimo D’Antona”, Collectice Volumes, 2011, 1, in http://csdle.lex.unict.it/workingpapers.aspx.

167 In senso critico, Treu T., Le istituzioni del lavoro nell’Europa in crisi, cit., osserva che “il

riscontro di tendenze fattuali simili in diversi contesti non è di per sé la prova che tali tendenze si producano per effetto di un coordinamento transnazionale – in ipotesi europeo- o in qualche forma di imitazione fra le pratiche di Paesi diversi, piuttosto che per reazioni convergenti dei singoli Paesi alla pressione di fattori esterni”, come la competitività globale.

168 Giubboni S., Flessibilità delle forme di lavoro e protezione sociale. Osservazioni

preliminari, cit.: secondo la visione neo-liberista, avversata dall’Autore, la deregolazione sarebbe l’unica ricetta contro il cancro della disoccupazione europea, restituendo alle imprese la libertà di variare le condizioni d’impiego della forza lavoro.

169 L’azzardo morale o moral azard è “la condizione in cui un soggetto, esentato dalle

eventuali conseguenze economiche negative di un rischio, si comporta in modo diverso da come farebbe se dovesse subirle”, in Pressacco F., voce Azzardo morale, in Dizionario di Economia e Finanza Treccani, 2012, in www.treccani.it

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sono rilevanti per la competitività e la coesione dell’Unione europea, quali quelli della politica sociale, che ricomprende la sicurezza sociale e la formazione professionale (art. 156 del TFUE170), dell’industria (art. 173 del TFUE), della ricerca e dello sviluppo tecnologico (art. 181 del TFUE).

Come già sottolineato, la formazione171 è oggetto di regolazione soft law a

livello comunitario, sia all’interno della SEO, sia come iniziativa autonoma connessa ad una competenza condivisa sulla materia, tra Stati e Unione europea172. Anche la tutela avverso la lotta all’esclusione sociale e il

contrasto alla povertà, intese come situazioni di bisogno afferenti alla funzione assistenziale dello Stato, si avvale di strumenti più flebili rispetto alle direttive e ai regolamenti comunitari, dotati del carattere della cogenza. Sorge il problema di individuare le misure che possono e devono essere attuate per debellare il fenomeno della povertà di fasce importanti della popolazione dell’Unione europea, considerato che si tratta di un settore di tutela che, non ancora “ assistito da una cassetta di attrezzi giuridici adeguata alle ambizioni dichiarate”173, rivela l’insufficienza e l’inadeguatezza degli interventi comunitari basati sull’adozione di atti non vincolanti, come le raccomandazioni, in una materia tanto delicata quanto quella assistenziale e

170 L’art. 156 del TFUE dispone che, previa consultazione del Comitato economico e sociale,

“la Commissione opera a stretto contatto con gli Stati membri mediante studi e pareri e organizzando consultazioni, sia per i problemi che si presentano sul piano nazionale, che per quelli che interessano le organizzazioni internazionali, in particolare mediante iniziative finalizzate alla definizione di orientamenti e indicatori, all'organizzazione di scambi di migliori pratiche e alla preparazione di elementi necessari per il controllo e la valutazione periodici. Il Parlamento europeo è pienamente informato”. Ad avviso del Bronzini G., Le politiche europee di lotta alla povertà e di contrasto dell’esclusione sociale: un deficit di effettività, luglio 2011, in http://www.astrid-online.it/rassegna, il coinvolgimento del Parlamento europeo è un chiaro sintomo di una maggiore politicizzazione del settore.

171 Consiglio dell’Unione Europea del 12 maggio 2009, Informazioni provenienti dalle

istituzioni e dagli organi dell’Unione Europea – Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (ET 2020), (2009/C 119/02), in http://eur-lex.europa.eu/legal-content: in tema di formazione, Il programma ET 2020 adotta il metodo del coordinamento aperto e identifica quattro obiettivi strategici a lungo termine: rendere l’apprendimento permanente e la mobilità una realtà concreta; migliorare la qualità e l’efficienza dell’istruzione e della formazione; promuovere equità, coesione sociale e cittadinanza attiva; stimolare la creatività, inclusa l’imprenditorialità, a tutti i livelli dell’ istruzione e della formazione.

172 Caruso B., Occupabilità, formazione e “capability” nei modelli giuridici di regolazione dei

mercati del lavoro, Relazione al Congresso AIDLASS, Cagliari, giugno 2006, 80, in www.lex.unict.it

173 Bronzini G., Le politiche europee di lotta alla povertà e di contrasto dell’esclusione sociale:

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che, di fatto, consentono agli Stati membri di ignorare sostanzialmente quanto deciso da Bruxelles.

L’Unione europea consente, comunque, interventi indiretti sulla materia: ai sensi dell’art. 153, lett. h e j, del TFUE, l’Unione sostiene e completa l’azione degli Stati membri per l’integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro, nel rispetto della responsabilità degli Stati membri in relazione al contenuto e all’organizzazione della formazione professionale ex art. 166 del TFUE, e per affrontare la lotta contro l’esclusione sociale.

Prevede, inoltre, il ricorso alla clausola di salvaguardia (art. 352 del TFUE), qualora un'azione dell'Unione appaia necessaria, nel quadro delle politiche definite dai Trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai Trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine; pertanto, è il Consiglio che, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate.

La Commissione si impegna a trasformare il MAC in una piattaforma di cooperazione, revisione inter partes e scambio di buone pratiche, nonché in uno strumento volto a promuovere l’impegno pubblico e privato a ridurre l’esclusione sociale, e adottare misure concrete, anche mediante un sostegno mirato dei fondi strutturali, in particolare del FSE174.

In senso parzialmente contrario, invece, il Parlamento europeo, nella Risoluzione del 16 giugno 2010, argina lo spazio applicativo del MAC nel settore economico, affermando espressamente che "per il successo della nuova strategia" non si deve "continuare a fare assegnamento sul metodo del coordinamento aperto in campo economico, ma occorre fare più ampio ricorso a misure vincolanti", soprattutto per affrontare la crisi globale.

Le discordanti posizioni espresse sulla validità del MAC rivelano una ambigua sovrapposizione tra il suo valore e il suo limite: sotto il primo profilo, il MAC,

174 Commissione europea, Comunicazione Verso una ripresa fonte di occupazione, Bruxelles,

18 aprile 2012, [COM(2012) 173 final - in

http://europa.eu/social.BlobServlet?docld=7619&langld=it. La Commissione ha proposto, nel quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 relativo all’iniziativa faro Piattaforma europea contro la povertà, di destinare a ogni regione stanziamenti minimi del FSE, per un totale di almeno 84 miliardi di euro, al fine di ricostruire mercati del lavoro dinamici e inclusivi, ridurre gli squilibri, migliorare le competenze e accrescere la mobilità geografica.

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considerata la sua genesi politica, è veicolo delle politiche comunitarie definite dall’incontro di diverse volontà nazionali; il consequenziale limite risiede proprio in questa accentuata politicizzazione del MAC, che travalica i confini del diritto, al punto che lo sviluppo del metodo deve necessariamente spogliarsi dalle trappole di natura ideologica, che rischiano di compromettere il contenuto dei diritti sociali, affermatisi a livello comunitario mediante il ricorso a strumenti soft175.

Per comprendere se e quali limiti siano insiti nel ricorso al modello soft law, occorre in primo luogo, evidenziare che “la commistione del linguaggio della politica è frutto dell’ibridazione delle tecniche di regolazione utilizzate”176; in altri termini, la scelta dell’UE di agire congiuntamente su settori diversi dell’ordinamento, quali quelli occupazionale, economico e sociale, al loro interno caratterizzati da un’articolata complessità contenutistica -nelle politiche sociali, confluiscono i problemi dell’inclusione, della protezione sociale, delle pensioni- ha comportato l’esigenza di utilizzare una tecnica di regolazione normativa con una intensa forza attrattiva rispetto alla pluralità di problematiche trattate in sede comunitaria. E, considerata anche la molteplicità dei soggetti coinvolti la cui azione deve essere orientata verso un unico obiettivo, la preferenza è ricaduta sugli strumenti di soft law.

È corretto, dunque, considerare che la soft law ha avuto una genesi prettamente funzionale, nel senso che “il diritto è primariamente uno strumento di veicolazione di politiche per il raggiungimento di obiettivi specifici”177. Così, se l’obiettivo comunitario perseguito è la flexicurity, ne consegue che “i discorsi sulle prospettive del sistema di welfare e del diritto del lavoro nazionale si confrontano, direttamente o indirettamente, con le nuove dinamiche della regolazione transnazionale, secondo varianti interne a posizioni comuni che oggi necessitano di essere accorpate e concettualizzate”178.

175 Caruso B., Il diritto del lavoro tra hard law e soft law: nuove funzioni e nuove tecniche

normative, cit., 4. L’Autore sottolinea la necessità di superare la questione ideologica tra un atteggiamento di chiusura nazionale e l’accettazione di ogni diktat di genesi comunitaria.

176 Zappalà L., I lavori flessibili, cit.

177 Caruso B., Il diritto del lavoro tra hard law e soft law: nuove funzioni e nuove tecniche

normative, cit., 10.

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In tutti gli interventi dell’Unione è stato adottato un modello di flessibilità mite179, nella quale “si combinano taluni principi che fissano in maniera hard

diritti per i lavoratori non standard, con le molte disposizioni che invece attribuiscono agli Stati membri ampi margini di scelta nelle modalità applicative”180. Ciò favorisce una prospettiva di diversificazione delle

normative nazionali in materia occupazionale secondo una linea ragionata e proporzionale.

È importante precisare, comunque, che la regolazione comunitaria del mercato del lavoro e del welfare attraverso la soft law ha vissuto due stagioni, distinte in soft law di prima generazione, caratterizzata da comunicazioni, linee guida, raccomandazioni da parte della Commissione europea laddove non è ammesso il comando legislativo, equiparabile alla mera prassi istituzionale181, e soft law di ultima generazione, nella quale rientra la SEO e il MAC, avente una struttura più articolata, al punto di “pretende[re] una collocazione più legittimata di metodo regolativo ordinario”182. Il deficit di legittimità è proprio l’elemento che distingue la prima dalla seconda tipologia di tecniche di soft law.

I fattori che conducono ad un progressivo ridimensionamento operativo del MAC sono molteplici e i primi si riscontrano nella definizione stessa della SEO, considerato che gli obiettivi di natura occupazionale, sociale ed economica difficilmente possono combinarsi tra loro in modo pacifico, al

179 Zappalà L., Flexicurity e valorizzazione delle capability: l’impulso alla ri-regolazione del

lavoro a termine, cit., 17: “attraverso un lento processo di osmosi e ibridazione reciproca e continua tra ordinamento comunitario e ordinamenti giuridici nazionali, si è tentato progressivamente di elaborare un modello di lavoro adattabile, ispirato alla flessibilità mite o equilibrata”;

Caruso B. –Militello M., L’Europa sociale e il diritto: il contributo del metodo comparato, cit.

180 Zappalà L., I lavori flessibili, cit.,135.

181 La configurazione della soft law, soprattutto quella di prima generazione, come tecnica di

regolazione normativa dell’UE pone dei problemi qualificatori dell’espressione “diritto vigente”. Si accoglie la tesi secondo la quale per diritto vigente si intende non solo quello in vigore, ma quello consolidato nel suo significato, sì che si potrebbe parlare di “diritto vivente”, in Persiani M. – Carinci F., Introduzione al Trattato, in Persiani M. – Carinci F. (diretto da), Trattato di diritto del lavoro – Il mercato del lavoro, a cura di Brollo M., Padova, 2012, VI, XXVIII. Gli Autori optano per un’accezione lata di diritto vivente, tale da ricomprendere gli indirizzi giurisprudenziali di merito e gli orientamenti dottrinali. Data l’innegabile rilevanza condizionante del diritto dell’UE nell’attuale diritto del lavoro, è necessario ricomprendere nel concetto di diritto vivente anche tutta la produzione normativa dell’UE adottata attraverso il ricorso alla soft law.

182 Caruso B., Il diritto del lavoro tra hard law e soft law: nuove funzioni e nuove tecniche

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punto che un’unica azione a livello europeo sia misura sufficiente per la realizzazione degli stessi.

Sin dall'avvio della Strategia di Lisbona, infatti, la mancanza di government nell'applicazione del MAC mostra chiare difficoltà nella sua attuazione, creando seri problemi nella comprensione e nell’esecuzione di un quadro di programmazione delineato in sede comunitaria, al quale si aggiunge l’inerzia degli Stati membri, responsabili della scarsa operatività e incisività del piano strategico.

Si è, pertanto, ostacolata l’elaborazione e la diffusione corretta degli indirizzi politici a livello comunitario e “si è sgretolata la gerarchia degli obiettivi, non supportati da adeguati indicatori, capaci di monitorare con chiarezza i risultati conseguiti "183, in relazione all’ambizioso progetto di fare dell’Europa

l’area più competitiva al mondo.

Il problema che si pone è, dunque, quello di individuare gli interessi considerati dall’ordinamento, sia in termini di preminenza, sia in termini di sacrificio, al fine di ricostruirne una graduatoria184. Difficile diviene l’individuazione dell’interesse da tutelare; individuazione che si complica data la partecipazione procedimentale di numerosi attori al processo di definizione di una determinata linea politica occupazionale, espressa attraverso il ricorso alla soft law: Si sottolinea il “fatto che numerosi punti di discussione vengono appianati a vantaggio di soluzioni favorevoli a tutte le parti”185, a discapito della chiarezza concettuale della flexicurity, considerata

solo nella sua ambiguità terminologica186. Si configura un problema di

183 Decaro M., La Strategia di Lisbona (2000-2010), cit.: le priorità non sono più identificabili e

si perdono nella molteplicità degli indicatori predisposti per l’analisi delle sei grandi aree: quadro economico generale, occupazione, riforme economiche, innovazione e ricerca, coesione sociale, sostenibilità ambientale.

184 Così, Perulli A., Interessi e tecniche nella disciplina del lavoro flessibile, in Dir. lav. rel. ind.,

2002, 235.

185 Auer P., op.cit., 37 e ss.

186 Zappalà L., Flexicurity e valorizzazione delle capability: l’impulso alla ri-regolazione del

lavoro a termine, cit., 13-14. Riprendendo gli studi M. Freedland, l’Autore sostiene che la regolazione comunitaria è sempre caratterizzata dall’intreccio tra politica economica e politica sociale, che non possono considerarsi sinonimi, considerato che perseguono finalità diverse. Lo scopo della politica sociale è quello di creare una rete di diritti minimi inderogabili; la politica economica è finalizzata alla regolamentazione e al controllo del mercato del lavoro. Non organizzare i diversi settori di intervento vuol dire creare ambiguità al concetto di flexicurity che nasce come crasi tra la flessibilità e la sicurezza.

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esportabilità del concetto oltre uno spazio socio-economico, determinato dalla difficoltà di condensarsi in modelli di regolamentazione giuridica pregnanti, in grado di orientare concretamente gli interventi di ri- regolamentazione nazionali187.

2.2. Le criticità del MAC e della soft law in relazione ad una adeguata