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Piero Bottoni e l’ambito milanese

99. Per una cronaca della polemica dal marzo

al giugno 1931 si veda M. Cennamo (a c. di),

Materiali per l’analisi dell’architettura moderna: il

miar…, cit., pp. 213-226.

100. I motivi del viaggio furono probabilmente

dovuti ad una difficile situazione sentimentale e forse, anche, alla penuria di occasioni lavorative che caratterizzava ancora la carriera di Bottoni.

101. Copialettera di P. Bottoni a G. Michelucci,

Milano 17 feb. 1932, in APB, Cor. pa. 1932.

102. La mostra parigina fu aperta dal 4 feb-

braio al 19 marzo 1932. Gli italiani che esposero furono E. Prampolini, A. Sartoris, L. Baldessari, P. Bottoni, E.A. Griffini, L. Figini, G. Frette, A. Libera, G. Pollini, G. Terragni e L. Vietti. P. Bottoni, La

mostra della U.A.M. a Parigi, in «La casa bella», a.

iv, n. 52, apr. 1932, p. 37-40, 61.

103. P. Bottoni, Berlino 1931, in «Rassegna di ar-

chitettura», a. iii, n. 9, 15 set. 1931, pp. 342-355; P. Bottoni, L’abitazione del nostro tempo, in «Edilizia Moderna», a. iii, n. 3, lug.-set. 1931, pp. 1-14.

104. Significativo dell’interesse da parte di Bot-

toni per questa tendenza è anche la presenza nella sua biblioteca di Zur Neuen Wohnform (1930) di Hans e Wassilli Luckhardt e Alfons Anker.

105. P. Bottoni, Berlino…, cit., p. 350. Oltre

al tema dello spirito che tanto connotava per esempio gli scritti prima del Gruppo 7, poi dei membri del miAr e successivamente degli scritti apparsi su Quadrante, l’interpretazione del tema della classicità caratterizzava, e caratterizzerà per tutta la durata del regime fascista, la pole- mica architettonica italiana. Cfr. G. Ciucci, op.

cit., pp. 108 e ss. Rifkind, per esempio, sostiene

le analogie su questo tema tra la Casa elettrica e alcuni progetti per abitazioni di Mies van der

Atene sul tema La città funzionale, furono stringenti sebbene talvolta critici; Bottoni e Pollini (insieme a Terragni e Bardi)131 oltre a partecipare

al Congresso, allestirono alla Triennale la mostra del Cirpac nella quale erano esposte le ricerche dei precedenti Ciam sul tema della Casa minima e del Lottizzamento razionale ed opere dei membri degli stessi congressi; le opere erano descritte dai due autori su una «base di una comune e intransigente tendenza di architettura moderna»132 con un linguaggio

che richiamava esplicitamente quello del Programma di Quadrante. Bottoni, inoltre, espose a questa Triennale i lavori per la casa Elettrica, realizzati per l’edizione precedente della mostra,133 alcuni arredamenti e

mobili,134 e realizzò nel parco la Casa collettiva (con Griffini)135 e quattro

delle Cinque case per vacanze (con E.A. Griffini e E. Faludi).136

Bottoni e Pucci, in concomitanza dell’esposizione, parteciparono anche con Cesare Cattaneo, Luigi Dodi, Gabriele Giussani, Pietro Lingeri, Giuseppe Terragni e Renato Uslenghi al concorso per il Piano regolatore di Como; dopo più di sei anni di attività di promozione dell’architettura moderna più che di elaborazione di progetti – e tanto meno di realizzazioni – il triennio 1933-36 fu anche caratterizzato da maggiori occasioni professionali che tuttavia non impedirono a Bottoni di continuare la collaborazione con Quadrante.137 Inoltre, egli

ebbe parte attiva nell’organizzazione di importanti manifestazioni culturali come la conferenza milanese di Le Corbusier138 e la futura

vi Triennale, e partecipò sia ai Ciam del 1933 e del 1935, che al xiii Congresso Internazionale Architetti tenutosi a Roma nel 1935 durante il quale espose una relazione sui temi della standardizzazione. Nel 1935 partecipò all’Esposizione Universale e Internazionale di Bruxelles nella quale furono esposti i progetti per il Piano regolatore di Piacenza, per la fiera di Bologna, per il Piano regolatore di Verona e per le case popolari progettate per la v Triennale;139 al Politecnico, nel frattempo, fu

assistente volontario ai corsi di Griffini e Muzio per gli anni accademici 1934-35.140

Molte delle realizzazioni, così come dei progetti più impegnativi di quegli anni, furono condivisi con Pucci. Questi divenne il suo più stabile collaboratore, dopo le molte ricerche condivise con Griffini e Faludi, tanto che i due arrivarono a considerare la possibilità di condividere uno studio professionale nel 1935. Questo rapporto si concretizzò tuttavia più come uno strutturato rapporto a distanza – nel quale Pucci seguiva

Rohe. Cfr. D. Rifkind, The Battle for Modernism:

Quadrante and the Politicization of Architectural Discourse in Fascist Italy, Centro Internazionale

di Studi di architettura Andrea Palladio, Marsilio, Venezia 2012, p. 91.

106. miAr, Architettura razionale italiana 1931, in «La casa bella», a. iii, n. 40, apr. 1931, p. 71.

107. M. Tafuri, F. Dal Co, Architettura contempo-

ranea, Storia universale dell’architettura, vol. xi, Electa, Venezia 1976, p. 283.

108. Ivi, p. 294.

109. Fillia (a c. di), La nuova architettura,

Unione Tipografico Editrice Torinese, Torino 1931. E.A. Griffini, Costruzione razionale della

casa: i nuovi materiali, Hoepli, Milano 1931, pp.

51-58; A. Sartoris, Gli elementi dell’architettura

funzionale: sintesi panoramica dell’architettura moderna, Hoepli, Milano 1932, pp. 337-342.

Appare significativo del tentativo di riconoscere una base comune alla nuova, razionale o funzio-

nale architettura, la scelta di mostrare gli stessi

progetti all’interno dei tre volumi. Per reperire materiali per illustrare il volume di Griffini i Delegati italiani ciAm inviarono una circolare del miAr ai propri membri (nella quale si chiedeva, inoltre, un contributo per i prossimi articoli che la Segreteria stessa stava preparando per illu- strare l’attività italiana sulle riviste Bauwelt e Das

neue Frankfurt). Circolare ai membri del Miar dei

Delegati italiani presso i Congressi Internaziona- li di Architettura Moderna, s.l., s.d., in APB, Cor. pa. 1932. Si veda sul tema inoltre E. Mantero,

Giuseppe Terragni e la città del razionalismo italiano, Dedalo, Bari 1969, passim. Sull’impiego

degli aggettivi razionale, nuovo e funzionale alla parola architettura tra il 1926 e il 1932 si veda G. Ciucci, op. cit., pp. 69-70. Sebbene di tutta’altro indirizzo e tenore, si ricordi che il 1930 è l’anno di pubblicazione anche del piacentiniano Archi-

tettura d’oggi.

110. Le Corbusier, Prefazione, in A. Sartoris, Gli

elementi dell’architettura…, cit., p. 1. La lettera di

Le Corbusier inviata a Sartoris è del 10 giugno 1931.

111. P.M. Bardi, Introduzione, in A. Sartoris, Gli

elementi dell’architettura funzionale: sintesi pano- ramica dell’architettura moderna, Hoepli, Milano

1935 (19321), p. 4.

112. E’ significativo che la definizione di Bon-

tempelli apparsa su La gazzetta del popolo nel giugno del 1932 («Il massimo della espressione, il minimo del gesto, terrore del lento, disprezzo per il riposo, edificare senza aggettivi, scrivere a pareti lisce, la bellezza intesa come neces- sità, il pensiero nato come rischio, l’orrore del contingente») appaia nello scritto inaugurale di Quadrante. Cfr. M. Bontempelli, Principi, in «Quadrante», mag. 1933, a. i, n. 1, p. 1.

113. Scrive Rogers nel recensire i due volumi:

«Tra i due libri di cui parliamo, quello dell’arch. Sartoris, conviene dirlo subito, s’impone per le doti desiderate. L’opera del pittore futurista Fillia segue una linea meno precisa e punta troppo spesso verso obiettivi che la critica esperta e i competenti possono giudicare con serenità, ma che ingannano il pubblico e lo lasciano dubbioso e smarrito. […] Il confronto tra il libro del Fillia e quello del Sartoris è quanti altri mai utile e pieno di significato, e pone chiara l’an- titesi, che ormai esiste, tra futurismo integrale e funzionalismo integrale. Mentre ormai tutta l’architettura moderna quella sana ha assimilato e rielaborato il pensiero di Sant’Elia, il futurismo s’è inginocchiato davanti a questo suo idolo e non accenna a volersi rialzare. È innegabile la grande importanza storica di questo movi-

Parte prima. Piero Bottoni e lo spirito della nuova architettura direttamente i cantieri emiliano romagnoli – che nella condivisione di un ufficio milanese.141

La caratteristica di “progettare per corrispondenza” fu tipica del modo di operare di Bottoni come dimostra, per esempio, il già ricordato scambio con Leone Carmignani durante il suo viaggio europeo del 1931-32 o quello riguardante gli arredi progettati per la casa del fratello Ettore a Parigi; l’esperienza però di maggior consistenza in questo modo di intendere il progetto, gli scambi e gli apporti individuali, fu con tutta probabilità quella per i progetti commissionati principalmente nel Dopoguerra da Giuseppe Minerbi condotti, questa volta, non insieme ad un architetto bensì con un abile e appassionato committente come fu, appunto l’agronomo ferrarese. La compagnia Bottoni-Pucci, che dello strumento della progettazione per corrispondenza fece largo uso, è forse però anche da intendere nell’ottica della ricerca da parte di Bottoni di un valido collaboratore;142 la definizione di «spalla preziosa»143 coniata

per descrivere l’apporto dell’ingegnere modenese a quel lavoro collettivo che allora si stava consolidando, risulta convincente. D’altro canto, analogamente all’appoggio locale e politico fornito a Bottoni da Legnani nel panorama bolognese,144 non si può negare che lo stesso ruolo sia stato

svolto anche da Pucci per quanto riguarda le commissioni emiliane. Tra il 1933 e il 1936 e nel crescendo di occasioni di progetto che impegnarono i due autori e che ebbe il proprio culmine nel 1937, Bottoni e Pucci condivisero concorsi, progetti, cantieri e importanti esperienze culturali: Bottoni iniziò finalmente una serie più fitta di realizzazioni dopo le sporadiche occasioni delle costruzioni effimere per le Triennali (1933), la casa in via Mercadante a Milano (1934) e villa Davoli a Reggio Emilia (1934-35), e Pucci partecipò in prima persona, insieme a Pagano e Pica, all’organizzazione della mostra sull’urbanistica alla vi Triennale145

proprio mentre la vicenda di Quadrante giungeva al suo epilogo, non senza polemiche, con il doppio numero dedicato alla casa del Fascio di Como.146

Al di là dei concorsi o dei grandi progetti condotti insieme o autonomamente, il tema col quale i due avranno però maggiormente modo di confrontarsi nella realtà della costruzione fu quello della villa: tra il 1934 e il 1937 vennero così studiati i progetti per villa Dello Strologo (1934-35) e casa Bedarida a Livorno (1936-37) e infine villa Muggia a Imola (1936-38) nei quali essi poterono riflettere su alcune

mento, ma oggi, di fronte all’architettura esso appare superato». E.N. Rogers, Due libri italiani

sull’architettura moderna, in «Rassegna di archi-

tettura», a. iv, n. 7-8, 15 lug.-15 ago. 1932, p. 354.

114. O. Aloisio, P. Bottoni, U. Castagnoli, M.

Cereghini, U. Cuzzi, L. Figini, G. Frette, E.A. Griffini, G. Levi-Montalcini, A. Libera, P. Lingeri, G. Pagano-Pogatschnig, G. Pollini, G. Terragni,

Futurismo e razionalismo architettonico, in «Oggi

e domani», 27 nov. 1930, rip. in P. Bottoni, Una

nuova antichissima…, cit., p. 552.

115. Nel volume del futurista Fillia vennero

pubblicati il progetto per il nuovo macello di Palermo (con Griffini), quello per una villa Latina e la casa Elettrica, senza però nominare Bottoni tra i progettisti; nel libro di Sartoris era illustrato nuovamente il progetto per il nuova macello di Palermo e la casa elettrica con l’aggiunta di una immagine dedicata alla cucina progettata da Bottoni; nella Costruzione razionale della casa, infine, appariva la cucina della casa elettrica posta tra gli esempi tedeschi di esperienze analoghe.

116. Bottoni sarà membro della Commissione

per la scelta degli edifici tipici da presentare alla Triennale nelle sezioni: stazioni radio (con Polli- ni, Minnucci e Dodi), ospedali (con Sacchi, Dodi, Pagano, Buzzi e Lancia), case popolari, edifici industriali, macelli, penitenziari, mercati e scuo- le. Lettera di G. Ponti a P. Bottoni, Milano 10 feb. 1932; Lettera di G. Ponti a P. Bottoni, Milano 18 mar. 1932; Lettera di G. Ponti a P. Bottoni, Milano 22 mar. 1932; Lettera di G. Ponti a P. Bottoni, Milano 7 apr. 1932, in APB, Cor. ar. 1932. Bottoni progetterà anche «gli effetti di illuminazione della zona del Parco occupata dalla Triennale». Lettera del Direttorio della Triennale a P. Bottoni, prot. P/R Rep. A. 29-2, Milano 23 apr. 1932, in APB, Cor. ar. 1932.

117. La mostra si svolse dal 28 novembre al 10

dicembre 1932.

118. Cfr. G. Consonni, Piero Bottoni e Bologna,

1934-1941, in G. Gresleri, P.G. Massaretti (a c. di), Norma e arbitrio: architetti e ingegneri a Bologna 1850-1950, Marsilio, Venezia 2001, p. 274.

119. Da un elenco dei progetti svolti da Botto-

ni e Pucci si evince che i due architetti avevano collaborato, dal 1927 al 1940, per i progetti di casa Guasti a Parma, di una villa a Livorno, di una villa a Imola, della nuova sede della Ditta Olivetti a Napoli, del circolo ippico di Bologna, di Casa Nava a Modena oltre ai concorsi per la sistemazione della Piazza del Duomo di Milano, per il palazzo delle Forse Armate, per il Palazzo Acqua e Luce all’E42 e per la nuova Fiera Campionaria di Milano e ai Piani regolatori per il Quartiere della Triennale (1936), della Conca del Breuil (1947), di Bologna, e dei villaggi ifAcmP 1939 e di Modena (1940). Cfr. Attività

professionale degli archh. Ingg. Piero Bottoni e Mario Pucci (anni 1927-1940), in APB, Documenti

scritti, Curriculum vitae, profili autobiografici e altri documenti relativi alla vita, all’attività professionale, didattica e alla carriera accademi- ca di Piero Bottoni; Cfr. Enrico A. Griffini: progetti

e realizzazioni, 1920-1950, Hoepli, Milano s.d.,

p. 156.

120. Cfr. G. Consonni, Piero Bottoni e Bologna…

cit., pp. 261-277.

121. L’elaborazione di una parte dei progetti

comuni si svolgeva a Milano anche se riguar- dava lavori emiliani come per esempio quello del nuovo Policlinico di Modena. Cfr. Conven-

zione [tra E.A. Griffini, M. Pucci e P. Bottoni per

il concorso per il nuovo Policlinico di Modena], Milano 27 ott. 1933, in APB, Progetto del nuovo

questioni come quella dell’intervento sugli edifici esistenti che, negli stessi anni, erano oggetto di attenzione da parte di altri progettisti di ambito milanese come – per esempio – Giancarlo Palanti, Ignazio Gardella e Giuseppe Terragni.

Separare, inserire o unire. Alcuni progetti sull’architettura esistente

elaborati da Giancarlo Palanti, Ignazio Gardella e Giuseppe Terragni

Tra le pagine dei fascicoli di novembre e dicembre del 1933 di Quadrante furono pubblicate due tavole di immagini del progetto com’è ora e com

era prima del Politeama genovese di Mario Labò e di quello dell’albergo

Manin di Milano di Pietro Lingeri; entrambe le pagine costituivano una rubrica all’interno della rivista e recavano il titolo I diritti del tempo.147

Le due soluzioni mostrate risolvevano il confronto con l’antico operando un intervento di omogeneizzazione dei prospetti interni o esterni – il progetto di Lingeri applicando un rivestimento alle facciate dei due edifici esistenti mentre quello di Labò, al contrario, eliminando la decorazione interna della sala – con l’obbiettivo di risolvere «in unità di organismo esterno l’accostamento delle due preesistenti strutture»;148 l’espediente

impiegato da entrambi i progettisti fu quello di intervenire sulle facciate apportando – in diverso modo – una semplificazione delle forme e delle decorazioni ottenuto attraverso il principio del rivestimento.

L’albergo Manin, «il migliore rifacimento eseguito in Italia»149 secondo

Rogers fu esemplare di questa linea di intervento che ebbe un’ampia risonanza nella pubblicistica del tempo tanto da essere inserito da Alessandro Pasquali tra i «buoni esempi»150 della nuova architettura

milanese, unico intervento comparso nella lista relativo alla sistemazione di un edificio preesistente.

Il diritto di riadattare, restaurare, rifare fu oggetto anche delle riflessioni di Giancarlo Palanti che, qualche mese dopo, scrisse sulle colonne di

Casabella dell’importanza di una riflessione su questi temi perché «in

Policlinico di Modena, concorso, 1933, con Mario Pucci, 1

122. Cfr. G. Ciucci, op. cit., pp. 152-156. 123. Cfr. Programma particolare dell’esposizio-

ne internazionale di architettura moderna, in V

Triennale di Milano, Catalogo ufficiale: Edizione

d’inaugurazione, Ceschina, Milano [1933], pp.

27-29. L’esposizione fu l’occasione per Persico delle affermazioni sulla morte del razionalismo italiano sull’«europeismo da salotto» del Gruppo 7. Cfr. E. Persico, Gli architetti italiani, in «L’Italia letteraria», 6 ago. 1933 rip. in G. Veronesi (a c. di),

op. cit., pp. 64-67.

124. In questa edizione, le sezioni dedicate

espressamente all’architettura comprende- vano la Mostra Internazionale dell’architettura

moderna, (composta a sua volta dalla Galleria delle Nazioni, dalla Mostra internazionale delle opere tipiche moderne, dalla Mostra internazio- nale personale di architetti moderni, precursori e maestri (A. Sant’Elia, W.M. Dudok, W. Gropius,

J. Hoffmann, Le Corbusier, F.Ll. Wright, A. Loos, A. Lurçat, E. Mendelsohn, L. Mies Van Der Rohe, C. Melnikoff e A. Perret) e dalla Mostra di archi-

tettura italiana oltre che dalla saletta del cirPAc (nella sala erano ospitate opere di V. Bourgeois, A. Aalto, E. Goldfinger, Le Corbusier e P. Janne- ret, M. Breuer, M. Cetto, R. Döcker, W. Gropius, L. Hilberseimer, J.W. Lehr, H. e W. Luckhardt, E. Mendelsohn, Mies van der Rohe, H. Scharoun, L. Baldessari, L. Figini, G. Pollini, P. Bottoni, E.A. Griffini, A. Libera, P. Lingeri, M. Ridolfi, A. Sartoris, G. Terragni, L. Vietti, Bijvoet-Duiker, Brinkmann, van der Vlugt, J.H. Groenwegen, van Loghen, van Tuen, E.V. Broek, B. Brukalska, S. Brukalski, s. Hempel, B. Lachert, J. Szanajca, J. Najman, R. Piotrowski, H.E.C.N. Syrkus, J. Szanajca, Aizpurua, Labayen, F. Lopez Delgado, S. Illescas, I.A. Sapor- ta, J.L. Sert, Artara, Hubacher, K. Moser, A. Roth, Schmidt, E.F. Burckhardt, M.E. Haefeli, Steiger, R. Vinkler, Kellermüller, R. Preiswerk, Wallberg, Steger, Egender, von der Muhli, R.J. Neutra), la mostra La strada dedicata all’arredamento degli ambienti moderni, e quella del parco nel quale erano stati per l’occasione costruiti edifici temporanei.

125. Lettera di G. Cedres, a P. Bottoni, Parigi 11

mar. 1933, in APB, Cor. ar. 1933. Bottoni, Figini e Pollini caldeggiavano una rivista monodiscipli- nare verso l’architettura mentre Bardi e Terragni sostenevano l’orientamento pluridisciplinare che poi caratterizzerà Quadrante. Lettera di Giu. Terragni a P.M. Bardi, rip. in F. Tentori, P.M.

Bardi con le cronache artistiche de “L’”mbrosiano” 1930-1933, Mazzotta, Milano 1990, pp. 366-367;

F. Irace, Confront…, cit., p. 48 e ss.

126. La volontà di dedicare un numero mono-

grafico alla Triennale è dichiarato a più riprese da Bardi che tuttavia non lesinò critiche all’e- sposizione soprattutto per quanto riguarda l’as- senza di una tendenza unitaria: «La Triennale si presenta divisa in due, eclettica, nella due con- trastanti tendenze che avvertiamo nello scritto di “Critica Fascista”, il contrasto della quarta della quarta edizione […]. Quando noi diciamo che un’esposizione va immaginata unitariamente vogliamo appunto affermare che oggi non è possibile presentare al visitatore un’esposizione bifronte». Cfr. P.M. Bardi, Considerazioni sulla v Triennale, in «Quadrante», a. i, n. 2, giu. 1933, p. 5. Le stesse perplessità erano dimostrate a Bottoni da Griffini già nel 1931: «Riguardo alla Triennale ho saputo da Ponti che la mostra di architettura sarà promiscua: neoclassico con razionalismo senza alcuna distinzione. Cosa ne pensi? Ho telefonato a Pollini di scrivere a Libera e di indire qui una seduta per discutere la cosa».

Parte prima. Piero Bottoni e lo spirito della nuova architettura anni in cui il gusto dell’architettura in tutto il mondo si aggiorna su schemi moderni, la questione dei rifacimenti è una di quelle da porre in primissimo piano».151

Partendo da considerazioni di tipo pratico sulla convenienza delle trasformazioni dell’architettura, Palanti, prima di descrivere alcuni progetti e soluzioni pratiche che avevano il proposito di risolvere questo difficile compito, consigliava all’architetto che si apprestava ad un lavoro di tale tipo di «non procedere con idee fisse al progetto, ma mantenersi elastici e prendere quelle soluzioni che il buon senso impone; non ostinarsi in soluzioni che hanno ragion d’essere solo in un edificio concepito tutto d’un pezzo; non avere nemmeno troppa paura nell’abbattere parti che siano di ingombro; ponderare tutto molto lungamente».152

Gli interventi di riammodernamento che Palanti presentava riguardavano principalmente la modifica dell’aspetto esteriore dell’edificio; così come egli suggeriva di rivestire di compensato e di eliminare le cornici troppo elaborate sostituendole eventualmente con altre più lineari per rendere più moderna una vecchia porta con specchiature multiple sottosquadro, i progetti architettonici presentati – tutti studiati da progettisti non italiani – rendevano moderno un edificio esistente lasciandone spesso immutata, di fatto, la distribuzione interna e la struttura ma intervenendo con forme e materiali aggiornati sulla superficie delle facciate.

Esemplare di questo tipo di intervento è il Palmengarten di Francoforte di Ernst May, Martin Elsasser e Werner Hebebrand che, come sottolineava Palanti «prima e dopo del rifacimento l’edificio aveva la stessa destinazione, ma la sua antica natura estetica costituiva una specie di controsenso dovuto prevalentemente al carattere architettonico. Oggi, il rifacimento ha dato all’edificio non solo un aspetto nuovo, originale, ma lo ha anche restituito alla sua intima funzione. È questa, dunque, un’altra prova di come l’architettura nuova soddisfi con assoluta coscienza tecnica ed estetica a problemi risolti attraverso altri gusti».153

Nell’articolo trova spazio anche il progetto dei fratelli Luckhardt e Alfons Anker per la Telschow Haus di Berlino nel quale gli autori rivestirono la facciata della preesistente abitazione con una parete curvilinea di sapore mendelsohniano.

Ma il progetto che maggiormente elogiò Palanti – e che ha più similitudini con quelli che Bottoni di lì a qualche anno avrebbe realizzato – fu quello di Karl Schneider per il Palazzo per esposizioni d’arte di Amburgo del

Lettera di E.A. Griffini a P. Bottoni, s.l., [1931], in APB, Cor. ar. 1931.

127. A tal proposito si veda il numero cinque

di Quadrante dedicato interamente al iii ciAm.

128. D. Rifkind, op. cit., p. 52.

129. Prosegue entusiasta Bottoni: «Noi del

gruppo milanese siamo tra i fondatori e forme- remo un comitato di redazione per l’architettura che ripasserà le bucce a tutti». La lettera si conclude con l’invito a Sartoris a collaborare alla rivista. Copialettera di P. Bottoni ad A. Sartoris, Milano 5 gen. 1933, in APB, Cor. pa. 1933.

130. P. Bottoni, M. Cereghini, L. Figini, G. Frette,

E.A. Griffini, P. Lingeri, G. Pollini, G.L. Banfi, L.B. di Belgiojoso, E. Peressutti, E.N. Rogers, Un

programma d’architettura, in «Quadrante», a. i, n. 1, mag. 1933, pp. 5-6.

131. E. Mumford, op. cit., pp. 73-91.

132. P. Bottoni, G. Pollini, Saletta del C.I.R.P.A.C.,

in V Triennale di Milano, Catalogo ufficiale:

Edizione d’inaugurazione…, cit., p. 135.

133. Il progetto apparve nella sezione Opere

di architetti italiani all’interno della Galleria dell’Italia. Ivi, p. 114.

134. I lavori apparivano nella sezione Arreda-

menti di interni all’interno della Galleria dell’I-