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1. Lingue dei Segni e linguaggio: approcci teorici e direzioni della ricerca attuale

1.3. Verso un rovesciamento di prospettiva

1.3.1. Cuxac e le Strutture di Grande Iconicità

Analizzando l‘organizzazione e le realizzazioni della LSF (Langue des Signes Française) Cuxac e collaboratori manifestano una forte diffidenza rispetto all‘impostazione linguistica prevalente, le cui basi e i cui sviluppi si sono ripercorsi, definita dagli stessi autori come corrente dall‘approccio nettamente ―assimilazionista‖. Le ragioni di questa divergenza sono molteplici e, come l‘autore sottolinea insieme a Elena Antinoro Pizzuto – una studiosa che condividerà la stessa impostazione sviluppandola in Italia – probabilmente dovute anche al contesto di ricerca francese, contraddistinto da «l‘importance au sein des cursus de formation en sciences du

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langage, […] de la pragmatique de l‘interaction, de la sociolinguistique et surtout dans certaines universités de la sémiologie» (CUXAC & PIZZUTO 2010: 46-47). La mossa realizzata da questi ricercatori consiste allora nell‘esplicitazione di una precisa critica metodologica rispetto all‘impostazione analitica inaugurata dagli studi di Stokoe:

«[…] le unità di doppia articolazione, equivalenti ai fonemi, sono ottenute attraverso modalità di citazione realizzate (attraverso domande del tipo ―come si dice ‗cafè‘ in LSF?‖) a partire dalla supposta equivalenza con i lessemi della lingua vocale e scritta dominante. Tale inventario lessicale de-contestualizzato sta quindi alla base dell‘elaborazione della lista di coppie minime» (Ivi: 43, traduzione mia)35.

Si evidenzia come a fondamento dell‘individuazione del carattere di doppia articolazione nei sistemi segnati e della simmetrica analogia tra cheremi e fonemi vi sia una basilare identificazione tra Segno e parola, primariamente legata a un‘impostazione di ricerca concentrata sul lessico standard, corrispondente con i CORE signs, la parte nucleare del lessico data da Segni nominali e verbi monomorfemici. L‘elicitazione di coppie minime e il simmetrico rilevamento di parametri fonologici si basa, cioè, sull‘utilizzo di un inventario di unità lessicali decontestualizzate dall‘effettivo discorso segnato che risulta essere invece composto da strutture discorsive difficilmente riconducibili alle entrate dizionariali. Come si esplicita nell‘articolo riportato, se comparati ai dizionari delle lingue vocali e alle loro decine di migliaia di parole, i più elaborati dizionari delle lingue segnate non superano le 4 o 5000 occorrenze. Allo stesso tempo, le sempre più costanti attività di traduzione e interpretazione palesano come ogni contenuto, per quanto complesso, possa essere riportato in esse senza alcuna dispersione di senso, portando dunque a sollevare la significativa questione: «comment des interprètes confirmés y parviennent- ils, en disposant d‘un lexique si limité?» (Ibidem).

L‘impostazione di questi autori può allora essere caratterizzata a partire dalla volontà di mettere a fuoco un particolare aspetto dei sistemi segnati: essi sono costituiti da un lessico composto da unità discrete e realizzate attraverso componenti minime, ma la loro particolarità e originalità consiste nel loro attingere ad altre risorse espressive che funzionano indipendentemente da esso, definite Structures de Grande Iconicité o Transfert (CUXAC 1985).

Questi elementi, pur essendo articolati attraverso le regole e le strutture che ne garantiscono la

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Testo originale: « […] les unités de deuxième articulation, équivalentes à des phonèmes sont recherchées à partir de formes de citation obtenues (sur la base de questions du type: ―comment dit-on ‗café‘ en LSF?‖) à partir d‘une supposée équivalence avec les lexèmes de la LV vocale et écrite dominante. Cet inventaire lexical décontextualisé va ensuite servir de base à l‘élaboration d‘une liste de paires minimales».

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buona formazione all‘interno del sistema, si contraddistinguono per la loro netta resistenza al processo di opacizzazione che caratterizza, invece, i Segni appartenenti al lessico, alla luce di un ―va e vieni dell‘iconicità‖ (SALLANDRE 2001, RUSSO 2004) che, come si vedrà meglio nella parte successiva del lavoro, caratterizza i processi linguistici segnati. Questo differente comportamento è stato identificato dalla letteratura attraverso diverse definizioni, in particolare contrapponendo il tipo di iconicità Frozen del lessico stabilizzato a quella dei Productive Signs (BRENNAN 2001, JOHNSON & SCHEMBRI 1999, SCHEMBRI 2003) che il modello di Cuxac descrive nel dettaglio individuando un insieme di «strategie di presentazione iconica delle informazioni» (RUSSO 2004: 102) messe in atto dai segnanti, riconoscendovi più in particolare dei Transfert de taille e/ou forme, Transfert situationnels e Transfert de personne. Il termine

Transfert è difatti atto a mettere a fuoco e descrivere sia le operazioni cognitive attraverso le quali

i segnanti traducono le proprie esperienze percettivo-pratiche in una rappresentazione prodotta all‘interno dello spazio segnico, sia le strutture linguistiche che realizzano questo processo: «Il s‘agit d‘opérations qui permettent de transférer, en les anamorphosant faiblement, des expériences réelles ou imaginaires dans l‘univers discursif tridimensionnel appelé espace de signation (l‘espace de réalisation des messages)» (CUXAC 2001: 14). Un atteggiamento di questo genere mette a fuoco queste considerazioni con l‘obiettivo primario di mettere in primo piano il carattere complesso delle caratteristiche iconiche delle lingue segnate, «making short work of the equation ―iconic‖ means ―unstructured‖» (CUXAC & SALLANDRE 2007: 14) esplicitando come le proprietà da loro possedute rappresentino delle risorse, riconoscendo in esse complessità e strutture che conferiscono loro la capacità e la ricchezza espressiva di una lingua genuina.

I Transfert de taille e/ou forme hanno lo scopo di descrivere, mostrandole, le caratteristiche percettive di un certo contenuto: gli autori considerano queste modalità espressive sottolineando il ruolo fondamentale, e non accessorio, di tutto il corpo nella costruzione del significato. Considerando un esempio relativo alla descrizione di un albero tratto dal loro

database di produzioni realizzate da sordi segnanti nativi francesi, si osserva come esse

partecipino alla narrazione allo stesso modo delle mani, veicolando ad esempio con l‘espressione del viso le dimensioni dell‘oggetto, molto grandi per quanto riguarda il tronco e sottili per quanto riguarda il ramo.

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(CUXAC & SALLANDRE 2007)

I Transfert situationnels realizzano invece un meccanismo che viene attivato nella rappresentazione di eventi di moto o locativi. In LIS, la frase ―Cadere sul ghiaccio‖ è espressa dal segnante attraverso questo tipo di strategia: dopo aver enunciato il Segno standard per veicolare il contenuto „ghiaccio‟, si utilizzano questi strumenti atti a rappresentare sia la superficie ghiacciata sia la persona soggetta allo sfortunato evento, rappresentata attraverso la

configurazione della mano dominante, fissando attraverso quella non-dominante il punto di riferimento spaziale.

(https://www.spreadthesign.com)

Si coglie l‘occasione per sottolineare un fattore che si ritiene particolarmente interessante: questa intrinseca capacità di illustrare figurativamente ciò che viene enunciato può essere ritrovata non solo nel lessico produttivo, caratterizzato da una funzione nettamente narrativa e descrittiva, ma anche in quei costumi linguistici più formali e frequentemente usati. Un esempio emblematico è la formula inglese ―Nice to meet you‖, che viene realizzata in BSL attraverso il verbo TO MEET, appartenente al lessico standard, molto spesso costituito mediante la convenzionalizzazione di costruzioni classificatorie. Il verbo rappresenta la situazione di un incontro in qualche modo raffigurata, ‗rimessa in scena‘, per quanto in maniera contratta e stilizzata, ogni volta che si enuncia la frase di circostanza attraverso l‘utilizzo ormai stabilizzato

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della configurazione con la quale le due mani rappresentano due persone che si avvicinano, appunto, incontrandosi.

(https://www.spreadthesign.com)

Infine, il Transfert de personne individuato dai ricercatori francesi consiste in una strategia con la quale il segnante che sta producendo il discorso racconta un io diverso rispetto a quello dell‘enunciazione in atto per comunicare discorsivamente e illustrare, ‗in prima persona‘, un atto compiuto da un altro soggetto – come si può osservare tramite l‘esempio dell‘impersonificazione di un bambino che abbraccia un adulto – o, ad esempio, di se stesso nel passato, arrivando a impersonare anche più punti di vista interni alla narrazione.

BAMBINO-ABBRACCIA (LIS)

(LAUDANNA 2004)

Gli studi di Cuxac approfondiscono come, mentre lo sguardo del segnante sia sempre diretto verso l‘enunciatario durante l‘articolazione di Segni standard, questo fenomeno linguistico si realizzi attraverso un processo codificato con il quale l‘enunciatore interrompe il

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contatto visivo con l‘enunciatario, mutando la posizione del proprio corpo e mettendo in atto veri e propri body markers che denunciano l‘inizio di una scena totalmente débrayata (JAKOBSON 1957, GREIMAS & COURTÉS 1979)36. La frase elicitata da un loro corpus ―Il gatto si arrampica sull‘albero‖ ed espressa e raffigurata dai segnanti per descrivere una corrispondente vignetta, viene realizzata attraverso questo tipo di Transfert nel quale lo sguardo, dall'essere diretto verso il ricevente, viene spostato verso il nido ‗interno‘ alla narrazione, vero e proprio segnale che indica come la prima persona non sia più quella del segnante37.

(CUXAC & SALLANDRE 2002)

Si noterà come in questa modalità rappresentativa lo spazio segnico subisca una forte trasfigurazione sulla base del punto di vista impersonificato: quella che viene di volta in volta rappresentata è la prospettiva sia narrativa che spaziale di un particolare personaggio, sulla base di un punto di vista in prima persona preso in carico dal corpo dell‘enunciatore. Come sottolinea Russo, nella descrizione di questo fenomeno parlare di ‗imitazione‘ è semplicemente fuorviante poiché «il perno intorno a cui ruotano le azioni descritte resta sempre un perno linguistico, narrativo grazie a cui si succedono situazioni e personaggi ―impersonati‖» (RUSSO 2004: 100).

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Affrontando il complesso tema dell‘enunciazione, la semiotica greimasiana ha ripreso e sviluppato un concetto appartenente alla linguistica di Jakobson (1957), quello di shifter. Con questa categoria il linguista si riferiva a tutti quegli elementi grammaticali che, come i pronomi personali, manifestano in qualche modo la presenza del soggetto nella sua enunciazione. Tale concetto è stato articolato facendo riferimento alla dinamica tra due fondamentali momenti: quello di débrayage, inteso come disgiunzione, scissione tra la dimensione dell‘io-qui-ora dell‘enunciazione e quella dell‘enunciato, e il successivo momento di ritorno o embrayage (BERTRAND 2000).

37 Una dinamica ‗corporea‘ molto simile, legata al rapporto tra la direzione dello sguardo e le modalità

enunciative, è stata riscontrata negli studi di semiotica visiva, nei quali si mette in luce la presenza, ad esempio nei dipinti, di soggetti che guardano verso l‘osservatore, innescando una sorta di dinamica dell‘io-tu – débrayage enunciazionale e ―chiamata in causa‖ dell‘enunciatario – e di soggetti posti di profilo – débrayage enunciativo, equivalente visivo della terza persona (SCHAPIRO 2002).

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Come si approfondirà nella terza parte, nelle loro produzioni i segnanti mettono in atto queste differenti strategie rappresentative con le quali passano dalla focalizzazione di un particolare a una vera e propria ripresa della scena narrata dall‘alto, cambiando costantemente il loro punto di vista nel discorso e, così facendo, arricchendolo di descrizioni e sempre ulteriori effetti di senso. Non è un caso che, riportando le scelte espressive di un segnante che, raccontando una scena, passa abilmente dall‘utilizzo del lessico standard alla successione coerente di differenti tipologie di Transfert, il resoconto di Cuxac ne faccia emergere il carattere di un vero e proprio montaggio espressivo molto simile a quello del linguaggio cinematografico, che l‘autore riconduce alle modalità di espressione tipiche della Cultura Sorda, una nozione che si illustrerà nel dettaglio più avanti:

«Si sarà qui riconosciuto lo stesso procedere di una telecamera rispetto a ciò che essa ci fa vedere […]. Il confronto con il cinema non si ferma qui: la possibilità di ‗mostrare dicendo‘ in LSF ha dato luogo a strategie narrative di carattere culturale proprie del mondo dei sordi, che si contraddistinguono per questa grande varietà di

scripts e di processi fortemente intra-sequenziali dalla grana fine» (CUXAC 2001: 22, traduzione mia)38.

Risulterà chiaro che parte delle strutture individuate da Cuxac descrivono rispettivamente quei fenomeni che nelle ricerche linguistiche vengono analizzati come Classificatori e come Role

Shift o Impersonamento39

. A tal proposito, la differenza tra la terminologia da lui utilizzata e quella più diffusa in letteratura «non è superficiale ma sostanziale» in virtù del fatto che «si basa […] su un modello linguistico che attribuisce all‘iconicità un ruolo formale cruciale […]» in cui inoltre «lo sguardo è considerato un parametro fondamentale dell‘attività segnica» (PIZZUTO et al. 2008: 47). Quello di Cuxac è un approccio che, non imponendo alle lingue segnate la griglia di analisi di quelle vocali, guarda alla loro capacità raffigurativa e alla presenza di strutture iconiche come elemento centrale e prioritario per comprenderne il funzionamento, cercando inoltre di non costringere le possibilità del sistema segnato alle sole mani, affiancando a esse un fortissimo interesse per lo sguardo, la postura del corpo e l‘espressione del viso. Si pone particolare attenzione, cioè, a come le cosiddette componenti non manuali si integrino nel discorso segnato spontaneo dando vita a «une intense sémantisation du corps qui va bien au-delà

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Testo originale: «On aura reconnu le mouvement même d‘une caméra dans ce qu‘elle nous donne à voir (le terme donner à voir eu égard à la structuration des conduites de récit en langue des signes est plus adéquat que le terme montrer). La comparaison avec le cinéma ne s‘arrête pas là : la possibilité de montrer tout en disant en LSF a donné lieu à des stratégies narratives culturelles propres au monde des sourds, se caractérisant par une abondance de scripts et des procès fortement intra-séquencés d‘une granularité fine».

39 Si veda, per gli studi dedicati a questa tecnica nell‘ASL, BAHAN & PETITTO 1980, LILLO-MARTIN

1995, LEE et al. 1997, MEIER 1990, PADDEN 1986, 1990; per quanto riguarda la LIS si rimanda a AJELLO 1997, MAZZONI 2008, ZUCCHI 2004.

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des seules réalisations manuelles» (CUXAC & PIZZUTO 2010). Sono invece prevalentemente su queste ultime che si è concentrata la ricerca fin dai lavori di Stokoe, un‘impostazione che, come si vedrà, è stata sviluppata da quelle ricerche che, evidenziando nell‘evolvere diacronico dei Segni un restringimento dello spazio espressivo (FRISHBERG 1975), fanno riferimento alle espressioni del viso e ai movimenti del corpo come a «elementi sovrasegmentali e non grammaticali» anche per quanto riguarda le lingue segnate (RADUTZKY 2000: 39).

Inoltre, come si è anticipato, nella prospettiva dei linguisti americani gli stessi elementi espressivi manuali vengono analizzati come classificatori e descritti principalmente come strutture dotate di una funzione stabile e di proprietà morfologiche e sintattiche caratterizzate da una ―apparent iconicity‖ (BRENTARI 2012). Pur esplicitando, cioè, la presenza di una modalità espressiva fondamentalmente iconica, tale impostazione intende rimarcare come essa «is not significant from the point of view of how the system of signs functions as a language» (KENDON 2008: 349), presentando inoltre un‘iconicità ridotta rispetto alle effettive possibilità espressive della mano: «even though one could imagine more finger combinations», notano Brentari e colleghi, «the iconicity found in these handshapes has been reduced to some extent» (BRENTARI et al. 2012: 4). Non solo perché tra tutte le configurazioni possibili ce ne sono solo alcune ammesse dallo specifico sistema segnato in uso ma perché, come si specifica in questo articolo e come si vedrà meglio in seguito, i processi di fonologizzazione modulano la complessità articolatoria dei Segni.

In generale, l‘utilizzo stesso della categoria linguistica ‗classificatori‟, ricavata, come si è detto, in analogia con gli elementi individuati nelle lingue vocali, è stata messa in questione e non è oggigiorno universalmente condiviso (EMMOREY 2003). Più in particolare, la linea di ricerca sviluppata da Cuxac predilige e propone un‘altra terminologia che lascia trasparire un differente approccio teorico il quale cerca appunto di andare oltre la semplice assimilazione dei fenomeni presenti nei sistemi linguistici umani con lo scopo di individuarne l'effettivo comportamento: «[…] appliquer purement et simplement le terme de classificateur aux langues des signes fait perdre de vue la dynamique propre à ces langues qui consiste à reprendre des éléments thématisés du lexique standard pour les intégrer en tant que formes dans une visée illustrative» (CUXAC 2001: 12). Parlare di predicati classificatori per descrivere le configurazioni manuali utilizzate in questi processi di Grande Iconicité significa non riuscire a rendere conto del meccanismo peculiare che li caratterizza – che difatti non appartiene agli usi classificatorio riscontrati nelle lingue vocali – legato all‘articolazione successiva a quella di un type espressivo stabilizzato che

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lo riprende e lo integra all‘interno del quadro di una visée illustrative. Vale a dire, attraverso questi elementi le lingue visivo-gestuali si contraddistinguono per realizzare in maniera fortemente integrata due modalità comunicative intenzionali di tipo diverso, che vengono utilizzate dai segnanti alternando al ‗dire‘, alla discorsivizzazione di un determinato contenuto, il ‗mostrare‘, la capacità di renderlo visibile, esibirlo: «Their function serves […] to represent the monstrative mode of "like this" combined with "as if", showing and acting out while telling» (CUXAC & SALLANDRE 2002: 3). Si noti come esattamente questa dimensione sia stata rilevata da Zucchi e colleghi e, proprio in virtù di questa sua caratteristica, estromessa da ciò che è considerabile nei sistemi segnati come propriamente linguistico, risultando qui invece un elemento semiotico centrale e peculiare di queste lingue:

«Tutte le lingue consentono di ricostruire delle esperienze, ma le lingue orali non fanno che dire (salvo il caso in cui vengano considerati i gesti : un pesce grande ‗così‘, l‘imitazione della postura, o la rievocazione della voce di un personaggio in un dialogo riportato) senza mostrare. Per le lingue dei segni è molto diverso in quanto in esse la dimensione del ‗così‘, mostrando e imitando, può sempre essere attivata» (CUXAC 2003: 25, traduzione

mia)40.

Quella sviluppata in area francese è dunque un‘impostazione di ricerca che considera la dimensione quadrimensionale, spaziale e temporale insieme, della strutturazione dei messaggi del sistema segnato come fondamentale modalità della sua realizzazione e, soprattutto, «qui pose l‘iconicité comme principe organisateur des LS» (GARCIA 2009: 4), descrivendola come principio stesso di produzione del senso sulla base di un costitutivo dire mostrando dei Segni: «ces unités de transfert manifestent ainsi la mise en œuvre, dans les LS, d‘un procédé sémiologique de production du sens étroitement lié aux potentiels figuratifs propres à la modalité visuo-gestuelle et qui n‘a de ce fait que peu d‘équivalent dans les LV» (Ibidem). Per questo motivo, tali aspetti meritano un approccio descrittivo ed esplicativo separato e diverso da quello della linguistica delle lingue vocali: «vouloir réduire le langage et plier les langues des signes aux structures formelles des langues orales reviendrait, mutatis mutandis, à vouloir définir les propriétés générales du triangle à partir des propriétés formelles spécifiques du triangle équilatéral» (CUXAC 2001: 11). Proprio rispetto alle espressioni e alla mimica del viso, con le quali il segnante ci ‗parla‘ dello stato d‘animo e delle emozioni di un certo personaggio raccontandole verbalmente e, allo stesso tempo, convocandole sul proprio viso (―en « convoquant

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Testo originale: «Toutes les langues permettent de reconstruire des expériences, mais les langues orales ne font que le dire (sauf les cas d‘ajouts gestuels: un poisson grand comme a , d‘imitation postural de personnages, ou d‘imitation de voix dans des dialogues rapportés), sans le montrer. Il en va tout autrement avec les langues des signes ou la dimension du comme a en montrant et en imitant […] peut toutjours être activée».

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» sur son propre visage‖) Cuxac sottolinea il carattere artificiale di una loro separazione dalla componente linguistica del messaggio, suggerendo allo stesso tempo come questo fenomeno, appartenente alla dimensione propriamente linguistica nelle rappresentazioni segnate e che appartiene al para-linguistico delle produzioni discorsive vocali conduca a una più ampia riconsiderazione di questa differenziazione:

«[…] in virtù del canale utilizzato, le lingue dei segni sono oggetti che portano a interrogarsi, naturalmente si potrebbe dire, sulla validità stessa della comune distinzione tra verbale e non-verbale. Stante la situazione, secondo tale distinzione gli elementi mimetici e le posture assunte dal soggetto enunciatore rientrerebbero nella categoria del non-verbale. Nelle strutture di Transfert Personnel nel momento in cui il soggetto enunciatore rappresenta il personaggio di cui parla, le sue realizzazioni a carattere mimetico, assimilabili a dei complementi di maniera, sono attribuite al protagonista del processo dell‘enunciato. Il problema consiste nel fatto che, trattandosi delle stesse realizzazioni che caratterizzano sia il Transfert che il soggetto enunciatore nell‘interazione, sarebbe privo di senso attribuire un carattere non-verbale a quest‘ultimo caso e verbale al primo. In questo modo, la pertinenza della distinzione verbale/non-verbale si dissolve, rimettendo in discussione i confini stessi dell‘oggetto ―lingua‖ » (CUXAC 1998: 88)41.

A tal proposito, anche se realizzate sulla base di un‘iconicità degenerata (CUXAC 2003) attraverso la quale i segnanti articolano una descrizione ‗più neutrale‘ degli eventi, mettendo in atto, nota Cuxac, una modalità comunicativa che è quella del ‗dire‘, priva di un vero e proprio scopo illustrativo42, l‘autore dichiara il carattere costitutivamente significativo delle unità che costituiscono la struttura interna dei Segni frozen, attribuendo sia alle componenti discrete che a quelle caratterizzate da una dimensione graduale e continua un valore morfemico «plus semblable à la compositionalité des idéogrammes du chinois écrit qu‘à la compositionalité phonologique des unités significatives des langues orales» (CUXAC 2001: 17). In tal senso,

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