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Le configurazioni manuali tra gesti e Segni

1. Lingue dei Segni e linguaggio: approcci teorici e direzioni della ricerca attuale

1.2. Gli sviluppi degli studi linguistici

1.2.1. Le configurazioni manuali tra gesti e Segni

Seguendo un modello elaborato per la lingua giapponese, Padden & Brentari (2001) hanno individuato nel lessico della ASL una componente nativa e una non nativa, identificando in particolare tre sotto-costituenti caratterizzate da una diversa origine diacronica dei Segni e da un loro differente comportamento rispetto all‘organizzazione fonologica e morfologica della grammatica del sistema segnato.

(BRENTARI & PADDEN 2001)

Il lessico non nativo è costituito dai FOREIGN signs realizzati sulla base dell‘influenza di altri linguaggi, indipendentemente dal fatto che siano segnati, parlati o scritti: queste occorrenze vengono articolate attraverso fenomeni che abbiamo osservato in relazione alle componenti orali, o mediante meccanismi come l‘inizializzazione – ad esempio nel Segno LEGGE della LIS, nel quale la configurazione utilizzata riprende la lettera iniziale della corrispondente parola in italiano – il prestito da altre lingue dei Segni o, come si è visto, mediante l‘uso della dattilologia.

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(RADUTZKY 2000)

La componente nativa è invece costituita da due elementi: da un lato, i CORE signs, la parte nucleare del lessico data da Segni nominali e verbi monomorfemici, realizzazioni ―frozen‖, lessicalizzate, che rimangono invarianti rispetto al contesto di utilizzo; dall‘altro, gli SPATIAL

signs, la componente non nucleare costituita da verbi polimorfemici e caratterizzata da una

maggiore identificabilità rispetto all‘origine gestuale. Queste ultime tipologie di occorrenze si contraddistinguono per la maggiore complessità rispetto ai predicati frozen costituendo quella che, come vedremo nella seconda parte, viene definita iconicità produttiva: modificandosi morfologicamente con il variare del contesto d‘uso, esse vengono utilizzate per descrivere oggetti e veicolare informazioni su eventi di moto, azioni o locazioni. Il comportamento di questi Segni viene descritto da questa tradizione di studi con il termine classificatori, mutuato dalla linguistica dei sistemi vocali in analogia con alcune categorie morfologiche appartenenti a lingue non indoeuropee, le quali realizzano distinzioni di forma o numero legandosi agli elementi lessicali. Nei sistemi segnati la radice verbale, espressa attraverso il movimento effettuato dall‘articolatore che descrive l‘azione di cui si sta parlando, viene flessa mediante l‘utilizzo di una specifica configurazione della mano, la quale porta figurativamente con sé informazioni rispetto l‘entità che compie l‘azione, classificandola: «the handshape is an affix on the verb that ―classifies‖ an argument of verb as one of several types (e.g. a vehigle, an animal, a round object)» (BRENTARI et al. 2012: 2). Rappresentato attraverso alcuni suoi tratti salienti, l‘argomento verbale viene inserito all‘interno di una determinata categoria:

«Troviamo, ad esempio, nella LIS ―classificatori‖ legati alla forma di un oggetto come quelli che riutilizzano la configurazione G per oggetti lunghi e sottili, quelli legati alla configurazione B per oggetti e superfici piatte, quelli che si servono della C per oggetti dalla forma curvilinea, e quelli con configurazione F per oggetti che possono essere afferrati con due dita, etc.» (RUSSO 2004: 71-72).

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(RADUTZKY 1992)

Inizialmente descritti come modalità rappresentative dal carattere mimetico (KLIMA & BELLUGI 1979), è stato più recentemente mostrato come fossero composti da un numero limitato di componenti discrete, individuandone la regolarità e il comportamento morfologico (SUPALLA 1978, 1982, NEWPORT 1982). I classificatori occorrono, difatti, solitamente in posizione post-nominale, dopo cioè che un certo contenuto è stato rappresentato mediante il Segno frozen che convenzionalmente lo veicola, per predicarne qualcosa, esplicitandone, come si è detto, la forma, la posizione, l‘azione che compie o che vi può essere diretta.

La letteratura distingue per questo motivo tre fondamentali gruppi di configurazioni a funzione classificatoria: Entity classifiers, SASS (Size and Shape Specifiers) classifiers e

Handling classifiers (SUPALLA 1978, 2008, SCHEMBRI 2003). Applicando la distinzione alla

citazione di Russo relativa alla LIS, in questa lingua si possono raffigurare determinate proprietà percettive dell'oggetto realizzandone una rappresentazione schematica mediante la forma assunta dall'intera mano, come nel caso della configurazione G, usata ad esempio per riprodurre il movimento o la posizione di una penna, di una persona o di un albero, ‗estraendo‘ da tutte questi diversi contenuti il tratto di forma allungata che li contraddistingue (Entity classifiers), oppure delineandone il perimetro o la grandezza (SASS classifiers). Infine, come verrà meglio esplicitato nella terza parte del lavoro, ciò che può essere portato a raffigurazione sono le proprietà

relazionali che caratterizzano l‘argomento del verbo, riguardanti il modo in cui una certa

porzione di realtà può essere usata o afferrata (Handling classifiers). Un esempio di Mazzoni (2008) illustra chiaramente come uno stesso contenuto, LIBRO, articolato in LIS mediante un‘entrata lessicale appartenente al lessico CORE, possa essere rappresentato attraverso l‘utilizzo di SPATIAL signs sulla base delle differenti funzioni espressive che essi realizzano. Una frase atta a predicare qualcosa di un questo oggetto verrebbe quindi articolata tramite l‘occorrenza tratta dal lessico della lingua e il successivo utilizzo del predicato classificatore con espressioni che possono essere parafrasate nel seguente modo: ―Un oggetto dalla forma piatta (libro) è

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appoggiato in verticale‖ (CL di entità), ―(Qualcuno) afferra un oggetto dalla forma piatta (libro)‖ (CL di afferramento), ―Un oggetto (libro) ha il tale perimetro‖ (CL SASS)26

.

(https://www.spreadthesign.com)

(MAZZONI 2008)

Al contrario di quanto affermato da altri ricercatori e dallo stesso Stokoe nei suoi più recenti lavori (STOKOE 1991, ARMSTRONG et al. 1995), queste indagini separano la struttura fonologica del Segno dal livello significativo. In particolare, esse distinguono nettamente la

26 L‘articolazione in lingua dei Segni di una frase in cui viene predicato qualcosa di un oggetto segue

solitamente la struttura OV: la frase italiana ―Il libro cade‖ viene cioè realizzata con il Segno LIBRO aggiungendo poi il Segno rappresentante il predicato CADERE.

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funzione delle configurazioni nel lessico CORE e non-CORE: mentre nei predicati classificatori appartenenti al lessico SPATIAL esse svolgono un ruolo morfologico e sintattico – «in classifier predicates, parts of the handshape structure can carry information about the size and shape of the object that may be phonological, morphological, and iconic at the same time», per quanto riguarda le occorrenze tratte dal lessico CORE «handshapes is purely phonological, and combine with other elements to form stems; i.e., the handshape is meaningless and completely arbitrary» (BRENTARI 2011: 17). Una stessa configurazione, utilizzata nelle tre diverse componenti del lessico, assume quindi diverse caratteristiche semiotiche svolgendo differenti funzioni

linguistiche: nell‘esempio offerto di seguito, la handshape F piatta costituisce un FOREIGN

sign finalizzato a esprimere il contenuto „Prendere una F a scuola‟ attraverso la riproduzione

della lettera nell‘alfabeto 'F', rappresentata nel suo materiale ‗stamparsi‘ su di una superficie; realizza nel secondo caso un CORE sign che corrisponde all'entrata lessicale BENEFIT composta da parametri formazionali dal comportamento fonologico; articola il Segno atto a descrivere un ―Oggetto sottile e lungo‖ mediante l‘utilizzo di un classificatore, quindi di una particella morfologica appartenente al lessico SPATIAL della ASL.

(BRENTARI 2011)

Riassumendo: se nel lessico non-CORE le configurazioni svolgono una funzione morfologica veicolando un significato, in quello CORE esse non hanno uno statuto morfologico, assolvendo una funzione puramente fonologica, realizzando cioè sotto-unità completamente prive di significato dal carattere contrastico. In questa direzione si muovono anche le numerose

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ricerche attualmente interessate a rilevare le diversità tra le configurazioni manuali utilizzate dagli udenti nei gesti e quelle che, invece, corrispondono a parametri linguistici nei Segni27

. Un interessante lavoro condotto in ambito psicolinguistico da Emmorey e colleghi (2003) analizza il modo in cui le handshapes vengono recepite dai segnanti, indagando quello che gli studi definiscono come categorical perception effect, «the finding that certain stimuli (particularly speech) are perceived categorically rather than continuously, despite a continuous variation in form» (Ivi: 21). Questo effetto si realizza, cioè, quando il cambiamento continuo e uniforme di alcuni stimoli viene percepito come una variazione discontinua, coincidendo con il processo attraverso il quale li ritagliamo selezionandoli in maniera discreta, recependoli cioè come qualitativamente simili all‘interno di una data categoria e diversi rispetto ad altre (MCCULLOUGH & EMMOREY 2008). Questo fenomeno, riscontrato nel modo in cui la materia espressiva sonora delle lingue vocali viene recepita, è stato indagato nei sistemi segnati, ricercando in particolare se i segnanti sviluppino, sulla base della loro competenza linguistica, la capacità di percepire distinzioni rilevanti per la fonologia della loro lingua28

.

Segnanti nativi e udenti americani sono stati sottoposti a input consistenti in successioni di immagini statiche atte a rappresentare in sequenza il passaggio tra i) due configurazioni allofone, come nel cambiamento della handshape N da aperta a chiusa del Segno SAY-NO-TO; ii) due configurazioni contrastive, come nel caso del passaggio tra due differenti Segni, PLEASE e SORRY. Lo studio evidenzia come, a differenza degli udenti, i segnanti riescano a individuare in maniera netta il confine tra le due categorie contrastive, rilevando in particolare la presenza di un categorical perception effect solo per esse, vale a dire per le handshapes in grado di realizzare

27 Le discontinuità e le continuità tra gesti e Segni verranno approfondite meglio nella terza parte del

lavoro, nella quale si espliciterà la posizione assunta in merito a questa importante questione. Per ora si rimarca come le differenze tra le due produzioni siano state individuate anche attraverso studi su soggetti con danni cerebrali relative alle zone deputate al controllo del linguaggio. Una ricerca di Marshall et al. (2004), ad esempio, studia un soggetto sordo inglese che dopo un incidente presenta danni all‘emisfero sinistro: sebbene la sua comprensione e produzione di gesti rimanga buona, le capacità interpretative e l‘uso di Segni della BSL del partecipante sono risultati nettamente compromesse, evidenziando quindi, anche da un punto di vista dei correlati neurali, la differenza tra Segni e gesti.

28 Si fa riferimento a esperimenti che hanno evidenziato il ruolo dell‘esperienza linguistica nella

discriminazione percettiva, mostrato ad esempio nella difficoltà degli utenti di una certa lingua di discriminare delle distinzioni che non hanno in essa una funzione contrastiva (WERKER & TEES 1983). Più in generale, questo tipo di indagini su sistemi vocali e segnati possono essere inserite all‘interno del recente interesse rivolto al rapporto circolare e dinamico tra linguaggio e pensiero, in particolare alle modalità con le quali il linguaggio può veicolare alcuni meccanismi percettivi (LIUZZA et al. 2010).

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una coppia minima, e non quando la successione esibiva una variazione semplicemente allofonica29

.

i) SAY-NO-TO (passaggio tra due tokens dello stesso type)

ii) PLEASE, SORRY (passaggio tra due tokens che realizzano types diversi)

(EMMOREY et al. 2003)

Se, nelle lingue, i continua tra elementi fonologici contrastivi e non contrastivi vengono percepiti diversamente dai loro utenti, la presenza di questo effetto solo nei segnanti suggerisce come esso sia frutto del fatto che, in quanto utenti di quel linguaggio, essi sviluppino delle capacità atte a discriminare distinzioni pertinenti per esso. Sebbene, come afferma Brentari, «the phenomenon of categorical perception does not demonstrate conclusively that a phenomenon is phonological in nature» esso suggerisce tuttavia come «signers behave differently towards handshape than non-signers (gesturers) do» (BRENTARI 2011: 2-3). Il possibile statuto linguistico fonologico, quindi il fatto che le configurazioni in questione siano usate contrastivamente, influenzerebbe per gli autori la categorical perception dei segnanti, suggerendo inoltre di considerare quest‘ultima come un «basic aspect of language perception and processing

29 Si segnala, poiché utile per le considerazioni successive, che la ricerca non rileva lo stesso risultato per

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and is independent of language modality» (EMMOREY et al. 2003: 25), vale a dire come fenomeno intrinseco all'esperienza propriamente linguistica e indipendentemente dalla modalità attraverso la quale essa si realizza.

Queste differenze tra segnanti e udenti nella ricezione sono state riscontrate anche a livello della produzione. In un importante studio Schembri e colleghi (2005) confrontano le enunciazioni che alcuni udenti australiani e gli utenti di due lingue storicamente irrelate – l‘AUSLAN, Australian Sign Language e il TLS, Taiwan Sign Language – hanno realizzato dopo che è stato chiesto loro di descrivere alcuni eventi di moto (con la clausola, per i primi, di usare solo i gesti). I ricercatori riscontrano come la maggiore differenza tra le due modalità espressive sia legata proprio alle configurazioni utilizzate, presentando il 44% di match tra gesti e Segni per quanto riguarda questo parametro rispetto, ad esempio, il 76% per quanto riguarda il movimento: dalle analisi risulta una maggiore varietà e complessità delle configurazioni usate dai segnanti se confrontate con quelle articolate dagli udenti. Un più recente articolo di Brentari e colleghi (2012), When does a system become phonological?, le cui implicazioni verranno messe in luce meglio nella terza parte del lavoro, approfondisce questo aspetto indagando proprio il rapporto tra il processo di fonologizzazione delle configurazioni manuali nelle lingue segnate e la loro finger

complexity, una nozione che si andrà ora a illustrare.

Le ricerche linguistiche hanno difatti non solo segnalato la funzione fonologica delle

handshapes, ma ne hanno rilevato una strutturazione interna: attraverso un‘analisi molto

dettagliata dei loro tratti distintivi, Brentari, in particolare, individua tre classi fondamentali. Sulla base del loro comportamento fonologico, le dita si distinguono in selected fingers – nel momento in cui svolgono attivamente un ruolo muovendosi, ad esempio passando da una posizione aperta a chiusa, oppure toccando il corpo del segnante durante l‘enunciazione – e unselected fingers, le quali rimangono solitamente ferme e in ‗secondo piano‘ durante l‘articolazione del Segno. Vengono inoltre considerate le joints, vale a dire i tipi di articolazioni che possono realizzare sette tipologie di posizioni contrastive per le selected fingers (Fully open, Bent (closed), Flat-open,

Flat-closed, Curved open, Curved closed, Fully closed) e due, aperta e chiusa, per quelle unselected (BRENTARI 1998, 2011, 2012).

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(BRENTARI 2011)

L‘opposizione selected-unselected viene quindi illustrata attraverso una sorta di rapporto gestaltico, all‘interno della configurazione manuale, che si aggiunge a quello tra figura e sfondo presente su più ampia scala tra la mano stessa e lo spazio segnico o, quando viene utilizzata, l'altra mano per questo definita non dominante, come si vedrà spesso usata come punto di riferimento nell'articolazione. Durante la realizzazione del Segno, quindi, alcune dita ‗emergono‘ a dispetto di altre attraverso una dialettica tra foregrounded (selected) e backgrounded (unselected) strettamente legata al movimento, proprio perché sono le dita che si muovono a distinguersi: le selected fingers di GRATIS sono quelle che si aprono durante l'articolazione dell‘occorrenza realizzando, accanto al movimento generale dell‘arto da destra a sinistra, uno specifico movimento da chiuso a aperto.

(https://www.spreadthesign.com)

Questi elementi vengono fatti corrispondere a tratti distintivi responsabili di contrasti fonologici: la distinzione a cui ci si è richiamati precedentemente come esempio di un handshape

contrast tra i Segni GAY e UNSURE viene ripresa nell‘articolo che la propone specificando

come rappresenti una realizzazione contrastiva dovuta, sì, alla configurazione, ma più in particolare alle selected fingers (FENLON et al. 2017). Lo stesso meccanismo caratterizza la

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distinzione tra NERVE e APPLE, articolati attraverso il medesimo movimento e la stessa posizione piegata delle articolazioni, ma realizzati mediante selected fingers diverse: è il numero delle dita selezionate a realizzare il contrasto fonologico e quindi la distinzione tra i due contenuti. Rispetto invece alle articolazioni, il fatto che esse siano dotate di uno statuto fonologico contrastivo risulta chiaro nel caso dei Segni APPLE e CANDY, appartenenti allo stesso gruppo di selected fingers, ma distinti per quanto riguarda la join configuration, estesa in un caso e piegata nell‘altro (BRENTARI 2011).

(BRENTARI 2011)

Si tratta dunque di un approccio che passa a considerare delle sotto-classi rispetto al livello delle configurazioni, individuando i precisi elementi espressivi che permettono il passaggio da un significato all‘altro. Più nello specifico, grazie a questa impostazione diviene possibile osservare come «rather different looking handshapes sometimes belong to the same selected finger group […] and very similar handshapes can belong to different selected finger groups» (Ivi: 10): un aspetto che risulta chiaro negli esempi di due configurazioni apparentemente diverse, ma caratterizzate dalle stesse selected fingers, come nei Segni HAWKER (HKSL, Hong

Kong Sign Language)/ LOLLIPOP (ASL) e NOT HAVE (HKSL)/ BUTTON (ASL), e, al

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fingers, come nei Segni LITTLE (HKSL)/ SIX(ASL) e SUCCEED (HKSL)/ WEIRD (ASL)

(BRENTARI 2011).

(BRENTARI 2011)

Osservando i sistemi linguistici segnati asiatici, alcuni studi (ECCARIUS 2002) hanno inoltre evidenziato come la differenza tra selected e unselected, sufficiente per cogliere gli

handshape contrasts nella maggior parte delle lingue dei Segni, sia in alcuni casi insufficiente. È

stata cioè suggerita la necessità di un'ulteriore dimensione atta a catturare le distinzioni tra occorrenze, individuando in particolare la presenza di secondary selected fingers: un livello intermedio tra primary selected e unselected fingers. In questi casi il comportamento delle

unselected fingers è il medesimo, ma le selected fingers si distinguono: il Segno dell‘HKSL

DIVIDE e il Segno SPACE SHUTTLE dell‘ASL presentano, accanto alle unselected fingers,

primary selected fingers coincidenti rispettivamente con il dito indice e l‘indice e il medio e,

insieme ad esse, altre dita estese, il medio nel primo caso e il pollice e il mignolo nel secondo, che costituiscono un livello intermedio di organizzazione fonologica del Segno.

BRENTARI 2011

Sulla base di questi studi, la letteratura ha quindi classificato l'organizzazione delle articolazioni e delle dita individuando tre gradi di complessità delle configurazioni: i) il livello

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low caratterizza quelle con la più semplice realizzazione fonologica, più frequenti cross-

linguisticamente, le quali sono inoltre solitamente acquisite per prime dai segnanti nativi e maggiormente presenti nei co-speech gestures (BOYES BRAEM 1981, GOLDIN-MEADOW et al. 1996, ECCARIUS & BRENTARI 2007). Alcuni esempi possono essere trovati nelle

configurazioni e ; la medium-complexity comporta invece un‘elaborazione

supplementare, legata, ad esempio, al fatto che il singolo dito selezionato non sia il pollice

o che vi possano essere, come nel caso della configurazione due dita selezionate invece che una; la hight-complexity caratterizza invece tutte le altre configurazioni, come ad esempio

e (BRENTARI 1998, 2011).

Sulla base di questa distinzione, lo studio di Brentari evidenzia come la distribuzione della

finger complexity sia diversa rispetto a configurazioni Object e Handling, su cui ci si focalizzerà

nell‘ultima parte del nostro lavoro in relazione alla presenza, nei sistemi segnati, di una modalità rappresentativa iconica perception o action-based. Con le prime configurazioni la mano può difatti rappresentare, utilizzando diverse tecniche, la classe, la forma o la grandezza dell‘entità in questione, raffigurandone le caratteristiche percettivo-statiche30 mentre, mediante le seconde, l‘arto raffigura se stesso nell‘atto rivolto verso l‘oggetto, portando a rappresentazione il modo in cui una certa porzione di realtà può essere manipolata o afferrata con uno specifico atto motorio (BRENTARI et al. 2012). Come l‘articolo mette in luce, se le prime presentano un più ampio set di finger contrasts, non si rilevano Segni composti da configurazioni Handling caratterizzate da un livello di hight-complexity (ECCARIUS 2008, BRENTARI & ECCARIUS 2010). Brentari e colleghi si chiedono se questa differenza nella distribuzione della finger complexity tra configurazioni Object e Handling nelle lingue segnate, maggiore in un caso e minore nell‘altro, coincida con «a natural way of gesturing about objects and how they are handled» (BRENTARI et al. 2012: 3) in virtù del fatto che le peculiari caratteristiche morfologiche degli oggetti richiedono una più ampia varietà di finger groups per rappresentarli – la lama di un coltello o di un‘accetta possono essere rappresentati rispettivamente con diverse configurazioni delle mani in

30 In questo senso, le configurazioni Object accolgono al loro interno i due distintinti sottogruppi di

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relazione alla differente altezza di quella che Fontanille (2008) definirebbe l‘interfaccia-oggetto, mentre l‘uso, la manipolazione di questi strumenti, l‘interfaccia-operatore, si presenta come meno dissimile: «there are fewer and less complex ways that these objects would be handled» (BRENTARI et al. 2012: 3). Individuando una tendenza opposta nelle produzioni degli udenti, vale a dire una maggiore complessità nelle realizzazioni Object, lo studio suggerisce invece come questo pattern non sia frutto di un modo spontaneo di rappresentazione gestuale, ma sia l‘effetto di un preciso fenomeno linguistico di fonologizzazione che, una volta individuato, permette di mettere a fuoco con più precisione le differenze tra produzioni gestuali e Segni.

Ricercando le similarità strutturali tra lingue dei Segni e lingue vocali, questo approccio le ritrova individuando tra gli universali linguistici la presenza, in entrambe, di un numero finito di componenti discrete, esplicitando più in particolare le caratteristiche e il funzionamento squisitamente linguistico delle configurazioni manuali. Allo stesso tempo, nel momento in cui lo sguardo si sposta agli altri parametri formazionali, questo approccio lascia emergere alcune problematicità: si inizieranno a mostrare le difficoltà di una ricerca strettamente assimilazionista osservando le caratteristiche dell'uso dello spazio segnico e del movimento compiuto dagli articolatori, evidenziando le peculiarità che tali elementi presentano a livello descrittivo ed

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