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4.3 I L D IVIETO DEI NOVA E IL RISARCIMENTO DEI DANNI

Capitolo III I presupposti ed i criteri di liquidazione del danno a titolo di Risarcimento

4.3 I L D IVIETO DEI NOVA E IL RISARCIMENTO DEI DANNI

In questo terzo paragrafo, invece, ci poniamo il problema della disciplina dei “nova”, dal latino “novus”, per indicare eventuali nuove domande, eccezioni e mezzi di prova.

Tale categoria, continua a manifestare grande interesse e rilevanza nel dibattito sulla natura dell'appello amministrativo, anche, e soprattutto, dopo l'entrata in vigore del codice del processo amministrativo.

Il legislatore, con l'articolo 104 del c.p.a., nell'ambito dell'appello al Consiglio di Stato, afferma con determinazione, l'impossibilità di proposizione sia di nuove domande , “fermo quanto previsto

dall'articolo 34, comma 3”, sia di nuove eccezioni non rilevabili

d'ufficio.

Le motivazioni di questo articolo, dalla portata così restrittiva, sono da ricercare ora nell'ispirazione a un regime giuridico comune all'appello civile, e precisamente all'articolo 345 del Codice di procedura civile, ora nella volontà di non contrastare, ma di equilibrare le logiche specifiche dell'azione di annullamento all'articolo 29 del codice del processo amministrativo, che risponde a termini perentori a pena di decadenza per l'impugnazione dei provvedimenti amministrativi. Per tali ragioni, invece, risulta chiaro, il motivo per cui, invece, sempre

ai sensi dell'art. 104 c.p.a., risulti ammissibile l'eventuale proposizione di motivi aggiunti, “qualora la parte venga a conoscenza di documenti

non prodotti dalle altre parti in giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati”36

Da un certo punto di vista può sembrare che tale possibilità concessa dal legislatore, possa essere considerata una deroga al principio del doppio grado di giudizio di cui abbiamo parlato all'inizio di questo ultimo capitolo, ma in realtà la motivazione insita a tale possibilità per la parte danneggiata, che ne conferisce la legittimità, è da cercarsi alla stregua della garanzia del diritto di azione, in quanto, i motivi aggiunti, come spiegato nel terzo comma dell'articolo 104 c.p.a., costituiscono conseguenza fisiologica di vizi che emergono da documenti sconosciuti nel giudizio di primo grado.

Una caratteristica di analogia con il processo civile, è data dalla possibilità, invece, di richiedere, nell'appello al Consiglio di Stato, gli interessi e gli accessori maturati dopo la sentenza di primo grado, e il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza stessa.

Divieto categorico viene fatto, invece, alla possibilità di proposizione di un eventuale domanda di risarcibilità dei danni da provvedimento amministrativo impugnato innanzi al Tar o da altra circostanza, proposta per la prima volta in grado di appello.

Da rimarcare il fatto che, per quanto l'articolo 30 del Codice del

processo amministrativo ammetta la proposizione della domanda di risarcimento anche durante il giudizio, non è da considerare una deroga al principio generale che vieta la proposizione di domande nuove in appello.

Ma andiamo ad analizzare in maniera più specifica la ratio di tale divieto imposto dall'articolo 104 c.p.a., che, per certi aspetti può essere considerato innovativo, in quanto nell'originaria disciplina processuale non si faceva menzione a previsioni che replicassero, per quanto adattate al rito amministrativo, criteri e formalità proprie del processo civile, all'articolo 345 c.p.c.

Durante i contrasti dottrinali e giurisprudenziali passati, si sono affermate con forza quattro forme di tutela di rilevante significato: il rispetto del doppio grado giurisdizionale, dei termini perentori di introduzione della causa, la concentrazione del giudizio e il principio della specificità dei motivi.

“Il primo fondamento del divieto, a sua volta ancorato alla ricordata regola positiva del parallelismo dei poteri giurisdizionali ex art. 28 l. TAR, si coniugava, dal punto di vista funzionale, con i limiti all’effetto devolutivo implicato dalla natura rinnovatoria del rimedio dell’appello: esprimeva cioè la necessità logica che il sindacato giurisdizionale del materiale cognitorio destinato all’automatica riemersione in secondo grado, sia pure attraverso il filtro rappresentato dagli specifici motivi di impugnazione, non investisse

profili diversi da quelli esaminati in prime cure. In questo senso d’altronde era la più autorevole dottrina processualcivilistica nonché l’insegnamento del Supremo Collegio” 37

Come già esplicato precedentemente, l'articolo 104 c.p.a., ha sancito il divieto dei nova, ma contemporaneamente ha legittimato alcune eccezioni, prevedendo ora una conversione automatica della azione di annullamento in accertamento dell’illegittimità, come previsto dall’art. 34, comma 3, dello stesso Codice processuale amministrativo, ancora, disciplinando eventuali richieste di interessi e accessori maturati dopo la sentenza impugnata, e il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza; e infine, nella possibilità di proporre motivi aggiunti come lì indicato e come abbiamo già chiarito.

Sicuramente innovativa rispetto a quanto in pregresso insegnato dalla giurisprudenza e pure derogatoria al generale divieto dei nova è invece la possibilità di richiedere per la prima volta in appello il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza oggetto di impugnazione. A ben riflettere, però, anche tale previsione – coerente con il tendenziale favor per l’azione risarcitoria affiorante da plurime disposizioni del codice del processo amministrativo – non altera profondamente la fisionomia dello ius novorum se si considera, da un lato, che la proponibilità di una domanda risarcitoria, per fatti successivi alla pubblicazione della sentenza di primo grado, è una specifica

37 GABRIELE CARLOTTI, su “Il divieto dei nova in appello” cit. Enciclopedia Treccani - www.treccani.it

declinazione del principio della rimessione in termini e, dall’altro lato, che la deroga al doppio grado di giudizio non concerne tanto l’an della pretesa, ma soprattutto il quantum (almeno nei casi, più ricorrenti, in cui il debitore sia la pubblica amministrazione, giacché il solo accertamento della illegittimità dell’atto impugnato, alla stregua dei più recenti orientamenti giurisprudenziali interni ed europei, è di per sé sufficiente a giustificare la domanda aquiliana).38

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