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L'ANTROPOLOGIA DEL RISARCIMENTO DEL DANNO DA LESIONE DI INTERESSI LEGITTIMI NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO.

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO I - Il Risarcimento del danno derivante da Lesione di

Interessi Legittimi prima del Codice Amministrativo

 §1.1 Un embrionale sistema di Risarcimento del Danno da cui

risulta escluso il titolo per lesione di interessi legittimi.

 §1.2 La magistrale Sentenza 500/1999 della Corte di

Cassazione.

 §1.3 La cardinale disputa tra Corte di Cassazione e Consiglio

di Stato sulla prodromicità della pronuncia di annullamento rispetto a quella di risarcimento.

CAPITOLO II - Il Risarcimento del danno derivante da Lesione di

Interessi Legittimi dopo il Codice Amministrativo: L'articolo 30.

 §2.1 L'azione di annullamento nel processo amministrativo.  §2.2 Analisi ragionata dell'azione di condanna disciplinata

dall'articolo 30 del Codice del processo amministrativo.

(2)

Processo amministrativo.

CAPITOLO III - I presupposti ed i criteri di liquidazione del danno

a titolo di Risarcimento.

 §3.1 Cenni sui principi che animano il processo

amministrativo.

 §3.2 La condotta del soggetto danneggiato nel giudizio

preposto per la condanna al risarcimento dei danni.

 §3.2.1 Forma & Termine di prescrizione della domanda

risarcitoria.

 §3.2.2 La competenza territoriale.

 §3.2.3 L'onere dell'an e del quantum del danno.

 §3.2.4 Le pronunce di chiusura del giudice amministrativo

sulla determinazione del danno e la questione del giudizio di ottemperanza.

CAPITOLO IV - Il Risarcimento dei danni in grado di Appello

 §4.1 Il Principio del Doppio Grado di Giurisdizione.

 §4.2 Il ricorso in appello e l'eventuale sospensione della

sentenza impugnata.

(3)

 §4.4 Lo svolgimento del giudizio e la sentenza del Consiglio di

Stato.

 §4.5 Esempio di Ricorso per Risarcimento del Danno innanzi

al Consiglio di Stato

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

(4)

INTRODUZIONE

Lo scopo di questo lavoro è primariamente quello di analizzare l'istituto del risarcimento del danno derivante dalla lesione di un dato interesse legittimo, conseguente ad un atto o un provvedimento della pubblica amministrazione, all'interno del processo amministrativo. Tale analisi, in questo elaborato, partirà dalla situazione giuridica di tale istituto prima dell'emanazione del Codice del Processo Amministrativo, per poi vertere sulla storica sentenza della Suprema Corte di Cassazione, del 22 luglio 1999, numero 500, grazie alla quale si assiste alla parificazione della tutela giuridica tra diritto soggettivo e interesse legittimo, dal momento che la lesione di quest'ultimo, “al

pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse (…) giuridicamente rilevante, rientra nella fattispecie della responsabilità aquiliana solo ai fini della qualificazione del danno come ingiusto. ”

Di poi, provvederò a descrivere in questa sede, la disputa che ne è derivata, tra la Suprema Corte e Consiglio di Stato sulla necessità della richiesta di pronuncia di annullamento dell'atto o del provvedimento della pubblica amministrazione lesivo, in un arco temporale precedente rispetto a quella di risarcimento

.

Il secondo capitolo, analizza, invece, la situazione giuridicamente presente, in seguito alla stesura del Codice del Processo

(5)

Amministrativo, con l'analisi dell'articolo 29, sull'annullamento dei provvedimenti amministrativi stessi, la c.d. “regina delle azioni”, dalla cui attenta lettura, emerge il fatto che il legislatore abbia sancito l’esperibilità dell'azione nelle ipotesi di violazione di legge, di incompetenza ed eccesso di potere, in linea con la tradizione.

Inoltre, verrà spiegato il successivo articolo 30 e relativi esempi di applicazione a determinate fattispecie concrete.

Nel capitolo seguente, si prenderà visione dei criteri ed i presupposti necessari per la richiesta di liquidazione del danno stesso, dalla parte privata che ne abbia interesse, e che si consideri lesa dal provvedimento amministrativo oggetto del proprio ricorso.

Il ricorso stesso, essendo un atto introduttivo del processo, deve necessariamente rispondere a requisiti di forma e di sostanza, come vedremo nelle prossime pagine di questo elaborato.

Di poi, nel quarto ed ultimo capitolo, verrà preso in esame l'iter giudiziario che, il privato stesso deve compiere per richiedere il risarcimento del danno subito, innanzi al giudice dell'appello, qualora ne sia uscito soccombente in primo grado, adendo al Tar competente. In particolare verrà analizzata in profondità l'impossibilità per il ricorrente stesso di introdurre nova nella fase di appello stesso, affrontando la questione dell'applicabilità o meno, dell'articolo 345 c.p.c., in questo ambito amministrativo.

(6)

Consiglio di Stato sull'accoglimento di una domanda di risarcimento danni formulata da una casa di cura di Roma.

(7)

CAPITOLO I

I

IL

L

RISARCIMENTO

R

ISARCIMENTO

DEL

DEL

DANNO

DANNO

DA

DA

LESIONE

LESIONE

DI

DI

INTERESSE

INTERESSE

LEGITTIMO

(8)

Capitolo I - Il Risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo

prima del Codice Amministrativo.

SOMMARIO: §1.1 Un embrionale sistema di Risarcimento del

Danno da cui risulta escluso il titolo per lesione di interessi legittimi §1.2 La magistrale Sentenza 500/1999 della Corte di Cassazione -§1.3 La cardinale disputa tra Corte di Cassazione e Consiglio di Stato sulla prodromicità della pronuncia di annullamento rispetto a quella di risarcimento.

§1.1. U

N EMBRIONALE SISTEMA DI RISARCIMENTO DEL DANNO DA CUI RISULTAESCLUSOILTITOLOPERLESIONEDIINTERESSILEGITTIMI.

Prima dell'emanazione del Nuovo Codice Amministrativo, e ancora, della Legge 205/2000 di impulso ai moderni principi dettati dalla Corte di Cassazione sulla risarcibilità degli interessi legittimi, erano risarcibili soltanto i diritti soggettivi: il cittadino poteva pertanto esplicare la propria pretesa di tutela, impugnando un determinato provvedimento amministrativo con ricorso al giudice amministrativo che eventualmente dichiarava l'annullamento del suddetto atto, condizione necessaria per adire dinanzi ad un giudice ordinario civile per avanzare una formale richiesta del risarcimento del danno, sempre

(9)

che la situazione giuridica soggettiva preesistente fosse di diritto soggettivo. Il privato, quindi, in un embrionale sistema di passaggi di consegne tra il giudice amministrativo e il giudice ordinario civile, non poteva accedere al risarcimento senza il previo annullamento dell'atto illegittimo. Secondo Aldo Travi, “infatti, in quest'ultimo caso,

l'annullamento del provvedimento illegittimo avrebbe ripristinato in via retroattiva il diritto soggettivo(...)” e “ applicando questo schema, il risarcimento del danno causato da provvedimenti amministrativi sarebbe stato possibile solo se il cittadino fosse stato titolare di un diritto soggettivo qualificabile come tale prima dell'esercizio di quel potere da parte dell'amministrazione; non sarebbe stato possibile, invece, se la posizione di un cittadino fosse stata solo un interesse legittimo.”1

La Giurisprudenza meno recente, dunque, si poneva in netto contrasto verso aperture ideali concernenti una essenziale risarcibilità dei danni causati da lesioni di interessi legittimi, e in questa posizione di chiusura negativa, seppur aspramente criticata da una parte della Dottrina, rimase fino alla fine degli anni Novanta.

1 ALDO TRAVI, Lezioni di Giustizia Amministrativa, Undicesima Edizione, Giappichelli Editore, 2014. cit. pag. 78.

(10)

§1.2 LAMAGISTRALE SENTENZA 500/1999 DELLA CORTEDI CASSAZIONE.

Come precedentemente illustrato nel primo paragrafo di questo elaborato, fino alla fine degli anni Novanta, la Giurisprudenza del tempo era paragonabile a una determinata legione greca saldamente posizionata contro un probabile avanzamento di ipotesi di risarcimento del danno derivante da lesione di interessi legittimi.

Tuttavia, solo con la Sentenza della Corte di Cassazione Sezioni Unite 22 Luglio 1999 n.500 si arrivò a un abbandono definitivo della concezione ormai superata e non più così concreta della Giurisprudenza conservatrice e si giunse a un memorabile mutamento di indirizzo prevalentemente di diritto sostanziale.

Ecco il celebre principio statuito dalla Corte di Cassazione con questa magistrale sentenza: “La lesione di un interesse legittimo, al pari di

quella di un diritto soggettivo o di altro interesse, non di mero fatto ma, giuridicamente rilevante, rientra nella fattispecie della responsabilità aquiliana solo ai fini della qualificazione del danno come ingiusto. Ciò non equivale certamente ad affermare la indiscriminata risarcibilità degli interessi legittimi come categoria generale.(...)In altri termini, la lesione dell'interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art.2043 c.c.(...)”2

2 www.altalex.com , Altalex, 2 Marzo 2000, sulla Risarcibilità dell'interesse

(11)

Se ci chiedessimo, dunque, in concreto, quale fosse il perno intorno al quale girava una tale inversione di tendenza rispetto al passato, dovremmo risponderci, senza lasciare spazio a lacune dottrinali, l'interpretazione della responsabilità extracontrattuale desumibile dall'art.2043 c.c. : la Corte di Cassazione, infatti, con questa storica sentenza, sancì una indiscutibile autonomia del suddetto articolo, svincolandolo così da una non più calzante identificazione in mera integrazione sui diritti soggettivi e sulla loro tutela, innalzandolo, invece, a una forma riparatrice di un danno ingiustamente subito da un determinato soggetto a causa della condotta o del “silenzio” di un altro soggetto.

La sentenza 500/1999 aprì le acque a una interpretazione estensiva della risarcibilità del danno, finalmente apponibile a tutti gli interessi giuridicamente qualificati, lasciando nell'oblìo la tradizionale interpretazione in base alla quale la riparazione riguardasse esclusivamente i diritti soggettivi.

Ma facciamo un passo indietro e analizziamo brevemente il caso sottoposto all'esame della Cassazione, che ha portato al riconoscimento della risarcibilità della lesione degli interessi legittimi, cambiando così radicalmente il panorama giuridico e, in particolare amministrativo, dal 1999 ad oggi, così da comprendere le direttive imposte dalla Corte stessa al giudice amministrativo, e il nuovo campo di azione di quest'ultimo.

(12)

Pomo della discordia del luglio 1999, era, appunto, un provvedimento autoritativo del Comune di Fiesole, di emanazione di un piano regolatore generale, per il mancato inserimento tra le zone edificabili, dell'area di proprietà del soggetto privato proponente ricorso, che inoltre, non aveva recepito una precedente lottizzazione convenzionata; provvedimento che, era stato impugnato dal privato e conseguentemente annullato dal Consiglio di Stato, con sentenza passata in giudicato.

La pretesa del ricorrente, di poi, aveva varcato i confini del giudizio del risarcimento del danno subito, “sul quale si era innestato, per

iniziativa dell’amministrazione convenuta, il regolamento preventivo di giurisdizione deciso dalla Corte con la declaratoria di giurisdizione del giudice ordinario.”3

Nella sentenza della Suprema Corte, possiamo leggere i motivi della decisione, tra cui: “Il ricorso ripropone la questione della risarcibilità

degli interessi legittimi, o meglio il problema della configurabilità della responsabilità civile, ai sensi dell'art. 2043 c.c., della P.A. per il risarcimento dei danni derivanti ai soggetti privati dalla emanazione di atti o di provvedimenti amministrativi illegittimi, lesivi di situazioni di interesse legittimo.

E’ noto che questa S.C., con giurisprudenza definita dalla dottrina "monolitica" o addirittura "pietrificata", è costante da vari decenni

(13)

nel fornire una risposta sostanzialmente negativa al quesito. Ritengono tuttavia queste S.U. di dover riconsiderare il proprio orientamento.”4

Come vediamo, la Suprema Corte riconsidera le tradizionali e arcaiche posizioni operando uno storico mutamento di indirizzo ammettendo la risarcibilità per lesioni di interessi legittimi, fino a questo momento irremovibilmente esclusa.

Tuttavia, questo magistrale intervento si colloca nell'ottica di un tentativo ben riuscito di postulare la specificità dell'interesse legittimo rispetto al diritto soggettivo, sottolineandone la coerenza tra la natura intrinseca e la domanda di risarcimento del danno.

In seguito a questo momento storico, si pongono le basi per futuri interventi legislativi e si spiana la strada a memorabili dibattiti giurisprudenziali su questioni di rilevante importanza, quale, ad esempio, la questione del carattere prodromico della pronuncia di annullamento rispetto a quella del risarcimento.

Ma procediamo per gradi: abbiamo visto, durante il precedente excursus storico giuridico affrontato in questo elaborato, che, in seguito alla Sentenza 500/1999 della Suprema Corte, è possibile adire al giudice amministrativo per chiedere il risarcimento del danno in seguito a lesione di interessi legittimi. Gli interessi legittimi, quindi, sono finalmente meritevoli di tutela e risarcibili.

4 Cassazione civile , SS.UU., Civili, sentenza 22.07.1999 n° 500 cit. www.altalex.com

(14)

Tuttavia, la pretesa di risarcimento del danno, è esperibile necessariamente in seguito a previa e tempestiva impugnazione (e quindi richiesta di annullamento) dell'atto della Pubblica Amministrazione considerato lesivo “al bene della vita” (inteso dalla Suprema Corte come utilità 'finale') ovvero è possibile altresì, richiedere la risarbilità di un determinato danno senza impugnare l'atto in questione?

Questo quesito di apparente semplicità sintattica e di immediata soluzione logica, è la chiave di volta per introdurre un aspro e tormentato dibattito giurisprudenziale che ha visto contrapposti due titani del Diritto Italiano nel senso più aulico del termine: la Suprema Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato.

(15)

§1.3 L

A CARDINALE DISPUTA TRA

C

ORTE DI

C

ASSAZIONE E

C

ONSIGLIO DI

S

TATO SULLA PRODROMICITÀ DELLA PRONUNCIA DIANNULLAMENTORISPETTOA

QUELLADIRISARCIMENTO

.

Dopo la sentenza esaminata nel precedente paragrafo, che ha visto protagonista una importante istituzione nazionale, quale la Suprema Corte di Cassazione, nel quadro che ho delineato, non c'è da stupirsi che il Consiglio di Stato abbia avuto un ruolo di spessore nell'avallare i propri pareri discordanti, così da far entrare in scena la Corte Costituzionale, che nell'esercizio delle sue funzioni, ha fatto da ago della bilancia equilibratrice tra tesi contrapposte.

Come abbiamo già ribadito, la Corte di Cassazione, sulla scia della sentenza pronunciata nel 1999, ha da sempre mostrato la propria predisposizione innata ad approvare la tendenza ad escludere la rilevanza della cd. “pregiudiziale amministrativa”5.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, con due pronunce, rispettivamente la numero 4 del 23 marzo 2003 e la numero 12 del 22 ottobre 2007, ha avallato la tesi contrapposta, rimarcando “come in

questa direzione spingesse l'esame della struttura della tutela

5 LILLA LAPERUTA , Compendio di Diritto Amministrativo, Maggioli Editore, 2012, cit. pag. 418. Con l'espressione pregiudizialità amministrativa si vuole

identificare il fenomeno in base al quale l'azione di risarcimento del danno da attività provvedimentale illegittima è ammissibile solo dopo che sia stato impugnato tempestivamente il provvedimento illegittimo e che sia terminato con esito positivo il giudizio di annullamento.

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apprestata dal giudice amministrativo, nonché il carattere della tutela risarcitoria definito – consequenziale- dall'articolo 35 del d.lgs. 80/1998, l'illegittimità del provvedimento quale componente essenziale del danno ingiusto risarcibile, l'impossibilità del giudice amministrativo di conoscere incidenter tantum l'illegittimità dell'atto amministrativo.”6

Abbiamo visto che, per quanto nel tempo, la Giurisprudenza del Consiglio di Stato avesse constatato la doverosità della risarcibilità dell'interesse legittimo come principio auspicabile dai soggetti aventi diritto e interesse, non altrimenti tutelabili verso i provvedimenti amministrativi, la pregiudizialità amministrativa ne costituiva un perno attorno al quale dovesse routare tutta la disciplina.

Pertanto, vediamo il Supremo Consesso amministrativo, pronunciarsi fin da subito, sulla possibilità reale di risarcibilità dell'interesse legittimo, soltanto previo giudizio di annullamento o di illegittimità del provvedimento amministrativo considerato lesivo dalla parte avente diritto, nei termini perentori stabiliti dalla legge a pena di decadenza. A tal proposito, le nette le pronunce del Consiglio di Stato degli anni che intercorrono tra il 2002 e il 2007.

In special modo, da ricordare la già citata Adunanza Plenaria numero 12 del 22 ottobre 2007, in cui si scorge chiaramente quale sia l'anello discordante con cui il Consiglio di Stato ha preso le distanze dalle

6 MARIANNA CAPIZZI, cit. Osservatorio sulla Giurisprudenza amministrativa, 15 Maggio 2011.

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strade più percorse dalla Suprema Corte: se in caso, appunto, di richiesta di risarcimento del danno da parte di un soggetto danneggiato da un eventuale provvedimento amministrativo lesivo, possa essere portata all'attenzione del giudice amministrativo senza previa richiesta di annullamento del provvedimento stesso oggetto della domanda di risarcimento, in separata e precedente fase.

Da qui, uno sguardo, al dispositivo principale del Consiglio di Stato, che suggella una linea di tendenza netta nell'evoluzione del diritto amministrativo, e, da un certo punto di vista, condivisibile:

“ Quanto, infine, al problema della c.d. pregiudizialità amministrativa,

(…) esso è estremamente complesso e qui non pertinente se non per la sua connessione, già richiamata dalla Corte di Cassazione, con la

questione della giurisdizione.

Basti, perciò, enunciarne taluni profili problematici, relativi: - il primo, alla struttura stessa della tutela del giudice amministrativo che, come si è visto è, specialmente articolata sia in sede di giurisdizione di legittimità sia in sede di giurisdizione esclusiva, nel senso che il provvedimento amministrativo lesivo di un interesse sostanziale (e non, perciò, il mero comportamento) può essere aggredito e in via impugnatoria, per la sua demolizione, e “conseguenzialmente” in via risarcitoria, per i suoi effetti lesivi, ponendosi, nell’ uno e nell’altro caso, la questione della sua legittimità.

(18)

Il carattere “conseguenziale” ed “ulteriore” della tutela risarcitoria, espressamente ed inequivocamente posto, in armonia con gli artt. 103 e 113 co. 3 Cost., dall’art. 35. co. 1 e 4 del D.Lg.vo 31 marzo 1988, n. 80 e confermato dal successivo co. 5 che comunque abroga “ogni disposizione che prevede la devoluzione al giudice ordinario della controversie sul risarcimento del danno” ancora una volta visto come “conseguente all’annullamento di atti amministrativi”, sembra invero incontestabile.

Ed è confermato dalla ritenuta riferibilità della pronuncia di condanna all’insieme dei poteri strumentali attribuiti al giudice per rimediare compiutamente alla lesione della situazione soggettiva concettualmente, prima ancora che positivamente, unica e ciò sia che l’esercizio dei poteri del giudice sia chiesto contestualmente sia che, giudizialmente accertatasi la illegittimità, sia richiesto, per vero con condivisa interpretazione estensiva non del tutto allineata, tuttavia, con le convenienze della “contestualità”, l’esercizio di ulteriori poteri

prima non sollecitati.

Non c’è traccia, nella pronunce della Corte Costituzionale di alcun sospetto di illegittimità costituzionale di siffatto disegno ed, anzi,

sembra agevole inferirne il contrario.

L’istituto, per altro, autorevolmente confermato da motivate pronunce della stessa Corte di Cassazione (...), ha, oltre a radici storiche e

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letterali di univoco rilievo, ragioni del pari univoche.”7

Chiudiamo questo primo capitolo animato da posizioni sulla risarcibilità degli interessi legittimi ermeticamente contrapposte, con la pronuncia reattiva della Corte di Cassazione alla precedentemente affrontata posizione del Consiglio di Stato.

A tal proposito, ricordiamo la Sentenza numero 30254/2008 Sezioni Unite, sulla pregiudizialità amministrativa, importante per l'affermazione dell'autonomia dell'azione risarcitoria.

“ Il punto è stato di recente definitivamente chiarito (…) dalle sezioni unite della Cassazione che (...) , con estrema fermezza e disattendendo il contrario indirizzo dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato (…) hanno affermato che”8 ,“proposta al giudice amministrativo la

domanda risarcitoria autonoma, intesa alla condanna del risarcimento del danno prodotto dall'esercizio illegittimo della funzione amministrativa, è viziata da violazione di norme ed è soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che l'illegittimità dell'atto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento”9

Parte della dottrina, come Eugenio Picozza, ritiene che “una posizione 7 Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Decisione 22 ottobre 2007, numero 12, in www.giustizia-amministrativa.it

8 VITO TENORE, LUCA PALAMARA, BENEDETTO MARZOCCHI BURATTI, Le Cinque

Responsabilità del pubblico dipendente, Giuffrè Editore, 2013, cit. Pag 33.

9 Sentenza n.30254 del 23 dicembre 2008, Sezione Unite Civili, Suprema Corte di Cassazione, cit. http://www.cortedicassazione.it

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equilibrata richieda la persistenza della pregiudizialità amministrativa in una serie limitata della fattispecie nelle quali l'oggetto del giudizio e del processo non può consistere nell'accertamento stabile e definitivo del rapporto controverso tra le parti e riguardi soprattutto l'impugnazione di provvedimenti rientranti nella c.d. Attività di governo della p.a.”10

Di poi, “anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia delle

comunità Europee (…) ritiene che quando il provvedimento è diretto esercizio di una politica pubblica la responsabilità civile sussita solo in caso di abuso o di grave sviamento dagli obiettivi della politica stessa in attuazione dei fini generali del Trattato.”11

Concludo questo capitolo con una citazione del pensiero dell' Avv. Prof. Sergio Florio, che personalmente, condivido:

“Alla luce di detta decisione, che fa seguito al prolifico incedere di contrastanti pronunce, non resta che sperare, così come i più auspicano, che il Parlamento intervenga, onde porre fine ad una diatriba giurisprudenziale e dottrinale che, seppure ormai orientata in buona parte a favore di un più equilibrato rapporto tra le “parti della società” propendendo, come anche chi scrive, per l’autonomia della domanda di risarcimento rispetto a quella di annullamento, fino ad oggi non ha reso certamente agevole il perseguimento di quei valori

10 EUGENIO PICOZZA, Il Processo Amministrativo, Giuffrè Editore, 2009. cit. pag.183-184

11 EUGENIO PICOZZA, Il Processo Amministrativo, Giuffrè Editore, 2009. cit. pag.183-184

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posti a fondamento della nostra Costituzione.”12

12 PROF. AVV. SERGIO FLORIO, su Pregiudiziale amministrativa e Cass.N. 30254-2008. cit. www.ildirittoamministrativo.it

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CAPITOLO II

I

IL

L

RISARCIMENTO

R

ISARCIMENTO

DEL

DEL

DANNO

DANNO

DERIVANTE

DERIVANTE

DA

DA

LESIONE

L

ESIONE

DI

DI

I

INTERESSI

NTERESSI

LEGITTIMI

L

EGITTIMI

DOPO

DOPO

IL

IL

C

CODICE

ODICE

AMMINISTRATIVO

A

MMINISTRATIVO

:

:

L'

(23)

Capitolo II - Il Risarcimento del danno derivante da Lesione di

Interessi Legittimi dopo il Codice Amministrativo: L'articolo 30.

SOMMARIO: §2.1 L'azione di annullamento nel processo

amministrativo - §2.2 Analisi ragionata dell'azione di condanna disciplinata dall'articolo 30 del Codice del processo amministrativo - §2.3 Esempi di Applicazione dell'articolo 30 del Codice del Processo amministrativo.

§ 2.1 L'AZIONEDIANNULLAMENTONELPROCESSOAMMINISTRATIVO.

Al fine di argomentare il capitolo che mi appresto ad esporre, è necessario partire dall'introduzione del nuovo Codice del Processo Amministrativo approvato con il Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n.104, ed entrato in vigore il 16 settembre del medesimo anno. A discapito della bozza originaria, che prevedeva 154 articoli, il Codice del Processo Amministrativo ne consta di 137, organizzati sistematicamente in cinque libri.

Partiremo con l'analisi del Libro I, intitolato “Disposizioni Generali”, ed in particolare dell'articolo 29 che disciplina l'azione di

annullamento, inserendola tra le “azioni di cognizione”. La disposizione in questione disciplina, infatti, l'azione di

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potere che deve essere proposta dal soggetto avente interesse nel termine di decadenza di sessanta giorni.

Si dice che tale azione, anche dopo l'approvazione del Codice, resti comunque “la regina delle azioni”13

Nella sua sostanziale determinatezza l’art. 29 delinea i requisiti dell’azione di annullamento: dalla sua attenta lettura, emerge il fatto che il legislatore abbia sancito che l’esperibilità dell'azione nelle ipotesi di violazione di legge, di incompetenza ed eccesso di potere, in linea con la tradizione, dal momento che possiamo ritrovarne il modello di riferimento consolidato nell’art. 26 del Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato 26 febbraio 1924, n. 1054 e ripresi anche nell’art. 21-octies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 inserito dall’art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15.

Di poi, nell’art. 29 viene postulato il termine per esperire l'azione di annullamento, pari a sessanta giorni, a pena di decadenza; termine già indicato dall’art. 21 della legge istitutiva dei Tar 6 dicembre 1971, n. 1034.

Parte della Giurisprudenza, tra cui Francesco Caringella, ritiene che “il

termine di decadenza di sessanta giorni intende garantire il principio della certezza del diritto mediante la correlata stabilità

degli effetti dei provvedimenti amministrativi, oltre a garantire le

13 CLARICH M., Commento all' art 29, in A. QUARANTA – V. LOPILATO (a cura di), il Processo Amministrativo. Commentario al d.lgs. n.104/2010, Giuffrè, Milano, 2011.

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esigenze dei controinteressati che ripongono affidamento in ordine alla validità dell’atto amministrativo favorevole”14

Tuttavia, il legislatore non è ha formulato in maniera espressa il termine dal quale iniziano a decorrere i sessanta giorni, né ha specificato il provvedimento oggetto dell’azione di annullamento. Per risolvere tale lacuna legislativa, “il Governo ha ritenuto all’uopo

esaustivo quanto previsto dall’art. 41 del Codice in tema di notificazione del ricorso e dei suoi destinatari che già riprende regole consolidate sulla decorrenza del termine per la proposizione dell’azione.15

E' possibile collocare l'azione di annullamento tra le azioni costitutive per la natura stessa dell'oggetto della domanda di risarcimento del danno, proposta con ricorso, che, con effetti retroattivi tende all'abolizione del provvedimento considerato lesivo e degli atti ad esso connessi, per effetto del principio dell'invalidità derivata.

Abbiamo detto che la norma analizzata prevede l'esperibilità dell'azione di annullamento entro il termine di sessanta giorni a pena di decadenza per i vizi di violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere.

E' doveroso puntualizzare che i vizi di violazione di legge

14 F. CARINGELLA , cit. in S. FOA , L' azione di annullamento nel Codice del processo

amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it , pubblicato il 23 Luglio 2010

15 CLARICH M., Commento all' art 29, in A. QUARANTA – V. LOPILATO (a cura di), il Processo Amministrativo. Commentario al d.lgs. n.104/2010, Giuffrè, Milano, 2011.

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rappresentino un vizio da rilevare in base a un criterio residuale, data dalla natura stessa dell'incompetenza e dell'eccesso di potere, considerabili specie particolari della categoria più estesa del ramo delle violazioni di legge.

Passiamo poi ad analizzare la questione della competenza, termine con cui si intende il complesso dei poteri di un determinato organo nell'esercizio delle sue funzioni per il perseguimento di fini pubblici: definire la competenza di un organo significa necessariamente delimitarne il campo di attribuzione e di azione.

Il principio della competenza è disciplinato dall'articolo 97 della Costituzione, in cui si prevede formalmente l'organizzazione dei pubblici uffici secondo disposizioni di legge, per assicurarne imparzialità e il buon andamento, ribadendo che la competenza debba essere determinata sempre per legge.

L'annullabilità del provvedimento amministrativo scaturisce dall' incompetenza relativa, che determina l'illegittimità dell'atto amministrativo e si compie quando la violazione della norma che individua il quantum di funzioni spettanti all’organo è compiuta da un soggetto nei confronti dell’altro soggetto appartenente allo stesso ramo dell’amministrazione.

Di poi, secondo “una tesi che ha trovato il recente avallo della

giurisprudenza amministrativa, sussisterebbe incompetenza relativa anche allorchè l'atto sia stato adottato da organo non competente ed

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appartenente ad un diverso plesso amministrativo ma che abbia competenza nella materia sulla quale incide l'atto illegittimamente adottato.”16

Infine, se volessimo definire il termine “eccesso di potere”, riferendolo alla materia di interesse relativo all'elaborato che mi appresto a discutere, proporrei l'accezione confermata dalla dottrina più moderna come “cattivo uso del potere”: ne deriva quindi un controllo in base a indici sintomatici e logici per tutelare il privato da eventuali atti provvedimentali della pubblica amministrazione emanati in seguito all'esercizio del relativo potere in modo non corretto e destinato a ottenere fini discordanti da quelli al cui perseguimento è deferito. L’azione di annullamento nel processo amministrativo, per quanto profondamente rilevante nel contesto storico, è stata rispettata nella sua interezza di tutela pressoché dominante fino alla fine degli anni Novanta, quando poi, si assiste al capovolgersi del vertice

dominante della piramide delle azioni, con l'emanazione della legge 21 luglio 2000, n. 205, con scelta confermata anche dal Codice, all'articolo 30, che introdusse l'azione di condanna.

Nel precedente capitolo di questo elaborato ho ampiamente trattato i contrasti e le vicende giurisprudenziali dell'azione di richiesta del risarcimento dei danni causate da provvedimenti amministrativi lesivi di interessi legittimi, e abbiamo visto come ci sia stato un cambio di

16 NUNZIO S. DI PAOLA, Guida al nuovo codice del processo amministrativo, Maggioli Editore 2010, cit p.85.

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tendenza in seguito alla sentenza n. 500 del 1999 dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

In seguito ho trattato come si sia superato il principio della

pregiudizialità tra azione di annullamento e azione di risarcimento, in seguito alle diatribe giurisprudenziali tra Consiglio di Stato e Corte di Cassazione che si è concluso con l'affermazione del superamento definitivo del sovrascritto principio di pregiudizialità con la sentenza 30254/2008 della Corte di Cassazione S.U:,in seguito al quale

“l’azione risarcitoria pura poteva essere in grado di far passare in secondo piano l’azione di annullamento.”17

§2.2 ANALISI RAGIONATA DELL'AZIONE DI CONDANNA DISCIPLINATA DALL'ARTICOLO 30 DEL CODICEDELPROCESSOAMMINISTRATIVO.

L'articolo 30 del Codice del processo amministrativo, differentemente dal precedente testè analizzato, come abbiamo visto, di forte impatto tradizionale, è specchio, invece, di importanti novità introdotte dalla riforma.

Come vedremo dall'analisi ragionata di questo istituto, infatti, il Legislatore, con longa manus, sembra attenuare con una pallida proposta risolutiva la questione sulla c.d. Pregiudizialità amministrativa, o di annullamento, garantendo ora la possibilità, da

17 CLARICH M., Commento all' art 29, in A. QUARANTA – V. LOPILATO (a cura di), il Processo Amministrativo. Commentario al d.lgs. n.104/2010, Giuffrè, Milano, 2011.

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parte del soggetto privato che ha subito un danno da un provvedimento amministrativo, di proporre in via autonoma l'azione di condanna, “nei

soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo”18,e cioè nei casi di risarcimento del danno ingiusto derivante

dall'illegittimo o mancato esercizio dell'attività amministrativa (nel secondo caso, si fa riferimento esclusivamente a quella obbligatoria). Tale azione è, inoltre, esperibile, a pena di decadenza, nel termine di centoventi giorni dal giorno in cui si è verificato il fatto o dalla conoscenza del provvedimento, se il danno ne è direttamente riferibile. Il principio di decadenza è da spiegarsi alla stregua della garanzia della certezza e della stabilità dell'azione amministrativa: se l'azione di condanna, come anche gli altri rimedi tutelativi, quale ad esempio la precedente azione di annullamento del provvedimento amministrativo, fossero esperibili senza limiti temporali, l'azione amministrativa diverebbe incerta e sottomessa a inevitabile precarietà, potendo essere sempre messa in discussione.

Come avevo preannunciato all'inizio della trattazione del presente paragrafo, l'articolo 30 del Codice del processo amministrativo risente delle novità introdotte dalla riforma, quali ad esempio, al comma I, postulando la possibilità di proporre l'azione di condanna contestualmente ad altra azione o in casi tassativamente determinati, in via autonoma, il Legislatore dimostra di aver recepito l'indirizzo di un

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abbandono definitivo della c.d. Pregiudizialità di annullamento, superata appunto, con le direttive affermate dalla sentenza 30254/2008 della Corte di Cassazione.

Tale comma di questa disposizione normativa, parla in termini non specifici dell'azione di condanna, ma i restanti commi, sono particolarmente incentrati sì sull'azione di condanna, esperita per danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria, o per lesione di diritti soggettivi in caso di giurisdizione esclusiva.

E' chiaro qui, l'intento del Legislatore, “nell'ambito di un sistema

processuale già caratterizzato da una tutela ben più ampia della mera azione di annullamento (…), di ampliare la tipologia delle azioni esperibili, facendo riferimento al risultato che con le stesse può essere conseguito”19

Risulta disciplinato dal suddetto articolo, inoltre, il caso in cui un soggetto privato dimostri di aver subito un danno conseguentemente all'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, “il termine di cui al comma 3 non decorre fintanto che

perdura l'inadempimento. Il termine di cui al comma 3 inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere.” 20

19 ROBERTO CHIEPPA, Il Codice del processo amministrativo, Giuffrè Editore, 2010. cit. p.168

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E ancora, viene disciplinato il caso in cui sia già stata esperita l'azione di annullamento dell'atto lesivo, la domanda per il risarcimento può essere proposta in corso di giudizio, o comunque, viene fissato il termine di centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.

Tuttavia, risultano escluse eventuali richieste di risarcimento dei danni evitabili con l'ausilio dell'ordinaria diligenza.

Possiamo dire che nei quattro commi successivi al primo, l'articolo 30 fissa i criteri applicabili all'azione risarcitoria, che risulta comunque inserita nella categoria delle azioni di condanna.

“Sul piano sostanziale, si ha la conferma della risarcibilità piena del danno per lesione di interessi legittimi, e, nei casi di giurisdizione esclusiva, anche dei diritti soggettivi. Sul piano formale (procedurale e processuale), quanto ai primi, la domanda di risarcimento va proposta entro il termine perentorio, quindi a pena di decadenza, entro centoventi giorni.”21

L'ambito di applicazione dell'azione di condanna si spinge oltre quello specifico dell'azione risarcitoria, tendendo anche a annoverare l'azione di condanna ad un facere specifico, risultando da un provvedimento amministrativo favorevole.

Tale azione risulta essere tutelativa di diritti soggettivi e, in generale, di tutte le posizioni giuridiche soggettive di giurisdizione esclusiva del

21 NAZARENO SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, Giuffrè Editore, 2012, cit. pp. 53-54

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giudice amministrativo, e infine, degli interessi legittimi; unico limite a quest'ultima forma di tutela di impronta così moderna e avanzata è dato dall'impossibilità del privato parte lesa di proporre azione di condanna autonomamente rispetto a una previa pronuncia di annullamento del provvedimento amministrativo oggetto della richiesta di tutela.

Secondo parte della dottrina, “può allora convenirsi che la norma in

esame presupponga un'azione generica di condanna – sul modello della allgemeine Leistungsklage tedesca o del mandatory order britannico – che in tanto può essere esperita in quanto sia stata proposta anche una delle altre azioni previste dal Codice.”22

Da specificare inoltre, che l'articolo 30 c.p.a., è da leggersi in connessione con la disposizione derivante dall'art.34 dello stesso Codice, e la combinazione di queste due norme permette di definire la disciplina dell'azione di condanna come generica e dal contenuto atipico, infatti, “si potrebbe ritenere che l'ampia formulazione

dell'art.34, priva di limitazioni o specificazioni, introduca, addirittura,un vero e proprio principio di atipicità delle statuizioni adottabili dal giudice, anche oltre lo stesso accoglimento dell'azione di adempimento. Quest'ultima, infatti, potrebbe essere riguardata come una (ancorchè tra le più incisive e rilevanti) delle tante e diverse

22 ANDREA CARBONE, L'azione di adempimento nel processo amministrativo, G. Giappichelli Editore, Torino, 2012. cit. pp. 186-187

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determinazioni satisfattive pronunciabili dal giudice”23

Secondo A. Travi, inoltre, “si ricava in modo chiaro dalla

soppressione dell'azione di adempimento”24 la volontà del Legislatore

del nuovo Codice del processo amministrativo di eliminare definitivamente tale tipologia di azione; in realtà, è da rilevarsi che nella primordiale bozza del Codice redatta, era comunque prevista un'azione di condanna dal contenuto atipico, per dare maggior importanza alla previsione di una condanna avverso la pubblica amministrazione ad un facere specifico.

Per quanto riguarda, invece, l'azione risarcitoria, l'articolo 30 esaminato in questo paragrafo, si fa portatore di grandi novità, quasi a voler contrastare l'articolo precedente, di forte marcatura tradizionale. Tralascio il riferimento dei termini perentori entro cui esperire siffatta azione, ai commi 3 e 5, in quanto già citati, e mi soffermo sulla determinazione del risarcimento.

Vediamo come il comma 3 dell'articolo 30 del Codice non lasci margini di discrezionalità al giudice amministrativo che è tenuto a valutare le circostanze di fatto ed il comportamento complessivo delle parti, escludendo, come avevo già preannunciato, i danni evitabili con l'ordinaria diligenza.

23 M. LIPARI, L'effettività della decisione tra cognizione e ottemperanza, cit. in ANDREA CARBONE, L'azione di adempimento nel processo amministrativo, G. Giappichelli Editore, Torino, 2012, pag.187

24 A. TRAVI, La tipologia delle azioni nel nuovo processo amministrativo, Intervento al 56° Convegno di studi amministrativi, Varenna 23-25 settembre 2010.

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Di poi, è possibile affermare con certezza il raggiungimento di un compromesso nella ardua questione della c.d. Pregiudizialià amministrativa, con l'esperibilità dell'azione risarcitoria in via autonoma entro un perentorio termine a pena di decadenza della proponibilità della stessa, con relativa applicazione di principi analoghi a quelli disciplinati dall'articolo 1227 del Codice Civile.

In tal modo, il Consiglio di Stato afferma che “il Codice ha suggellato

un punto di equilibrio capace di superare i contrasti ermeneutici registratisi in subiecta materia tra le due giurisdizioni e, in parte, anche in seno ad ognuna di esse.

Il legislatore, in definitiva, ha mostrato di non condividere la tesi della pregiudizialità pura di stampo processuale del pari di quella totale autonomia dei due rimedi, approdando ad una soluzione che, non considerando l'omessa impugnazione quale sbarramento di rito, aprioristico ed astratto, valuta detta condotta come fatto concreto da apprezzare, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, per escludere il risarcimento dei danni evitabili per effetto del ricorso per annullamento.

E tanto sulla scorta di una soluzione che conduce al rigetto, e non alla declaratoria di inammissibilità,della domanda avente ad oggetto danni che l'impugnazione, se proposta nel termine di decadenza, avrebbe consentito di scongiurare”25

25 E. BRANDOLINI, La responsabilità degli amministratori locali. Giurisprudenza di

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§2.3 ESEMPI DI APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 30 DEL CODICE DEL

PROCESSOAMMINISTRATIVO.

Come esempio di applicazione dell'articolo 30 del Codice del processo amministrativo, disciplinante l'azione di condanna, ampiamente trattata nel paragrafo precedente, analizzerò adesso una sentenza pronunciata dal Tar Calabria, con sede a Catanzaro, il 23 maggio 2012, numero 510.

Parte ricorrente in questo giudizio, è una azienda di pavimentazioni stradali modificate di Lecce, la “Pavimod Srl”, che si trova in posizione di soggetto danneggiato da atto di aggiudicazione in seguito a una gara di appalto per lavori di pavimentazione, disposta dal Comune di Isola di Capo Rizzuto in favore di una diversa impresa facente capo a una azienda concorrente.

Da precisare che il Tar Calabria aveva già emanato sentenza di annullamento verso gli atti di gara, in seguito alla richiesta di impugnazione della azienda ricorrente, sentenza poi confermata dal Consiglio di Stato.

Tuttavia, i lavori erano stati eseguiti dall’impresa aggiudicataria. Data questa situazione, e l'inosservanza da parte della pubblica

amministrazione di Capo Rizzuto delle sentenze di annullamento degli atti di gara del Tar Calabria e del Consiglio di Stato, la società

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ricorrente formula richiesta di risarcimento dei danni subiti a causa della mancata aggiudicazione dei lavori di gara,da aggiungere alle spese di causa, alle spese di gara e al canone di locazione dell’impianto di conglomerato.

L’Amministrazione comunale, contro la richiesta formulata dall'azienda ricorrente, si difende invocando l’inammissibilità del ricorso, formulando come eccezione la completa maturazione della prescrizione del diritto al risarcimento del danno, e “nel merito la sua

infondatezza, essendo ravvisabile nel caso concreto un errore scusabile della Stazione appaltante.”

Il Collegio, esamina in via preliminare, l’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno azionato dalla società ricorrente, sollevata dalla difesa comunale, ritenendola fondata e meritevole di accoglimento.

Di poi, il Collegio si pronuncia sull'applicabilità dell'articolo 30 del Codice del processo amministrativo, di cui riporterò uno stralcio: “alla controversia in esame, non è applicabile il regime giuridico

introdotto dall’art. 30 c.p.a., il quale, nel superare la regola della c.d. pregiudizialità amministrativa e nel sancire l’autonomia processuale dell’azione risarcitoria, la ha assoggettata ad un termine decadenziale, autonomo rispetto a quello per l’impugnazione dell’atto amministrativo, di 120 giorni, decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento lesivo (comma

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3), oppure nel caso in cui sia proposta azione di annullamento dal passaggio in giudicato della relativa sentenza (comma 5).

L’art. 30 c.p.a. non è applicabile alla fattispecie sottoposta all’esame del Collegio, in quanto alla data di entrata in vigore del codice (16 settembre 2010) il termine per la proposizione dell’azione di risarcimento del danno era in corso.

Ed invero, da un lato, il provvedimento amministrativo illegittimo, di cui si lamenta la lesività, è stato adottato il 1° aprile 1999, dall’altro, la sentenza di annullamento dell’atto lesivo è passata in giudicato nel 2004: insomma, qualunque sia il momento da cui si ritiene che decorra il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, questo era in corso al momento dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo.

Peraltro, anche qualora si ritenesse che il termine di decadenza previsto dall’art. 30 c.p.a. per la proposizione dell’azione di risarcimento del danno non abbia natura processuale ma sostanziale, e quindi non rientri nel’ambito di operatività della disposizione di cui all’art. 2 dell’All. 3 c.p.a. (contenente la disciplina transitoria), non potrebbe comunque trovare applicazione, alla fattispecie sottoposta all’esame del Collegio, la disciplina codicistica in tema di azione di condanna al risarcimento del danno (in tal senso, Cons. Stato, 2012 n. 2082).

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generale principio in forza del quale la legge non provvede

che per il futuro, non avendo efficacia retroattiva, con la conseguenza che (...) ad essa si dovrebbe in ogni caso applicare solamente la previgente disciplina del codice civile in materia di prescrizione, e non anche quella dettata dall’art. 30 c.p.a.”26

In conclusione, dalla pronuncia del Tar Calabria, è da ritenere applicabile alla fattispecie dedotta in esame, la disciplina previgente rispetto al Codice del processo amministrativo, con la conseguenza che alla richiesta di risarcimento danni da parte dell'azienda ricorrente da esercizio illegittimo della funzione amministrativa, si applica il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947, primo comma, c.c., quindi il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Inoltre, viene sottoscritta l'infondatezza della domanda risarcitoria, richiesta per mancanza di aggiudicazione dell'appalto oggetto del ricorso, in quanto, la società ricorrente Pavimod Srl non ha fornito elementi di prova in ordine all’an debeatur, richiesti dal Codice stesso.

26 Tar Calabria, con sede a Catanzaro, sentenza pronunciata il 23 maggio 2012, numero 510, in www.neldiritto.it – Rivista Telematica di Diritto

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CAPITOLO III

I

I PRESUPPOSTI

PRESUPPOSTI

ED

ED

I

I

CRITERI

CRITERI

DI

DI

LIQUIDAZIONE

LIQUIDAZIONE

DEL

DEL

DANNO

DANNO

A

A

TITOLO

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Capitolo III - I presupposti ed i criteri di liquidazione del

danno a titolo di Risarcimento

SOMMARIO: §3.1 Cenni sui principi del processo amministrativo

-§3.2 La condotta del soggetto danneggiato nel giudizio preposto per la condanna al risarcimento dei danni - §3.2.1 Forma & Termine di prescrizione della domanda risarcitoria - §3.2.2. La competenza territoriale - §3.2.3 L'onere dell'an e del quantum del danno -

§3.2.4 Le pronunce di chiusura del giudice amministrativo sulla determinazione del danno e la questione del giudizio di ottemperanza.

§3.1 CENNISUIPRINCIPIDELPROCESSOAMMINISTRATIVO.

La giurisdizione amministrativa è esercitata, in primo grado, dal Tribunali amministrativi regionali (Tar), istituiti in ogni regione del nostro territorio nazionale con sede nei rispettivi capoluoghi.

Il Codice del processo amministrativo disciplina i criteri generali di riparto della competenza fra i Tar, all'articolo 13.

Come criterio generale, è stabilito quello della sede dell'organo, che stabilisce la competenza dei Tar all'impugnazione di atti che hanno sede nella sua circoscrizione.

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necessarie, e quindi ricorrente, amministrazione resistente, controinteressati e parti non necessarie, quali meri partecipanti al giudizio senza che vi sia obbligo di portare a loro conoscenza il ricorso né di integrare rispetto ad essi il contraddittorio.

Il processo amministrativo è definibile un processo di parti in senso stretto, in quanto di notevole rilevanza e centralità è la tutela fornita alle posizioni soggettive, quali appunto, diritti soggettivi e interessi legittimi.

La parte ricorrente, infatti, si attiva nel processo in virtù di una pretesa di tutela di un proprio interesse legittimo o diritto soggettivo

(ricordiamo, nei casi di giurisdizione esclusiva) : tale interesse definisce la posizione soggettiva su cui verterà tutto il giudizio. Nel processo amministrativo, è bene ricordare l'obbligatorietà del patrocinio di un avvocato, ad eccezione del giudizio di primo grado, in materie elettorale o di accesso ai documenti amministrativi e altre ipotesi minori, in cui la parte può non avvalersi della figura del legale. Il processo amministrativo, inoltre, sottostando al c.d. Principio della domanda, è idoneo a travolgere con eventuale sentenza di

annullamento dell'atto amministrativo impugnato, interessi di natura pubblica e particolarmente rilevanti.

Il giudice deve rispettare il c.d. Principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, esplicato nell'art.112 c.p.c. , e non può pronunciarsi oltre i limiti della domanda, né su eccezioni che competono alle parti

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controverse.

L'atto introduttivo del processo amministrativo, con cui si enuncia anche la domanda, è il ricorso.

Il libro II del Codice del processo amministrativo, si dedica alla disciplina del processo di primo grado.

Il giudizio di primo grado, di fronte al Tar competente, viene introdotto con ricorso che deve rispettare i requisiti statuiti dall'articolo 40 del Codice, con tassativi contenuti necessari, quali l'indicazione

dell'organo giurisdizionale a cui il ricorso è proposto, generalità del ricorrente, difensore e parti necessarie, indicazione dell'oggetto della domanda, dell'esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici su cui si fonda la stessa, mezzi di prova e formulazione dei provvedimenti richiesti al giudice.

Di poi, nel caso di impugnazione di un provvedimento, nel ricorso deve essere presente l'indicazione dei vizi dello stesso, a pena di inammissibilità.

Per vizio di un atto amministrativo, è da intendersi uno dei tre ordini di vizi di legittimità disciplinati dall'articolo 30 del Codice, e tali vizi (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere), sono nient'altro che elementi per identificare la domanda stessa del ricorrente, nella sua validità e la sua eventuale natura di domanda nuova.

In seguito a questo breve excursus sui principi fondanti il processo amministrativo, mi appresto ad analizzare, invece, la condotta che un

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soggetto, ritenutosi leso da un provvedimento amministrativo, deve tenere in giudizio per l'accoglimento della richiesta di risarcimento dei danni subiti.

§3.2 LACONDOTTADELSOGGETTODANNEGGIATONELGIUDIZIOPREPOSTO PERLACONDANNAALRISARCIMENTODEIDANNI.

§3.2.1 Forma & Termine di prescrizione della domanda risarcitoria.

Secondo la tesi di F. Caringella, la domanda di risarcimento, “è diretta

a ristorare il soggetto dalle conseguenze dannose che gli derivano da un provvedimento amministrativo senza incidere in alcun modo su di esso, quantomeno allorché è richiesta la riparazione per equivalente.”27

Iniziamo questo paragrafo col dire che, un soggetto privato, che si consideri parte danneggiata da un atto lesivo proveniente da un organo della pubblica amministrazione e che intenda formulare una richiesta di risarcimento per liquidazione del danno subito, deve attivarsi formulando relativa domanda risarcitoria proposta con ricorso, notificato e depositato nei modi ordinari.

Per il rispetto del principio del contraddittorio tra le parti, garantito

27 F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e processuali, Giuffrè Editore, 2011, cit. pag. 601.

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fortemente anche in questo modello di processo, la Giurisprudenza concorda, infatti, sulla tassativa inammissibilità di una eventuale domanda risarcitoria non ritualmente notificata alla controparte.

Secondo poi le tesi del Consiglio di Stato, ci “si porrebbe in contrasto

con i valori espressi dall'art.24 della Costituzione e con le regole generali sulla notifica dei ricorsi giurisdizionali amministrativi, applicabili per qualsiasi domanda e senza alcuna eccezione”28

C'è da chiedersi, in riferimento al contenuto della domanda di risarcimento, se ad essa debbano riferirsi le norme del procedimento di annullamento degli atti della pubblica amministrazione, in particolar modo l'obbligatoria deduzione di specifici motivi attraverso il provvedimento che si intende impugnare.

Per chiarire meglio quest'ultimo concetto, è da segnalare una pronuncia fatta dal TAR Puglia, con sede a Bari, con la sentenza n. 1401 del 4 aprile 2000, in cui una parte, formulata richiesta di risarcimento del danno subito, in maniera autonoma dalla domanda di annullamento dell'atto impugnato, “risulta strettamente correlata alla deduzione dei

vizi del provvedimento. Pertanto, si è esclusa la necessità che la domanda risarcitoria venga articolata come autonomo motivo di ricorso indicante le ragioni della pretesa: essa, trovando il suo fondamento nelle stesse censure che sorreggono la separata, ma

28 Consiglio di Stato, sez. VI, decisione n. 805 del 15 febbraio 2000; nello stesso senso: Tar Lombardia, Milano, sent. n. 6265 del 6 novembre 2000; sent. n. 6044 del 20 ottobre 2000 e sent. n. 4600 del 23 giugno 2000; Tar Lazio, Roma, sent. n. 4424 del 29 maggio 2000; Tar Reggio Calabria, sent. n. 16 del 18 gennaio 2000.

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contestuale domanda di annullamento e che si configurano quindi come causa petendi - potrebbe essere contenuta anche nelle sole “conclusioni”. E' dunque erroneo pretendere che detto petitum implichi la deduzione di un autonomo vizio - motivo, in quanto non è configurabile un diverso titolo che lo sorregga.”29

Prendendo spunto dal Codice del processo amministrativo, in particolare all'articolo 35, la Giurisprudenza è concorde nel sostenere che tale disposizione consenta alla parte ricorrente un'emendatio libelli, ferma restando l'obbligatorietà della determinazione del quantum della richiesta di risarcimento in corso di giudizio a fronte di ricorso introduttivo che specifica solo l'an.

Da precisare, dunque, che una domanda generica di condanna, ai sensi dell'articolo 278 c.p.c., deve essere letta e interpretata alla stregua di una domanda di risarcimento in base ai criteri dell'art.35 c.p.a.

Un'ulteriore problema giurisprudenziale, è dato dall'eventuale proposizione della domanda di risarcimento nel corso del giudizio. La tendenza della Giurisprudenza più moderna, a tal proposito, sembra ammettere la proponibilità della domanda risarcitoria dalla parte ricorrente, successivamente alla proposizione del ricorso contro l'atto amministrativo considerato lesivo.

Tuttavia, non è chiaro, e risulta di matrice lacunosa, eventuali limiti temporali entro cui proporre tale domanda e se, in caso di superamento

29 F. CARINGELLA, cit. sulla sentenza del TAR Puglia, con sede a Bari, n. 1401 del 4 aprile 2000 in www.giustizia-amministrativa.it

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dei termini, vi sia applicabile il regime delle preclusioni prescritto dal Codice di procedura civile.

Tuttavia, questo argomento è stato battuto arduamente dal Consiglio di Stato, che con le sentenze n.805 del 15 febbraio 2001 e n.913 del medesimo anno, ha ribadito la possibilità per la parte ricorrente, che si è già attivata in una richiesta di impugnazione di un determinato provvedimento amministrativo considerato lesivo, rispettando i tempi prescritti a pena di decadenza, adendo al giudice amministrativo, di porre all'attenzione del giudice una successiva domanda risarcitoria senza attendere l'esito del giudizio di annullamento.

La ragione di questa linea di tendenza da parte del Consiglio di Stato è da ricercare nella connessione delle domande e nelle esigenze sempre più forti di economia dei giudizi.

Viene, invece, valutata come inammissibile l'eventuale formulazione della domanda con il ricorso in appello, per il rispetto del principio del doppio grado di giudizio considerato limite invalicabile alla formulazione per la prima volta in appello la domanda, ma di questo parlerò nel prossimo capitolo di questo elaborato.

Per quanto riguarda, invece, i termini di prescrizione per la proponibilità della domanda risarcitoria, bisogna operare una distinzione nel caso un cui un soggetto privato, in posizione di danneggiato a causa di un atto lesivo per mano della pubblica amministrazione proponga contestualmente domanda di annullamento

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e domanda di risarcimento per il medesimo atto, nel termine di decadenza, l'azione risarcitoria rimane inevitabilmente soggetta al termine di prescrizione e non di decadenza.

Non esiste in questa fattispecie specifica, infatti, l'obbligatorietà della proposizione contestuale della domanda di risarcimento del danno nel termine di decadenza, ma deve necessariamente rispondere ai termini di prescrizione indicato dall'articolo 2947 c.c. , di cinque anni, se si ritiene la responsabilità della pubblica amministrazione di natura extra contrattuale.

Nel caso contrario, invece, di responsabilità contrattuale della pubblica amministrazione, bisogna prendere come riferimento il termine di prescrizione ordinario di dieci anni.

Il dies a quo dal quale inizia a decorrere il termine di prescrizione della domanda risarcitoria è la data della dichiarazione in via definitiva della illegittimità dell'atto lesivo.

§3.2.2 La competenza territoriale

Il legislatore del Codice del processo amministrativo, per quanto riguarda la competenza territoriale per l'esercizio della funzione giurisdizionale nei giudizi risarcitori innanzi al giudice amministrativo, non ha previsto una specifica disciplina; pertanto, fino a poco tempo fa è stato motivo di discussione l'alternanza dell'applicazione a tali

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giudizi, ora delle norme previste dal Codice di procedura civile, ora dei criteri previsti dalla legge Tar.

Su tale questione, abbiamo assistito alla pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in data 19 gennaio 2004, che con l'ordinanza numero 137, ha attribuito alla tipologia risarcitoria dei giudizi instaurati, una regola di competenza di connessione nel caso in cui sia stato previamente adito il giudice amministrativo per un giudizio di annullamento, che in quest'ottica andrebbe a configurarsi come giudizio principale.

Tale regola vale, dunque, sia nel caso di instaurazione congiunta del giudizio di annullamento e di quello di risarcimento, sia nel caso in cui si riscontri nel giudizio di risarcimento un suo antecedente necessario nel giudizio di annullamento, e ciò , alla luce della parte di Giurisprudenza a favore della necessarietà della c.d. Pregiudizialità amministrativa.

Infine, per concludere il discorso sulla competenza del giudice amministrativo, è doveroso richiamare in questo elaborato la Giurisprudenza formatasi sugli artt. 2 e 3 della legge Tar, “ai sensi

della quale, in caso di atti di organi periferici dello Stato, l'unico criterio attributivo di competenza è quello della sede dell'organo, a prescindere della sfera di efficacia dell'atto.

La giurisprudenza aveva, infatti, affermato che non riveste alcun rilievo, ai fini della determinazione del giudice competente, la

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circostanza che un ente, pur avendo sede in una circoscrizione ed ivi esercitando tutta la sua attività, abbia posto in essere anche atti ad efficacia territorialmente non limitata.

Ai sensi della stessa giurisprudenza, solo nel caso di atti emessi da organi centrali dello Stato, il criterio attributivo di competenza è quello della sfera dell'efficacia dell'atto. (…)

Deve anche essere segnalato che la giurisprudenza che ha dato una peculiare interpretazione del criterio di individuazione fondato sugli effetti dell'atto, nei casi dei c.d. Atti plurimi. In tale caso, il criterio in questione è stato applicato in relazione alla scindibilità o alla non scindibilità (cioè sia possibile individuare una pluralità di determinazioni ciascuna delle quali impugnabile senza interessarlo nella sua interezza) o inscindibilità dell'atto.

Nel primo caso, sarebbe competente il Tar periferico, nel secondo caso, il Tar del Lazio.”30

30 GIANFRANCESCO FIDONE, L'azione per l'efficenza nel processo amministrativo: dal

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§3.2.3 L'onere della prova dell'an e del quantum del danno.

Su tale aspetto istruttorio del processo amministrativo, interviene il Consiglio di Stato, con l'ordinanza numero 4460 del 5 agosto 2003, con cui postula la necessarietà che il privato ricorrente e domandante un determinato risarcimento del danno subito, fornisca una prova piena e completa di tale danno, ne deriva contestualmente, l'insufficienza di mere lamentele sulla presunta illegittimità dell'atto oggetto del ricorso, o semplici deduzioni di principio di prova.

Di qui, riporto uno stralcio dell'ordinanza ora presa in analisi, sugli oneri che gravano sulla parte ricorrente: “In tema di responsabilità

dell’amministrazione per attività provvedimentale illegittima, la giurisprudenza di questa Sezione , pur dissentendo dalla ricostruzione che ha fatto applicazione dei principi che presiedono alla responsabilità contrattuale per inadempimento al fine di giustificare l’affermazione della presunzione relativa di colpa e l’ascrizione all’amministrazione dell’onere di dimostrare la propria incolpevolezza, ha già precisato come le condivisibili esigenze di semplificazione probatoria sottese a detta impostazione possono essere parimenti soddisfatte restando all’interno dei più sicuri confini dello schema e della disciplina della responsabilità aquiliana, che rivelano una maggiore coerenza della struttura e delle regole di accertamento dell’illecito extracontrattuale con i caratteri oggettivi

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