Capitolo 4. La scommessa su Marx: Augusto Del Noce e Lucien Goldmann
4.6. Da Pascal a Kant, dal razionalismo cartesiano al razionalismo critico
Come afferma Del Noce, la continuazione critica di Pascal, rispetto a Cartesio, permette il passaggio dal razionalismo dogmatico al razionalismo critico. Tale termine ricorda immediatamente Kant e sottolinea – sia secondo Del Noce, sia secondo Goldmann – forti analogie tra i due pensatori. Addirittura, a giudizio di Del Noce, non si trova tesi nuova in Kant che non sia già stata asserita da Pascal. «Si pensi alla critica a un tempo del dogmatismo e dello scetticismo, alla critica della metafisica come scienza, all’idea della filosofia come situare anziché come costruire, alla vicinanza tra il pari e i postulati della ragion pratica» (DCAR, 214-215).
Oltre a ciò, secondo Del Noce, un aspetto di Pascal lo rende più “attuale” di Kant. Questi ha concepito solo un tipo di conoscenza, la conoscenza delle cose. In Pascal invece vi è il tema della differenza tra il tipo della conoscenza delle cose ed il tipo della conoscenza degli altri uomini. «L’errore dei filosofi è stato per Pascal di voler trovare Dio come si trova una cosa e non come si trova una persona. Più in generale, si può dire che quello di Pascal è un criticismo anti-illuminista, mentre quello di Kant è il punto di arrivo dell’illuminismo» (DCAR, 215). In questo senso è errato il presupposto sin ora adottato, secondo cui il cartesianismo sarebbe una posizione interamente inglobata nel kantismo. Cartesianismo e kantismo, si rivolgono infatti a un tipo di conoscenza che concerne principalmente “le cose”, gli oggetti della scienza. In tal modo la conoscenza dell’uomo passa in secondo piano. È vero che tanto in Cartesio quanto in Kant è fondamentale il tema della libertà; ma in loro, per fare un esempio, la libertà non prelude all’affermazione esplicita della
43 A questo proposito cfr. F.B
OTTURI, Vico nel pensiero di A. Del Noce, in PLURES, Augusto Del Noce: il problema della modernità, cit., pp. 95 e sgg.
persona. Questo è ciò che intende Del Noce con la definizione della conoscenza, sia in Cartesio, sia in Kant, come «conoscenza delle cose» (PDA, 22).
L’accostamento Pascal-Kant è sicuramente di notevole interesse ed ha tentato molti44, tra cui il Goldmann. Questi descrive gli aspetti comuni di entrambi: i due filosofi, cioè, intendono mettere da parte la ragione per far posto alla fede, criticano al tempo stesso il dogmatismo e lo scetticismo, ed inoltre rifiutano la metafisica come scienza. Occorre precisare, però, che l’interpretazione di Del Noce si differenzia da quella di Goldmann perché il primo ritiene che Pascal sia più “attuale” di Kant, mentre per il secondo vale il contrario. Sicuramente quando si tratta di Pascal e Kant «possiamo usare il termine di criticismo per l’uno e per l’altro; ma è il criticismo che porta il primo a una religione soprannaturale, e il secondo a una religione razionale. Tra Pascal e Kant c’è di mezzo Rousseau, e l’enorme influenza che questi ha esercitato su Kant, e ciò non è poco» (PDA, 466).
Anche per Goldmann45 Pascal e Kant rifiutano l’individualismo, nelle sue due forme, quella razionalistica e quella empiristica. Entrambi cioè hanno formato le loro concezioni opponendosi a grandi esponenti della filosofia razionalista o scettica che li hanno preceduti. Al proposito «si potrebbero scrivere due bei saggi intitolati rispettivamente Pascal lettore di Descartes e di Montaigne e Kant lettore di Leibniz- Wolff e di Hume»46. Ciò non significa che la comparsa della filosofia tragica abbia causato per Goldmann la sparizione né del razionalismo né dell’empirismo. Anzi, è avvenuto l’esatto opposto, in quanto razionalismo ed empirismo sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, nonostante abbiano avuto una parabola discendente. È accaduto invece che la scomparsa della noblesse de robe in Francia e lo sviluppo della borghesia in Germania abbiano soppresso il fondamento sociale del giansenismo e della filosofia di Kant. Goldmann tuttavia sottolinea come la filosofia tragica stia a
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È sufficiente ricordare come già nel 1865 sia apparso a Parigi un libro di E. SAISSET, Le Scepticisme. — Enésidème, Pascal, Kant, il cui titolo dice tutto. Il filosofo Boutroux, poi, ammirava in egual modo Pascal e Kant. Si ricorda inoltre particolarmente Delbos, citato anche dal Goldman, di cui Pascal e Kant erano i filosofi preferiti. In un ricordo di A.ADAM, infatti, in Histoire de la littérature française au XVIIe siècle, Editions Mondiales, Paris, 1962, t. II, pp. 294-295, si dice: «Un giorno di stanchezza, l’autore de La Philosophie de Kant, Victor Delbos, dirà di non aver trovato nulla nel filosofo tedesco che non fosse già in Pascal».
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Non è un caso che Goldmann abbia scritto la tesi di dottorato, sostenuta presso l’Università di Zurigo, nel 1945, con il titolo Mensch Gemeinschaft und Welt in der Philosophie Immanuel Kants, Europa Verlag, Zurich, 1945. Ne esiste una trad. it. di S. Mantovani e V. Messana, Sugar editore, Milano, s.a. [ma 1972], con il titolo di Introduzione a Kant. Uomo, comunità e mondo nella filosofia di Immanuel Kant.
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un livello superiore: «Ci pare – osserva Goldmann – che Kant e Pascal abbiano, da una parte, compreso entrambi molto bene la coerenza interna, gli elementi positivi del razionalismo e dell’empirismo e che abbiano integrato questi elementi positivi nel proprio pensiero, ma che, d’altra parte, abbiano visto chiaramente e messo in luce le insufficienze e i limiti di queste due posizioni»47.
Possiamo affermare, dunque, che le analisi di Del Noce e Goldmann nonostante partano da prospettive differenti mostrano almeno alcuni punti di tangenza. Un esempio è appunto il parallelo tra Pascal e Kant. Occorre non dimenticare tuttavia che per Goldmann questi due pensatori sono “superati” dal pensiero dialettico, ossia da Hegel, Marx e Lukacs48. In altre parole il pensiero dialettico integrerebbe in una sintesi superiore la visione tragica e ne supererebbe le aporie. Goldmann sottolinea che malgrado le numerose e profonde analogie vi sono delle differenze tra Pascal e Kant che occorre sempre tenere ben presenti. Queste differenze sono dovute tra l’altro al diverso contesto sociale e storico che fanno sì che vi siano due espressioni differenti della “visione tragica”. Non trascurabile è anche la considerazione che questi due filosofi hanno avuto due avversari differenti. Proprio per tale motivo Kant accorda alle realizzazioni relative e insufficienti, ossia quelle che l’uomo può ottenere immediatamente, un significato ed un’importanza ben diversi da quelli esclusi da Pascal. Kant cioè si focalizza maggiormente su elementi quali la verità dell’esperienza scientifica, la bellezza dell’opera d’arte e l’imperativo categorico. È proprio per tale ragione che egli potrà costruire e sviluppare il suo sistema, ampliando la visione tragica a tutti i settori, potrà elaborare cioè una epistemologia, un’etica, una teoria degli esseri viventi, una estetica, una filosofia religiosa e porre addirittura le prime basi di una filosofia della storia. Si tratta di una posizione opposta a quella di Pascal, il quale è «tutto rivolto […] all’unica realtà cui la sua posizione accordi un valore autentico (e che è fuori della portata umana): il trascendente insiste (in epistemologia ed in morale) soprattutto sull’insufficienza delle realizzazioni umane e tratta solo secondariamente l’estetica e il problema degli esseri viventi»49.
In sintesi, mentre per Del Noce Pascal è, per così dire, “un passo avanti” rispetto a Kant, in quanto sottolinea che Dio non può essere avvicinato come se fosse una cosa ma va avvicinato non dimenticando che si tratta di una Persona, Goldmann
47 Ivi, p. 44. 48 Cfr. ibidem. 49 Ivi, p. 335.
sottolinea invece che è Kant a essere più innovativo di Pascal in quanto è più aperto alle realizzazioni che l’uomo può compiere. Secondo Goldmann questa differenza deriva dal fatto che Kant esprime l’ideologia della frazione più progredita della borghesia tedesca e che perciò era collegato, malgrado l’impostazione tragica, al mondo reale e concreto; il giansenismo e Pascal, invece, esprimevano la coscienza della noblesse de robe, un gruppo intermedio senza alcun avvenire che sarebbe stato superato dalla storia, la cui convinzione di fondo è che occorre allontanarsi dall’azione. «Per questo Pascal può, molto più di quanto non potrà Kant, vivere fino alle ultime conseguenze la tragedia e ripiegarsi completamente sul trascendente»50.
Secondo Goldmann a incrementare la differenza tra Pascal e Kant sono stati anche i caratteri filosofici degli avversari che i due pensatori hanno incontrato. Pascal ha avuto come “nemico” il razionalismo dogmatico, le cui idee erano incarnate nel XVII secolo nella classe dominante di allora, il terzo stato. Kant, al contrario, si opponeva ad una borghesia sostanzialmente empirista, figlia di quello Hume che tanta parte aveva occupato nella Critica della ragion pura. Pertanto per Pascal il compito più urgente era quello di «dimostrare contro Descartes i limiti e l’insufficienza della ragione, mentre Kant cercava di difendere contro Hume il valore — relativo ed indubbiamente insufficiente ma tuttavia effettivo — delle realizzazioni»51 della ragione stessa.
Per quanto riguarda Del Noce occorre adesso ricordare il suo giudizio circa l’anti-umanesimo di Pascal52. La critica di Goldmann per cui Pascal sarebbe un pensatore che separa la filosofia dalla storia e dalle vicende umane in genere è condivisa anche da Del Noce, il quale critica, appunto, il carattere anti-umanistico del suo pensiero. Tuttavia Del Noce è per così dire “costretto” a radicare l’anti- umanesimo di Pascal nella struttura significativa del cartesianismo, cioè della struttura significativa in cui Pascal stesso è inserito. Non a caso anche Cartesio condivide lo stesso atteggiamento. Per definire la separazione di Cartesio e Pascal dalla storia e dalle sue vicende, Del Noce utilizza il termine di “anistoricità”.
Il pensiero di Pascal, secondo Del Noce, rappresenterebbe la purificazione più radicale del pensiero di Cartesio. Quest’ultimo aveva tentato un’ambigua conciliazione tra filosofia e religione, cosa che Pascal rigetta. Del Noce si riferisce
50 Ivi, pp. 335-336. 51 Ivi, p. 336.
52 Vedi a questo proposito A. D
EL NOCE, Intorno all’«antiumanesimo» di Pascal, in PLURES, Pascal e Nietzsche, «Archivio di filosofia» 3 (1962), pp. 41-65 e ripubblicato in DCAR, 219-253.
cioè al fatto che Cartesio non ha potuto fare a meno di Dio, perché senza Dio il mondo né esisterebbe, né si muoverebbe. Tuttavia questo uso strumentale di Dio irrita profondamente Pascal, che appunto, a suo modo, ha eliminato quest’ambiguità cartesiana. Pascal ha dipanato questa ambiguità. L’impossibilità della metafisica tradizionale rappresenta proprio l’ammissione, nel pensiero pascaliano, dell’impossibilità di una natura umana incorrotta, ossia libera dal peccato. Cartesio nelle sue opere esalta la libertà umana, la quale consiste nel fatto che con il dubbio il filosofo è totalmente libero da qualunque presupposto; questo concetto unito alla negazione del peccato come male metafisico, rappresenta l’influenza pelagiana sul filosofo. Per Cartesio infatti l’uomo è in grado di raggiungere la verità con le sue sole forze, con l’utilizzo della sola ragione, e questo per Del Noce significa negare le conseguenze del peccato originale. «Ciò che infatti i portorealisti si auguravano era che il motivo valido del pensiero di Cartesio fosse separato dal suo pelagianismo[…]: questa dissociazione del cartesianismo dal pelagianismo è stata appunto l’opera di Pascal, nell’indagine del problema della direzione dell’attenzione verso le verità di fede» (DCAR, 250).
Il pensiero di Pascal può, sotto una certa prospettiva, essere considerato come la coerenza estrema del cartesianismo, nelle sue espressioni umanistiche e soprattutto pelagiane. Secondo Del Noce, insomma, il pensiero di Pascal non è il cartesianismo ripensato da un giansenista, bensì è un giansenismo incontrato a partire dal cartesianismo. «Non si deve dimenticare – egli dice infatti – che il processo di pensiero di Pascal ha inizio con una posizione intorno ai rapporti di ragione e fede strettissimamente affini alla cartesiana; e che il principale documento del suo pensiero in questa prima fase, la celebre prefazione al Traité du Vide, contiene una negazione dell’Antico altrettanto intransigente della cartesiana» (RC, 644).
In un frammento della Prefazione al trattato sul vuoto del 1647, infatti, Pascal mostra il suo atteggiamento verso la conoscenza scientifica. La sua visione non è affatto distante da quella di Galileo, di Bacone e di Cartesio. Egli contesta l’eccesso di venerazione per gli antichi, negli ambiti in cui tale venerazione non ha ragion d’essere. Pascal, a questo proposito, distingue due ambiti scientifici: da un lato la storia, la geografia, la giurisprudenza, le lingue e la teologia, quelle discipline, si può aggiungere, che lo storicismo tedesco dell’800 chiamerà Geisteswissenschaften, le scienze dello spirito, nelle quali «si cerca solamente di sapere ciò che gli autori hanno scritto» e nelle quali, dunque, soltanto «l’autorità ci
può illuminare in proposito»; dall’altro lato, troviamo la geometria, l’aritmetica, la musica, la medicina, l’architettura e la fisica, i cui argomenti cadono «sotto i sensi o sotto il ragionamento» e nelle quali «l’autorità vi è inutile»53, in quanto esse si perfezionano nel tempo, grazie al sapere che si accumula e si trasmette. Ciò, secondo il filosofo, vale in particolare per la fisica: anche se le leggi della natura sono sempre le medesime, le conoscenze di cui gli antichi disponevano erano limitate, adeguate alle poche esperienze che avevano potuto fare e agli strumenti tecnici che avevano potuto utilizzare. Questa, in sostanza, è la dimostrazione di ciò che Del Noce sintetizza nel giudizio molto profondo, che abbiamo visto sopra, secondo il quale Pascal incontrerebbe il giansenismo a partire da Cartesio.