Capitolo 4. La scommessa su Marx: Augusto Del Noce e Lucien Goldmann
4.8. Goldmann: Faust e il problema del male
Riprendendo il riferimento al Faust, Goldmann si sofferma in particolare sulla figura di Mefistofele (che egli chiama Mefisto), ossia il diavolo. Come si sa il Mefistofele goethiano svolge un ruolo fondamentale perché solo attraverso di lui Faust potrà raggiungere il cielo. Il filosofo rumeno-francese osserva dunque che anche il rapporto tra bene e male fa parte del processo che, partendo dalla visione medioevale e attraversando il razionalismo (che si concluderebbe, lo ricordiamo, nella visione tragica), giungerebbe infine alla sua soluzione “dialettica”.
Il patto con il diavolo come unico cammino che porta a Dio rappresenta la conclusione di questo processo, in quanto per Hegel l’astuzia della ragione conduce l’uomo necessariamente al bene, anche se egli può peccare o deviare dalla retta via. Questo tema ha trovato espressione in forma letteraria dopo il medioevo nell’immagine dell’uomo che vende la sua anima al Demonio – si pensi soltanto al Faust di Marlowe58. In altre parole, per Goldmann il pensiero tragico sarebbe un intermezzo che permette di transitare dalla netta distinzione medioevale fra bene e male alla altrettanto netta distinzione marxiana, appunto, fra gli stessi bene e male. Nel medioevo, infatti, il «peccato e la virtù si differenziano in modo assoluto, la virtù conduce al cielo mentre il vizio attacca alla terra e conduce, a meno di un intervento della misericordia divina, all’inferno. Teofilo è un malvagio peccatore-salvato dall’intervento della Santa Vergine»59. Nel rinascimento la leggenda di Teofilo viene riformulata in quella di Faust, personaggio inquietante ma tuttavia carico di fascino e da cui scompare ogni elemento di riprovazione. Con il Rinascimento cioè si delinea la visione individualista, che sopprime il cielo e in tal modo scompare ogni
57 B.P
ASCAL, Pensieri, in Pensieri, opuscoli, lettere, cit. fr. 80, p. 424.
58 Cfr. C. M
ARLOWE, The Tragical History of Doctor Faustus, 1590; trad. it. a cura di N. D’Agostino, Il Dottor Faust, con un saggio di T.S. Eliot, Mondadori, Milano, 1983.
59
L.GOLDMANN, Il Dio nascosto…, cit., p. 285, nota 5. Goldmann si riferisce a un antico dramma liturgico – tra l’altro uno dei primi testi letterari in francese – che pare sia stato messo in scena dopo la metà del XIII secolo. Il protagonista ne è San Teofilo di Adana, che aveva consegnato, con regolare contratto, la sua anima al Diavolo, ma aveva commesso ogni sorta di malvagità. Era poi stato perdonato dalla Vergine che gli aveva fatto recuperare, oltre alla salvezza, anche il suo contratto demoniaco, il cui testo era stato poi esposto al pubblico a perenne ammonizione.
distinzione tra bene e male. «Sempre più le cose si svolgono solo sulla terra, dove non vi sono più né bene né male ma solo successi o fallimenti»60. Segno evidente di questo mutamento di prospettiva è che la virtù medioevale viene superata da un nuovo concetto di virtù, il quale non è più incompatibile con alcun crimine (si pensi ad esempio al Principe di Machiavelli).
Con il razionalismo e l’empirismo illuministico accade poi che il bene ed il male siano in correlazione sempre più stretta. Secondo Goldmann, insomma, il male perde il carattere di “pericolo” attribuitogli nel medioevo. Si afferma invece la visione per cui l’uomo coraggioso, simbolo della scienza e della potenza, può affrontare e superare, non solo le difficoltà, ma il male stesso. Lessing, ad esempio, scriverà una versione del Faust61 in cui il protagonista, dopo aver venduto l’anima al diavolo ed aver affrontato tutti i pericoli, si accorge che tutta la vicenda non era altro che un sogno, poiché il diavolo in realtà non esiste.
Secondo Goldmann la visione tragica rappresenta un passo ulteriore rispetto alla visione illuministica. Qui il bene e il male sono delle realtà determinanti per la vita dell’uomo, tuttavia non vi è più l’opposizione tra la virtù e il peccato. Bene e male sono opposti radicalmente ma sono indissolubilmente legati l’un l’altro. «Anche l’azione più virtuosa, che non ha forse mai potuto essere compiuta è solamente conforme, ci dice Kant, all’imperativo categorico e non realizza il bene supremo; la legge morale ed il male radicale fanno contemporaneamente parte della natura dell’uomo»62. Già Pascal aveva anticipato questa visione del bene e del male ripresa da Kant. Il filosofo francese infatti affermava già che l’uomo «non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuole fare l’angelo faccia la bestia»63. Di conseguenza Pascal afferma che noi «non abbiamo né il vero né il bene che in parte, e mescolato con il male e con il falso»64. Goldmann aggiunge che il tema di Teofilo e di Faust non ha mai trovato espressione nella concezione tragica, in quanto il fatto che bene e male siano indissolubilmente legati nella coscienza dell’uomo, unito alla visione di Dio come spettatore muto fa sì che il diavolo sia anch’egli uno spettatore.
Questi temi vengono ripresi da Goethe e dalla dialettica di Hegel e Marx. Nonostante partano dalle conclusioni già accettate dalla filosofia tragica, ossia che
60
Ibidem.
61 Si tratta di un frammento scritto tra il 1755 ed il 1758 e pubblicato nel 17° Literaturbrief del 16
febbraio 1759 con il titolo di D. Faust.
62 L.G
OLDMANN, Il Dio nascosto…, cit., p. 286, nota 5.
63 B.P
ASCAL, Pensieri, in Pensieri, opuscoli, lettere, cit. fr. 329, p. 516.
bene e male siano al tempo stesso opposti ed inseparabili, essi ammettono tuttavia che l’astuzia della ragione farà sì che il male individuale sia un mezzo per l’espressione del bene nella totalità. «Mefisto è esso stesso caratterizzato come “colui che vuole sempre il male e fa sempre il bene” ed è lui che, naturalmente contro la propria volontà, permetterà a Faust di trovare Dio e di arrivare in Cielo»65.
Se ora passiamo ad esaminare la posizione di Del Noce, non direttamente su Goldmann ma sulla concezione del male che egli fa sua, non possiamo che constatare il disaccordo tra il filosofo torinese e quello franco-rumeno. In primo luogo, perché Del Noce non può vedere in Pascal il precursore del pensiero dialettico, ma deve interpretarlo come il filosofo che più di ogni altro ha sottolineato il pericolo di una filosofia accentuatamente razionalistica, quale appunto il “pensiero dialettico”. In secondo luogo perché la concezione delnociana del male non concorda, anzi si oppone, alla visione dialettica, in questo caso anche goethiana, del male a servizio del bene, seguendo la quale il filosofo può sempre trovare “la rosa nella croce”. E com’è naturale Del Noce in tutta la sua opera, e particolarmente a proposito del male, si schiera dalla parte di Pascal per il quale dell’uomo occorre conoscere al tempo stesso la miseria e la grandezza. La miseria e la grandezza sono i due abissi tra i quali l’uomo si trova compreso: l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Del Noce supporta la sua interpretazione di Pascal citando un famosissimo frammento: «il deismo, tanto lontano dalla religione cristiana quasi quanto l’ateismo. […] [La religione cristiana] insegna dunque insieme agli uomini queste due verità: che vi è un Dio, di cui gli uomini sono capaci, e che c’è una corruzione della natura, che li rende indegni di Lui»66. In altre parole per Pascal l’uomo non è in grado di superare il male con le sue sole forze, come afferma la visione dialettica, in quanto la natura dell’uomo è corrotta. Pascal invece sottolinea che l’elemento essenziale per la salvezza dell’uomo è la fede. «L’ultimo passo della ragione sta nel riconoscere che vi è una infinità di cose che la sorpassano: essa è ben debole cosa, se non arriva a riconoscere questo. Ché se le cose naturali la sorpassano, cosa si dovrà dire delle soprannaturali?»67. In altre parole, per Pascal il passo supremo della ragione consiste nel riconoscere i propri limiti. Questo non significa negare la dignità della facoltà razionale ma comprendere che questa non può essere assolutizzata. In altri termini, la visione dell’uomo che può sconfiggere il male con le sue sole forze significa esaltare
65 L.G
OLDMANN, Il Dio nascosto…, cit., p. 286, nota 5.
66 B.P
ASCAL, Pensieri, in Pensieri, opuscoli, lettere, fr. 602, p. 664.
enormemente le sue capacità, ma l’uomo non è riuscito ad evitare il male neanche quando la sua natura non era ancora corrotta dal peccato.