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Grammatica interculturale e atto didattico

3.4. Dal punto di vista dell’Intercomprensione

L’apprendente che si appresta ad un percorso di IC sa di aver a che fare simultaneamente con più lingue e che il suo unico obiettivo è migliorare la loro comprensione. Questa doppia chiarezza iniziale, se correttamente gestita da un punto di vista metodologico, accelera la presa di coscienza dei meccanismi di interpretazione e di anticipazione già evidenziati, nonché il rafforzamento dei processi metacognitivi.

3.4.1. Parzialità delle competenze

È noto come, nell’apprendimento delle lingue, lo sviluppo della competenza produttiva sia considerato più ostico e ansiogeno rispetto allo sforzo che richiede un allenamento alla comprensione. A questa percezione comune contribuiscono sia fattori affettivi che cognitivi.

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Da un punto di vista affettivo, è con l’uso della lingua che l’apprendente si sente esposto e vulnerabile, mentre la sfida della comprensione viene di solito vissuta in modo non (o poco) conflittuale rispetto alla propria identità relazionale11. Per quanto riguarda l’aspetto cognitivo, l’uso di una lingua in fase di apprendimento sottostà a processi di memorizzazione, recupero e selezione di elementi linguistici di solito non pienamente controllabili e, quindi, fonte di errori ‘visibili’ all’interlocutore12.

Ne consegue che l’apprendente a cui non viene esplicitamente richiesto di produrre in LS ha, solitamente, un basso filtro affettivo e dimostra collaborazione e curiosità rispetto al processo richiesto, spesso sin dalle fasi iniziali. Questa generale ‘appropriazione’ affettiva della proposta didattica risulta fondamentale perché il percorso di problematizzazione, interpretazione e di riflessione metacognitiva proposto possa snodarsi non solo con efficacia ma con maggiore rapidità .

3.4.2. Simultaneità linguistica e trasferibilità dei processi

Con l’IC l’apprendente non è esposto ad una logica binaria di confronto tra L1 e LS ma si cimenta, di norma, nella comprensione simultanea di un numero inconsueto di lingue non conosciute (quattro, nello specifico di EuRom). Ogni LS target sottostà a una costante comparazione sia con la L1 sia con le altre LS, che fanno da corollario (la prima rimane,

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L’acquisizione di una maggiore sicurezza in se stessi e nelle proprie capacità è alla base del cosiddetto ‘periodo di silenzio’ degli approcci naturali’ o di alcune applicazioni metodologiche della glottodidattica umanistica, ad esempio il TPR.

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Senza voler entrare nel merito del diverso carico cognitivo che richiedono i fenomeni di interferenza nella comprensione e nella produzione, riportiamo l’esempio di quelli che vengono definiti ‘falsi amici’. L’omonimia, la presunta trasparenza, che li caratterizza richiede uno sforzo cognitivo che permetta di ovviare ad errori d’uso. Il ‘problema’ non si pone ricettivamente, se non in casi specifici. Le esperienze di IC confermano come, nella maggior parte dei casi, il significato dei ‘falsi amici’ venga trasposto correttamente in L1 grazie all’attivazione inconsapevole di strategie deduttive globali e di meccanismi di contestualizzazione.

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comunque, con una metafora di Compagno, Di Gesù, 2005, la ‘lente di ingrandimento’ privilegiata di interpretazione dei nuovi codici). Ciò avviene in modo strutturato e sistematico, soprattutto nelle metodologie di sviluppo di competenza ricettiva scritta, tra le quali EuRom13.

L’iper-esposizione comparativa e la conseguente iper-sollecitazione di strategie fanno sì che il percorso didattico si presti in modo particolare a sviluppare una ‘grammatica comparata mentale’ critica e basata sulla riflessione metalinguistica (Nielfi, 2010).

Sempre l’autrice sottolinea come il ricorso al repertorio linguistico della propria L1 (e meno a quello di altre lingue, aggiungiamo noi) non sia un meccanismo automatico negli apprendenti, in particolare nei più giovani. L’accesso a una ‘grammatica comparata mentale’ critica deve essere quindi scoperto e incentivato e ciò avvalla la validità di proposte metodologiche plurilingui imperniate su una gestione calibrata di regolarità e differenze, bontà delle aspettative e rischio di errore insito negli automatismi di interpretazione.

3.4.3. La valutazione: tra valorizzazione del percorso individuale e necessità di certificazione

La valutazione dei percorsi di IC è un settore di riflessione vasto e ancora completamente aperto, complice un “quadro istituzionale che dovrebbe sostenere e stimolare lo stabile inserimento curriculare dell’IC [ma che] rimane contingente e occasionale…” (Carrasco Perea, 2011:326).

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Rimandiamo a §5.2 per un approfondimento della gestione di simultaneità e comparatività nella metodologia EuRom.

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Dalla letteratura a riguardo possono essere estrapolate riflessioni condivise 14:

- le sporadiche sperimentazioni effettuate ad oggi confermerebbero che gli obiettivi di sviluppo di competenze ricettive di livello B1- B2 previsti dai percorsi di IC scritta sono realistiche 15

;

- un’integrazione dell’autovalutazione, ad oggi solitamente proposta a corollario dei percorsi di IC, con prove di valutazione e convalida dei momenti formativi, avrebbe il triplice effetto di: a) valorizzare, agli occhi degli apprendenti, il percorso effettuato; b) riconoscerli e diffonderli all’interno delle istituzioni educative c) incentivare la spendibilità sociale della metodologia;

- i criteri delle pratiche di valutazione (procedure, modalità, testi e tipi di prove ecc.) saranno diversi coerentemente con le caratteristiche del percorso di IC effettuato ;

- è necessario isolare i descrittori di competenza (di progressione e finali), per una valutazione validata e certificata ma descrittiva; - è necessario integrare alla descrizione e alla valutazione del

‘sapere’ qualcosa, parametri riguardanti il ‘saper fare’ e il ‘saper apprendere’, competenze su cui l’IC lavora costantemente e riguardo alle quali non è ancora chiaro come muoversi16;

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Cfr. in particolare, Carrasco Perea, Pishva (2009), Jamet (2010b), Carrasco Perea (2011), Caddeo, Jamet (2013:§7,6).

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In Caddéo, Jamet (2013:136) viene fatto riferimento a una sperimentazione di successo avvenuta a Ca’ Foscari. La valutazione di un corso di IC (scritta, con il supporto del metodo EuRom, n.d.a.) è stata proposta attraverso l’uso di testi B1-B2 tratti da certificazioni internazionali. Le autrici confermano che l’intero gruppo ha superato le prove e ipotizzano un disegno di prove di IC scritta che non si allontani sensibilmente dalla struttura delle certificazioni internazionali già in uso.

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In Caddéo, Jamet (2013:82-85) una selezione dei savoir-faire a base interlinguistica presenti nel CARAP.

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- la valutazione deve valorizzare il suo obiettivo educativo e formativo. A ciò contribuisce l’integrazione della valutazione sommativa con momenti di pratica riflessiva e auto-valutativa, particolarmente adeguata ad integrare dimensione cognitiva, meta cognitiva e affettiva dell’apprendimento. Tutto questo:

[…] perché l’apprendente impari a comprendere, apprendere, comunicare, valutarsi, (ri)conoscersi, apprezzare il proprio capitale e i propri progressi, sfruttando al massimo il proprio potenziale (Carrasco Perea, 2011:334).

L’integrazione di obiettivi interculturali in un corso di IC, a nostro parere, amplifica l’importanza delle pratiche riflessive e auto-valutative. Tale convinzione ha guidato il disegno dei questionari, strumento principale di elicitazione di dati riguardanti la riflessione individuale (cfr. §5.2.4.1.iv), e la scelta relativa alla gestione della chiusura del processo (cfr. §5.2.4.v).

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Capitolo 4.