Grammatica interculturale e atto didattico
3.1. Il processo di conoscenza
L’approfondimento di questo capitolo è suddiviso in tre punti. Nel primo, inerente il processo di conoscenza (§3.1.1), mettiamo in risalto a) il ruolo dell’osservazione nell’emersione della consapevolezza della natura relazionale-culturale del significato linguistico; b) l’importanza della riflessione metacognitiva e delle modalità collaborative per la fase ‘creativa’ del pensiero nonché c) di una struttura non pregiudiziale del pensiero.
3.1.1. Osservazione e consapevolezza nel processo di comprensione
L’accezione di ‘significato’ come risultato di una transazione tra le due parti in relazione, il lettore e il testo, è ampliamente condivisa dalla letteratura specialistica (ricordiamo, tra le altre, la reader response theory di Rosenblatt, 1978, e la nozione di constructively responsive reading di Pressley, Afflerbach, 1995).
Di fatto, il percorso di comprensione-conoscenza di un testo si dà con l’incontro e l’integrazione tra le intenzioni dell’emittente e il ‘campo ricettivo’ del destinatario. Intendiamo con quest’ultimo la ‘disposizione’ cognitiva e affettivo-emozionale del ricevente alla base dell’attivazione delle strategie cognitive e metacognitive volte alla comprensione. Nella relazione che si stabilisce tra l’oggetto e il soggetto dell’atto didattico l’apprendente non solo riceve l’informazione ma deve diventare suo
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‘osservatore’ e intraprendere, secondo Guthrie, Wigfield (1999:199) un ‘atto di motivazione ’, così esplicitato:
[…] if a person is not aware of the text, not attending to it, not choosing to make meaning from it, or not giving effort to knowledge construction, little comprehension occurs.
L’‘atto di motivazione’ permette al ricevente di concentrarsi sulla valenza intenzionale e causativa del significato, di identificarlo come prodotto della mediazione e di fissarlo come tale. Un contesto didattico criticamente organizzato accelera tali processi anche grazie al ruolo del docente (cfr. §3.3), chiamato ad a far leva sull’individuazione dell’intreccio lingua-cultura nella significazione, anche a livello di ciò che non è immediatamente visibile attraverso la testualità ma appartiene alla dimensione del discorso soggiacente (FIGURA 7).
_________________________________________________________________________________________ FIGURA 7. Poli attivi dell’atto didattico e fasi del processo di conoscenza.
È l’educazione all’osservazione dell’implicito, del sotteso, e del modo di porsi verso di esso da parte del ricevente, percorso che può ambire a gradi diversi di consapevolezza.
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A questo proposito, ci serviamo del noto ‘iceberg culturale’ di Hofstede (1991) per raffigurare i livelli di consapevolezza (inter)culturale (Hall, 1976) alla base della conoscenza (FIGURA 8). L’immagine evidenzia:
- la relazione, all’interno di un determinato spazio culturale, del diverso peso della consapevolezza culturale nei processi esperienziali (livello emerso), di cui a noi interessa l’aspetto linguistico (output), e in quelli metacognitivi (livelli profondi); - l’incidenza (direttamente proporzionale alla consapevolezza
interculturale) della dimensione affettivo-emozionale sui vari livelli di conoscenza .
FIGURA 8. Stratificazione della consapevolezza culturale
Di ciò troviamo conferma in Cornoldi (2007), secondo il quale la sfera affettivo-emozionale incide maggiormente sui processi definiti ‘ad alto controllo’, sulla comprensione che ognuno di noi ha dei propri stati mentali, la consapevolezza di ciò che si pensa1.
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Rimandiamo, per approfondimenti, al §4 che tratta del ruolo della dimensione affettiva nei processi di formazione, con particolare riferimento a un contesto di formazione plurilingue di cui abbiamo fatto parte.
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Nella sfera dell’affettività rientrano anche i fattori motivazionali, della cui importanza nella selezione e attivazione di strategie metacognitive abbiamo già fatto cenno.
3.1.2. Metacognizione, collaborazione,‘creazione’
In Cornoldi (1995) la metacognizione viene definita come l’insieme delle attività della nostra psiche che sottostanno e regolano il funzionamento cognitivo; di fatto, un livello superiore di intelligenza che riguarda la consapevolezza del proprio pensiero e dei propri processi di conoscenza. Gli studi sulla metacognizione devono a Vygotskij la messa a fuoco dei meccanismi di regolazione e un’attenzione alle funzioni metacognitive basata sul confronto e sulla socializzazione. Egli sosteneva che i meccanismi centrali di regolazione dell’apprendimento traessero vantaggio dall’interazione sociale in quanto l’eteroregolazione stimola l’autoregolazione che, a sua volta, genera e fissa self-confidence e autonomia d’apprendimento2.
Sin dalle prime ricerche sulla metacognizione viene evidenziato il legame tra qualità dell’apprendimento e grado di consapevolezza delle caratteristiche sia del proprio processo cognitivo che dei suoi meccanismi di controllo (Flavell, 1976, Brown, 1978) 3.
A Bloom dobbiamo, invece, una tassonomia della struttura complessa del pensiero, classificato in 6 livelli cognitivi, suddivisi in un gruppo di
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È la prospettiva co-azionale e co-culturale di Puren, alla quale abbiamo fatto accenno in §2.4.
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Le macro-abilità metacognitive individuate da Brown (1978) sono: predizione (rappresentazione mentale di un compito o di una procedura), progettazione (organizzazione del percorso ottimale per il raggiungimento di un risultato), monitoraggio (osservazione e controllo del percorso cognitivo) , valutazione (definizione del grado di efficacia di una strategia attuata ed eventuale intervento di modifica, parziale o totale, della sua applicazione in caso fosse ritenuta non idonea alla soluzione del problema).
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ordine inferiore e uno di ordine superiore4. Il modello, anche se più volte reinterpretato, non è mai stato messo radicalmente in discussione, confermando la condivisione della comunità scientifica nell’identificazione di una sequenza implicazionale di stadi di conoscenza. Per la riflessione in questa sede, ci sembra particolarmente interessante la rivisitazione di Anderson e Krathwohl (2001)5 che attuano una doppia revisione:
- terminologica, di tutti i livelli, che sposta l’attenzione dal risultato di ognuna delle fasi di conoscenza al processo costitutivo delle stesse 6;
- strutturale, limitatamente alla gerarchia dei livelli del gruppo superiore, conosciuto appunto come higher order thinking skills. In esso avviene uno scambio di posizioni tra i due livelli al vertice: la evaluation di Bloom viene retrocessa al penultimo livello mentre synthesis non solo viene posta al vertice ma viene rinominata da Anderson e Krathwohl creating, con chiare implicazioni di taglio pedagogico.
Gli autori rivisitano la fase culmine del processo di apprendimento in ottica costruttivista, come la riorganizzazione di elementi, ormai noti nella loro forma e funzione, in nuovi contesti e con nuovi scopi.
Nella fase di ’creazione’, (altresì denominata negli studi sulla metacognizione ‘generalizzazione’ o ‘transfer’) la collaborazione tra pari nella co-costruzione del ‘sapere fare’ con la lingua, aumenta la capacità di
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Per approfondimenti, cfr. Bloom B. S., Krathwohl D. R. (1956).
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In http://www.odu.edu/educ/roverbau/Bloom/blooms_taxonomy.htm.
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Bloom suddivide il pensiero, dalla base al vertice della sua complessità, in knowledge,
comprehension, application, analysis, synthesis, evaluation. La piramide di Anderson e
Krathwohl è invece costituita dai livelli, ascendenti, di remembering, understanding,
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attivare e mantenere alti livelli di motivazione e di coinvolgimento (dimensione affettiva) altrimenti non particolarmente significativi in soggetti caratterizzati, ad esempio, da stili cognitivi tendenzialmente convergenti (Guilford, 1950, 1967) o compartimentalizzanti (Gardner, 1983, 1993).
3.1.3. Il non-expectancy process alla base della conoscenza interculturale
Secondo le teorie cognitiviste, memoria e aspettative sono i processi centrali che il nostro cervello mette in atto per raggiungere uno scopo. A livello glottodidattico è da tempo condiviso l’uso del termine expectancy grammar o ‘anticipazione’ per definire una strategia deduttiva fondamentale del processo di comprensione che consente di fare previsioni su ciò che ci può dire il testo. L’apprendente inserisce l’informazione da comprendere nella propria ‘cornice’ linguistico- culturale-esperienzale che gli permette di individuare eventuali corrispondenze che possano confermare la bontà delle sue aspettative. L’anticipazione è, però, anche il meccanismo cognitivo attraverso il quale tutti noi sviluppiamo rappresentazioni e applichiamo immagini stereotipate a ciò che non conosciamo.
È, quindi, tanto essenziale per la comunicazione quanto, spesso, di ostacolo allo sviluppo della consapevolezza e della conoscenza in chiave interculturale, di una comprensione non pregiudiziale.
Abbiamo visto in §3.1.1 come, per comprendere e apprendere, sia necessario ‘predisporsi’ ad affrontare un percorso di co-costruzione, regolazione, negoziazione di senso. Ma cosa ci permette tale predisposizione?
Ci rifacciamo nuovamente all’ottica ermeneutica di Gadamer (trad, it. 1984:424) che ci dice che “condurre un dialogo significa mettersi sotto la
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guida dell’argomento che gli interlocutori hanno di mira”. Gadamer fa riferimento a una dimensione interattiva di comunicazione ma la riflessione si presta ad essere traslata, con le dovute differenze di analisi, anche alla comprensione unidirezionale, orale o scritta. Riteniamo che l’autore intenda per ‘argomento’ il complesso delle informazioni, esplicitate e sottese, dello scambio dialogico. È un ‘argomento’ che si serve del linguaggio che, secondo l’autore, non deve essere visto solo come strumento arbitrario di comunicazione ma come unico vero ‘luogo’ di conoscenza, unica modalità di contatto non solo con la verità (concetto, anch’esso, finito e cambiante) dell’altro ma anche con la propria.
In altre parole, l’unico modo per riuscire a comprendere è non aver già deciso di aver capito o di dover riuscire, per forza, a capire. La comprensione del significato contenuto in una ‘conversazione’,
nell’accezione gadameriana, implica la problematizzazione, e
conseguente relativizzazione, di qualsiasi expectancy process o intenzione pre-costituita. Non si tratta, in nessun modo, di cercare di neutralizzare i meccanismi dell’expectancy, peraltro assolutamente positiva nella maggior parte dei casi di transfer tra lingue affini, come esporremo più in dettaglio presentando le caratteristiche della metodologia EuRom (cfr. §6.1). L’obiettivo risiede, semmai, nello sviluppo di una coscienza del rischio di prevaricazione linguistico-culturale comunque insito nei processi di comprensione e di una costante ‘allerta’ rispetto alla natura effimera e ingannevole dei ‘calchi’ culturali.
Assumere di non sapere, di non sapere tutto e di non sapere definitivamente, è ciò che permette di prevenire una proiezione del paradigma culturale (Ziglio, Boccalon, 2006), ossia interpretazioni di dati minate da pregiudizi, proiezioni, aspettative e punti di vista. Di fatto, lo ricordiamo nuovamente, è fondamentale, nell’osservazione di fenomeni e processi in contesto, il come si osserva, la consapevolezza che ciò che
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viene osservato non è un fatto ma un significato, una rappresentazione, per evitare di cadere nella ‘pre-comprensione’, di vedere solo ciò che si è in grado di riconoscere.
Inoltre, in quanto aventi anche base emozionale, è importante far fronte a pregiudizi e stereotipi lavorando non solo su quello che si pensa ma anche su quello che si prova. Una oculata gestione del contesto di classe deve permettere di far fronte in modo costruttivo agli eventuali conflitti, con una chiarezza sul fatto che la sfida è con le idee, le rappresentazione, e non con le persone che esprimono le idee (Byram, Gribkova, Starkey, 2002)7.
Grazie ad adeguate pratiche di osservazione è possibile, inoltre, effettuare una puntuale e significativa ‘restituzione’ di fenomeni e processi di apprendimento, agli altri e a se stessi, tappa ‘meta’ che contribuisce a fissare gli stessi.