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Dall’integrazione all’assimilazione (“ Ma io, sono come voi?”)

Nel documento ISLL Papers Vol. 8 / 2015 (pagine 139-143)

ALCUNI RILIEVI SOCIOLOGICO E FILOSOFICO GIURIDIC

7. Dall’integrazione all’assimilazione (“ Ma io, sono come voi?”)

Tuttavia, se tale apertura all’assimilazione risulta avere un senso davanti ad una prospettiva di

accoglimento nel paese di approdo18 essa indietreggia violentemente, si nega e si rifugia

nell’amor di patria dei respinti qualora questo progetto migratorio non trovi accoglienza e concretizzazione.

In vista di questo obiettivo, infatti, Giovanni Garofoli arriva a farsi biondo e allungarsi i capelli, ed a assumere finanche atteggiamenti prossemici scattosi subliminalmente hitleriani, nella scena finale della birreria, – fantastica la scena del balletto “speculare” in cui gareggia in gentilezza, nel dare la precedenza, con un passante svizzero, che onora tanta civiltà togliendosi il cappello: dopodiché Giovanni si rispecchia nell’acqua e gli appare, in una citazione Anderseniana, un magnifico cigno.

In ultimo, però, decisosi finalmente a partire e recatosi quindi alla stazione, Garofoli, stanco di tentare di assimilarsi, cede volutamente, quasi per prendersi l’unica soddisfazione che poteva restare, alla messinscena dei classici stereotipi attribuiti agli italiani: commette vandalismo sui muri dicendo al poliziotto “Mi scusi mi è scappato: so’ italiano!”, palpeggia la prima donna a tiro, butta a terra cartacce e cerca di fare pipì sui binari commentando, davanti alla guardia allibita: “Non se po’? Piscerò dal finestrino!”).

In questa oscillazione continua, il film fornisce ripetutamente doppie letture dell’approccio di Garofoli alla cultura svizzera, segno del costante impegno, da parte del protagonista, di leggere al positivo le caratteristiche del paese di approdo (“Il ritegno svizzero è freddezza? No, è civiltà!” “La polizia svizzera è razzista? Macché! Se stavo in Italia prendevo l’ergastolo!”), ma anche dei costi di tale sforzo.

Del resto, la scelta di emigrare, come abbiamo ricordato, è, appunto, una “scelta di rottura”, che prevede una volontà di rilettura e reinterpretazione dei tanti “luoghi” dove l’identità di manifesta. Con quali luoghi comuni, valori e difetti si identifica il Garofoli migrante? Solo fino ad un certo punto con quelli svizzeri (davanti al goal della squadra di Mazzola, la sua ricostruzione identitaria e il suo “camouflage” da svizzero non reggono più, e l’italiano che è in lui riemerge

Donatella Bramanti (a cura di), 2011, Generare luoghi di integrazione. Modelli di buone pratiche in Italia e

all’estero, Milano: Franco Angeli.

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con prepotenza), ma anche solo fino ad un certo punto con quelli italiani, dai quali prende spesso le distanze, soprattutto quando è con altri italiani, sul treno, nel capannone con l’amico Gigi, o, alla fine, nel pollaio. Il film, infatti, rende il senso di una costante oscillazione tra l’adesione (affamata di accoglienza) al nuovo, e l’abbarbicamento, deluso e quindi difensivo, campanilistico, contro-razzista, alla cultura di partenza.

Così, nel continuo mutare delle prospettive (prima sta per ottenere il rinnovo del contratto, poi sta per essere espulso, poi di nuovo sembra poter restare, poi di nuovo pare dover andar via, poi di nuovo restare, ecc.), anche la sua prospettiva di assimilazione si fa ondivaga, e con essa, la difficile definizione dell’identità dell’uomo “Giovanni Garofoli” che (insistente, ad un certo punto, la sua domanda “Io sono come voi? Se esco con uno che dice di essere felice di vivere in

un posto così, la gente dice che siamo uguali?” “Ma tu come mi vedi?”) si sente sempre in bilico

– come, alla fine, i suoi capelli: mezzi chiari, come il pane, e mezzi scuri, come la cioccolata.

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