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2 Les Entrées

Nel documento ISLL Papers Vol. 8 / 2015 (pagine 53-56)

Farine dello stesso sacco!

Prima di avanzare nelle speculazioni più specifiche sui sapori del diritto, è opportuno dare risalto alle antiche e stabili relazioni tra il cibo e la cultura. In questo campo si può cominciare affrontando l’evoluzione della gastronomia e delle sue differenze culturali; commentare come la gastronomia può avvicinarsi pacificamente ai popoli; considerare la culinaria come un’arte e parlare anche di antropofagia, proprio come i predatori naturali nella

28 BARTHES, 2001, p. 195. In un senso simile, Martin Heidegger menziona che “nel pensiero, ciò che permane è il cammino. E i sentieri del pensiero conservano presso di sé il mistero di poter essere percorsi da davanti o da didietro; mantengono il mistero del cammino a ritroso per condurci innanzi" (HEIDEGGER, 2012, p. 81).

29 RIGOTTI, 2012, p. 7.

30 CALVINO, 1995, p. 10. Nello stesso senso si pronuncia il filosofo Michel Onfray: “Vedere un paese non è sufficiente, lo si deve anche (...) provare. Grimod de la Reynière ha mostrato chiaramente che non esiste una geografia senza tedio che non sia gourmand" ("Voir un pays ne suffit pas, il faut aussi (...) le goûter (...). Grimod de la Reynière a fort bien montré qu’il n’y a de geographie sans ennui que gourmand" - ONFRAY, 1990, p. 16).

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catena alimentare, che risalgono a Charles Darwin. Ci sono vari approcci possibili alle questioni gastronomiche e del palato, inclusi quelli sociologici, antropologici, storici e filosofici, mediante cui si può inferire che la materia non è affatto disprezzabile ma, al contrario, è ben presente nella storia delle civilizzazioni e delle relazioni umane. “L’universo non è nient’altro che la vita, e tutto ciò che vive si nutre.”31

Lembrando de Gilberto Freyre e il suo favoloso “Zucchero. Una sociologia del dolce”, menziona che una sociologia dell’alimentazione decorre dai fondamenti della vita sociale, giacché nessun’altra attività è tanto presente nella storia umana. Tutte le concezioni dell’organizzazione sociale e della sopravvivenza – a cominciare dalla caccia, pesca, attività estrattiva, agricoltura, ecc. – si relazionano all’alimentazione. Dai tempi del neolitico, le trappole e i primi strumenti fabbricati dall’uomo avevano come finalità l’atto di alimentarsi.32 Ora, a partire da lì, si capisce che il cibo e tutto ciò che vi si relaziona – come ad esempio il gusto – può essere considerato come un archetipo di un inconscio collettivo33 e individuale, inculcato indelebilmente nelle viscere remote della mente umana, che risale alla memoria dei sapori e alle sensazioni piacevoli o sgradevoli che ne derivano. Essendo un archetipo così incrostato nelle pareti remote delle menti umane, non deve essere trascurata la ricerca sulle eventuali relazioni tra la sensazione del gusto ed il sentimento della giustizia o il sentimento della giuridicità.

Ogni cultura ha la sua propria gastronomia e l’invenzione di un nuovo piatto può essere festeggiata, ma allo stesso tempo percepita come audace o temeraria. Tutte le società provvedono all’approvvigionamento e alla conservazione degli alimenti, infatti nelle case brasiliane e portoghesi la “dispensa” aveva un posto di rilievo che potrà tornare ad avere, a seconda delle fasi economich.34 Ancora, in molte case la credenza era un mobile indispensabile nei tinelli nelle sale da pranzo. Ci sono elementi fondamentali nella composizione gastronomica di ogni paese o regione che talvolta costituiscono il fondamento del cibo di un popolo o di una classe e, di conseguenza, del gusto. Si può raccontare la storia di una nazione, ad esempio, attraverso la storia dei suoi alimenti; e l’organizzazione sociale può, di conseguenza, essere indagata sotto o attraverso la gastronomia e il gusto: il cuoco del re impiegava spezie inaccessibili allo schiavo o al plebeo.35

Ci sono ritmi nell’alimentazione: si può mangiare di fretta o lentamente, a seconda delle occasioni sociali. Soprattutto c’è un bioritmo dell’atto di mangiare e digerire, che consiste in uno dei fondamenti biologici della vita sulla terra. Esistono infatti folclori, credenze, leggende e superstizioni relative al past,36 che rivelano che l’alimentazione racchiude anche composizioni dell’immaginario popolare e astratto di ogni cultura, e non solamente della sua biologia, in termini concreti. Il folclore dell’alimentazione è tanto complesso e variegato quanto la sua storia. I costumi della tavola e del cerimoniale, in quanto gesti di rispetto, ritraggono i valori di un gruppo sociale, in una data epoca e, di certo, rivelano un’indelebile traccia religiosa.37

Considerando le strategie alimentari nei tempi preistorici e nelle prime civilizzazioni, si vede che c’è stata un’umanizzazione dei comportamenti alimentari, tra i quali spicca, per

31 "L'univers n'est rien que par la vie, et tout ce qui vit se nourrit" (L’Aforism I. BRILLAT-SAVARIN, 1864, p. 9).

32 CASCUDO, 2004, p. 339.

33 JUNG, 1970, passim. Non è un caso che i racconti delle fate, essi stessi una complessa dimensione di sociabilità, hanno sempre una relazione stretta con il pasto e il gusto. Sono rarissimi quello che non sfiorano temi alimentari (REVEL, 2007, p. 20-21).

34 In questa fase specifica, la biblioteca, un mobile un tempo comune, è scomparsa dall'architettura domestica contemporanea.

35 CASCUDO, 2004, p. 339. 36 CASCUDO, 2004, p. 339. 37 CASCUDO, 2004, p. 339.

esempio, la funzione sociale del banchetto.38 Già nella Bibbia ci sono regole alimentari ebraiche, visto che i fenici, i cartaginesi, gli etruschi e i romani, nell’antichità, avevano sviluppato mezzi, rituali e simbologie proprie legate all’atto del mangiare e al gusto. Questi ultimi erano giunti a sviluppare una “grammatica dell’alimentazione e dei pasti romani” stabilendo tipologie, regole e un vocabolario che anche danno da pensare.39 Nell’alta e nella bassa età media, l’alimentazione si relazionava direttamente alle questioni del feudalesimo e della sussistenza, nonché, come in ogni tempo, del mercato. Già in quei tempi, culminando nel periodo moderno, la culinaria di una regione penetra in un’altra, promuovendo lo scambio e la fusione tra costumi. Ancora nella modernità, parallelamente alla rapida espansione dello zucchero, si espande egualmente la gastronomia, differenziandosi dalla dietetica sino alla liberazione della gola.40

Tuttavia, è nel periodo contemporaneo che l’atto di mangiare si converte in uno stile o in un’arte, molto oltre una semplice necessità vitale, con nuove raffinatezze per il palato. Gli artefatti primitivi della cucina si sono evoluti sino al forno a microonde o ai “freezers”; sorge il “fast-food” e l’industrializzazione degli alimenti che ora possono persino essere in pillole.

Intanto, per la proposta qui avanzata di relazionare il diritto e il sentimento della giustizia con il sapore, è opportuno ricordare che chi prepara il pasto sempre lo condisce secondo il

proprio gusto; il gusto corrisponde allora al timbro della cultura, proprio come il senso della giustizia di ogni popolo. La confetteria si trova sempre in Europa, con influssi minimi dalla Cina e dall’India. Non ci sono dolci africani, né indigeni. In Brasile, il colono portoghese mangiò dalle mani indigene e africane, ma la cucina fu plasmata dalla moglie portoghese41, da cui deriva infatti un gusto tutto particolare, per una nazione. Infine, il gusto alimentare è portatore di legami sociali. Le pietanze e le bevande sono oggetto di discorsi, di dibattiti, comportamenti e comunicazioni. Quanto alle abitudini, è certo che la familiarità aumenta l’accettabilità42 – potrebbe essere così anche per le norme giuridiche e la loro applicazione?

Per tutti questi motivi, è valida l’associazione tra il gusto, il diritto e il senso della giustizia, poiché, come si diceva in precedenza, mangiare è un atto cognitivo: si conosce anche attraverso il gusto, che è ciò che condusse Charles Fourier a coniare il termine gastrosofia43,

38 FLANDRIN E MONTANARI, 1998, passim. Nello stesso senso, ONFRAY, 1999, passim.

39 FLANDRIN E MONTANARI, 1998, passim. In effetti c'è anche una certa convenzionalità nel mangiare e nel bere: "In tutte le società il modo di mangiare è regolate da convenzioni analoghe a quelle che conferiscono significato e stabilità ai linguaggi verbali. Questa combinazione di convenzioni, che chiamiamo 'grammatica' configura il sistema alimentare non come una semplice somma di prodotti e pietanze, riunite in modo più o meno casuale, ma come una struttura in cui ogni elemento definisce il suo significato. Il lessico su cui questo linguaggio erige le propria fondamenta consiste evidentemente nel repertorio di prodotti disponibili, piante e animali (...)" (MONTANARI, 2013, p. 165).

40 FLANDRIN E MONTANARI, 1998, passim. 41 CASCUDO, 2008, p. 12.

42 AA.VV., 2005, p. 55.

43 AA.VV., 2005, p. 55. Nella stessa direzione Michel Onfray: “Cos’è la gastrosofia? Essa è una scienza (“scienza di gola”, scriveva l’asceta Proudhon per fustigarla...) che combina gastronomia, cucina, conservazione, cultura, igiene, filosofia (fourierista), medicina. Il gastrosofo sa dunque cucinare, conosce la portata geroglifica degli alimenti in virtù della teoria dell’analogia, non ignora nulla della medicina preventiva associata agli alimenti, si attiva in cucina per creare piacere nell’essere, nello stare insieme, sublima le passioni tristi integrandole in banchetti vissuti come performances estetiche o come happenings contemporanei (come presso i futuristi...) che permettono, ad esempio, di farla finita con la guerra classica, letale a livelli inauditi, grazie alla scenografia di combattimenti mediante piccoli pâtés principali, usati come munizioni, o con tappi di bottiglie di champagne che esplodono al posto delle munizioni dei campi di battaglia...” (ONFRAY, 2011, pp. 54-56: "Qu’est-ce que la gastrosophie? Elle est une science (“science de gueule”, écrivait Proudhon l’ascète pour la fustiger…) qui combine gastronomie, cuisine, conserve, culture, hygiène, philosophie (fouriériste), médecine. Le gastrosophe sait donc cuisiner, il connaît la charge hiéroglyphique des aliments en vertu de la théorie de l’analogie, il n’ignore rien de la médecine préventive associée aux aliments, il s’active en cuisine pour créer du plaisir à être, puis à être ensemble,

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che gli parve più appropriato di gastronomia. Questo infatti non indica solo la presenza di una fonte di conoscenza empirica diretta, associata al gusto, ma anche che è possibile collocare sulla stessa tavola la spada, la bilancia, le pentole, i piatti e i taglieri.

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